mercoledì 14 luglio 2010

La felicità è un’ipotesi


Sulla felicità si è scritto tanto. Ultimamente anche diversi autori si sono scomodati a contribuire a un volume collettivo  dal titolo Perché siamo infelici, che non è una domanda ma una constatazione. Il libro è curato da Paolo Crepet (Crepet, a cura di, 2010), e presenta contributi di Andolfi, Andreoli, Boncinelli, Borgna, Calmieri e lo stesso Crepet.
L’infelicità è dunque, in definitiva, una condizione necessaria, per provare la felicità. In un post precedente (Felicità, decisioni e informazioni) riflettevo sul possibile legame tra opzioni di scelta e decisione, e anche sul legame tra scelta lenta o veloce e ruolo sulla felicità. In molti casi, la decisione basata sull’euristica (prove e errori) che sfrutta poche informazioni macroscopiche, fornisce il genere di risposta che definiremmo giusto.
In linea generale, non è difficile immaginare che quanto meno ritorneremo con il pensiero a una decisione presa, tanto meglio sarà dal punto di vista della gestione dello stress.
Un cane che sbrana un bambino seguendo un suo impulso animale non è che torna con il pensiero all’atto compiuto. Può tutt’al più provare tristezza per il distacco emotivo con il suo padrone, ma difficilmente soffrirà il rimorso per il gesto compiuto. Per un umano, il modo migliore per non provare infelicità è non ritornare sulle decisioni prese in maniera critica, sotto forma di rimorso ma tornarci semmai solo per trarne piacere, quando cioè la si giudica un’ottima decisione.
Come noto, la felicità esiste solo perché esiste almeno un altro stato che non lo è. Del resto, a voler essere pignoli, nemmeno un qualsiasi stato potrebbe definirsi in alcun modo, in un intervallo discreto tra felice e infelice, se non ne avesse un altro come termine di paragone.
È quindi solo dal confronto tra almeno due stati diversi che può definirsi una graduatoria.
Immaginiamo adesso una cospicua quantità di stati, tutti leggermente differenti l’uno dall’altro con l’ovvia conclusione che tra il primo e l’ultimo di questi stati la differenza è notevole mentre tra due stati contigui lo è molto meno.
I passaggi di stato tra stati contigui sono quasi inconsapevoli. Intendo dire che se uno si trova allo stato 7 e passa all’8, potrebbe anche non accorgersene, mentre se si trova allo stato 4 e passa al 9 se ne accorge eccome, e lo stesso vale in senso discendente.
Di solito non gradiamo molto una bevanda fredda e rinfrescante d’inverno, mentre d’estate è molto benaccetta. La differenza la fa la capacità di raffreddare che ha un bevanda fredda, il senso di sete che genera l’aumento della secchezza delle fauci, oltre che dalla perspiratio insensibilis e dalla franca sudorazione. Una bevanda ghiacciata colma un gap tra lo stato del nostro organismo accaldato e assetato e gli effetti del liquido: appunto, per desiderare e trarre felicità da una bibita fredda dobbiamo trovarci in una condizione come quella che si prova in questi giorni, altrimenti la felicità che ne verrebbe sarebbe di molto inferiore.
Per essere chiari, poniamo arbitrariamente uguale a 9 una bella bevanda ghiacciata: se siamo al Polo Nord probabilmente il nostro stato di provenienza è simile a quello di arrivo per quel che riguarda l’idratazione, invece se siamo nel deserto il nostro stato potrebbe essere di parecchio inferiore. Altre due cose prima di chiudere. Immagino una direzione della felicità, nel senso che se si passa da 1 a 10 si va verso la felicità e se si va da 10 a 1 si va verso l’infelicità. Però trovarsi in uno stato dal 5 in su, di per sé, non corrisponde a niente di felice, a meno che non si provenga da uno notevolmente  più indietro, mentre trovarsi in uno stato dal 5 in giù, questo sì che è capace di generare infelicità. Eh si, l’infelicità, come sanno tutti, è una grande molla, mentre la felicità lo è solo nel momento di transizione.
(continua)

24 commenti:

  1. Pa, mentre leggo il tuo post sto sorseggiando un latte di mandorle freddo, di quello buono fatto in casa, dolce al punto giusto. Una felicità totale mentre il liquido freddo scende giù...

    Le tue argomentazioni mi convincono. Aspetto la continuazione.

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  2. Ma in questo caso, oltre il normale effetto dissetante e rigenerante della bevanda, vi è anche l'aspetto cognitivo: il sogno è in parte realtà, e si sogna ciò che si desidera (almeno quando il sogno è a occhi aperti) da qui, il contrasto che crea felicità tra ciò che si sperimenta e quello che si è lasciato.

