giovedì 17 maggio 2012

Il business dei certificati di malattia facili

Se poi uno si chiede perchè l'Italia e non la Germania, la Grecia e non la Finlandia, il Portogallo e non la Danimarca subiscono più pesantemente le conseguenze della crisi, questa videoinchiesta di Antonio Crispino del Corriere può fornire qualche risposta [vedi Corriere, Come farsi dare 50 giorni di malattia da medici che non ti conoscono]. Almeno per quanto riguarda l'Italia, per gli altri due paesi citati è solo un'ipotesi. Tante piccole risposte che alla fine, messe insieme, formano i motivi per i quali ci impongono di scrivere nella Costituzione il pareggio di bilancio e siamo sotto attacco della speculazione. Perchè non siamo affidabili, perchè non esiste senso di responsabilità, perchè c'è consapevolezza dell'impunità.
Quanti giorni di malattia facili o falsi vengono prescritti ogni giorno? Dov'è finita la deontologia professionale? C'è speranza per l'Italia? E questa prassi ha forse qualcosa a che fare con le pressanti richieste degli imprenditori, consapevoli dello stato di cose e intenzionati a prendere dei provvedimenti, per licenziamenti più facili? E se così fosse, avrebbero tutti i torti?



6 commenti:

  1. E pensare che all'epoca della laparatomia ho chiesto e avuto solo trenta giorni, mentre all'epoca della scottatura di 1º e 2º grado (non riuscivo neppure a vestirmi) il medico ha concesso 4 settimane, impedendo che mi potessero supplire (occorrevano almeno 30 giorni filati per chiamare un supplente), col risultato di inimicarmi le colleghe, che comunque hanno lasciato *tutto* il mio lavoro ad attendere il mio ritorno! Mio figlio, nei primi dieci anni di insegnamento è riuscito, come diceva tutto orgoglioso, a fare il "percorso netto" ovvero neppure un giorno di assenza!

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    1. Io penso che sia una spia di marcata imperfezione questo passare da un eccesso all'altro, intendo imperfezione del sistema non imperfezione in senso assoluto, ma grazie a questa stiamo come stiamo

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  2. Beh, Paolo, in Germania io ci vivo... mettila dalla parte dell'Italia o della Grecia, non da quella della Finlandia o della Danimarca.

    Il bello è che qui spesso sono i medici stessi a prescriverti l'assenteismo senza neanche che tu lo chieda.

    Un esempio personale: due anni fa mi sono rotto il piede. Nulla di grave, ma sei settimane di gesso. Potevo però benissimo lavorare. Capisco una settimana, magari due, a casa perché i primi giorni ogni movimento può essere rischioso, ma poi...
    Invece il medico voleva impormi sette settimane a casa: le sei di gesso più la prima "dopo gesso" per precauzione.
    Dopo quattro settimane di tira e molla, sono andato dal medico e gli ho semplicemente detto: "Ora, che a lei piaccia o no, me ne vado a lavorare con stampelle e gesso... perché se sto ancora a casa il prossimo certificato medico me lo dovrà scrivere per problemi psichici e non ortopedici".

    E conosco colleghi che in una situazione identica, con problemi medici identici sono riusciti a farsi trimestri interi a casa (chiaramente non solo per "imposizione" spontanea da parte del medico).

    E io lavoro nel privato.
    Non ti racconto cosa succede nel pubblico.

    Saluti,

    Mauro.

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    1. Mauro, come la giudichi: eccesso di tutela e salvaguardia o desiderio di accontentare il paziente/cliente? Nel caso raccontato dal giornalista era il paziente a riferire la malattia, accettata senza battere ciglio e senza prove dal medico mentre nel tuo, mi sembra di capire, esisteva di base un evento traumatico "eccessivamente" tutelato (insomma, in una parte dei casi o almeno come scusa di base).

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    2. Caro Paolo, leggi bene tutto :)

      Nel mio caso personale era forse eccesso di tutela, anche se più probabilmente era invece una specie di reazione pavloviana ("il paziente vuole sempre stare a casa il più possibile, io medico per evitare discussioni lo prevengo").
      Però ho anche scritto che colleghi con infortuni identici al mio sono stati a casa non quattro, sei o sette settimane... ma trimestri interi. Qui non si può più trattare di "eccesso di tutela".
      Faccio il confronto su infortuni come il mio per salvaguardare il metodo scientifico ;) però potrei parlare anche di lavoratori che per un raffreddore (raffreddore, non influenza o polmonite) stanno a casa settimane...

      E non parlo di quello che ho visto e che inchieste giornalistiche mostrano riguardo al settore pubblico.

      Saluti,

      Mauro.

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    3. ti assicuro che ho letto bene tutto Mauro (anche se non so se capisco sempre tutto!). Mi confermi che in Germania esiste comunque un "andazzo" simile a quello italiano, seppure tenderei a definirlo più lieve partendo -se capisco bene- da una base di realtà e non da semplice dichiarazione di un perfetto sconosciuto (come nel filmato). Non so se la conoscenza di questi fatti ne attenua la portata. Tendo a pensare di no.
      Infine, se il tuo intento è di scandalizzarmi proclamando che, da questo punto di vista, i medici italiani e quelli tedeschi pari sono...ci sei riuscito.

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