martedì 18 ottobre 2011

Indignati e cambiamento: le rivoluzioni devono essere sempre violente?

Convincere gli altri usando la ragione. Oibò. In un suo pezzo Paola Bonavolontà parla, nel suo Energia creativa, della critica costruttivache è un procedimento complesso, materia per esperti, altrimenti si rischia di ottenere l'effetto contrario. E che sia cosa da esperti lo si vede dal fatto che normalmente tutti difendiamo le nostre idee e le nostre scelte soprattutto dalle critiche, le quali non portano scritto in fronte se sono costruttive o distruttive: sono critiche. Per essere costruttive, da quello che arguisco da una risposta a un mio commento, devono essere interessate cioè, molto spesso pagate o, comunque, richieste.


I consigli richiesti. Secondo me la cosa comincia così: uno ha un'idea, su un certo fatto, su come va il mondo e su come dovrebbe andare, su quello che si dovrebbe fare e anche su quello che non si dovrebbe fare. Bene. Arriva un'altro che dice: no, così come dici tu è sbagliato, le cose non funzionano così, e inizia a fare tutta una serie di osservazioni. Dopo di che si comincia a confabulare. A causa dell'intrinseca ambiguità del linguaggio verbale non si trova il bandolo, ognuno rimane sulle sue posizioni e buonanotte. 
Pensate, invece, se andasse in quest'altro modo: ho un'idea, una teoria, un modo di vedere e via dicendo. Allora, per verificare se ho commesso errori chiedo un parere, un giudizio. Il giudizio non è vincolante, serve a verificare la mia idea da un altro punto di vista. Paradossalmente quel diverso punto di vista potrebbe sia rafforzare la mia idea che indebolirla, o consigliarmi di modificarla o qualsiasi altra cosa. Però, io non mi metterò in contrasto con  questo parere richiesto (e qui i metodi possono essere tanti)  ma cercherò di analizzarlo razionalmente, perchè  avendolo richiesto ho tutto l'interesse ad utilizzarlo al meglio.

L'egoismo. Insomma, i pareri non richiesti, sono quelli meno desiderati e con i quali si parte subito male mentre quelli richiesti, a titolo gratuito o a titolo oneroso, sono più ascoltati.
Ora, dando per scontato che il parere richiesto, in qualunque modo, ha rafforzato le mie tesi,  che fare? Si è mai visto che una buona teoria ne soppianta una meno buona se non vi è un interesse in chi utilizza la teoria meno buona? Di fronte al proprio interesse, come visto per il parere richiesto, si abbassano le difese.
Così, sono convinto che se io proponessi una teoria politica che afferma: le prime quattro cariche dello Stato devono essere tutelate da interventi disgreganti della magistratura finchè sono in carica e per altri due anni terminata la carica; oppure se dicessi, a causa della straordinaria importanza del ruolo di rappresentante del popolo interpretato da un parlamentare è giusto riconoscere a chi vi si impegna un vitalizio ben più consistente di quello attuale. Ho leggermente esagerato, come noterete, ma solo per farvi comprendere che qualsiasi normativa che migliora le condizioni di chi ha il potere di accettarla o bocciarla, avrà una corsia preferenziale rispetto a tutte le altre. E' un banale principio egoistico, estesamente utilizzato, del resto.
Se invece di proporre normative a favore di chi può approvarle o bocciarle ne proponessi a loro sfavore, cosa pensate che farebbero?

George Washington
Come sono avvenuti i cambiamenti? E qui entra in ballo il 15 ottobre degli indignati, le proteste e il gran dispiegamento di critici, osservatori, analisti, semplici passanti, indignati, e chi vi pare a voi con la solita tiritera (giusta) sul fatto che questi movimenti, eventi, accadimenti devono essere pacifici e non violenti, come del resto sono, non confondendo l'apporto violento  dovuto ai soli infiltrati black bloc.
Andando però così a spanne a ritroso con la memoria, e osservando un po' di eventi e accadimenti successi lungo la storia dell'umanità, intendo gli eventi sociali, pochi ne trovo che siano stati propriamente e solamente pacifici, anche quando erano dannatamente nel giusto.
Non è stato per via pacifica che ci siamo liberati dai dittatori durante la seconda guerra mondiale, nè è stato in maniera incruenta che si è formata l'Italia, che si è liberata dal dominio straniero, nè le grandi rivoluzioni per antonomasia, quella francese e quella americana, sono avvenute in maniera pacifica, e così pure quelle meno desiderabili.
Stranamente, la fine del comunismo in Unione Sovietica  e nel blocco dell'Est è avvenuto in forme miste, tra pacifico e violente ma, sicuramente, la transizione è stata in molti casi imperfetta, e questo mi fa pensare che molti di quelli che potevano approvare o bocciare hanno approvato.
E così anche le conquiste sindacali, il suffragio universale per le donne, hanno richiesto forme di impegno sostanziale e intenso, dalla franca violenza alla volontà indomabile. Nè la lotta allo schiavismo in America, nè i dittatori in giro per il mondo, nè i terroristi del fanatismo religioso, nè la parte di mondo che ne è vittima, nè chi cerca di deporre dittatori, nè chi cerca di imporli, può fare a meno di usare un certo qual grado di violenza. Almeno finchè chi ha il potere di accettare  il cambiamento  non ha interesse egoistico a farlo. Se non ha interesse a cambiare non cambierà, a meno di non costringerlo.

