mercoledì 28 dicembre 2011

Perchè la Lega punterebbe al default del debito pubblico?

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Ipotesi fatta dal deputato senatore PD Enrico Morando il 22 dicembre in un intervento al Senato. Riporto quanto pubblica Pietro Ichino sul suo sito, cioè il resoconto stenografico di quell'intervento. Evidenzio in grassetto i passaggi fondamentali.
MORANDO (PD). Signor Presidente, perché la Lega ha assunto verso il Governo Monti una posizione di così violento contrasto? Non tanto verso la manovra del Governo Monti, ma verso il Governo Monti in sé, come hanno dimostrato l’intervento di Calderoli di ieri mattina e la gazzarra di ieri sera.
Non convince la risposta che la Lega stessa ha fornito a questa domanda con la relazione di minoranza. In sostanza, la relazione di minoranza sostiene che la manovra di Monti è iniqua, espropriatrice verso i ceti produttivi della Padania. Non convince perché i senatori leghisti, almeno quelli che – per dirla con una battuta folgorante che ha caratterizzato Giancarlo Pajetta – non hanno il difetto – ce ne sono tanti – di credere alla propria propaganda, sanno benissimo che la situazione non sta in questi termini e, semmai, ha qualche fondamento il giudizio opposto: dei 10 miliardi di euro, tutti prelevati dai patrimoni, che la manovra dedica alla riduzione della pressione fiscale sui produttori, la gran parte si rivolgerà a sostenere impresa e posti di lavoro ovviamente là dove l’una e gli altri sono più presenti, ossia al Nord.
Non convince questa interpretazione, soprattutto perché – anche ammettendo che fosse fondato questo giudizio della Lega Nord, che ho appena dimostrato essere non fondato – alla Lega resterebbe da rispondere a una domanda, che viene prima di quella relativa all’asserita iniquità della manovra. È necessaria e urgente una manovra di questa entità e con questo carattere strutturale, oppure no? È una domanda che la Lega vuole occultare dietro alla cortina fumogena degli artigiani del Nord, rovinati – udite udite! – dalla piena deducibilità dell’odiata IRAP, pagata sul costo del lavoro, e dei commercianti del Nord, distrutti da un aumento dei loro contributi previdenziali, che finalmente potranno assicurare loro una pensione decente, così consentendo loro di smettere di ingrassare – in questo caso sì: “ingrassare” – i sistemi assicurativi privati, a cui oggi i commercianti diffusamente ricorrono, che sono assai meno generosi del sistema previdenziale pubblico.
Il fatto è che Bossi ha da gestire un vero e proprio fallimento politico. Alla guida della Nazione per più di otto anni e mezzo degli ultimi dieci, il suo partito non è riuscito né a fornire protezione ai ceti produttivi del Nord, insidiati dagli sconvolgenti flussi della globalizzazione, come si era impegnato a fare da partito‑sindacato del territorio, né a realizzare il cambiamento promesso quando, con l’alleanza con il neopopulismo proprietario di Berlusconi, aveva abbandonato l’identità secessionista, per assumere l’obiettivo democratico di una versione egoistica, di destra, della rivoluzione federalista. Dopo otto anni e mezzo di Governo, un pugno di mosche in mano.
Come capita ai leader in difficoltà di partiti a fortissima identità e attraversati – come lo è la Lega – da pulsioni antisistema, Bossi ha allora pensato che l’unica strada per evitare il collasso fosse un ritorno al passato (anche nel mio partito, recentemente, abbiamo vissuto un’esperienza di questo tipo), andando via dal Governo di Roma, per tornare alla secessione.
Ma ecco il punto, signora Presidente: come rendere realistico l’obiettivo della secessione, altrimenti poco più che folcloristico? La risposta è semplice: se ci fosse il fallimento del debito pubblico italiano, esso trascinerebbe nella rovina l’intera costruzione dell’euro. Crollata l’unità monetaria, cosa prenderebbe il suo posto? Probabilmente, dopo una vera e propria catastrofe sociale, si andrebbe ad un nuovo assetto, con l’«euro 1», nella vecchia area del marco, e «l’euro 2», nei restanti Paesi dell’attuale Unione. Da una parte una moneta forte e dall’altra una moneta o un sistema di monete – scegliete voi – deboli, protagoniste di un accelerato processo di sistematica svalutazione a fini competitivi.
È un incubo? Sì, è un incubo per tutti, compresi gli artigiani e i commercianti del Nord, che verrebbero falcidiati, sia nel reddito sia nel patrimonio. Ma proprio questo esito da incubo – questo è il punto – è la condizione per il successo della nuova‑vecchia linea politica della Lega. Se c’è il fallimento del debito pubblico, allora diventa plausibile la secessione del Nord. La parte più sviluppata del Paese, questa è la scommessa di Bossi, da vero leader politico come certamente è, non accetterà di uscire dall’Europa che conta e agirà di conseguenza. Ecco perché, in buona sostanza, questa è la riedizione di quella linea secessionista, che non a caso caratterizzò la Lega nella fase nella quale sembrava che non saremmo riusciti ad entrare nell’euro: questa è esattamente la riedizione di quella scommessa. Lega ha perso la prima scommessa: pensa di vincere la seconda.