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  3. weeeeeee pascuciiii offerta speciale al repartoneuro ahahahahhhaha

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  4. Salve Paolo,sono Nicola.
    Penso che la felicità di cui stai parlando sia solo uno stato apparente esterno e non una vera emozione e sensazione che possiamo provare dentro di noi.
    La felicità raccontata da te sembra basarsi sulle circostanze e cose esterne.
    Siamo felici perchè non siamo infelici in quel momento ma perchè abbiamo legato tale sensazione ed emozione ad un fattore ,evento e persona esterni a noi stessi.
    Io penso che l'emozione della felicità debba partire dentro noi stessi.E' li che dobbiamo scavare e cercare davvero la via giusta che ci apra le porte ad una sensazione e stao d'animo duraturo.
    Se una squadra di calcio vince siamo felici,se perde siamo infelici.Io penso che dovremmo essere felici comunque se vince o se perde perchè abbiamo potuto partecipare all'evento e gustarcelo.Certo la sensazione di rammarico se perde può affiorare..ma non la chiamerei infelicità.
    "Perchè pagare soldi o chiedere consulenze per diventare felici o raggiungere e comprare la felicità quando per natura potremmo essere già felici.Dipende solo da noi...Siamo noi che non vogliamo esserlo e troviamo ogni volta una scusa per giustificarsi".
    Ciao Nicola.

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  5. beh Nicola, hai anticipato i tempi, perchè ci arriveremo alla componente cognitiva nella felicità e infelicità. Comunque quando parlo di ambiente intendo sia quello esterno che quello interno e a volte i pensieri si comportano come veri e propri elementi esterni.
    Il fatto che la gente sia infelice, nonostante come dici tu sia vero che gran parte dipenderebbe solo da noi, mi dice che il problema è legato al ruolo della cognizione nella sopravvivenza e al suo portato anche negativo: è un po' come il bipedismo e il mal di schiena.
    bye

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  6. eddai dammi un mano a indurre al siucidio ahahahajajahahajahah

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  7. Ciao, Pao, ecco una buona occasione per venirti a trovare, il senso della felicità e come misurarla. E l'infelicità? È giusta la dizione o varrebbe di dire meno felice, fino ad un punto immaginario limite, e questo è lo stato di infelicità? Cosa che potrebbe darci l'idea di morte per poi trovarci in un altro stadio esistenziale senza ritorno.
    Dunque la felicità risiede nello stesso momento che si coglie la "mela dall'albero" spinti dal desiderio e poi è un'altra cosa il dopo. Cambia la formula dell'insieme.
    È interessante, a questo punto, tentare di fermare il tempo per quel che si può, e vale la capacità di astrazione personale. Che importa quanto tempo siamo in grado di "congelare": lo si può misurare? Aver rubato una briciola al dio Tempo è davvero un'impresa superna. Qui tutto si lacera ed è l'uomo che "salta" e non scivola come avviene normalmente nella vita consueta senza tante riflessioni.
    Giusto in concomitanza del mio lavoro "La spada nella roccia" che tu hai tanto elogiato e ti ringrazio.
    Quale la situazione dell'uomo, la cui anima oscilla come un pendolo e coglie attimi di felicità, ma, inevitabilmente, sperimenta il rovescio in tanti modi che non si sa come vi siano correlati?
    Allora la ricerca della felicità è il fatto determinante, la condizione base per accettare la vita e illudersi di essere, giacchè il pensiero ci suggerisce da fare così.
    Ma è vero anche che le oscillazioni del pendolo della vita dipendono da una situazione a monte come quella del fenomeno fisico della deviazione della caduta dei gravi: fu ottenuta nel 1791 a Bologna da G. B. Guglielmini. In seguito Coriolis addivenne alla legge che porta il suo nome, detta forza di Coriolis appunto.
    Il modulo di questa forza deviante (Fd) è espresso da questa formula:
    Fd = 2mVpsenφ
    dove m e la massa del corpo in movimento, V e la velocità a cui si muove il corpo, p è la densità dell’aria (o dell’acqua),  e la velocità angolare della Terra (costante in ogni luogo) e φ la latitudine del luogo.
    È evidente che, a parità delle altre condizioni, la forza deviante di Coriolis dipende esclusivamente dalla
    latitudine.
    Ecco la cosa che all'uomo sfugge di mano, la sua personale "latitudine". Tant'è che nell'astrologia questo viene contemplato e così gli oroscopi natali tengono conto del luogo di nascita, del giorno e dell'ora e così via. Insomma si tratta di tutta una serie di cose che l'uomo, nel fare riflessioni sui fatti che lo hanno portato a gioire o no, non analizza e fa delle conclusioni non esatte.
    Si tratta della predisposizione potenziale umana a sperimentare i fatti della vita attraverso una macchina-uomo peculiare. Ciò che avverrà per i due soggetti "gemelli" dipenderà dalle condizioni di vita di ognuno di loro, dall'ambiente in cui cresceranno. In medicina è un fatto accertato per lo studio della predisposizione, per esempio al diabete indagato in tal modo. Accade che uno dei due - mettiamo - non si ammali di diabete, mentre l'altro si in relazioni a un cattivo impatto ambientale: per ognuno di essi vale appunto la "latitudine". Di questo me ne ha parlato pochi giorni fa una psichiatra.

