lunedì 28 novembre 2011

Musica e movimento (ed emozione)

Brain areas with significant responses during the perception
of piano music. Image 
cercor.oxfordjournals.org 

Inizio con la citazione che Karen Schrock mette alla fine del suo articolo su Mente&Cervello di dicembre (2009): 
“La musica è il modo più diretto e misterioso di trasmettere ed evocare il sentimento. È un modo per collegare la nostra coscienza a quella di un altro. Penso che fare musica insieme sia la cosa che più si avvicina alla telepatia.”[1]
La citazione è di Oliver Sacks, il neurologo autore di Risvegli e numerosissimi altri libri e articoli scientifici sul cervello, tratta dal suo libro Musicofilia.[2]
La mia ipotesi è questa: la musica rappresenta una fonte di piacere quasi puro perché è uno stato emotivo il cui correlato motorio è creato dal soggetto, e non presenta nessun impedimento alla sua realizzazione. Come tutte le fonti di piacere, da quello più intenso a quello meno intenso, si va da un grado di impedimento motorio minimo o nullo a uno massimo, a seconda delle caratteristiche contingenti nelle quali si verifica. 
L’autrice dell’articolo  effettua una carrellata delle teorie più recenti riguardo l’essenza della musica, il suo ruolo e i suoi effetti sull’uomo. Proviamo a verificare se la mia ipotesi comprende le diverse spiegazioni che autori diversi hanno proposto. 

Alcuni studi dimostrano che un danno all’amigdala [3], oltre a pregiudicare la capacità dell’individuo di provare paura, compromette anche quella di provare tristezza ascoltando della musica. 
In effetti, le emozioni collegate alla musica sono diverse, dalla gioia alla malinconia. Ora, per la mia ipotesi su piacere e dolore, piacere è qualunque cosa che non opponga impedimenti a un atto motorio (leggi una qualsiasi volontà dell'individuo) e dolore è l’esatto opposto. Come va che la musica, che può indurre anche uno stato di malinconia o tristezza, ha comunque un fondo di piacere? Ipotizzo che anche lo stato di tristezza, se non è un impedimento ma la realizzazione completa di ciò che si vuole essere, senza alcun impedimento, è uno stato piacevole. Comunque di questo aspetto ne riparleremo perché va approfondito. 

image scienceblogs
Dice ancora l’autrice che altre ricerche dimostrano che la musica è in grado di trasmettere determinate e identiche emozioni a tutte le persone presenti. Isabelle Peretz dell’Università di Montreal ha provato che gli occidentali rispondono in maniera concorde al tipo di emozioni che suscita una certa canzone, purchè anche questa di tipo occidentale [4]. Tom Fritz ha allargato questa conclusione abbattendo le barriere etniche al trasporto emotivo della musica, dimostrando che i Mafa del Camerun, che non avevano mai ascoltato musica occidentale, provavano le stesse emozioni degli occidentali quando ascoltavano quella musica [5]

Anche in questo caso trovo che ciò sia naturale: non è certo la differenza etnica che porta con sé differenze di funzionamento cerebrali, e dunque il via libera motorio che ha la musica supera le barriere culturali, le quali barriere fanno evolvere tecniche differenti di utilizzare il linguaggio musicale, ma la parte sostanziale del messaggio che si veicola è uguale per tutti. 
In più, altri studi hanno coinvolto pure le persone autistiche. Pam Heaton dell’Istituto Goldsmiths di Londra, ha dimostrato che i bambini autistici e quelli non autistici riconoscevano allo stesso modo i correlati emotivi (anche emozioni complesse come rabbia, trionfo, soddisfazione) delle musiche ascoltate, provando che il problema di gestire gli ingressi emotivi associati alla presenza fisica dell’altro e del suo linguaggio corporeo, tipici dell’autismo, non sono un deficit del riconoscimento emotivo tout court [6]. 
Questa dimostrazione che l’autismo non riguarda un deficit di riconoscimento, come quello potrebbe derivare da un danno all’amigdala, implica che il problema degli autistici può essere solo di gestione degli ingressi emotivi. Probabilmente il sistema di gestione emotivo degli autistici è troppo concentrato e va in tilt quando sono presenti numerosi segnali. 