Ecco perché la Lega si scaglia con tanta veemenza contro il Governo Monti e la sua manovra. Esso, proponendosi di scongiurare il fallimento del debito pubblico, costituisce il più grande ostacolo per la strategia secessionista della Lega: se riesce Monti fallisce la Lega, se Monti fallisce può riuscire la Lega. So che a questo modo di ragionare si può obiettare in modo radicale: non c’è un effettivo rischio di fallimento del debito pubblico, e conseguentemente il compito cui il Governo Monti deve attendere è rilevante ma non ha valore esiziale (esiziale in senso tecnico, dell’alternativa tra fallimento e successo, tra vita e morte). Di qui, nel nostro campo, le cautele e le prese di distanza: «Sì, lo appoggiamo, Monti, ma senza impegno». Quante posizioni sono così, nel Partito Democratico e nel PdL!
Capisco, ma non riesco a condividere. Il debito pubblico italiano può effettivamente fallire: può ancora fallire, malgrado la manovra. Se il livello dei tassi dovesse stabilizzarsi attorno al 7 per cento dove oggi si trova, dovremmo fare per anni un avanzo superiore al 5 per cento del prodotto del PIL non per ridurre il debito, ma semplicemente per mantenerlo là dove è. Ciò che significa l’insostenibilità del debito pubblico, quindi il fallimento del debito pubblico italiano.
E ancora: tassi d’interesse così elevati sul debito pubblico informano di sé l’intero sistema dei tassi, immediatamente, nella nostra economia: quindi, banche che non fanno credito a famiglie e imprese, e imprese e famiglie che non possono prendere a prestito per investire. Risultato: l’insostenibilità del debito pubblico via caduta in recessione o, come si dice adesso complicando inutilmente le cose, dal lato del denominatore.
Dunque, il rischio è reale ed è drammatizzato dalla possibilità che molti nei Paesi forti – guardate a quanto sta accadendo nella CDU tedesca, e alla polemica della destra della CDU tedesca contro la cancelliera Merkel – siano tentati dall’azzardo morale estremo per reagire all’azzardo morale degli italiani, come dicono loro. «Loro, gli italiani» – così ragionano – «pensano che alla fine per salvare noi stessi e l’euro li salveremo, anche se da luglio ad ottobre non hanno fatto nulla. Ma si sbagliano. Se dobbiamo far pagare ai nostri contribuenti, allora facciamoli pagare per nazionalizzare le nostre banche, e non per pagare i debiti degli italiani».
La nettezza delle alternative in campo è dunque perfettamente squadernata di fronte a noi: la Lega deve far cadere il Governo Monti perché questa è la condizione per il fallimento del debito pubblico; noi, il PD e il PdL, dobbiamo garantire il successo del Governo Monti perché vogliamo salvare l’Italia dal fallimento, realizzare le condizioni per uscire dal bipolarismo distorto che ci ha portato all’attuale collasso, aprire la stagione del bipolarismo maturo in cui le forze centrali dei due schieramenti si emancipano dal ricatto delle componenti estremiste dei rispettivi campi.
In questo senso, per il PD, altro che Governo amico! Se al successo del Governo Monti è vitalmente legato il futuro della Nazione, noi, come partito della Nazione, dobbiamo dire: questo è il nostro Governo. Cambiato il moltissimo che c’è da cambiare, il problema si pone anche al PdL. «Vogliamo recuperare il rapporto con la Lega», sostiene il PdL: obiettivo legittimo, se rivolto a una Lega sconfitta, grazie al Governo Monti, sul suo obiettivo secessionista; obiettivo incompatibile con l’interesse nazionale, se dovesse essere perseguito attraverso la sottovalutazione del carattere antisistema dell’attuale strategia leghista. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

Rilevo, a corollario di queste ipotesi forse un po' troppo forzate, che lo spread questa mattina è crollato al 3,2% e che i Bot vanno a ruba (da come riporta qui Repubblica): domanda doppia rispetto all'offerta. Come dicevo, le ipotesi di Morando mi sembrano un po' troppo forzate. Un fallimento del debito pubblico avrebbe conseguenze disastrose sia per i padani che per gli italiani e non so quanti sani di mente lo auspicherebbero. Forse, semplicemente, la Lega mira a recuperare quella credibilità presso la base che era sfumata durante il periodo di governo dando addosso all'esecutivo e, contrariamente a quello che hanno fatto le altre forze politiche, non si assume rischi e oneri di un appoggio al governo nell'interesse generale. Questo governo Monti, occorre aggiungere, non è arrivato per volontà di Monti, o almeno: probabilmente si è lavorato nelle retrovie perchè  avvenisse quello che è avvenuto, ma lo scopo, a quanto è dato sapere, era evitare il tracollo. Che poi le strategie di Monti siano deludenti, questo è un altro discorso.

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