domenica 1 aprile 2012

Facilità di licenziamento: confronto tra Italia ed Europa sull'articolo 18

Nell'annoso conflitto tra pro e contro modifica articolo 18 qualche dato imparziale funziona da terzo incomodo. Lo fornisce l'Ocse, organismo probabilmente non accusabile di diffondere un punto di vista anti liberistico. E' la stricness of employment protection, una misura della rigidità delle protezioni dell'occupazione. Ebbene, l'Italia non è affatto tra le nazioni con il più alto indice di rigidità, cioè di difficoltà di licenziamento. La tanto sbandierata Germania ha un indice più elevato dell'Italia, così come la Francia. Inoltre, si segnala un deciso trend al ribasso dell'Italia negli anni. I dati che l'Ocse fornisce (gratuitamente) non sono gli ultimissimi, risalgono al 2008, ma quelli forniti recentemente (vedi sotto) non si discostano di molto se non nell'accentuare il divario Italia-Germania.

Strictness of employment protection - overall, © OECD 


Il 24 e 25 novembre 2011 c'è stato a Francoforte un convegno dal titolo  "Protection Against Dismissal in Europe- Basic Features and Current Trends". G. Orlandini, professore di Diritto del lavoro all'Università di Siena traccia un rapido sommario degli interventi presentati [Il licenziamento individuale in Europa]. C'è ovviamente spazio anche per le rigidità nella disciplina del licenziamento, confrontando la situazione italiana con il resto d'Europa.
Gli ultimi dati disponibili riguardo la rigidità in  uscita, eufemismo per la facilità di licenziamento, dicono che l'indice dell'Italia è 1.77, quello della Germania è 3.00 (quindi è più difficile licenziare, si noti anche un trend dei tedeschi a una maggiore difficoltà di licenziamento) e quello della Danimarca è 1.63. L'Italia comunque ha un indice al di sotto della media europea.
Altre caratteristiche che differenziano il caso italiano da quello degli altri paesi: secondo quanto riferisce Orlandini, il giudice tedesco può ordinare il reintegro se ritiene che il licenziamento per motivi economici non è fondato; in Svezia e Norvegia il giudice può ordinare che invece del licenziamento l'azienda debba valutare la possibilità di spostare ad altra mansione il lavoratore; in Germania, Francia, Svezia e Olanda vi sono comunque dei vincoli alla possibilità di licenziamento per motivi economici che tengano conto delle esigenze di azienda e lavoratore; e, sullo specifico dell'articolo 18, l''European Labour Law Network dichiara  "the remedy ‘reinstatment' is the most widespread remedy among the countries' ovvero il reintegro è il rimedio più diffuso. Sono pochi, prosegue Orlandini, i paesi basati unicamente sull'indennizzo in caso di licenziamento, e anche in quei paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia, Olanda, Svezia) dove vige la flexsecurity:
 La reintegrazione è prevista anche nei sistemi presi a modello di "flessicurezza", come la Danimarca (dove però ha un'applicazione limitata), la Norvegia, l'Olanda e soprattutto la Svezia: qui l'Employment Protection Act (Anställningsskidd) garantisce la reintegra in caso di licenziamento ingiustificato, mentre i contratti collettivi assicurano una robusta rete di protezione in caso di disoccupazione; in altre parole, le tutele "nel rapporto" si sommano e non sono sostituite da quelle "nel mercato" [Orlandini cit.]
Le vere anomalie sono altre, prosegue, e cioè il fatto che l'articolo 18 si applichi per unità produttive con meno di 15 occupati e con imprese con meno di 60. Soglia, nei pochi paesi dove è prevista, ben più bassa: 10 lavoratori in Francia e Germania e 5 in Austria.

Insomma, non sembrerebbe esistere affatto un'esigenza di facilitare l'uscita dal lavoro, quella flessibilità in uscita tanto invocata, almeno a leggere questi dati e queste analisi. Da cosa dipenderà, allora? 




Fonti
Il licenziamento individuale in Europa
Strictness of employment - overall

Image credit and © OECD, Strictness of employment protection - overall, 
stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=EPL_OV


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