venerdì 9 dicembre 2011

Solo la scienza può salvare la democrazia (in Italia e non solo)

Tanti si chiedono come mai, nonostante la maggior parte delle persone abbia sempre lavorato e pagato le tasse l'Italia, più di altri paesi a lei simili, conosca questo grave momento di crisi economica. Prova a darne una risposta indiretta Gilberto Corbellini, storico della scienza, in questo suo Scienza, quindi democrazia, Einaudi 2011.
La sua tesi è riassumibile così, con le parole che appaiono in copertina
Insieme all'economia di mercato e alla democrazia, la scienza ha dato vita a un sistema che produce benessere e libertà, riduce le diseguaglianze e diffonde la razionalità: i criteri cognitivi e morali del metodo scientifico hanno favorito la convivenza civile.
Quattro, secondo Corbellini, sono i capisaldi che rendono conto dell'arretramento su tutti i fronti che contraddistingue il nostro paese (e che giustificano anche l'enorme debito accumulato e lo spreco di denaro pubblico attuato dai nostri politici). Tre sono quelli classici

  • organizzazioni criminali
  • corruzione
  • conflitto di interessi 
al quale ci si aggiunge il quarto, che l'autore introduce con questa domanda
Quali conseguenze comporta per una società governata sulla base di principi e valori democratici, come si assume che sia l'Italia, manipolare strumentalmente i fatti scientifici [grassetto mio] per poter affermare che alcune scelte o norme sono giustificate "anche" scientificamente? [p. 10]
La scienza contribuisce alla creazione e al mantenimento della democrazia. Perchè? 
Ma perchè l'assenza di una visione scientifica fa prevalere
un indottrinamento ispirato da un'etica dei principi assoluti [grassetto mio] per cui le convinzioni e le intenzioni contano più delle conseguenze nel dar conto di una scelta o di un'azione.[p. 11]


Platone - Raffaello Sanzio
L'assolutismo.  Si deve probabilmente a Platone l'idea che "la democrazia sarebbe un sistema di governo impraticabile" [p. 49] perchè quelli che conoscono le decisioni da prendere sono un'esigua minoranza. Questa convinzione proviene dall'assunto (sbagliato) che esista sempre una soluzione ottimale ad ogni problema: il modo di governare perfetto. Pretese irrealistiche, le taccia Corbellini, che portano dritti a qualche forma, larvata o conclamata, di dittatura.
Già alcuni padri del pensiero liberale di stampo anglosassone (J. Madison, J.S. Mill) temevano
le possibili conseguenze del suffragio universale, in quanto ritenevano che una minima parte di cittadini potesse capire le dinamiche democratiche, e riuscisse a evitare di cadere nelle derive faziose o nella tentazione di limitare i diritti delle minoranze. [p. 50]
 Ma qual è il modo di  ovviare all'inconveniente del populismo, della demagogia, dell'indottrinamento e della faziosità? 

L'istruzione
[...] una società democratica deve direttamente investire nell'istruzione dei cittadini [...] perchè senza adeguati strumenti cognitivi, questi rimarrebbero condizionati da modi di comportarsi incompatibili con la sopravvivenza della democrazia. [p. 51]

Insomma, affinchè si abbia una democrazia compiuta, i cittadini devono essere consapevoli e non manipolabili, devono saper distinguere tra le diverse storie raccontate e saper modificare il proprio orientamento. Tutte cose che in Italia non sono mai avvenute: prima bloccati dall'esclusione della sinistra al potere, adesso bloccati da una contrapposizione bipolare che sposta il problema sul senso di appartenenza all'uno o all'altro schieramento.
Funzionale alle tesi di Corbellini è l'osservazione che per sfuggire da quest'ottica campanilistica per adottare quella presente nel mondo anglosassone, più empirica e pratica, cioè per sfuggire dall'assolutismo della politica di marca cattolica e adottare quello relativistico di marca pragmatica, occorre avere una cultura adeguata, che solo quella scientifica può fornire.

Francesco Bacone
Scienza e cultura civica. Qual è il legame tra cultura scientifica e sviluppo delle democrazie occidentali? Le virtù civiche sembrerebbero essere un trait d'union tra questi due mondi. 
Vi sono studi che riconoscono come tra le cause dell'evoluzione delle pratiche religiose vi sia quella di permettere il mantenimento di comportamenti e utilità, che originano dalla creatività individuale, all'interno del gruppo. L'evoluzione di questo tratto più antico è avvenuta, grossolanamente, lungo due direttive: o estendendo il controllo sui comportamenti individuali a (presunto) beneficio della collettività o permettendo ai singoli di partecipare alle decisioni.
Attraverso una ricostruzione agile ma precisa della storia delle regole di convivenza sociale dal mondo classico ai giorni nostri, emergono due caratteristiche ben definite: da una parte, l'adozione da parte della religione, e in primis del cristianesimo, 
del principio per cui la virtù civica doveva essere sottomessa a quella religiosa. [p. 55]
dall'altra, la constatazione (da parte del politologo Harvey Wheeler) dello
stretto legame  tra la struttura logico-operativa del diritto consuetudinario, del costituzionalismo e dell'empirismo scientifico [Francis Bacon, ndr], ovvero il loro fondamento comune nella ricerca, attraverso procedure di generalizzazione da casi concreti. Il problema a cui Bacon si dedicò nella sua figura di magistrato fu di capire come applicare una norma di legge per adattarla a nuovi fatti e circostanze. La soluzione che egli trovò fu di usare i casi precedenti come prove. [p. 58]