source pap-blog
I regimi democratici. Si dirà: sembri dimenticare che i grandi cambiamenti, nei regimi democratici, avvengono per via elettiva. Una tornata elettorale può spazzare via una classe politica inadempiente. Uhm....
Ribaltiamo la questione: è sempre vero che la classe politica può fare tutto ciò che vuole? Considerando quello che vorrebbe fare e non ha potuto fare (ancora) l'attuale governo c'è da giurare di no. Ma quali altri fattori influenzano la fattibilità politica dei provvedimenti e delle norme? L'accettabilità da parte delle lobby di riferimento. Uso lobby per intendere quella parte di società che ha un mutuo interesse a mantenere lo status quo e che è in grado di influire sull'attività di un governo. Le lobby questo fanno, però non le si intenda in chiave unicamente economica. Il governo, come detto, ha la capacità di proporre e approvare leggi, ma se queste contrastano fortemente con i desideri e le aspettative delle sue lobby di riferimento avrà qualche remora ad approvarle e, se lo farà, lo pagherà in termini di consensi del suo elettorato di riferimento.
Sembra quindi agire una forza opposta a quella che ipotizzavo prima: ora, la parte che ha la possibilità di accettare o bocciare le norme è la destinataria di tali norme, la parte di società che sostiene e ha interesse a che il governo resti in carica. Se questo interesse viene meno il governo ha la certezza del mancato sostegno alle elezioni per cui, le lobby, con i loro interessi, diventano a loro volta coloro che accettano o si oppongono ai cambiamenti, influenzando l'azione del governo.
Ricapitolando: se qualcuno ha una buona idea con la quale modificare alcuni aspetti della società che però peggiorano le condizioni di chi ha la possibilità di accettare o bocciare quella idea, allora probabilmente quell'idea verrà bocciata. Per riuscire a darle qualche chance di vittoria quel qualcuno dovrà mobilitare quante più risorse possibili.
Per sgombrare subito il campo da equivoci non sto assolutamente dicendo che per riuscire ad ottenere qualcosa bisogna far ricorso alla violenza o cose del genere.La mia condanna degli episodi di violenza è ferma. Noto solamente che le grandi rivoluzioni, i grandi cambiamenti, hanno molto spesso visto l'utilizzo di forme di violenza più o meno marcata. Sarebbe bellissimo se quelle stesse rivoluzioni e cambiamenti si potessero fare, o si fossero potuti fare, per via pacifica ma, per lo meno nel passato, non sempre è stato così.
Chi aveva qualcosa da perdere dal cambiamento vi si è opposto con una tenacia estrema. Sempre. Ed è palpabile e chiaro che l'idea di cambiamento che portano gli indignati, i precari, gli studenti, chi non arriva a fine mese, chi è diventato povero, chi non vuol pagare un debito che non ha fatto lui, chi vuole avere un futuro insomma tutta questa gente qui, è lampante che l'idea che hanno della società contrasta con gli interessi di chi vuole mantenere le cose come stanno.

La critica di chi critica. E così torniamo all'inizio. C'è un modo di cambiare le cose senza far ricorso ai metodi che hanno utilizzato i grandi e piccoli uomini del passato? Il metodo c'è ma occorrerebbe che ognuno di noi, così pronto a esercitare il diritto di critica e a tradurlo in seguito nel voto ai soliti partiti, richiedesse un parere, come si fa per una decisione importante della quale non si è sicuri. Perchè quello che è implicito in quella critica che abbiamo il diritto di fare è che saremo contrari al cambiamento, pur senza capirlo magari, e così facendo rimarremo impantanati nella solita palude. Invece è nel nostro interesse sapere se le critiche che muoviamo a chi porta delle novità, delle idee, dei propositi di cambiamento, sono giuste o sbagliate. Critiche che muoviamo perchè  tutto ciò che è nuovo, che tende  a modificare l'esistente, è avvertito come minaccioso, a meno di non trovarsi in una condizione di non ritorno, e quindi, se non si è alla disperazione, la critica non è un mero esercizio di controllo è l'anticamera della negazione pregiudiziale al cambiamento.
Io dico che sbagliamo. Allo stesso modo in cui qualcuno che ha un'idea dovrebbe sottoporla all'esercizio critico su richiesta, per scoprirne pregi e difetti, così anche chi critica quello che propongono gli altri dovrebbe lasciarsi consigliare. Dovremmo chiedere un parere, magari anche pagandolo, poco ma pagarlo, per aumentare il livello di considerazione con cui ascoltare questo parere.
Solo che c'è un problema: a chi domandiamo questo parere? Però, una volta trovato coloro ai quali poter chiedere un giudizio, il più è fatto.

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