sabato 7 gennaio 2012

Monti, l'Europa e la credibilità perduta: i mercati odiano le manovre economiche

Hai voglia che giornali, analisti e politici ci rintronano con questa storia che Monti se ne va in Europa con una sacchetta piena di riforme insieme alle speranze mozzate degli italiani, non è l'Europa che ci deve comprare le obbligazioni (o almeno l'Europa, sotto forma di Bce, non lo fa più). Sono soprattutto i  mercati che devono riprendere fiducia nell'Italia. Alla Merkel interessa solo che mettiamo a posto i nostri conti. D'accordo, conseguenza dell'avere i conti in ordine dovrebbe essere maggiore fiducia dei mercati, ma la Merkel e i mercati non ragionano allo stesso modo.
Ci vorrebbe proprio che qualcuno ritrovasse per strada la credibilità italiana, come ha fatto quella donna di Prato, e la restituisse al nostro paese, perchè altrimenti finiamo male. Ma dove sarà andata la credibilità italiana se pure la Spagna, che sta messa forse peggio di noi, ne ha di più? Perchè i  mercati non devono credere che l'Italia possa restituire i crediti, tipo fra 10 anni?
Prima di tutto dobbiamo cercare di capire di chi sia la colpa: è colpa dei nostri politici oppure la cosa riguarda il paese nella sua interezza?
Ancora una volta, il lento ritorno dello spread ai valori berlusconiani dovrebbe dirci che i mercati non si curano più di tanto della classe politica al governo, almeno non quanto l'Europa stessa che invece ha subito dimostrato, con i due paesi più influenti, di gradire il cambio.
Dunque è l'Italia intera che è poco credibile?
E perchè mai? Se i mercati immaginassero o sapessero che siamo riusciti ad entrare nel gotha dell'economia internazionale pur con la palla al piede di una classe politica e una burocrazia ipertrofiche e con uno dei più bassi indici di occupazione, altro che riprendere fiducia nel nostro paese, ci coprirebbero d'oro, per questo  strabiliante risultato raggiunto con l'handicap detto.
E allora? Nè l'uno nè l'altro.
Quando compro un libro, spesso la prima occhiata, le prime righe, mi dicono molto del contenuto generale. E questo ci accade anche quando incontriamo le persone, quando frequentiamo un posto, quando vogliamo iniziare una relazione. E' un buon sistema, ma non funziona sempre, a volte ci si sbaglia. E' la cosiddetta euristica intuitiva. E' questo sistema di giudizio che usano i mercati: danno un'occhiata all'Italia e non sono convinti. Così, di primo acchito, gli sembra insicura, incerta del suo futuro, non c'è coesione, intento comune. Insomma storcono il muso, per dirla in modo tecnico. Ci sta anche che ci sia un po' di speculazioncina, non dico di no,  si compra e vende nel giro di 24 ore anche per margini ridottissimi che, grazie agli enormi volumi, generano comunque grandi guadagni. Ma se l'Italia fosse credibile comprerebbero e non venderebbero, come fanno per la Germania.
Allora se non sono i politici e non è l'Italia da cosa dipende questa mancanza di fiducia? In un post di qualche mese fa notavo che l'improvviso balzo in avanti dello spread, fino a quel momento nella norma, coincideva con la prima delle manovre economiche di Tremonti, quella da 47 miliardi. Il mercato evidentemente mal digeriva quella manovra, e ho idea che mal digerisca ogni manovra perchè fare manovre correttive significa che non ci sono soldi e se non ci sono soldi significa che l'economia non tira e se non tira l'economia non c'è da fidarsi. Il mercato è così, è spietato. Non t'aiuta se hai bisogno, t'aiuta se non hai bisogno, se stai bene. 


imagecredit bloomberg


Lo stesso è accaduto il 4 dicembre, giorno della presentazione della manovra economica Monti. In prossimità di quei giorni lo spread si era molto abbassato, sui 375 punti, con i mercati speranzosi che la manovra fosse leggera, quasi diafana. Invece non è stato così e i mercati hanno compreso che l'Italia è ancora in pericolo, che lo Stato non incassa con le imposte che già ci sono perchè l'economia non tira e occorre metterne altre e allora meglio stare alla larga, specie nel lungo periodo.
I mercati odiano le manovre economiche. Quasi meglio non farle.





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