sabato 17 luglio 2010

La vita è un dono?


Quando sento fare l’affermazione del titolo, mi prende l’orticaria. Eh si, perché almeno io ho avuto il buon senso di metterla in forma di domanda, mentre quelli che l’affermano categoricamente, cioè affermano che la vita è un dono, ne sono proprio convinti, o almeno lo dicono perché è la cosa più vicina a una convinzione che hanno.
Ma la vita non è affatto un dono. La vita è un accidente. Capita. Ti ritrovi in vita senza averlo mai chiesto o desiderato, e quando finisce l’epoca in cui non comprendi bene le cose e comincia quella in cui le comprendi, ti accorgi di quanto tutte le belle frasi che si dicono, sulla dignità della vita, sulla sua unicità, sui diritti universali, sulla democrazia, sulla giustizia, sul bene che trionfa, ebbene sono solo retorica, gonfia e vuota retorica.
Per convincersene basterebbe sfogliare i giornali di un giorno qualsiasi oppure avere la volontà di studiarsi qualche manuale di storia contemporanea oppure ancora, per i più nostalgici, di storia antica.
Per esempio, se uno volesse guardare quale evento è  più caratteristico di ogni singolo periodo storico vi troverebbe la morte, non quella causata dall’invecchiamento, quella naturale, destino  che tocca  immancabilmente a ogni nato, no non quella ma quella causata da altri uomini o da eventi  naturali, che interrompe il percorso prima del tempo.
Se uno volesse ben guardare, anche la morte per mano di un altro uomo (conspecifico) è un fenomeno naturale, nel senso che è quello che succede agli altri animali in natura, non a tutti, ma per esempio succede agli scimpanzé (Pan troglodytes) che organizzano spedizioni per uccidere membri di un altro gruppo, ai leoni (Panthera leo) che quando subentrano a un maschio dominante uccidono tutti i cuccioli oppure agli ippopotami (Hippopotamus amphibius) verso maschi semi-adulti o verso i piccoli di una femmina che non fa parte del proprio harem. La lista è lunga ma, in linea generale, non giustifica la scientificità che ha adottato l’uomo nell’eliminare altri membri della sua stessa specie.

Basta osservare l’entità e la numerosità dei conflitti sorti da quando l’uomo ha iniziato a esistere come specie (Homo sapiens) o meglio, da quando ha cominciato a tenerne traccia sotto forma di relazione scritta, fino a oggi, per farsi un’idea della lunga lista di cadaveri di cui è costellata la sua storia. Per non parlare poi degli eventi naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami, inondazioni e fulmini, o anche quelle morti causate da animali domestici e  selvaggi e da piante velenose o infine dalla carestia e dalle malattie.

Citando un lavoro di Joseph V. O'Brien, la pagina di Wikipedia sulle vittime della seconda guerra mondiale riporta una cifra superiore ai 71 milioni, come risultato delle morti imputabili al conflitto, tra civili e militari e tra gli Alleati e le forze dell’Asse.
A questo computo sono da aggiungere quelli del cosiddetto Olocausto che se vede negli ebrei i maggiori rappresentati non ne sono però gli unici, accompagnati da altre etnie o confessioni, come i Rom, gli omosessuali, i comunisti, i sovietici, i polacchi, i Testimoni di Geova,  i malati di mente e così via, insieme che, secondo la voce Olocausto di Wikipedia porterebbe a una cifra totale tra i 10 e i 14 milioni di vittime civili delle persecuzioni razziali naziste.