The experience of emotions on the Ortony, Clore and
Collins scale (1988) by music therapy students
experienced when listening to music and performing music.
Image  mir.uncc.edu
Un altro esperimento, di Roberto Bresin e collaboratori, ha fornito evidenze che la musica si comporta come linguaggio universale, non solo interpretativo ma anche fattivo. Infatti gli autori hanno chiesto ad alcuni soggetti di manipolare una canzone modificandone tempo, volume e fraseggio  e, indipendentemente dal fatto che si trattasse di musicisti esperti o bambini di sette anni, tutti finivano per usare lo stesso tempo per la medesima emozione (allegria, tristezza, paura o tranquillità). Altra prova dell’universalismo di questa forma di comunicazione, che oltrepassa sia le barriere etniche che quelle culturali e generazionali. [7]



C’è poi l’aspetto collettivo della musica, il suo fare gruppo, il suo cementare i rapporti. Robert Zatorredella McGillUniversity,  afferma
“Tutti i suoni sono prodotti dal movimento. Quando udiamo un suono, significa che si è mosso qualcosa”.[8]

Egli punta il dito sulla relazione tra atto motorio e musica: 
“Posso immaginare che ritmo e azione fisica abbiano una risonanza reciproca nel sistema nervoso.”[9] 
Questa affermazione fa il paio con l’altra, citata prima. Si è giunti a queste considerazioni grazie a studi che dimostravano che quando si ascolta musica si attivano aree motorie, e la spiegazione che fornisce la Schrock ha a che fare con una probabile elaborazione del ritmo. Tra le aree coinvolte vi sono l’area premotoria, in cui l’azione è preparata mentalmente e il cervelletto per la coordinazione. 

Non lasciamoci sfuggire questa affermazione. Siamo così abituati, da bravi macroftalmici (organismi basati sulla visione) a basare l’atto unicamente sul rimando visivo che, normalmente, ci sfugge il fatto che possa esistere una relazione tra suono e movimento. 

Anche tutte le caratteristiche sensorie che ho elencato in questo blog sono a netta predominanza visiva, verticalità, orizzontalità, luce, tridimensionalità, colore, forma e così via. E’ del resto grazie alla vista e al tatto, includendo la propriocezione e l’equilibrio, che noi possiamo svolgere le normali attività motorie, camminare, sederci, guidare, e via dicendo. Sembra naturale quindi rivolgere a questi settori l’interesse primario dei referenti indirizzativi dell’atto motorio. Cos’ha a che fare dunque il suono, magari sotto forma di musica, con il movimento? 

Saguinus oedipus. Image
pin.primate.wisc.edu
Annarita, con una preziosa segnalazione (di qualche tempo fa), ci informa che è stato condotto un esperimento sulle scimmie tamarine (Saguinus oedipus) in cui si dimostrava che una canzone dei Metallica, un rock piuttosto duro, aveva un effetto tranquillizzante sulle scimmie, uno dei pochi suoni musicali umani a sortire un qualche effetto su questi animali. Ascoltando poi una ricostruzione composita di suoni naturali delle scimmie, una tranquillizzante e una eccitante, viene da pensare a quale tipo di relazione possa intercorrere tra suono ed emozioni scatenate [qui alcuni esempi di vocalizzazioni della scimmia tamarina]. Con tutta probabilità, essendo questi suoni ricostruiti dei segnali di avvertimento, e sapendo che generalmente quegli animali sociali che sviluppano sistemi di comunicazione a distanza sono favoriti nella sopravvivenza, dico essendo pacifiche queste due considerazioni, mi viene da chiedere se vi sia qualche attinenza tra la struttura di queste due distinte sonorità e la loro attinenza con ciò che vogliono stimolare. E con tutta probabilità sarà anche vero che esisteranno sonorità specifiche per diversi eventi, come pericolo dal cielo, pericolo da terra, calma, richiami sessuali e così via. 

