martedì 24 gennaio 2012

I sindacati sull'incontro con il Governo sulla riforma del lavoro

Cominciamo con la Cgil: intanto riduce i capitoli, non più cinque ma quattro. E precisamente:

  • tipologie contrattuali
  • apprendistato e formazione
  • flessibilità come organizzazione della produttività
  • ammortizzatori sociali e servizio all'impiego



Al momento, tanto per ribadire l'idillio, la Camusso si affretta a dire: "Per il momento, non c'è stata nessuna condivisione delle proposte che il ministro ha illustrato" [fonte Cgil]. Come inizio non c'è male.
Tra le cose indigeribili c'è l'eliminazione della cassa integrazione straordinaria, come ventilato da parte governativa, causa le ristrettezze finanziarie, alla quale i sindacati ribattono che farne a meno non si può, ma si può parlare di una limitazione, una riduzione della durata. Le posizioni però rimangono piuttosto distanti.

Dal canto suo, Bonanni della Cisl fa leva sul do ut des: "dopo le pensioni siamo a credito col Governo, dice, qualcosa ce la devono dare" [fonte Cisl].
Diciamo che, in prima battuta, c'è una bozza di accordo sull'apprendistato giovanile: tre anni in cui non vale l'articolo 18, con incentivi per le imprese ad assumere, al termine dei quali però ci deve essere l'assunzione a tempo indeterminato. Udite udite, anche la Cgil sarebbe d'accordo. Per donne e ultracinquantenni, incentivi all'assunzione e part time agevolato, per far sì che chi è vicino alla pensione non la veda come un miraggio in caso di licenziamento.
Ma dice anche: sì al dialogo, ma niente colpi di mano [fonte Cisl]. Sugli ammortizzatori, afferma, sono da migliorare, ma rimangono una buona chances per i lavoratori, quindi non se ne può fare a meno. Disponibili a rivedere le forme di finanziamento degli ammortizzatori, ma limitatamente al taglio dell'evasione sulla formazione.

Infine la Uil: Angeletti chiarisce che"Se il Governo ha un approccio sussidiario è utile. Se fosse il contrario ci si incamminerebbe verso il disastro politico". Ritiene che la discussione non debba essere limitata ai soli flussi di entrata e di uscita dal lavoro ma riguardi, per esempio, anche quello dei falsi lavoratori autonomi. Quanto agli ammortizzatori dichiara la sua contrarietà a modelli di protezione sociale che incentivino i licenziamenti  [fonte Uil].

Quanto all'articolo 18, tutti si affrettano a dire non è un tabù, così Monti dall'Annunziata, Catricalà dalla Gruber e allora sarà vero anche per i sindacati: l'articolo 18 non è un tabù, basta non parlarne.

Il quadro generale è però piuttosto fosco. Nonostante i buoni propositi e le dichiarazioni in tal senso, le posizioni restano distanti. L'articolo 18 è un tabù, per tutti. Lo è per i sindacati, che poi non se ne fanno niente della illicenziabilità per motivi economici se l'azienda chiude o si trasferisce, lo è per gli imprenditori perchè potrebbero prevedere forme specifiche di contratti a tempo indeterminato, maggiormente remunerate, che permettano forme di licenziabilità diversificate, senza sfidare costantemente lavoratori e parti sociali. Mi sembra che tutti si comportino come colui che cerca di sfondare a spallate una porta massiccia solo perchè non ha voglia di cercare la chiave giusta da un mazzo. La soluzione c'è, ma richiede pazienza e che entrambe le parti cedano qualcosa.


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