    Gaetano

    (continua)

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  8. (continuazione)

    Sull'effettiva valutazione della "non felicità" mi sovviene un mio scritto (pubblicato da Annarita, in Scientificando) su un annetodo sul conto di Einstein:

    “Professore, il freddo esiste?”.

    “Che razza di domanda è questa? Naturalmente, esiste! Hai mai avuto freddo?”. Gli studenti sghignazzarono alla domanda dello studente.

    Il giovane replicò: “Infatti signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della fisica, ciò che noi consideriamo freddo è in realtà assenza di calore. Ogni corpo od oggetto può essere studiato solo quando possiede o trasmette energia ed il calore è proprio la manifestazione di un corpo quando ha o trasmette energia. Lo zero assoluto ( – 273 °C) è la totale assenza di calore; tutta la materia diventa inerte ed incapace di qualunque reazione a quella temperatura. Il freddo, quindi, non esiste. Noi abbiamo creato questa parola per descrivere come ci sentiamo... se non abbiamo calore”.

    Tutto vero, ma è vero anche che «Lo zero assoluto, – 460 gradi Farenheit 0 gradi Kelvin, è l’assenza totale di calore; ed a quella temperatura, ogni corpo o materia diviene inerte ed incapace di reazione. Il freddo non esiste: abbiamo creato noi questa parola per descrivere come ci sentiamo quando non c’è calore.».

    L'uomo ha questo di bello, il bambino in lui, il "santo" che lo fa riflettere giusto nell'attimo in cui il pendolo della felicità giunto al suo acne oscilla indietro smorzando via, via la gioia, il sollievo e transita nel punto medio. Qui si esaurisce ogni sensazione ed è il momento della verità relativa dov'è quell'infante, al riparo dai sensi erotici.

    E può capitare di sentirlo parlare e ci sembra di estrarre la mitica "spada nella roccia" per mano sua.

    È stato un piacere intrattenermi da te, Pao.

    Gaetano

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  9. Fortunatamente c'è ancora che mi vuole bene !!!
    PLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
    :P

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  10. Bravo Gaetano, è proprio questo che vado cercando, un possibile aggancio tra fenomeni fisici e fenomeni mentali. Il sistema dei neuroni che compongono un cervello, per quanto il loro prodotto possa alle volte essere così effimero e impalpabile, pure utilizza logiche che appartengono ai sistemi, subisce le influenze delle forze fisiche (tanto per dire, la trasmissione del segnale avviene per via elettrochimica con influenza dei gradienti ionici, la capacità di rinforzare il potenziale dei neurotrasmettitori risente della stabilità di legame ligando-recettore e della velocità di re-uptake da parte della vescicola pre-sinaptica, e così via) sono insomma calati in tutto e per tutto in un mondo di materia e energia con le sue belli leggi, di cui quella che tu citi, secondo me a proposito, e cioè l'effetto Coriolis, è interessante per la sua capacità di descrivere una "perturbazione" di uno stato, magari di equilibrio (qui inteso come equilibrio temodinamico)cui tende il sistema, e che quindi si oppone alla "morte" del pensiero. Ho l'impressione che il sistema nervoso sia da sè dotato di un meccanismo che gli impedisce, in assenza di stimolazioni esterne, di spegnersi completamente, utilizzando quella che si chiama attivazione spontanea. Ma non è sicuramente sufficiente. A dar manforte all'attivazione spontanea potrebbe dunque essere questa forza, la quale "perturba" uno stato inerziale, rendendo vivo l'organismo. L'effetto latitudine potrebbe (nota, purtroppo, il gran profluvio di condizionali) essere un sistema a due direzioni, la dicotomia felicità-infelicità, lungo il cui asse si annidano le forze in grado di far "muovere" intenzionalmente gli organismi.
    Tuo primo intervento da me, ma estremamente tozzo!