Ma non è finita qui. Un altro totalitarismo ha causato un numero elevatissimo di vittime. Si tratta del comunismo. Ancora una voce di Wikipedia, basata su un libro famoso e controverso, Il libro nero del comunismo, di Stéphane Courtois edito da Mondadori (1998). Nell’Unione Sovietica i morti imputabili al comunismo sono stati 20 milioni, ma molti di più quelli in Cina, 65 milioni, cui segue una lista di altre nazioni orientali e anche africane ciascuna con circa 1 o 2 milioni di vittime, fino a arrivare a circa 95 milioni di cadaveri.
Nel tentativo di contestare l’ipotesi che i 65 milioni di morti cinesi siano da imputare tutti al regime comunista, e non anche alla carestia, Noam Chomsky fornisce un paragone: dal 1947 in avanti in India ci sono stati qualcosa come 100 milioni di morti, probabilmente la maggior parte dovuti a carestie, e sarebbe superficiale imputarli alla forma di governo presente, la democrazia.
Sia come sia, nel nostro macabro conteggio, sono altri 100 milioni di vite che se ne vanno al Creatore prima del tempo. Ma non è unicamente questo viaggio di sola andata  anticipato, è anche tutto quello che sta intorno. Queste morti e quelle che vedremo dopo non sono solo un  privare della vita, sono anche un ferire e insultare, un torturare e un violentare.
Le vittime di questi eccidi non se ne sono andate tutte in maniera veloce e indolore ma lenta e dolorosa, almeno buona parte. Non sono rimaste uccise da bombe o da un colpo alla testa, ma sono stati torturati e affamati, umiliati e offesi, per citare Dostoevskij, privati della dignità oltre che della vita.
Quella dignità che viene tanto sbandierata, ma non ci appartiene come specie, è solo una costruzione retorica, una formula, alla quale nemmeno i più veementi sbandieratori sembrano credere fino in fondo, come per esempio i casi emersi di recente (ma forse conosciuti da sempre) di preti pedofili.
Una delle risposte più frequenti a questa osservazione, che esistono cioè preti pedofili che violentano, in qualche modo, due volte, una volta le giovani vite e un’altra volta tutti coloro che credono, intensamente, in ciò che dovrebbe guidare il prete, il suo essere e il suo agire, è quella che non solo all’interno della chiesa sono presenti simili deviazioni del comportamento sessuale.  Se ciò è giustificabile dal punto di vista umano, nel senso che all’interno di un numero sufficientemente ampio di individui sono rappresentati in proporzione tutti i tipi comportamentali, lo è meno dal punto di vista della filosofia che regge la dottrina cristiana. In chi pretende un luogo extra legem del quale avere l’autorità assoluta e essendo basato questo luogo sulla non-violenza, all’interno di quel sistema concettuale che lo sostiene non è possibile portare come scusante la relativamente ampia diffusione delle parafilie. Ma ne parleremo per esteso più avanti.
È l’antica pretesa dell’assoluto, specie in chi dichiara di essere guidato niente meno che da Dio, dall’Entità più alta in grado e apparentemente guidata da un Amore che scrivo con la maiuscola perché comprende tutti, vittime e carnefici.



Slavoj Zizek, filosofo e psicoanalista sloveno, nel suo libro La violenza invisibile, considera il tema, opposto a quanto affermato da Adorno che dopo Auschwitz la poesia è impossibile, che piuttosto la prosa è impossibile, dopo ogni nostra Auschwitz, giacchè è la prosa, molto più della poesia, che richiede razionalità, lucidità, pensiero fermo, tutte caratteristiche maggiormente incompatibili con la situazione fortemente emotiva che si prova dopo una violenza. E allora vale ciò che diceva Wallace Stevens dell’arte, una descrizione senza luogo.
A questa prima violenza sfacciata e evidente, egli ne oppone una seconda, invisibile appunto, quella del sistema economico capitalistico del mondo occidentale, sommerso e invischiato con il potere, in grado di influire in maniera sotterranea sul nostro agire, e ancora, quella delle correnti di pensiero “politicamente corrette” e di ogni altra ideologia totalitaria e umanitaria, che platealmente si manifesta, in virtù del suo portato universale, e con ciò stesso mina e distrugge ogni sommesso tentativo di revisione o critica.
Un mondo pieno di violenza, dunque. E non solo cagionata da altri uomini, come abbiamo visto, sia nel far male che nel far bene, ma anche dalla natura stessa.

Peduzzi (Peduzzi et alii 2009) ha pubblicato sulla rivista open access Natural Hazards and Earth System Sciences, un report per la UNPD (United Nations Development Programme) dal titolo Assessing global exposure and vulnerability towards natural hazards: the Disaster Risk Index (Valutazione dell’esposizione globale e vulnerabilità nei confronti dei pericoli naturali: l’Indice del Rischio di Calamità). Il lavoro cerca di stabilire un modello dei fattori che influenzano la perdita di vite umane nelle catastrofi naturali nel periodo 1980-2000. E non stranamente risulta che il maggior rischio di perdite umane è collegato al livello di sviluppo generale e alla qualità dell’ambiente.
Sono state elaborate, per ogni paese, delle classi di DRI (Disaster Risk Index) tenendo conto delle morti assolute (killed per year) e quelle relative (killed per year come percentuale dell’intera popolazione). Nella fig. 3 si vedono le sette classi di DRI in cui sono stati suddivisi i vari paesi sottoposti a analisi (N=215). Nella fig. 4 la mappa della distribuzione del DRI.




(tratto da Peduzzi et alii 2009)




(tratto da Peduzzi et alii 2009)


Infine, nella fig. 5, la top 25 dei paesi con i morti per milione e quelli per anno.


(tratto da Peduzzi et alii 2009)

Insomma, si potrebbe continuare ancora, prendendo in considerazione le morti per malattie epidemiche, come la dissenteria, la malaria o quelle dovute alla malnutrizione.