 Insomma, in conclusione, patrimonio genetico della cultura scientifica, di quella scaturita dal metodo scientifico (inaugurato, per convenzione, da Galileo), è un ethos indipendente dal contesto in cui lo scienziato opera: credibilità e affidabilità erano i requisiti fondamentali della nuova cultura della scienza sperimentale, necessari affinchè questa facesse presa sull'opinione pubblica.
Liberando il campo, via via, dalla fallacia del senso comune, dall'oscurità delle superstizioni e dall'inganno delle  condizioni sociali prestabilite, il modo di pensare dello scienziato ha aperto la strada alla democrazia e alle virtù civiche che l'accompagnano. Alla fede e alla credenza dell'autorità è seguita la consapevolezza della conoscenza e la reputazione dell'autorevolezza. Il processo, chiaramente, non è compiuto e perfetto nemmeno nei paesi che ben prima di noi l'hanno adottato. Da noi però è in atto un cronico e deleterio ritardo a questo proposito, e gli effetti si vedono perfettamente. Un paese culturalmente bloccato è un paese economicamente, socialmente e politicamente bloccato. Potreste, in tutta onestà, affermare il contrario?


Gilberto Corbellini, Scienza, quindi democrazia, Einaudi 2011

5 commenti:

  1. Non concordo. La scienza non è democratica, almeno non nel senso di democrazia rappresentativa. Quindi non vedo come dentro la scienza ci possano essere i semi per salvare la democrazia. Al massimo ci sono i semi per distruggerla.

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  2. Oibò: interessante e dissonante. Parli di scienza o di scienziati? Esempi?

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  3. Leggo solo oggi.
    Il punto è molto semplice: la democrazia rappresentativa alla francese (che è poi quella che si è diffusa in tutto il mondo) non c'entra un bel niente con la scienza, né con i valori che ha provato a diffondere: se ne sono accorti gli altri paesi d'Europa, che l'hanno subito adottata, e non a caso.
    Ti potrei raccontare di come la corruzione in Calabria sia stata introdotta proprio da questo sistema elettivo. La Calabria era una regione che prima aveva una classe dirigente annuale (e poi si dice che per ben governare bisogna stare anni e anni!) e sorteggiata da una rosa di nomi inseriti in un cesto, questo per ridurre al minimo la possibilità che i rappresentanti del popolo (di tutto il popolo, contadini inclusi!) curassero i loro interessi invece che quelli della gente o addirittura a scapito della gente e in favore del feudatario, che non avrebbe mai potuto fare nulla per lasciarli in un posto dove non potevano essere non solo rieletti ma nemmeno ricandidati!
    In un certo senso questo modo di eleggere sembra prendere il meglio delle due strutture sociali che abbiamo espresso nella nostra storia, i "cacciatori-raccoglitori" e i "contadini". Ci vogliono dei rappresentanti, una "elite" come nelle società "contadine", ma questa "elite" non deve sentirsi superiore, ma pari, un semplice rappresentante degli interessi generali, un po' come i leader nelle società di "cacciatori-raccoglitori".
    Ecco: secondo me la ricerca migliore si fa proprio lì dove i gruppi di ricerca sono più simili ai "cacciatori-raccoglitori" che non ai "contadini", lì dove le gerarchie sono semplicemente rappresentative (certo si dovrebbe discutere del salario differente, ma questo è un altro problema che non c'entra con la discussione del post). E poiché i "cacciatori-raccoglitori" non sono democratici nel senso oggi più accettato del termine, ecco chiarito il mio pensiero.
    Se poi penso al caso italiano, dove la struttura piramidale della democrazia è stata riportata con grande diligenza, ecco che arrivo poi alla conclusione che forse la democrazia ha fatto più male alla scienza di quanto non potrà farne la scienza alla democrazia.

    Per sintetizzare: se democrazia è partecipazione ugualitaria, allora la scienza può salvare la democrazia, ma poiché la democrazia non è partecipazione ugualitaria, la scienza contiene i semi per la sua distruzione.

    P.S.: l'uso dei semi invece dei germi è assolutamente voluto.

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  4. Il problema, caro Gian, è legato alla sottile differenza tra autorità e autorevolezza: se intendiamo la democrazia come un esercizio di autorità siamo incapaci di avvicinarci, quanto più possibile, all'ideale di una democrazia compiuta. Questo avviene perchè l'autorità è qualcosa di imposto (fosse pure la semplice arte di persuadere) mentre se hai gli strumenti di giudizio (di cui può dotarti un metodo come quello scientifico) allora c'è speranza di modificare le cose. E' chiaro che la modifica implica sia quella in positivo che in negativo, ma la stagnazione politica è sempre deleteria.
    La scienza ha avuto questo merito, di avere cioè disgregato in piccola parte l'afflato emotivo nella scelta politica facendo emergere un barlume di intervento razionale.
    Forse quell'inquinamento di cui parli a livello di strutture scientifiche è dato proprio dall'influenza maligna della società sulla scienza più che dall'opposto, inteso come modo di pensare.

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  5. Infatti la scienza è antidemocratica nel senso di una democrazia come esercizio dell'autorità. E questo tipo di democrazia esiste perché esistono i partiti (che poi sono una eredità della rivoluzione francese e di Napoleone).
    Una democrazia più giusta è una che rappresenti tutti, però con i partiti non puoi rappresentare tutti. Se vuoi farlo allora le strade probabilmente sono due: o l'assenza di un governo (e quindi di una elite politica) o il riprendere un sistema di rappresentanza come quello calabrese che ti descrivevo nella discussione precedente, che forse riduce gli effetti negativi della democrazia (e più in generale delle cleptocrazie).

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