giovedì 11 marzo 2010

Interferenza e complessità /1



I recenti fatti di cronaca politica rafforzano certe mie convinzioni. La realtà può essere rappresentata in maniera diametralmente opposta, con il massimo della buona fede, da due diversi osservatori.
Nella lettura degli eventi della realtà, un qualunque osservatore oltre a percepire gli stimoli provenienti dall’ambiente che i suoi organi di senso riescono a cogliere, e oltre a convertirli in atti motori necessari alla comprensione di quell’ambiente, rileva anche un mondo di intenzioni motorie camuffate dietro una spessa coltre di elementi simbolici dotati di numerosi significati, riconducibili quasi tutti (in my opinion) a atti motori, comunque complessi.
Queste intenzioni motorie camuffate altro non sono che le parole e il mondo seminascosto che vi  prolifera. Si deve alla complessità dei suoi legami con gli atti motori fisici e all’uniformità emotoria necessaria a metterlo in atto la difficoltà di risalire facilmente da un atto intenzionale camuffato a un atto motorio fisico. E è a causa di questa difficoltà che facilmente insorgono incomprensioni sul reale significato (che qui vuol dire atto motorio, cosa fisica, vera, indubitabile) di queste intenzioni motorie camuffate.
In un paio di pezzi precedenti provavo a dimostrare che l’esistenza di una rappresentazione complessa del sé è indice di maggiore resistenza agli effetti confondenti o deprimenti di una situazione stressoria che intacchi una di queste rappresentazioni. L’analogia della complessità rappresentazionale del sé con una rete distribuita serve a comprendere figurativamente come l’interruzione di un nodo qualsiasi (anche un hub, cioè un nodo con tanti collegamenti) non compromette seriamente l’intera rete, come invece potrebbe avvenire con reti centralizzate o decentralizzate.
Si immagini allora la complessità, al di là dei suoi contenuti qualitativi, come una pura e semplice resistenza alla distruzione. In realtà noi possiamo figurarci benissimo due reti, una distribuita con un basso numero di nodi e una decentralizzata con un alto numero, in cui quella distribuita è comunque in grado di resistere meglio alle aggressioni degli stimoli stressanti.
Allo stesso modo si può operare con le convinzioni. Le si può cioè ridurre a uno schema, a una rete, in cui tutti gli elementi siano collegati tra loro così come avviene quando si forma un concetto. In pratica i collegamenti non seguono unicamente la sequenza logica di esposizione del concetto, ma vi sono legami anche tra punti non sequenziali della successione. Per esempio, nel caso richiamato all’inizio, la cronaca politica ci mette sotto il naso l’evento conosciuto di due liste che non fanno in tempo a iscriversi alle elezioni del 28 e 29 marzo.
Come è possibile che esistano, come di fatto accade, due ricostruzioni opposte di un medesimo evento?
Il problema è per me legato alla formazione di idee e concetti quando sia coinvolta una elevata quantità emotoria, che può svilupparsi in seguito a fenomeni che attraggono quantità emotorie depositate (per esempio una produzione catecolaminica, tipica risposta a uno stress) e le rendono disponibili per l’azione. Se l’azione motoria non è possibile queste quantità emotorie che rimangono in circolo e convergono sulla forma che garantisce la massima possibilità intenzionale motoria tra quelle disponibili.
Mi spiego.
Nel momento dello stress acuto conseguente l’esclusione dalle elezioni si cerca la ricostruzione dei fatti per capire quello che è successo. L’esclusione in sé però comporta la produzione di imponenti quantità emotorie (catecolaminica) che dovrebbero preparare all’azione.  Immaginiamo di non voler sapere niente delle arzigogolate spiegazioni del fenomeno ma di guardare solamente alla formazione della rete di queste spiegazioni.
Ecco che allora io penso che se ci trovassimo di fronte a una rete decentralizzata come in fig. 1a l’eliminazione di un nodo comporterebbe una situazione di impossibilità di accedere a alcuni nodi, come si vede in fig. 2a.





Ora, quello che vorrei comprendere la prossima volta è se la complessità rappresentazionale del sé coinvolge anche la rappresentazione degli eventi, se si possono creare interferenze tra le due rappresentazioni o se invece agiscono sempre influenzandosi.
(to be continued…)

6 commenti:

  1. la relazione tra ambienti rappresentazionale c'è ma spesso falsamente si tenta di evitare il suo riconoscimento

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  2. Credi ai complotti o spesso è più facile il fraintendimento dei fatti? (parlando dell'attualità, alla quale penso volessi riferirti?)

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  3. http://i193.photobucket.com/albums/z16/draculaluvya/gothic/donna_pantera_dark.jpg

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  4. e aspetta la seconda parte che è anche meglio

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  5. Paopasc, io azzardo un'ipotesi sul lato b, da te inesplorata. B1 = pizza gentilmente segnata col coltello che ruota (utensile del quale ignoro il nome preciso) a spicchi dal pizzaiolo volonteroso, su richiesta. B2: illusione di pizza avanzata in un piccolo angolo estremo e con solo i contorni. Come la libertà, ora? E a me non piace parlare di politica, solo di pizze.
    E ti suggerisco amabilmente di evitare le abbreviazioni nelle didascalie degli schemini, scrivendo le parole per esteso.
    B

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  6. Cosa dici che Fig.1a è un poco osè?
    Forse hai ragione...ahahahaha
    Del resto la tua ipotesi sul lato b, (oops, anche qui è meglio non usare abbreviazioni?!) è valida, si si.

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