domenica 29 settembre 2013

Berlusconi fa dimettere i ministri PdL e avvia la crisi di Governo

In momenti come questi, oltre una vocina che dice "te l'avevo detto!" mi viene in mente anche la favola della rana e dello scorpione. Ha un bel fidare sull'interesse comune la rana, ma la natura dello scorpione viene sempre fuori. Forse è addirittura uno scorpione che sa nuotare, o sa nuotare per pochi centimetri e punge la rana a ridosso della riva. Sta di fatto che la punge.
Ricorda Monti su La7, per bocca di Mentana nel suo speciale dopo il tg, che già all'indomani dell'approvazione della legge Severino, era il 6 dicembre 2012, Berlusconi staccò la spina all'esecutivo avviando la crisi che avrebbe portato alle elezioni del 25 febbraio. Ancora prima fu la volta della bicamerale, dalla quale il Cavaliere uscì improvvisamente vanificando tutto il lavoro svolto. E così accade ancora una volta: con la scusa dell'aumento IVA Berlusconi inaugura la crisi di governo, in prossimità di quel 4 ottobre in cui si dovrà pronunciare la Giunta per le Elezioni.
Ogni volta il Cavaliere ci ha guadagnato, in termini elettorali. Sarà così anche in questa occasione?
Viene da dire: fesso chi ci crede, alle parole del Cavaliere. Non è la prima volta che Berlusconi sfrutta a suo vantaggio una situazione ingarbugliata, prima spingendo per le larghe intese, poi troncandole improvvisamente. Questo si chiama condurre le danze. Agendo per primo il Cavaliere costringe gli altri a inseguirlo, detta la linea. La scusa buona gliela fornisce Letta, che, con l'accordo dei ministri del PdL, ferma il decreto che faceva slittare l'IVA a gennaio, per una verifica della fiducia. A questo punto il Cavaliere, ormai convinto che la Giunta voterà per la sua decadenza, ma non essendo la Giunta il suo vero obiettivo perchè poi dovrà essere l'Assemblea a ratificare la sua decadenza, mira a incrinare la legislatura, vanificando il voto del Senato e puntando il tutto per tutto nelle elezioni anticipate o, in alternativa, ma da una posizione di maggior forza,  a un eventuale appoggio a un governo Letta bis. 

Certo che crisi si governo non significa, automaticamente, elezioni anticipate. Se il PdL farà mancare l'appoggio all'esecutivo occorrerà cercare un'altra maggioranza in Senato, puntando sui senatori a vita e su qualche defezione che, secondo quello che riporta la stampa, è presente anche all'interno del centrodestra, non così monolitico quando si tratta di soldi. Solo che l'occasione di mascherare il ricatto  delle dimissioni con la scusa di poter accusare Letta di aver mancato alla parola data -cioè non aumentare l'IVA a ottobre- non gli sarebbe ricapitata tanto facilmente, e così l'ha colta.
Forse il reale obiettivo non sono nemmeno le elezioni anticipate ma la rinegoziazione della sua decadenza da una posizione di maggior forza, oppure mira ad andare di nuovo al voto, magari prima che il Senato si esprima su di lui. Certo che la sua carica da senatore deve stargli a cuore parecchio. Di sicuro non è per lo stipendio, essendo già  benestante, nè per l'assidua frequentazione dell'Aula, dove si fa notare per la sua assenza e nemmeno, infine, per l'impossibilità di fare campagna politica, perchè  essere incandidabile non significa non poter fare comizi o essere presente alle trasmissioni. 
Qualche maligno dice che Berlusconi ha paura di affrontare  i processi che ha ancora in corso senza lo scudo protettivo di una carica parlamentare. Ma sono solo ipotesi.

1 commento:

  1. Quando si vuole un accordo politico bisogna tenere conto delle ragioni di tutti altrimenti è meglio non farlo: questo avrebbe dovuto sapere il PDL ma anche e soprattutto il PD che non aveva chiuso un accordo con M5S. Che il voto della Giunta e del Parlamento sia un voto "politico" è palese ed è inutile che il PD faccia finta di niente, lo sapeva, lo sa, deve solo prendere atto di un accordo fatto con riserva da entrambe le parti. Non può fingersi ingenuo e non concedere nulla all'avversario che si difende come può. Buona fortuna all'Italia con questi politici che pensano tutti al loro bene e non al bene comune. Imparino dai libri di storia

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