Oltre alla morte però, esistono anche altre situazioni che possiamo definire sgradevoli, che sono il risultato di piccole o grandi violenze, dalle torture al mobbing, dalle ingiustizie pubbliche a quelle private.
Questi e altri fattori convergono insieme a formare una sorta di indice della felicità, che non dovrebbe solo essere legata al benessere economico o alla salute, ma dovrebbe rappresentare l’insieme di tanti fattori, tra i quali, che so, efficienza dello Stato, trattamento del cittadino da parte dei vari organismi pubblici, grado di istruzione generale, senso civico (dal quale discende anche il rispetto per il prossimo) e così via. Qualcuno ha provato a mettere insieme questi indici per creare un Indice della Felicità del Pianeta. Che ne è venuto fuori?




Fig. 6  Aspettativa di vita  (Tratto da Happy Planet Index 2.0 – Report 2009)






Fig. 7 Grado di soddisfazione della propria vita (Tratto da Happy Planet Index 2.0 – Report 2009)



Ma non è solo sui grandi numeri, sulla cosiddetta macrostoria che si basa l’idea che la vita non sia per niente un dono, è anche sui piccoli numeri e sulla microstoria di blochiana memoria. Vi siete mai soffermati a guardare la vita degli altri mentre scorre? Avete mai fatto caso agli altri, non solo per evitarli o ingannarli, ma anche per rispettarli, non solo a parole?
Si comincia con la tenera età infantile. I bambini sono crudeli, si sa.  Forse, nel passaggio dall’asilo alla scuola elementare succede qualcosa, si accentua l’indipendenza e quello che normalmente all’asilo è un gruppo eterogeneo in cui l’interazione con l’altro è su base empatica e ha durata limitata, nella scuola elementare diventa formazione di gruppi, con alcuni soggetti che diventano leader, solitamente basati sulla formazione di squadre di calcio. In pratica si formano mini-compagnie che si punzecchiano tra loro, siccome però non sono mai sufficientemente forti da imporsi stabilmente gli uni  sugli altri  rivolgono la loro aggressività a quegli individui isolati, per la maggior parte disabili. Ovvio che questo non appartiene in forma evidente alle prime classi, ma direi che si formano comunque le basi. È quello che genericamente viene definito fenomeno del bullismo, che fino a poco tempo fa sembrava senza importanza mentre adesso se ne scopre la fondamentale portata.
Soprattutto se si dà retta agli episodi di cronaca recenti, con annesse riprese video postate su YouTube, che parlano di una mancanza di sensibilità per chi è portatore di una diversità, sia fisica che psichica, e quindi può essere aggredito senza timore perché è più debole. Si ritrova la stessa strategia che applicano gli scimpanzé (Pan troglodytes) nelle loro razzie o nelle scalate al potere, sempre deve esserci in una battaglia una disparità di forze in campo, altrimenti non si dà inizio all’aggressione.
Non è qui che voglio sviluppare l’argomento, ma sempre gli assembramenti di umani danno luogo a fenomeni di riassestamento delle gerarchie, specie se questi assembramenti non sono estemporanei ma durevoli. Questo fenomeno del riassestamento si conduce in maniera quasi sempre violenta, sia fisica che verbale. La società umana possiede vari livelli che molto spesso non si intersecano tra loro. Così vedere due ragazzini che si accapigliano induce quasi una forma di tenerezza nell’adulto, che non giudica importanti quelle baruffe. Ma così non è per i protagonisti, specialmente per chi è vittima.
In più, l’infanzia e la giovinezza sono vittime, ovviamente (sembrava impossibile il contrario) anche degli adulti, sotto forma di maltrattamenti, sfruttamento, violenza sessuale, pure in quei luoghi dove sembrerebbero essere più al sicuro dai malintenzionati.
L’elenco delle avversità generate da umani su altri umani non termina qui ma continua a tutte le età e in tutti gli strati sociali. Ma non solo si assiste a questi atteggiamenti di intolleranza nei confronti degli altri in maniera diretta, ma anche in maniera indiretta.
La trascuratezza e il vandalismo nei confronti dell’ambiente in cui si vive sono un drammatico esempio di questo modo indiretto di nuocere. La prassi di svuotare i posacenere delle auto in strada o di gettare dal finestrino tanti piccoli incarti, l’indifferenza nel distruggere un bene pubblico o nello sporcare senza pulire (come le deiezioni canine), la caparbietà nel pretendere tutto per sé disinteressandosi degli altri, come accade quando ci sono offerte speciali, oppure ancora la tendenza a fare rumore musica a alto volume o a fare chiasso anche nelle ore notturne, questi e similari comportamenti rappresentano un buon indice del livello di civismo di un popolo, di una comunità di umani. Se mancassero improvvisamente i controlli, sì come facilmente accade che se uno ne ha l’opportunità, compie un piccolo furto, diventeremmo all’istante tutti delinquenti, daremmo fondo al nostro atavico istinto dimenticandoci ogni regola e la famosa “morale”?
La cosa non è così incredibile come possiamo immaginare. Alcuni antipasti di quello che accadrebbe sono per esempio i grandi assembramenti sportivi legati al calcio o quelli relativi agli eventi del G8, in cui frange di facinorosi sfruttano la difficoltà di controllare un così elevato numero di persone per agire senza freni. Anche situazioni di pericolo possono trasformarsi in un abbandono delle caratteristiche che si vogliono farci umani, come può accadere in caso di incendio in un luogo pubblico chiuso e così via.
(continua)

