domenica 18 novembre 2012

Le sei domande per le primarie: scienza e conoscenza pari sono

Da un'idea di Moreno Colaiacovo sul gruppo Facebook da lui fondato, Dibattito Scienza, è nata un'interessante discussione su temi scientifici legati, in questo periodo di preparazione alle elezioni, alla politica.
L'ingresso della rivista Le Scienze con il suo direttore Marco  Cattaneo e con molti giornalisti della sua redazione ha dato quel risalto, quella visibilità e quell'autorevolezza necessarie ad arrivare fino ai candidati (o almeno quasi tutti). Le sei domande per i candidati delle primarie, ora di quelle del centrosinistra ma poi per i candidati di tutti gli schieramenti, hanno già avuto le prime risposte. Non mi interessa, per ora, approfondire la portata di queste risposte ma analizzare un fatto specifico: nell'introduzione al tema del suo articolo di lancio, Cattaneo parla di scienza e ricerca che poco entrano, solitamente, nel dibattito politico:
E la scienza? Nel recente confronto televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, i problemi della scienza e della ricerca non sono comparsi, né trovano particolare spazio nel dibattito politico in corso a dispetto della loro centralità per lo sviluppo nazionale.
Tutto vero. La mia idea, però, è che ogni tipo di conoscenza non può che essere scientifica, scritta così in corsivo per toglierle quel tanto che ha di riferimento solo a temi specifici, quasi come se negli altri ambiti della vita  la conoscenza non sfruttasse, o non avesse bisogno, anche quando non sembra, dei presupposti della scienza, ovvero quelli del metodo scientifico.

Il metodo scientifico è un sistema per ottenere informazioni quanto più corrette possibili da un  insieme di dati. Nel campo biomedico, per esempio, si usa un tipo di sperimentazione definito doppio cieco. Consiste nel fatto che lo sperimentatore , in quei casi in cui si confronta un farmaco con l'effetto placebo,   non sa a chi sta dando il farmaco o a chi sta dando acqua fresca (nè, tanto meno, i soggetti testati) . Questo sistema impedisce che la conoscenza di ciò che è farmaco e ciò che è placebo  influisca sui soggetti di studio portando a false informazioni. 
Questo metodo viene adottato sempre quando qualcuno vuole estrarre le informazioni esatte da un evento o da un fenomeno. Si immagini, per esempio, una moglie gelosa che vuole sapere se il marito l'ha tradita.
Punto del contendere potrebbe essere la mancata risposta a una telefonata.
-Perchè non hai risposto al telefono, questa mattina? chiede lei saggiando il terreno. Anche se sospetta il tradimento, non sa se il marito l'ha effettivamente tradita. Lo stesso accade al ricercatore: sospetta che un farmaco possa avere qualche effetto su una patologia, ma deve provarlo.
-Scusa cara ma non ho potuto, ero in riunione, risponde lui. Ora, è da aggiungere che nell'interazione umana altre strategie sono all'opera per verificare se l'altro sta mentendo. Diciamo che sono quelle strategie accessorie basate su una conoscenza innata che possiamo paragonare all'esperienza del medico: se quando somministra un nuovo farmaco per l'ipertensione vede comparire nel soggetto i sintomi di un'aritmia si attiva subito per controllare questa sensazione con dati oggettivi e sospende il trattamento. Utilizza cioè questi dati empirici come primum movens per immediati controlli. Bene, torniamo alla nostra coppia.
Pur ammettendo che la moglie non trovi questi segnali clinici in contrasto con le risposte fornite probabilmente non si accontenterà: uno di questi segnali corporei della menzogna è sufficiente per instillare il dubbio, ma la loro assenza spesso non è sufficiente a fugarlo. 
-Ma le altre volte rispondevi, fa lei maliziosa. In pratica, la donna osserva una variazione rispetto allo svolgimento abituale (cioè, sua telefonata e pronta risposta) e vuole conoscerne la ragione. Ripeto che questa situazione si crea soprattutto là dove esiste un sospetto generale: per esempio, il medico che ritiene di aver scoperto un valido medicamento, oppure una moglie che pensa di avere le prove di un tradimento.
-Sì lo so, ma questa volta c'era un importante cliente straniero e non potevo disturbare la riunione. La risposta del marito è come la confessione aneddotica di un malato guarito da un nuovo farmaco: puoi pure fare tutte le verifiche cliniche del caso e magari confermare l'avvenuta guarigione, ma per avere la certezza che non ci si trovi  davanti ad un effetto placebo bisogna avere delle prove indipendenti.
Questa risposta, però, si presta ad essere verificata in modo abbastanza semplice. Nel caso del farmaco attraverso la procedura della sperimentazione in doppio cieco caso-controllo, nel caso del tradimento attraverso l'interrogazione di altre persone che hanno partecipato alla riunione e possono testimoniare.
-Non ti dispiace, caro, se chiamo il tuo titolare per chiedere conferma? chiede lei allora. Ecco che qui che vediamo all'opera il sistema del controllo: verificare l'efficacia del farmaco senza confrontarlo con il placebo (un prodotto del tutto simile al farmaco escluso il principio attivo) espone al rischio che l'effetto osservato sia appunto solo quello placebo, quella sorta di auto-convinzione, tuttora inspiegata, capace di curare, a volte, alcune patologie.Si osservi, inoltre, che la moglie non chiede di chiamare un collega del marito, soggetto con il quale facilmente ci si potrebbe accordare ma  il suo titolare, con il quale è più difficile la combine

