giovedì 10 marzo 2011

Giustizia è fatta? Conferenza stampa congiunta Berlusconi Alfano

Tra l'altro, sentivo di questa cosa qua: l'inappellabilità dell'accusa, ovvero se sei assolto da un reato non puoi più essere processato per quel reato. All'americana. Mi risulta però che, all'americana, dopo la prima sentenza si finisce dentro, senza aspettare le successive revisioni, e che l'appello è previsto solo per la pena di morte.
Sentite come funziona la giustizia americana,
"Il sistema giudiziario americano funziona perché non fa i processi, non fa gli appelli e non motiva le sentenze.  Questo sistema ha prodotto la più grande incarcerazione di massa dai tempi di Stalin in poi.
 Solo il 40% delle condanne per omicidio criminale (preterintenzionale e volontario) è ottenuta con un processo, mentre la quasi totalità delle cause civili, grazie all’American Rule, si conclude con un accordo.
 In America l’appello non è un diritto costituzionale e solo i condannati a morte godono di una revi­sione automatica della condanna, ma questa non è un rifacimento del processo. L’appello americano è una verifica della correttezza formale del primo procedimento: in esso non si riascoltano i testi, non c’è giuria e il condannato ha perso la sua (teorica) presunzione d’innocenza.
 Non c’è il pericolo della prescrizione, perché questa si è interrotta con l’inizio dell’azione giudiziaria.
 Non è corretto dire che i giudici americani sono politicizzati, perché essi appartengono a pieno titolo al mondo della politica: sono cioè uomini politici a tutti gli effetti. Essi, avvocati o procuratori che fossero, hanno tutti alle spalle un periodo più o meno lungo di attivismo politico. A volte sono eletti, ma più spesso nominati da altri uomini politici e tutti, alla fine, rispondono delle loro sentenze al “popolo”. Non sono pochi i giudici che hanno pagato a caro prezzo decisioni invise alla maggioranza degli elettori."[2]
Tanto per dire, sui reati finanziari, ecco cosa hanno rimediato i colletti bianchi del caso Enron
"Quando il falso in bilancio appare all’improvviso, nel dicembre 2001, qualcuno s’illude che la Enron possa essere salvata dall’Amministrazione Bush, visti i generosi finanziamenti elettorali dei suoi top manager al partito repubblicano e le entrature personali alla Casa Bianca.
Invece le protezioni politiche non scattano. E i tempi della giustizia sono esemplari. Nonostante l’estrema complessità tecnica del caso, e malgrado l’esercito di grandi avvocati mobilitato dai top manager incriminati (a cui non mancano i mezzi) il processo finale si apre a Houston il 30 gennaio 2006. Cioè appena quattro anni dopo il crac.
In meno di quattro mesi si arriva al verdetto: 25 maggio 2006. Le pene sono pesantissime, com’è consueto negli Stati Uniti dove il codice penale non ha alcuna indulgenza verso la criminalità finanziaria e i reati dei colletti bianchi.
Il presidente Kenneth Lay viene condannato a 45 anni di carcere e 90 milioni di multa (Lay muore il 5 luglio 2006).
Il chief executive Jeffrey Skilling si prende 24 anni e 4 mesi, e inizia a scontare la pena subito: entra in carcere il 23 ottobre 2006. Pagano anche i revisori dei conti, la società Arthur Andersen viene dissolta." [1]
Tutti dicono che c'è bisogno di una Riforma della Giustizia. Ed è vero. Però bisognerebbe farla come prevede John Rawls: chi la scrive non deve sapere che ruolo ha lui nella società, altrimenti è troppo facile scrivere leggi spacciandole di pubblica utilità.









[1]  Scandali finanziari e tempi della giustizia (americana)
[2] La giustizia americana

1 commento:

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