36 commenti:

  1. Solo un incrocio di eventi ci porta ad essere dove siamo, la presunzione ci porta invece a pensare di essere di più e meglio di altre specie.
    Come se essere arrivati fin qui potesse essere un merito.
    Non abbiamo merito e alla luce delle tue riflessioni il fatto che agiamo in nome di un principio morale è pure un aggravante di stupidità (o cattiveria?)perchè diciamo in un modo e facciamo altrimenti...

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  2. Bravo Pao, hai fatto la parte dei satelliti artificiali che sono capaci di centrare una mosca. Ma che farsene del dono della vita quando, così facendo, ci sorge il dubbio che dono non è? Ma intanto ci tocca esistere e vivere che piaccia o no. Altrimenti è l'impegno sociale con opere a mò di barricate contro ciò che tu rilevi minuziosamente. Oppure resta ancora l'antica disposisizione di svincolarci dalla vita convenzionale isolandoci in un mondo astratto contemplando un essere supremo con religiosa disposizione. Oppure ancora dando sfogo a lirismi poetici e si diventa cantori. E poi, e poi ancora, ancora, senza limiti, mentre ci rincorre Urobos per ingoiarci ed alfine ci riesce.
    Esplorazioni umane che non si contano. Aquilotti sorvolano il genere umano ma non trovano il varco. Indagano, analizzano come in questo dettagliato post.
    Già questa visione aerea, diremo epidermica ci porta col pensiero al mito di Efesto scacciato dai brillanti dei olimpici della corte di Zeus, mentre lui era brutto e deforme. Ma ironia della sorte, Efesto era di smisurata brillantezza mentale per contro. Il suo ingegno fu la sua risorsa e potremmo paragonare il genere umano delle "catacombe" in tanti modi e nel tempo a Efesto.
    Ecco il dono della vita negli uomini, Efesto che amava la scienza ma non da meno delle donne.
    Un suo segno? Un suo "ponte" per valicare la metastasi umana senza corromperci. Non, non tanto quello aereo delle aquile che pur son servite, ma un altro, quello di Archimede, l'Efesto siracusano.
    Dante Alighieri chiamò questo genere di "ponte" la "Via Naiade".
    Oggi si costruiscono ponti subaquei, enormi tubi semisommersi che sfruttano la legge di Archimede dei corpi immersi in un liquido. Perciò non hanno bisogno di piloni di sostegni se non specie di ancore. Si pensava di fare così il ponte dello Stretto di Messina, ma è stato preferito quello convenzionale.
    Che significa questo, tradotto in termini di didattica del pensiero? Non mi azzardo a suggerire idee in proposito, ma è un imput e sarà l'Efesto nell'uomo a concepire il "ponte" sommerso.
    Non c'è cosa che non si sappia e l'informazione si avvale di mezzi per i quali c'è estrenua lotta per l'esclusivo appannaggio: ecco l'aquila dei guai. Non resta, dunque che la via sommersa, la stessa che permise ad Alfeo di raggiungere la ninfa Artemisia siracusana.

    Ma sono idee di un viandante...

    Ciao caro Paolo
    Gaetano

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  3. Sai ,ci sono giorni in cui penso che sto regalo me lo potevano pure risparmiare ...ma so momenti ...

    buon sabato
    ciao

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  4. weee pascucci oggi va di jazz te gustra il jazz?

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  5. non mi mmeraviglio sai ?!
    tel'ho sempre detto che in un certo senso c'è qualcosa che ci accomuna ....