A me sembra un chiaro esempio dell'utilizzo del metodo scientifico per ottenere una conoscenza esatta, certa, a prova di errore. Questo metodo scientifico casalingo, diciamo così, è maggiormente presente dove vi è un interesse personale forte. La donna del nostro esempio, partita con il sospetto del tradimento, lo utilizza in maniera massiccia, pur di arrivare a una conclusione certa. Nella maggior parte dei casi, questo metodo  la porterà a conoscere la verità. Per esempio, contattare il titolare del marito e avere conferma delle cose che questi ha detto porterà la prova decisiva che non c'è stato tradimento. Anche se un piccolo margine di sospetto potrà sempre permanere, forzando la donna a cercare continuamente conferme, pure il sistema adottato è quello più adatto a scoprire la verità. Perchè non lo usiamo sempre?

Chiedo scusa se nell'esempio sopra riportato ho utilizzato lo stereotipo della donna gelosa. Va da sè che l'esempio è perfettamente equivalente a quello in cui è l'uomo ad essere geloso. Non vi è chiaramente nessun intento sessista, anche perchè ogni occasione della nostra vita in cui dobbiamo cercare risposta a un nostro sospetto è ugualmente valido.

Io credo che quando noi abbiamo un sospetto e riceviamo una risposta non in accordo con questo sospetto adottiamo tutta una serie di procedure che assomigliano molto al metodo scientifico. Proviamo e riproviamo, confrontiamo, analizziamo. In pratica abbiamo bisogno di un'enorme serie di prove per convincerci che il nostro sospetto era sbagliato. Per capire cosa intendo si consideri il caso in cui invece la prima risposta conferma il sospetto: di solito ci si ferma lì e la si considera come una prova più che sufficiente. Se questa prima prova non avesse confermato i nostri sospetti ci saremmo lanciati alla ricerca di altre, cosa che invece raramente si fa in caso di conferma.

La differenza tra chi usa il metodo scientifico in maniera professionale e chi invece lo usa, per lo più inconsapevolmente, nella vita quotidiana, è tutta lì: la prima conferma non è mai sufficiente (o non dovrebbe esserlo) per lo scienziato, che invita i colleghi a ripetere l'esperimento, mentre  per l'uomo della strada spesso lo è. Diverso è il caso in cui la prima risposta non soddisfa il sospetto: in quel caso, pur nelle differenze tra professionisti e dilettanti, entrambi approfondiranno l'investigazione, alla ricerca di quella verità che soddisfa al di là di ogni ragionevole dubbio.


Per questo motivo ritengo leggermente fuorviante la dizione problemi della scienzaogni conoscenza è scientifica, se vuole essere imparziale e quanto più possibile certa, anche se la differenza potrebbe essere ritenuta speciosa e tuttora mancando una terminologia che sappia distinguere, quando si dice scienza, tra argomenti scientifici e metodo scientifico. Quindi tutto è scienza, se intendiamo con questo termine anche  scientifico, pure quegli aspetti della nostra vita che noi non riteniamo scienza. Infatti, che conoscenza può venire da metodi non scientifici? L'aderenza alle nostre aspettative ma non alla verità. Chi si accontenta di questo può continuare così, ma non chi cerca di scoprire, quanto più possibile, la verità. In più, non far entrare nel dibattito politico i temi scientifici, intesi come quelli riguardanti fisica, chimica, biologia eccetera, oltre essere miope è anche discriminatorio. Se tutto è scientifico, cioè affrontato con i metodi propri della scienza, almeno quando c'è un interesse a scoprire la verità, perchè rimuovere quei temi dal dibattito politico?
Ho cercato di dimostrarlo con questo esempio. In realtà, questi sottoposti ai cinque candidati sono temi specifici, riguardanti alimentazione, cura, sicurezza ambientale e così via, ai quali le risposte migliori vengono quando si utilizza il metodo scientifico  in maniera professionale, e non solo quando lo si usa nel momento in cui le risposte non soddisfano. Separare la scienza dalla nostra vita generale è per me un errore. Non pretendo, chiaramente, che ognuno di noi utilizzi la statistica in ogni frangente della sua vita  ma che si serva, quanto più spesso possibile, del metodo che ha usato la donna del nostro esempio per conoscere la verità. La scienza, intesa come ricerca della conoscenza, è presente sempre, non solo nel campo scientifico ma anche in quello artistico, politico, sociale. Ogni campo dell'attività umana ne è pervaso, dalla ricerca delle prove della fedeltà o infedeltà del coniuge a quelle dell'efficacia di un farmaco. Ciò che noi ci aspettiamo o che desideriamo può essere diverso da ciò che è. Per questo pungolo -il desiderio che le cose siano come le sospettiamo- noi ci accontentiamo di poche prove se queste confermano quanto pensavano, mentre ne richiediamo molte se non lo fanno.
Anche quando si crede in Dio, per esempio, ci si può accontentare delle poche cose spacciate per prove oppure si può essere in una situazione di tensione costante: desiderare conoscere, sapere la verità riguardo a quanto magari si sospetta o si desidera, ma cercarne assiduamente le prove, non accontentandosi della prima che si trova.




image credit sara-art.it

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