venerdì 23 novembre 2012

Accordo produttività Governo-parti sociali: tutti d'accordo tranne Cgil

E' una cosa strana questa: l'accordo sulla produttività trova unite tutte le parti sociali convocate -ABI, ANIA, Confindustria, Alleanza Cooperative, Rete imprese Italia, CISL, UIL, UGL- tranne la CGIL. Che significato ha? La CGIL è una mosca bianca alla ricerca di protagonismo oppure è l'unica forza che difende i lavoratori?
Tanto per rinfrescare la carta d'identità di queste parti sociali ne riassumo brevemente storia e funzioni: l'ABI  è l'associazione di tutte le banche italiane, ma anche delle società finanziarie; l'ANIA è l'associazione delle assicurazioni; Confindustria è una delle principali associazioni di industriali; Alleanza Cooperative è la sigla che raccoglie le cooperative di ispirazione socialdemocratica; Rete imprese Italia raggruppa le principali organizzazioni dell'artigianato e del commercio come CNA, Confcommerico, Confartigianato ecc.; la CISL è un'organizzazione sindacale di ispirazione cattolica; la UIL è un'organizzazione sindacale di ispirazione socialdemocratica; l'UGL è un'organizzazione sindacale di destra.
Due parole anche sulla CGIL: nasce dall'unione dei primi organismi sindacali e delle prime camere del lavoro di fine ottocento; in seguito,   nel primo dopoguerra, da quella confederazione originaria si separeranno CISL e UIL.
Ora, se si escludono i tre sindacati che hanno aderito all'accordo, tutte le altre sigle rappresentano imprese, sia industriali che artigiane o di commercio. In pratica stanno dalla parte dei datori di lavoro, per i quali l'accordo probabilmente rappresenta un vantaggio, cioè contrattare aumenti salariali su aumenti di produttività, con una tassazione ridotta. E' quella che si chiama contrattazione di secondo livello quella cioè che, in deroga alla contrattazione nazionale, consente l'accordo separato tra azienda e lavoratore.

Sentiamo cosa dicono i sindacati: per Bonanni della CISL la deroga alla contrattazione nazionale permette alle aziende che lavorano di aumentare la produzione e di finanziare così coloro che sono in cassa integrazione. Sul sito, il segretario generale dice:
"Questo accordo - ha sottolineato Bonanni nel corso di una conferenza stampa - è utile per farci uscire dalla trappola nella quale siamo caduti dagli anni novanta di bassi salari e bassa produttività, ed è fondamentale averlo siglato in piena crisi. Servira' per uscire dalle secche"
Doppiato dal segretario aggiunto:
''Sono a diposizione 2,1 miliardi -ha proseguito Santini- e significa concretamente che su questa parte del salario contrattato a livello aziendale o a territoriale la tassazione invece di essere ad esempio al 27% o al 34 % che e' l'aliquota che si applica in genere e' del 10% quindi ogni mille euro ci sono 170 euro di vantaggio concreto per il lavoratore''.
Santini trova ''davvero curioso che la Cgil che ha partecipato attivamente alla fine abbia dato un giudizio cosi' negativo. Non c'è nessun pericolo di riduzione dei salari -ha garantito Santini- anzi l'accordo cerca una strada possibile e concreta per dare un aumento dei salari attraverso la detassazione e la diffusione della contrattazione aziendale''.
In maniera completamente differente la pensa Camusso, segretario della CGIL, che scende più sul tecnico. Mentre è in generale d'accordo sulla suddivisione tra contratto nazionale e di secondo livello:
La CGIL continua a ritenere che il CCNL debba avere la funzione di tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni dell'insieme dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni singolo settore, incrementando i minimi tabellari che determinano anche le relative incidenze, mentre il secondo livello (che attualmente riguarda meno del 30% del lavoro dipendente) deve aggiungere risorse legate alla produttività nell'impresa.
non concorda sui meccanismi che la regolamenterebbero
Invece la soluzione presente nel testo considera l'indicatore IPCA -già non esaustivo del recupero del potere d'acquisto- indicatore onnicomprensivo del primo e secondo livello di contrattazione. In questo modo si andrebbe alla differenziazione dei minimi salariali e alla riduzione della protezione del potere d'acquisto delle retribuzioni. 
Al di là degli esiti di un provvedimento che nessuno può indovinare in maniera perfetta e facendo credito di una eguale buonafede sia ai sindacati che hanno accettato l'accordo sia a quello che l'ha rifiutato, resta il dubbio legato a quale sia la posizione preferibile. Accettare un accordo, quello diretto tra azienda e dipendente, potenzialmente in grado di  peggiorare le condizioni del lavoratore
Infine il punto 7 del testo, seppur migliorato rispetto alle iniziali richieste delle controparti, determina la forte preoccupazione che vi sia la volontà di intervenire peggiorando le condizioni dei lavoratori. Un esempio per tutti riguarda la materia del demansionamento, laddove, anche a fronte di modifiche legislative in materia di età pensionabile, si ritiene che nella contrattazione e/o con una legislazione di sostegno si possa intervenire per una riduzione della qualifica professionale, con relativa riduzione della retribuzione. Sostanzialmente da una parte si plaude alla riforma delle pensioni come necessaria per tenere in equilibrio i conti pubblici, dall'altra sulle stesse persone si produce un ulteriore danno non solo nella retribuzione ma anche nel riconoscimento della professionalità.
oppure rinunciare, comunque, alla possibilità di far ripartire quelle aziende che che risentono meno della crisi, pur nella difficile congiuntura?
La risposta non è semplice, per quanto onesti con se stessi si possa essere.
Per togliervi qualche dubbio, forse, oltre le fonti citate  potete visionare le conferenze stampa del Governo e delle parti sociali. Per par condicio aggiungo un audiovisivo della CGIL, che non figura nelle conferenze. Qui, infine, il comunicato stampa del Governo.
image credit governo.it

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