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  6. Rosalba, a una franca analisi delle motivazioni che ci spingono a comportarci quanto meno onestamente, non vorrei ci fosse solo il timore della punizione. però noto che anche le maggiori religioni monoteiste vi fanno ricorso. dal che potrebbe seguire una necessità della punizione quale controllore sociale, al che però si potrebbe dedurre la quasi totale assenza o del libero arbitrio (con assenza di controllo sulle pulsioni) o di un istituto come la morale, che alcuni autori vogliono addirittura diffusa anche nel mondo animale.

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  7. caro viandante, c'è effettivamente qualcosa che brucia nell'uomo, o meglio nell'umano. E' la sete di conoscenza. Non so se sia un bene o un male perchè, là dove si presenta, spesso procura più dolori che gioie, e non per niente gli antichi, greci e non solo, sempre vi hanno associato perdizione e sconforto (Prometeo, Adamo e Eva, ecc). Le origini di questo articoletto risiedono in quello che ho cercato di rispondere alla cara Rosalba: esiste una sorta di autocontrollo, sulle nostre pulsioni, che va al di là della paura della punizione? e la risposta a questa domanda ha a che fare con la ricerca (anche "sotterranea", come dici) delle realtà che si estendono al di là di quella che si percepisce con i sensi?
    Io credo, per dirla in modo diretto, che dietro l'ansia di conoscere si nasconda l'ansia etica, che nella ricerca delle spiegazioni dei fenomeni naturali, di cui anche la mente fa parte, si annidi il ragionamento e l'analisi delle relazioni umane, che, al fondo di entrambe, si celi l'antica pratica del pensiero.
    Questo si è perchè, spesso, chi sostituisce l'atto immediato e diretto con quello "sostituto" del linguaggio verbale, non tende a esaurire subito il portato di quell'evento ma, per la stessa caratteristica di questo mezzo (il linguaggio) scava a fondo sulle cose.

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  8. Tu frequenti troppo una certa PERSONA ..attento .....io tel'ho detto ,poi so fatti tuoi !!!!

    Ah ,la crema me la metto da sola ....per dirla tutta non metto la crema ,ma mi ungo tutta di olio abbronzante ,nevera!!!!!

    ciao ne !!!

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  9. Se la vita è un dono?!...Dipende!...dalle condizioni di esistenza di ciacun essere umano.
    Complimenti!
    Ciao
    maria I

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  10. ahahahaha
    chi va col musicaio impara a musicare!

    si Maria, dipende dalla condizioni di ciascuno, ma dipende anche dagli altri. A volte ho la squallida sensazione che i politici (almeno quelli italiani) abbiano in realtà capito tutto molto prima di me, che la maggioranza degli italiani non merita niente anzi, se ti dimostri benefico tendono a sfruttarti, così gli danno mazzate e speranze, e questo non per insita cattiveria, ma perchè si adeguano a come sono i nostri connazionali. da questo segue un aggravamento di certe condizioni iniziali, sia dall'atteggiamento del politico, sia dalla realtà dell'italiano.

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  11. Ti ringrazio per questa summa del male del mondo. Altro che dono! Spesso il vivere è una tortura e solo pochi fortunati possono chiamarlo dono.

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  12. Se la vita è un dono è il dono di un maleducato, visto che prima o poi lo rivuole indietro!

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  13. Pa, mi sono posta spesso questa domanda e in tutta onestà non so fornire una risposta. So per esperienza che la vità può offrire molto, ma togliere anche molto. Dal bilancio non so che cosa risulta vincente.

    Mi piacerebbe sentire la risposta di chi non ha voce. Mi piacerebbe conoscere la risposta di una mia piccola alunna down con sindrome autistica e priva della capacità del linguaggio verbale. Mi piacerebbe conoscere quello che passa per la sua mente.

    Ecco mi piacererbbe porre a lei questa domanda e conoscere la sua risposta. Forse riuscirebbe a dare la risposta che io non so fornire.

    Bello e intenso il tuo post.

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  14. Anna, come vedi il post non è finito, c'è un continua, ma non so se lo finirò mai, un po' come accade a quasi tutti i miei articoli. La domanda che poni ha un senso e riguarda con maggiore incisività i meccanismi con i quali la natura permette la vita. E' il sistema dell'errore. La tua piccola alunna è l'errore, è il difetto nel meccanismo, che è anche la sua forza. Ella potrà domandarsi: ma perchè proprio a me? e se non avrà la capacità di farlo lo faranno forse i genitori. Ma non c'è un perchè. C'è una cosa di fronte alla quale noi sappiamo di non potere nulla. DI fronte a questo creiamo la divinità, perchè ci assicuri che NULLA è irreversibile, che NULLA sarà così per sempre, che c'è sempre una speranza, una rivincita per gli ultimi.
    La tua piccola alunna, alla quale ovviamente vanno tutti i miei auguri e la mia empatia, sbaglia se si fa questa domanda, perchè la nostra grande Madre Natura non opera per il bene o il male di qualcuno, ma per il bene di tutti. E però, il bene di tutti non può esistere.
    Più prosaicamente, e sulla scorta di un libro recente, ma anche sulla mia conoscenza del mondo, mi interrogavo sul fatto se esista un supplemento di sfortuna nel cosiddetto libero arbitrio umano. E qui si ci sarebbe da discutere. Se il libero arbitrio è quella cosa che definivo la "possibilità di deviare dal determinismo", cioè a dire è la possibilità di non scappare quando si ha paura, è la capacità di lasciar mangiare un altro se si ha fame, è queste cose e altre ancora, allora è nella capacità/possibilità dell'uomo quella di aggiungere un male accessorio (o di non farlo), un di più, che potrebbe anche essere nella sua natura, ma che ora è nella sua natura cognitiva poter controllare.