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  11. A chiacchiere siamo tutti bravi ,caro il mio bel pascuccetto !!!!

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  12. ehi pascucci vedo abelarda ti sta a sfotte ^__^

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  13. dici che se gli diamo un c0onte tino si calma?

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  14. Finalmente! Gaetano da Pa! Aspettavo questo momento. Sono certa che ne verrà molto di buono!

    Un abbraccione a entrambi!

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  15. bello il suo blog, molto ricco di argomenti interessanti vediamo un po se riesca a capire chi sono

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  16. Anna, sono convinto anch'io e come vedi, l'effervescente pensiero di Gaetano ha già prodotto qualche utile analogia.



    signor svalvolato, ho una pallida idea di chi lei possa essere, e devo dire che un'occhiata al suo blog mi ha PIù che confermato che lei è completamente totalmente inesorabilmente svalvolato!
    ahahahahaha

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  17. Ho l'impressione che il sistema nervoso sia da sè dotato di un meccanismo che gli impedisce, in assenza di stimolazioni esterne, di spegnersi completamente, utilizzando quella che si chiama attivazione spontanea.
    Parole tue.

    L'ascesi degli iniziati del mondo occulto comporta lo svincolamento dalla vita tale che non vi sia alcunchè che possa distoglierli dall'esperienza ultrafanica. Grosso modo questa via non è tanto diversa da quella dei mistici della Chiesa.
    In entrambi casi ci sarebbe molto da indagare per pervenire a risposte sul "meccanismo" del sistema nervoso che invece di morire a causa di assenza di stimolazioni esterne, come tu dici, sopravvive e nemmeno vegeta, tutt'altro.

    Pao ti dò un altro spunto. Si tratta di una pratica sessuale dello Yoga Tantrico, la Ritensione.

    Ritenzione: Pratica tantrica (da Tantra: corpo di testi religiosi ed esoterici induisti di origine medievale) consistente nel trattenere l'eiaculazione e, attraverso la concentrazione e l'autocontrollo, prolungare indefinitamente la sensazione dell'orgasmo senza raggiungerlo. La ritenzione è soltanto un aspetto di antichissime tecniche di meditazione trascendentale e di yoga, basate sullo sviluppo delle energie psico-sessuali generate dal Kundalini, il punto focale simboleggiato da un serpente alla base della spina dorsale.

    Ciao,
    Gaetano

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  18. In realtà, Gaetano, tu tocchi un punto nodale. La relazione tra corpo e mente. Noi sappiamo che il comparto emotivo che guida quella che viene definita coscienza primaria, ha un rapporto privilegiato con il corpo, un collegamento diretto che serve alla sopravvivenza delle specie. e così deve essere. ma poi arriva un altro soggetto, o meglio un'altra entità, una quota di cervello associativa che è in grado di formare essa stessa una coscienza, di avere un suo corpo, che definiremo virtuale perchè è più esteso e più modificabile di quello fisico. Però, quasi sempre, questa nuova entità, definita coscienza secondaria, non è in grado di opporsi alla primaria. In più, mentre da una parte è per noi facilmente comprensibile come un atto di aggressione fisica comporti una potente stimolazione emotiva non è altrettanto facile comprendere, per esempio, come si realizzi l'effetto placebo, che a mia conoscenza appartiene solo all'uomo, o come si riesca, come suggerisci tu, a trattenere una funzione fisiologica così potente, assoggettandola a un controllo cognitivo. A questo versante, di coloro che riescono a imporre il pensiero sul corpo, appartengono anche i mistici che tu citi.
    Vedi come sia di fondamentale importanza tradurre questi elementi in relazioni tra sistemi, previa definizione sommaria dei loro campi di appartenenza e influenza. cosa, del resto, non facile.

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  19. weeeeeee ahahhaa ciao pascucci belin tutto bene?

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  20. Caro Paopasc,
    per me la felicità è guardare un favoloso tramonto alla Marina della mia bellissima Siracusa, che tanti grandi del passato ha incantato, e sentire in tanta bellezza che annichilisce Qualcosa di grande e di paterno che mi guarda e mi protegge.(Sono da ....curare?)
    Complimenti per questo bellissimo articolo!
    Un carissimo saluto
    maria I

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  21. sono d'accordo, Maria, l'illusione, a volte veritiera, che qualcosa di bello sia anche buono e la stabilità che dà qualcosa che non è una minaccia.

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