Dunque a maggior ragione viene naturale domandarsi se un certo tipo di suono, connotato da alcune precise caratteristiche sonore come ritmo, tempo, altezza, intensità, timbro e così via, sia correlato a determinati movimenti e intensità di azione. Non solo, dunque, un suono che informa su un evento che sta accadendo (scappate tutti che arriva l’aquila), ma anche una relazione tra caratteristiche del suono e atto motorio richiesto, un po’ come succede con la vista, dove certe caratteristiche visive stimolano certi atti motori. Per esempio, una parete verticale, un muro  di qualsiasi colore, recano in sé l’impedimento di alcuni atti, come per esempio attraversarlo. Perché, sia detto per inciso, questo impedimento non genera dolore o spiacere, secondo la mia ipotesi? Perché probabilmente, alla parete appartiene una ricostruzione motoria mentale in cui non è previsto l’attraversamento, per cui non può esserci impedimento di qualcosa che non fa parte del repertorio motorio, mentre può essere toccato, annusato, osservato il colore e la trama, tutte ricostruzioni motorie per comprendere cos’è un muro. 

Anche se questa considerazione non è sempre valida. Infatti, un'inferriata che impedisce di accedere a del cibo è in grado di generare uno stato di frustrazione, comportandosi come un impedimento (e la frustrazione come un reminder) anche se, in sè, l'inferriata, non potendosi attraversare, non dovrebbe generare nessun impedimento. In questo caso è il ruolo cognitivo dell'inferriata vista aperta a funzionare da impedimento e dunque a generare la frustrazione.

Nella musica tutto questo non c'è e perciò, non essendoci nessun impedimento a nessun movimento mentale, è piacevole. In più, come notato, la musica accompagna e stimola il movimento attraverso la danza, e muoversi  è la cosa più importante per gli organismi animali.



[1]Karen Schrock, Emozioni in musica, Mente&Cervello, 60, dicembre 2009, pp.44-51.

[2] O. Sacks, Musicofilia, Adelphi  2008.

[3] Ralph Adolphs, Daniel Tranel, Impaired Judgments of Sadness But Not Happiness Following Bilateral Amygdala Damage, Journal of Cognitive Neuroscience, April 2004, Vol. 16, No. 3, Pages 453-462 doi:10.1162/089892904322926782

[4] Vieillard, S., Peretz, I., Gosselin, N., Khalfa, S., Gagnon, L. & Bouchard, B. (2008) Happy, sad, scary and peaceful musical excerpts for research on emotions. Cognition and Emotion
[5]M. Balter, Feel-Good Music Feels Good Around the World, Science 2009

  1. [6] 
  2. Heaton, P., Allen, R., Williams, K. & Cummins, O. & Happé, F., (2008). Do social and cognitive deficits curtail musical understanding? Evidence from Autism and Down syndromeBritish Journal of Developmental Psychology, 26, 171 – 182. 
[7] Roberto Bresin and Anders Friberg, Emotional Coloring of Computer-Controlled Music Performances, Computer Music Journal 2000 24:4, 44-63

 
    [8] K. Schrock, op. cit. p. 49.
[9] K. Schrock, op. cit. p. 49.

3 commenti:

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  2. Una definizione che coglie un aspetto importante nel continuo rapporto uomo-suono. in questa relazione il suono mette in gioco una serie di meccanismi che funzionano in modo variabile da un individuo all'altro, nella sua totalità.
    Qualunque movimento crea dei suoni e viceversa, e sono proprio i suoni nei quali viviamo che ci spingono a muoverci. Un corpo avvolto dal suono comincia a muoversi: a tal fine la musica è un mezzo potente nel coinvolgere l'altro, anche le persone che non riescono ad ascoltare perchè isolate dal mondo esterno, non a caso tu citi l'autismo. Ho visto tutto ciò con i miei occhi ed è meraviglioso.     

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  3. A suggello di queste tue deliziose parole, Carla, dirò che vi è chi ipotizza che l' Universo stesso sia nato da un suono (mistici indiani). Il che, se forse è un'esagerazione che ammanta di romanticismo le più lontane origini del tutto pure è un'innegabile realtà, per quanto ci riguarda.

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