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  15. Fabri, vedi che non è solo dei grandi nomi l'accaparrarsi i beni e infliggere i mali, ma anche dei piccoli. E infatti è proprio da piccoli che si comincia, e la nostra Anna, come anche i nostri ricordi, ce lo confermano. Io temo che lasci molto di più il segno un male di qualsiasi entità proveniente con disprezzo e testardaggine dai contatti umani della nostra vita quotidiana, più che le vergognose gesta dell'apparato di comando.

    Profeta, questa è una delle migliori battute che mi sia capitato di leggere, se è tua complimenti. Diciamo allora che più che dono è un prestito, non richiesto del resto.

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  16. La vita è un dono acquistato da un estraneo presuntuoso: che piaccia a chi lo regala senza conoscere il destinatario non significa che debba piacere a chi lo riceve e che nemmeno sa di essere Il Festeggiato. Però può capitare, che il regalo poi piaccia, e... come si dice: A caval donato...
    Nell'elenco delle tue diecimila ragioni Contro ne manca una Pro. Cosa spacchetterei io, a quest'ora, se non avessi il dono dei tuoi post, o Paopasc?
    E adesso che ti ho dato del Dono, ti ho fregato. Però ti ho dato anche del Pacco... Strani, i sinonimi, vero?
    E' un periodo che Leopardi ti fa un baffo, o Paopasc! Ma qui da te, noi siam tutte ginestre: mica ci scacci via, annoi!

    B

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  17. Io ho SCOPERTO che la vita è davvero un dono, in un doppio incidente mortale. Solo faccia a faccia con la morte, la sopravvivenza e la ritrovata possibilità di avere ancora tutti gli arti e la possibilità di muoverli,ho toccato con mano che la vita è davvero un dono e ho sperimentato che NON è nelle nostre mani.
    Si appartiene a un Altro, ma per spiegarti questo devi chiedere allo Spirito Santo e lui ti darà la risposta su misura per te, nel senso che perfino tu che dubiti qualcuno possa mai dimostrarti l'indimostrabile, capirai. Devi solo concedergli il beneficio di un dubbio, uno solo.
    Buona settimana, carissimo!
    pitie

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  18. diciamo che ti abitui al regalo oppure non ti fai tante domande oppure ancora l'apprezzi quando la vedi per un attimo sfuggire, come dice Pitie. Così, B, sono leopardiano ma il "continua" intendeva concedere un po' di spazio all'ottimismo, al tuo Pro mancante. In fondo, a ben riflettere, più PRO di questa irragionevole attaccatura alla vita , non so cosa ci sia.

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  19. Pitie, forse in qualche caso non solo ci viene raddoppiato il regalo ma concesso di capire che inizio e fine del dono è un sentimento irrazionale: la vita è forte da sè e di sè, senza ragioni. Eppure, se decidiamo che non ha senso è come se ci arrendessimo a un pensiero superficiale, per questo continuo a domandare.

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  20. Non intendevo questo tipo di apprezzamento....noi ci alziamo al mattino, aprendo gli occhi e vedendoci, muovendo gambe e braccia funzionanti e crediamo che tutto ciò non sia un dono, come se ci fosse dovuto.... ecco, non è così, è quando ne sei veramente consapevole, allora ti accorgi che la vita è proprio un dono, a partire dal corpo!
    ciao!

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  21. "La vita è un dono" è quello che ti dicono le persone che stanno per dirti o dimostrarti quanto potere hanno su di te.
    Come dire: la vita è un dono: Dio/tua madre/chi per loro te l'hanno data e io te la tolgo
    Lo dicono anche i genitori (più spesso la madre): io ti ho fatto io ti disfo.

    Anche la Chiesa tutto sommato lo dice per dimostrare il suo potere su di te.

