domenica 15 gennaio 2012

Arrestato il presunto investitore del vigile in bicicletta. Con alcune considerazioni sull'autocritica razzistica

Niccolò Savarino imagecredit repubblica.it
Il povero vigile urbano che ha perso la vita a Milano travolto da un pirata della strada si chiamava Niccolò Savarino. Oggi  è stato fermato al confine tra Ungheria e Serbia un uomo di giovane età che si ritiene possa essere stato alla guida dell'auto che ha travolto il vigile. Si chiama Goico Jovanovic,  e ha 24 anni. E' di origine serba ed è nato in Germania. Avrebbe precedenti per reati contro il patrimonio e falsa identità, secondo quanto riferiscono Ansa e Corriere.
L'Ansa  lo definisce nomade, confermando le voci circolate ieri. Questa notazione sulla nazionalità e sulle caratteristiche etniche ha importanza? Non lo dico per fare della retorica o, peggio ancora, per ventilare ipotesi razzistiche, lo dico semplicemente per via di un'osservazione.
L'osservazione  è questa. Spesso, noi italiani, siamo soliti dire: tipico dell'italiano, oppure l'italiano è fatto così, intendendo in entrambi i casi, spesso, una caratteristica negativa dei nostri connazionali (noi inclusi).
Non che gli stranieri non indulgano in similari considerazioni, specialmente sull'italiano pizza, mafia e mandolino, considerazioni che hanno il tono dell'osservazione razzistica e pure noi vi indulgiamo a proposito delle più svariate etnie. E' l'euristica dello stereotipo, un modello di pensiero fallace e pregiudizievole  ben conosciuto.
Goico Jovanovic imagecredit affaritaliani.libero.it
Mi chiedevo se però questo modello di pensiero agisse anche quando noi critichiamo i nostri connazionali sotto forma di stereotipo dell'italiano.
E se a questo genere di critica rivolta contro se stessi, chiamata autocritica, fosse concesso quello che non è concesso quando parliamo di altre cittadinanze, altre etnie.
Forse all'autocritica è concessa una deroga rispetto alle cose politically correct che si possono dire. Insomma, quando si critica se stessi si può essere razzisti?
E questo genere di autocritica dall'interno, è utile a modificare comportamenti tipici (se esistono cose come i comportamenti tipici di un'etnia) e migliorare la propria immagine come gruppo?

E adesso un principio di spiegazione su questo giro di parole. Quando ho letto la notizia dell'arresto del presunto responsabile della morte del povero vigile, ho avuto due momenti di fastidio: uno verso l'utilizzo del termine nomade, usato spesso come etichetta infame, e uno verso la categoria di persone appellata con questo stesso nome.
Lo so, il secondo momento non è politically correct, è un sistema di giudizio fallace basato su pochi indizi, gli stessi che facevano arrestare e condannare il colpevole sulla base di quanti testimoni poteva permettersi, pure, per un breve momento, l'ho provato anch'io, che ciancio di razzismo e discriminazioni a ogni piè sospinto.
Sarebbe stato diverso per il povero Nicolò se invece di un nomade serbo si fosse trattato di un rampollo dell'alta società, di un ecclesiastico o di rapinatore di una qualsiasi altra nazionalità?
Per lui no, ma per noi probabilmente si. Io credo che noi riteniamo più ingiuste le nostre disgrazie se provengono da eventi o persone che giudichiamo più negativamente.
In un certo qual  senso è come se accusassimo qualcuno o qualcosa di non aver fatto niente prima che l'evento drammatico accadesse, perchè si sa che le persone o le cose giudicate più negativamente  costituiscono una sorta di avviso permanente: te l'avevo detto!

E' per questo motivo che forse è concessa l'autocritica razzistica: per spodestare un pregiudizio  ce ne vuole un altro di carica opposta, l'impegno di chi condivide la nazionalità con un criminale a dimostrare a tutti che si ripudiano i crimini indipendentemente dalla nazionalità.

1 commento:

  1. Il problema è diverso. Spesso si dice che un crimine è compiuto da un romeno, da un bulgaro, da un serbo, da un moldavo. Se si andasse fino in fondo si scoprirebbe che, spesso, si tratta di zingari che provengono da quei paesi ma che non appartengono a quelle popolazioni. E' giusto, allora, che l'infamia cada su chi non c'entra? Perchè non si dice semplicemente, ad esempio, rom e non romeno che è tutta un'altra cosa? Inoltre, capire da chi proviene il problema non è più utile per prevenirlo?

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