domenica 11 marzo 2012

Bully: un film contro il bullismo

imagecredit bullyingproject.com
La violenza comincia da bambini. Ce la portiamo dentro come un antico retaggio. Però, quello che è accettabile nel mondo naturale, nella natura selvaggia, ormai noi non lo accettiamo più nel nostro ambiente artificiale. E in effetti, da qualunque punto la si osservi, la violenza è un fenomenale deterrente allo sviluppo e al progresso. Dato che il vincitore dello scontro violento ha solitamente una sola caratteristica predominante, il mondo lasciato alla violenza è un mondo più stabile e immodificabile, da un certo punto di vista, di un mondo  non violento. Stabile perchè, invariabilmente, chi ha quella caratteristica che consente di vincere lo scontro violento, chi ne è avvantaggiato, lo sarà da ogni punto di vista solo e soltanto in funzione della sopraffazione.
E' quello che succede più o meno nel mondo animale che, per questo motivo, è piuttosto stabile. E' la stabilità culturale alla quale mi riferisco, nel senso che la selezione di individui dotati dal punto di vista dello scontro fisico violento chiude la società all'interno di quel paradigma di violenza.  Una società di un qualsiasi gruppo animale di 1000 anni fa probabilmente non sarebbe molto diversa da una attuale, ma così non possiamo dire delle società umane. Contrariamente agli orsi bianchi noi ci siamo adattati sia al freddo dei poli che al caldo dei tropici, siamo in grado di sopravvivere anche dove selvaggina e piante selvatiche scarseggiano e possiamo costruire tane dove i predatori non possono entrare.
Nonostante dal punto di vista offensivo gli umani non siano molto dotati sono comunque diventati i predatori universali di ogni altra specie animale.


Se siamo diventati una specie animale eminentemente culturale lo dobbiamo essenzialmente a due fatti: una caratteristica peculiare dei primati, e cioè una capacità specie-specifica di fingere e dissimulare, che sposta l'asse della vittoria in una competizione violenta dal piano della forza pura a quello della strategia (si pensi ai sodalizi degli scimpanzè per spodestare il maschio alfa) e aver permesso la sopravvivenza di individui più deboli fisicamente.
Entrambi gli aspetti agiscono nel senso di spostare il comportamento da quello diretto a quello indiretto.
Nel caso specifico della sopraffazione e della violenza, c'è differenza tra l'umiliare una persona in maniera diretta, attraverso spintoni e insulti oppure in maniera indiretta, escludendolo dal gruppo?
In realtà, ciò che sostengo è che il modo indiretto di affrontare le situazioni, pur essendo nel caso ipotizzato sopra ugualmente crudele, permette comunque di modulare il pensiero, di cercare soluzioni alternative, ed è appunto dal coltivare questa pratica (non necessariamente a  danno altrui) che proviene la instabilità culturale necessaria a cambiare paradigma e che ha permesso alle società umane di diventare sempre meno ingiuste e violente. 

imagecredit holliwoodreporter.com
Questa breve premessa per introdurre questo film di Lee Hirsch: Bully. Un documentario sul bullismo. Il bullismo non è una pratica apparsa di recente per soddisfare le teorie di psicologi e pedagoghi. Il bullismo, ovvero la violenza cittadina o ancora prima quella delle campagne, e in genere la violenza tout court è una condizione che accompagna da sempre l'uomo. Per fortuna, come ricordavo sopra, che nell'arco dei secoli si è molto attenuata. Ma non è sparita. Nei soggetti più deboli, come in questo caso i bambini e gli adolescenti, oppure nelle realtà degradate o, infine, in quelle realtà che hanno mantenuto le antiche abitudini dei clan, la violenza è presente in maggior misura, è lo  strumento principe di risoluzione dei contrasti e, di solito, si accompagna a un livello culturale  decisamente basso.


Il documentario di Hirsch si basa sulle storie di cinque ragazzi e dei loro problemi con il bullismo. Le cifre parlano di circa 13 milioni di ragazzi vittime di bullismo, alcuni fino alle estreme conseguenze, di vite rovinate, famiglie distrutte, spesso anche perchè la violenza tra bambini e adolescenti viene giudicata inoffensiva.
A peggiorare le cose è intervenuta anche la decisione della MPAA (Motion Picture Association of America, quella della battaglia spietata contro la pirateria, per dire) di vietare il film ai minori di 17 anni, con la giustificazione che vi sono episodi di violenza. A guardare le statistiche però, quella violenza gli under 17 la vedono e l'hanno vista benissimo, a scuola, sui computer, in televisione. Forse questo del film è uno dei rari casi in cui potrebbe essere educativa. 
Allo scopo di far recedere la MPAA da questa decisione, una giovane americana, con esperienze di bullismo, sta raccogliendo firme per una petizione, per rendere il documentario accessibile a un pubblico sopra i 13 anni, la fascia d'età che ne è protagonista. Questa giovane diciassettenne si chiama Katy Butler, e ha già raccolto più di 270 mila firme: MPAA, non lasciamo vincere il bullismo, dice sul sito della petizione.









2 commenti:

  1. Come sempre i tuoi post sanno trasmettere verità e coinvolgono emotivamente.
    Ho firmato la petizione, spiegando anche i motivi per cui l'ho fatto.
    Grazie Paolo!
    Ciao,
    Lara

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  2. E' uno dei complimenti più belli che mi hanno fatto. Grazie.

    RispondiElimina

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