lunedì 5 marzo 2012

Rossella Urru e il caso delle notizie sulla sua liberazione

imagecredit newnotizie.it
E' proprio il caso di dire: speriamo che le voci siano vere. Intanto, la Farnesina ancora non conferma e la famiglia Urru vive momenti di angoscia.
La questione però ha fatto sollevare alcune discussioni sulla velocità della diffusione delle notizie in rete. Protagonisti Bardazzi della Stampa e Sofri del Post. Bardazzi scrive, sostanzialmente, che la velocità (di Twitter) è nemica della precisione, che credibilità e velocità spesso non vanno d'accordo e che occorre sempre verificare le notizie, specie se clamorose. Sofri risponde che non è stato il mondo di Twitter a lanciare per primo la notizia ma Al Jazeera, Twitter l'ha solo rilanciata, e che questa contrapposizione mondo social e giornalisti professionisti non ha ragione di essere perchè contemporaneamente ai tweet sono apparsi anche i titoli dei giornali online. Insomma, afferma Sofri, non è vero come dice Bardazzi che la rete peggiora la qualità dell'informazione. Ma Bardazzi replica che lui non ha mai detto una cosa simile ma ha solo rimarcato, senza fare distinzione tra professionisti e social, che la velocità è nemica, a volte, della credibilità.
Il che è vero. E' vero che non ha contrapposto professionisti e dilettanti ed è vero che, come afferma, la velocità va a scapito della credibilità e/o precisione.
In tutto questo, che ancora non è detto che sia una bufala, anzi proprio tutti quanti ci auguriamo che non sia per niente una bufala, ci sta anche che la notizia sia vera, che le voci della sua liberazione non siano solo voci e che il problema sia solo legato alla difficoltà di comunicazione.


Il vero problema è un altro ed è amplificato dalla velocità, come giustamente notava il giornalista della Stampa. Chiunque pubblichi notizie sulla rete, specialmente su argomenti così delicati e sensibili, oltre la smania di pubblicare immediatamente (che prende tutti) dovrebbe fare un maggior uso del condizionale, citare le fonti da cui si è appreso la notizia e, se possibile, fare qualche controllo incrociato, indipendentemente dal fatto se è un giornalista o un dilettante. Chiaro, se è un giornalista a maggior ragione.
Per esempio. Giovedì, ero su G+ a condividere una notizia quando un mio contatto pubblica la notizia: morto Lucio Dalla. Come prima cosa non ci credo e commento: è vero o è una bufala?Qualcuno risponde: no, è vero. Allora provo a fare qualche ricerca e infatti, il Corriere la pubblica, Repubblica la pubblica, l'Ansa idem insomma, quasi tutti. E dopo un po', tutta la rete era invasa dalla notizia. Ma le fonti quali erano? I primi articoli erano degli scarni trafiletti di poche righe (compreso il mio): Lucio Dalla, morto per infarto, Montreaux in Svizzera, durante il tour
E anche qui, a mano a mano che cominciano ad arrivare le notizie, si apprende (Giornalettismo) che tra i primi a diffondere la notizia, questa volta vera, è stato sempre Twitter, con il profilo della rivista online San Francesco Patrono d'Italia. Per dire.
E allora? Se si fosse trattato di un falso?

La realtà, se vogliamo dirla tutta, è che è vero che la velocità danneggia la precisione ma, altrettanto velocemente di come l'ha data la stessa rete la smentisce. E' il risultato della velocità. In mezzo a questa velocità si può cercare di fare le cose meno imprecise possibili: ovvero, dare la notizia ma, allo stesso tempo, mettere in guardia, fornendo le fonti dalle quali la si è appresa e cercando conferme o smentite. Non conosco altro modo. In pratica: visto che non si può sfuggire alla legge del non bucare la notizia, si pubblica, ma visto che si può però sfuggire benissimo alla legge del lancio esagerato, la si può dare con un titolo più sobrio.
Una volta, prima dell'avvento della contemporaneità della notizia, c'era tutto il tempo di fare verifiche e di correggere  eventualmente  il tiro. Adesso no. Adesso, tutto il lavoro di verifica viene fatto in chiaro: si pubblica, poi si controlla, poi si smentisce o conferma.
Del resto, pubblicare la notizia una o due ore dopo significa bucare, almeno online.

E' la società dell'informazione. In alcuni casi e per certi soggetti è stranamente simile alla società della mancanza di informazione ma, rispetto a quella, ha un innegabile vantaggio: a saper cercare e leggere, niente rimane segreto a lungo. In questo è un chiaro esempio, anche se ancora acerbo, di completa libertà d'informazione. Insomma, la rete  è sia il veleno sia il suo stesso antidoto.  Censori permettendo.


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