    So che è una visione un po' cinica ma io credo che la vita non sia un dono. Siamo qui per un incontro di cellule. Siamo qui perché due persone più o meno adulte o più o meno responsabili hanno fatto qualcosa che ha fatto volente o nolente qualcosa che quelle cellule ha fatto incontrare. Ho pensato tante volte "ma non potevano andare a farsi un giro altrove, lontano l'una dall'altra quelle due stramaledette cellule?! (E quei due stramaledetti adulti)". Ma ormai o tenersi o ammazzarsi. Non essendo ancora riuscita ad ammazzarmi penso che il miglior modo per impegnare il tempo sia fare qualcosa di utile, per me e per gli altri. In questo modo almeno la mia permanenza qui (e l'incontro di cellule/persone) trova un po' di senso. Se questo, per qualcuno, significa accogliere un dono va bene. Contenti loro. Io lo faccio per un etica personale, ma non per ringraziamento per il dono

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  22. ti sento un po' delusa Emanuela.
    E' vero, alla cultura dei nostri genitori appartiene una quasi venerazione per padri e madri che oggi è sconosciuta. Quasi un ringraziamento, ma non solo per averli generati anche per averli accuditi.
    La parte finale del tuo commento fa pensare. So per certo che vi è chi troverebbe nell'ultima frase comunque motivo di conforto, perchè vi è anche chi, per non ringraziare, nemmeno si comporta in modo etico, dunque del positivo vi è nel tuo agire e ciò crea una ampia giustificazione (o autogiustificazione).
    La nostra vita non sembra affatto una cosa semplice e scontata. Anzi, si può dire con ragionevole certezza che il miglioramento delle condizioni di vita e la possibilità di sopravvivere data anche a chi in natura non l'avrebbe, oltre un rimescolamento epigenetico della nostra specie porta anche il tormento. Il rimescolamento permette lo sviluppo di una società più morbida, più comprensiva, più "etica". Il tormento...beh coloro che ce l'hanno già lo sanno cosa porta.

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  23. Sì in effetti un po' delusa lo sono. Soprattutto dalla categoria genitori. Quando sono loro a dire la frase "la vita è un dono" primo sottintendono sempre loro dono che suona vagamente come come gentile concessione di cui essere grati, ma anche una dichiarazione del potere come dicevo che pensano di poter esercitare sui figli in quanto loro creazione e quindi loro proprietà. Secondo con questa frase intendono che debba seguire l'azione, ma non la loro: solo quella dei figli che appunto con il loro vivere devono rendere grazie ai genitori per questo dono. Loro invece hanno già dato per così dire. Come se il dono dovesse bastare a rendere felici i figli. Ma mettere al mondo non è sufficiente. Ci vuole l'amore, non sono solo i figli a dover dimostrare amore ai genitori ma anche il contrario. L'amore non può essere dato per scontato deve essere rinnovato ogni giorno da parte di tutte le parti in gioco.

    Il Dio che a volte presenta la Chiesa è in fondo un po' così: l'affetto incondizionato deve essere un pegno in cambio di un dono ricevuto all'origine ma solo unilateralmente.

    Non mi piace. Non mi piace chi in amore pensa di possedere. Non mi piace chi scambia amore con riconoscenza.

    Sono così, delusa dall'esperienza
    Ti ho stupito? E' che nella vita ho sofferto parecchio per l'amore malato nella mia famiglia. le ferite non si cancelleranno mai. E non so chi "ringraziare" per questo.

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  24. Beh... Adesso l'abbiamo, una vita.
    Inutile disquisire.
    Non si può nè cambiarne l'essenza, nè le modalità.
    Che ognuno se ne serva al meglio che può.

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  25. Non inutile, caro anonimo, ma utile. Se non si impara dal passato, da ciò che è stato, l'uso della mente lo vedo rivolto solo al male. E non obbligatoriamente volontariamente. E questo è forse perchè, prima che accada o che ne facciamo esperienza, noi non sappiamo bene cosa siano il bene e il male.

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  26. Sì in effetti un po' delusa lo sono. Soprattutto dalla categoria genitori. Quando sono loro a dire la frase "la vita è un dono" primo sottintendono sempre loro dono che suona vagamente come come gentile concessione di cui essere grati, ma anche una dichiarazione del potere come dicevo che pensano di poter esercitare sui figli in quanto loro creazione e quindi loro proprietà. Secondo con questa frase intendono che debba seguire l'azione, ma non la loro: solo quella dei figli che appunto con il loro vivere devono rendere grazie ai genitori per questo dono. Loro invece hanno già dato per così dire. Come se il dono dovesse bastare a rendere felici i figli. Ma mettere al mondo non è sufficiente. Ci vuole l'amore, non sono solo i figli a dover dimostrare amore ai genitori ma anche il contrario. L'amore non può essere dato per scontato deve essere rinnovato ogni giorno da parte di tutte le parti in gioco.

