giovedì 27 settembre 2012

Il caso Sallusti: note della Cassazione e articolo "incriminato"

Sinceramente mi aspettavo che nel pezzo incriminato, firmato Dreyfus ma attribuito a Sallusti, e probabilmente veramente suo, ci fossero peste e corna contro il giudice Cocilovo che, per la verità, non viene mai citato, anche se è chiaro comunque che a lui si fa riferimento: il caso dell'aborto della ragazzina è quello, la città è quella, la sentenza è quella ergo anche il giudice è quello. E invece niente:  la querela per diffamazione parte tutta, apparentemente, da un'unica affermazione di Dreyfus/Sallusti, definita sbagliata dal giudice Cocilovo e così giudicata, e perciò ritenuta diffamante (secondo la ricostruzione di Luca Fazzo sul Giornale Per i giudici Sallusti è un "pericolo sociale"]

«Con riferimento alla posizione di Sallusti - scrive la Corte d'appello - va riaffermata non solo la natura diffamatoria dell'articolo a firma Dreyfus, ma anche la falsità della ricostruzione dei fatti». Secondo la querela, a decidere di abortire sarebbe stata la ragazzina, e il giudice si sarebbe limitato a ratificarne la decisione: in questo consisterebbe la falsità. «E - aggiunge la sentenza - gli altri organi di stampa si erano affrettati a correggersi ben prima dell'uscita degli articoli» di Libero. La difesa di Sallusti ha sottolineato la incongruità di questo passaggio: il primo articolo della Stampa sul caso della ragazzina è del 17 febbraio 2007, il corsivo di Dreyfus è del 18, il giorno successivo. Quando sarebbe avvenuta la rettifica?

Ma, se io riporto una notizia falsa, non sapendo che è falsa e ritenendola vera, non è sufficiente che tu mi chieda di correggerla, secondo verità, senza passare subito alla querela? Altrimenti finisce che non si può scrivere più niente di nessuno.
Nell'articolo, al di là di un'accesa perorazione contro l'aborto e in difesa della vita, rimane la falsità della ricostruzione, correggibile, secondo me, a richiesta motivata della parte offesa.
Comunque, il Fatto Quotidiano riporta le note della Cassazione sulla conferma della condanna di Sallusti:
il problema non è la diffamazione ma si tratta di
"Condanna non per opinione ma per pubblicazione di notizia palesemente falsa"

A supporto della tesi  rilevano i seguenti fatti
a) la notizia pubblicata dal quotidiano diretto dal dott. Sallusti – scrive la Cassazione – era ‘falsa’ (la giovane non era stata affatto costretta ad abortire, risalendo ciò ad una sua autonoma decisione, e l’intervento del giudice si era reso necessario solo perché, presente il consenso della mamma, mancava il consenso del padre della ragazza, la quale non aveva buoni rapporti con il genitore e non aveva inteso comunicare a quest’ultimo la decisione presa)”. 
Inoltre la Cassazione sottolinea, al punto b) “la non corrispondenza al vero della notizia (pubblicata da La Stampa il 17 febbraio 2007) era già stata accertata e dichiarata lo stesso giorno 17 febbraio 2007 (il giorno prima della pubblicazione degli articoli incriminati sul quotidiano Libero) da quattro dispacci dell’Agenzia ANSA (in successione sempre più precisa, alle ore 15.30, alle ore 19.56, alle 20.25 e alle 20.50) e da quanto trasmesso dal Tg3 regionale e dal Radiogiornale (tant’è che il 18 febbraio 2007 tutti i principali quotidiani, tranne Libero, ricostruivano la vicenda nei suoi esatti termini)”. Al punto c) la nota della Cassazione sottolinea “la non identificabilità dello pseudonimo ‘Dreyfus’ e, quindi, la diretta riferibilità del medesimo al direttore del quotidiano”.[Fatto cit.]
Ma la tesi della falsità della notizia è in grado di attenuare quello che da molte parti è visto  come un attacco alla libertà di pensiero e di opinione?  Di seguito il link all'articolo di Dreyfus incriminato.


Stante che è necessaria la querela di parte e non si procede obbligatoriamente, la platea dei possibili querelabili e condannabili si amplia notevolmente, per la probabilità, nemmeno troppo remota, di pubblicare una notizia falsa. La speranza è che prima della denuncia sia possibile modificarla a richiesta (e con prove) altrimenti si alimenta  un meccanismo di caccia al giornalista che può risultare efficace come deterrente   della libertà di opinione. La verità dei fatti  è un elemento fondamentale al quale chi scrive non dovrebbe mai rinunciare ma, a volte, può capitare di riportare male un fatto. Se ogni volta che uno lo fa può essere querelato e condannato penalmente, altro che svuotacarceri.
La vicenda, nella sua dinamica, mi sembra fare il paio con la ventilata, bloccata ma  mai sopita proposta chiamata bavaglio della rete in cui chiunque, a semplice richiesta, può chiedere la rettifica di tutti i fatti e dati che lo riguardano, senza possibilità di opporsi da parte di chi ha scritto il pezzo. Questo per dire che se uno scrive cose corrette e veritiere ma a qualcuno non stanno bene può farle rimuovere.
Per questo motivo, l'improvvisa indignazione della classe politica contro l'arresto di Sallusti mi convince poco. La tutela della libertà di   opinione non dovrebbe riguardare solo il direttore del Giornale ma chiunque manifesta il proprio pensiero. Se nel manifestarlo, però, si cerca di riportare quanto più possibile la verità dei fatti e si evita quanto più possibile l'insulto, è meglio.
Per questo è chiaramente necessaria anche una tutela dei diffamati, tutela però compatibile con la libertà di pensiero, che veda nella rettifica motivata la prima azione da intraprendere e via via le altre, possibilmente lasciando fuori la condanna penale.

Aggiornamento delle 12:30: Renato Farina (forse leggermente in ritardo) deputato del PdL oggi alla Camera  si assume la responsabilità dell'articolo incriminato: "Dreyfus ero io" afferma.




1 commento:

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