lunedì 2 aprile 2012

Ricchi battono poveri 3 milioni a 10. I 10 italiani più ricchi hanno il patrimonio dei 3 milioni più poveri

Siccome ne scrivono i principali quotidiani sono andato a dare un'occhiata a questi occasional papers della Banca d'Italia. L'affermazione del titolo, e cioè il rapporto tra la ricchezza dei 10 italiani più ricchi e i 3 milioni più poveri è relativo ad un libro pubblicato dall'autore del paper nel 2006
In Italia i 10 individui più ricchi posseggono una quantità di ricchezza che è all’incirca equivalente a quella dei 3 milioni di italiani più poveri [Cannari e D’Alessio 2006]; ciò esemplifica il divario che anche in un paese sviluppato come il nostro separa i ricchi dai poveri.
Ma cominciamo dall'inizio. Il lavoro si intitola Ricchezza e disuguaglianza in Italia ed è pubblicato nella serie delle Questioni di Economia e Finanza e negli Occasional Papers. L'autore è Giovanni D'Alessio.
Saltiamo subito alle conclusioni:
L’Italia è un paese relativamente ricco, con un livello di disuguaglianza comparabile a quello di altri paesi europei. Le famiglie italiane mostrano una diffusa avversione alla disuguaglianza che risulta nella sostanza condivisa nei diversi strati sociali e nelle aree geografiche del paese.
[...]  Il rapporto tra la ricchezza e il reddito è all’incirca raddoppiato negli ultimi decenni; corrispondentemente è aumentato il ruolo dei redditi da capitale rispetto a quelli da lavoro. In altri termini, la ricchezza sta assumendo un ruolo via via crescente tra le risorse economiche che definiscono la condizione di benessere di un individuo. In questo quadro, è notevole che nel nostro paese il carico fiscale sulla ricchezza all’inizio degli anni duemila fosse tra i più bassi d’Europa [Cremer e Pestieau, 2003] e che, al netto dei condoni, sia diminuito sensibilmente nel corso del decennio [Banca d’Italia, 2010]


Quindi le  affermazioni populistiche e demagogiche che vogliono che la ricchezza sia meno tassata sono  vere, secondo quanto dice una fonte come la Banca d'Italia e, in definitiva, quelle affermazioni allora non erano nè populistiche nè demagogiche. Si è invertita la tendenza con l'equo Governo Monti? A occhio sembrerebbe di no, ma non è possibile rispondere in maniera scientifica. Aspettiamo qualche anno che lo certifichi la Banca d'Italia, quando ormai potremo solo dire: l'avevo detto.

Intanto, nell'analisi di D'Alessio appaiono altri interessanti fenomeni: nel 1987 la ricchezza delle categorie più povere, quelle composte da operai e pensionati, era pari al 60% della ricchezza media, con addirittura operai e pensionati del Sud con un 30% in meno rispetto al Centro-Nord. Tra il 1987 e il 2008 questa percentuale si è ulteriormente abbassata: le famiglie più povere, quelle degli operai, sono passate dal 60 al 45% della ricchezza media. Identico percorso fanno i giovani, che vedono diminuire la loro ricchezza, mentre un cammino opposto seguono gli anziani. La figura qui sotto esemplifica l'andamento:


Si legge così: 100 rappresenta la riga della ricchezza media, le varie colonne le fasce d'età, le bande nere e gialle i due anni di riferimento. Per esempio, la ricchezza dei trentenni nel 1987 era pari a poco più dell'80% è scesa a poco più del 60% mentre quella della fascia d'età da 51 a 65 anni è passata dal 125% circa a poco più del 130%. La ricchezza si sposta sempre più verso le fasce più anziane della popolazione.

Tra gli altri dati che emergono vi è quello riguardante la distribuzione della ricchezza:

  • il 10% delle famiglie più ricche possiede oltre il 40% di tutte le ricchezze
  • si noti che invece il 10% delle famiglie con reddito più alto percepisce il 27% di tutto il reddito
  • di conseguenza, per il 2008, si nota che l'Indice di Gini (1,0 massima disuguaglianza, 0,0 assenza di disuguaglianza) per la ricchezza è pari a 0,63 e per il reddito a 0,29, il che significa che c'è molta più disuguaglianza per quanto riguarda le ricchezze che per i redditi (secondo stime della Banca d'Italia nel 2010 l'indice Gini sarebbe ulteriormente cresciuto)
  • se si considera l'Italia in ottica mondiale (quanto a disuguaglianze): in termini mondiali il nostro indice Pil è uguale a 3 mentre il nostro indice ricchezza è 4,5, il che significa che siamo molto più ricchi di quanto Pil produciamo. Prendendo per buoni i dati forniti sopra sulla distribuzione, questa ricchezza è però  concentrata nelle mani di pochi
  • nonostante questo le stime del livello di disuguaglianza della ricchezza in Italia non sono tutte coerenti: alcune assegnano all'Italia un valore di disuguaglianza inferiore a quello di paesi come Svezia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania e Finlandia (probabilmente dovuto alla più alta percentuale dei proprietari di abitazione in Italia), secondo altre  stime invece siamo in una posizione intermedia in una classifica a 25

Infine due tabelle: una sull'andamento della ricchezza familiare netta dal 1987 al 2008 per categoria (gli operai passano dal 61.9% della ricchezza media al 44,0% con una perdita del 29% circa mentre i dirigenti passano dal 201,5% al 245,9%, con un aumento del 22%)



e una sulle opinioni sulla disuguaglianza: andando dal 1° al 5° quintile (dai più poveri ai più ricchi) cambiano anche le opinioni, come si vede. I più ricchi credono che le persone povere sono più pigre, che chi si impegna di più dovrebbe essere più ricco e che il successo dipende dall'impegno mentre i più poveri pensano che lo Stato dovrebbe limitare la disuguaglianza, che la fortuna è importante e che le tasse sull'eredità dovrebbero essere alte.




Fonte: Banca d'Italia, Ricchezza e disuguaglianza in Italia, di G. D'Alessio

Cannari L. e G. D’Alessio, La ricchezza degli italiani, Il Mulino, 2006


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ilsole24ore.com
 bancaditalia.it
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