    Il Dio che a volte presenta la Chiesa è in fondo un po' così: l'affetto incondizionato deve essere un pegno in cambio di un dono ricevuto all'origine ma solo unilateralmente.

    Non mi piace. Non mi piace chi in amore pensa di possedere. Non mi piace chi scambia amore con riconoscenza.

    Sono così, delusa dall'esperienza
    Ti ho stupito? E' che nella vita ho sofferto parecchio per l'amore malato nella mia famiglia. le ferite non si cancelleranno mai. E non so chi "ringraziare" per questo.

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  27. "La vita è un dono" è quello che ti dicono le persone che stanno per dirti o dimostrarti quanto potere hanno su di te.
    Come dire: la vita è un dono: Dio/tua madre/chi per loro te l'hanno data e io te la tolgo
    Lo dicono anche i genitori (più spesso la madre): io ti ho fatto io ti disfo.

    Anche la Chiesa tutto sommato lo dice per dimostrare il suo potere su di te.

    So che è una visione un po' cinica ma io credo che la vita non sia un dono. Siamo qui per un incontro di cellule. Siamo qui perché due persone più o meno adulte o più o meno responsabili hanno fatto qualcosa che ha fatto volente o nolente qualcosa che quelle cellule ha fatto incontrare. Ho pensato tante volte "ma non potevano andare a farsi un giro altrove, lontano l'una dall'altra quelle due stramaledette cellule?! (E quei due stramaledetti adulti)". Ma ormai o tenersi o ammazzarsi. Non essendo ancora riuscita ad ammazzarmi penso che il miglior modo per impegnare il tempo sia fare qualcosa di utile, per me e per gli altri. In questo modo almeno la mia permanenza qui (e l'incontro di cellule/persone) trova un po' di senso. Se questo, per qualcuno, significa accogliere un dono va bene. Contenti loro. Io lo faccio per un etica personale, ma non per ringraziamento per il dono

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  28. Io ho SCOPERTO che la vita è davvero un dono, in un doppio incidente mortale. Solo faccia a faccia con la morte, la sopravvivenza e la ritrovata possibilità di avere ancora tutti gli arti e la possibilità di muoverli,ho toccato con mano che la vita è davvero un dono e ho sperimentato che NON è nelle nostre mani.
    Si appartiene a un Altro, ma per spiegarti questo devi chiedere allo Spirito Santo e lui ti darà la risposta su misura per te, nel senso che perfino tu che dubiti qualcuno possa mai dimostrarti l'indimostrabile, capirai. Devi solo concedergli il beneficio di un dubbio, uno solo.
    Buona settimana, carissimo!
    pitie

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  29. La vita è un dono acquistato da un estraneo presuntuoso: che piaccia a chi lo regala senza conoscere il destinatario non significa che debba piacere a chi lo riceve e che nemmeno sa di essere Il Festeggiato. Però può capitare, che il regalo poi piaccia, e... come si dice: A caval donato...
    Nell'elenco delle tue diecimila ragioni Contro ne manca una Pro. Cosa spacchetterei io, a quest'ora, se non avessi il dono dei tuoi post, o Paopasc?
    E adesso che ti ho dato del Dono, ti ho fregato. Però ti ho dato anche del Pacco... Strani, i sinonimi, vero?
    E' un periodo che Leopardi ti fa un baffo, o Paopasc! Ma qui da te, noi siam tutte ginestre: mica ci scacci via, annoi!

    B

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  30. Ciao Paolo che piacere risentirti sono stato molto impegnato. Ma, ora sono cercherò di recuperare, ho aperto un nuovo blog facci un salto se ti va, ti aspetto! http://restareinformati.blogspot.com/

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  31. ,per ovviare che questo"dono"di ictus infarti tumori disabilità terremoti e chi più ne ha pi nr metta non facciamo più figli per passare questo "dono"ad altri

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  32. ,per ovviare che questo"dono"di ictus infarti tumori disabilità terremoti e chi più ne ha pi nr metta non facciamo più figli per passare questo "dono"ad altri

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  33. Yeah bookmaking this wasn't a bad determination outstanding post!

    My web site; 부산오피

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  34. Un dono indisponibile e che non si puo' rifiutare non è un dono ma un artificio dialettico per legittimare una superiorità o per manifestare una tendenza ludica del donante

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  35. Il basso numero di commenti ha motivazioni eterogenee ma afferenti all impatto antropologico dei paradossi che sottintendono una idea di ( D) divinita' con cui non si puo ' piu' convenire

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