(Questo articolo partecipa al Carnevale della Fisica che si tiene a fine marzo nel blog Scientificando di Annarita Ruberto).
Intorno agli inizi del 1670 Isaac Newton si interessò dei fenomeni luminosi, con particolare riguardo ai problemi legati alla rifrazione della luce. Notissimi sono i suoi esperimenti con un prisma trasparente con i quali dimostrò come questo solido geometrico può scomporre la luce bianca visibile in uno spettro di colori. Questo fenomeno viene chiamato dispersione ottica e consiste nella separazione di un’onda elettromagnetica nelle sue componenti spettrali, separando le varie lunghezze d’onda di cui è composta. Si accorse inoltre che facendo nuovamente convergere il fascio di onde disperse su un altro prisma otteneva di nuovo quello originale bianco, mentre se deviava una singola lunghezza d’onda su un altro prisma questa rimaneva invariata, facendogli ipotizzare che fosse un componente primitivo non ulteriormente scomponibile.
Intorno agli inizi del 1670 Isaac Newton si interessò dei fenomeni luminosi, con particolare riguardo ai problemi legati alla rifrazione della luce. Notissimi sono i suoi esperimenti con un prisma trasparente con i quali dimostrò come questo solido geometrico può scomporre la luce bianca visibile in uno spettro di colori. Questo fenomeno viene chiamato dispersione ottica e consiste nella separazione di un’onda elettromagnetica nelle sue componenti spettrali, separando le varie lunghezze d’onda di cui è composta. Si accorse inoltre che facendo nuovamente convergere il fascio di onde disperse su un altro prisma otteneva di nuovo quello originale bianco, mentre se deviava una singola lunghezza d’onda su un altro prisma questa rimaneva invariata, facendogli ipotizzare che fosse un componente primitivo non ulteriormente scomponibile.
Egli pubblicò queste sue prime scoperte in un lavoro per la Royal Society nel 1671, intitolato A Letter of Mr. Isaac Newton, Professor of the Mathematicks in the University of Cambridge; Containing His New Theory about Light and Colors: Sent by the Author to the Publisher from Cambridge, Febr. 6. 1671/72; In Order to be Communicated to the R. Society[1], reperibile a questo indirizzo.
Più tardi, verso il 1679 (anche se già al 1666 datano il presunto aneddoto della mela e alcuni lavori non conclusivi per la mancata considerazione di alcuni aspetti) riprende gli studi sulla gravitazione che, grazie al pressante invito di Edmund Halley, sfociano nel 1684 nel manoscritto De motu corporum che contiene le tre Leggi del moto, che esitano poi, tre anni più tardi, nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica.
Questo trattato si compone di tre Libri, i primi due sono intitolati De motu corporum, e contengono le Tre leggi del moto
- “Ogni corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non sia costretto a mutare tale stato da forze impresse”.
- “Il cambiamento del moto è proporzionale alla forza impressa e avviene secondo la linea retta nella quale essa viene impressa”, che sarebbe la famosa relazione F=ma dove F è la forza, m la massa e a l’accelerazione.
- “A ogni azione si oppone sempre una reazione uguale e contraria: ossia le azioni esercitate da due corpi l’uno sull’altro sono sempre uguali e di direzione opposta”.
mentre il terzo è intitolato De mundi systemate e contiene la Legge di gravitazione universale, che si può esprimere nella formula
f=Gm1m2/r2
dove f è la forza di attrazione fra due masse, m1 . m2 è il prodotto delle due masse, r2 è il quadrato della distanza e G è la costante gravitazionale che vale 6,6720 . 10-11Nm2kg-2.
(Fonte: Enciclopedia di Astronomia e Cosmologia, Garzanti 2006)
Newton fu un genio dai molti interessi, che studiò e fece importanti scoperte anche in matematica (tra gli altri, il teorema binominiale e i celebri lavori, con annessa diatriba con Leibniz, sul calcolo infinitesimale), fu teorico ma anche sperimentatore, si interessò di religione e pure di alchimia, insomma il suo animo era costantemente alla ricerca di spiegazioni dei fenomeni naturali e non solo.
Queste considerazioni mi sono utili per l’affinità del lavoro del fisico con quello del neuroscienziato, che si manifesta per esempio in questo recente lavoro di uno studioso giapponese[2] sulla visione del movimento negli esseri umani, di cui parlerò fra poco, e che si manifesta anche in quelle che si chiamano illusioni dovute all’accelerazione, di cui riporto due esempi.
Per esempio, la percezione di una luce in un ambiente buio, varia di posizione alzandosi o abbassandosi dalla posizione reale, se veniamo fatti girare sopra una giostra o una centrifuga, dando le spalle al centro di rotazione. Vi è, in questo caso, una accelerazione centrifuga dei recettori vestibolari che va dalle orecchie verso il naso (indipendentemente se la rotazione è oraria o antioraria) e che è responsabile della modificata percezione dell’asse gravitazionale soggettivo, il quale porta alla visione spostata della luce.[3]
I recettori vestibolari sono responsabili della stabilità dell’ambiente percepito dall’individuo. Nella rotazione, al vettore gravitario verticale si aggiunge quello centrifugo, che è orizzontale: il risultato sarà un vettore inclinato, somma di quello gravitazionale e di quello centrifugo. Essendo al buio, il soggetto non ha modo di utilizzare altri rimandi sensori per stabilire la giusta direzione della verticale e quindi il cervello, piuttosto che ipotizzare una situazione di propria modifica rispetto alla verticalità ipotizza lo spostamento del punto luminoso.
Un’altra illusione è quella conseguente a una rotazione su un supporto inclinato, sempre al buio. Se la rotazione avviene a velocità costante, dopo qualche decina di secondi i canali semicircolari, responsabili della percezione della velocità angolare, smettono di scaricare e rimangono attivi solo gli otoliti, responsabili della percezione della forza gravito-inerziale. Questo vettore gravitazionale però gira insieme alla rotazione e induce la sensazione di un movimento conico.[4]
E ora il lavoro degli studiosi giapponesi pubblicato su NeuroReport.
La rivista New Scientist riporta il lavoro di un gruppo di scienziati dell’Università di Kyoto sul Movimento implicito presente in disegni di figure umane instabili. E proprio su questa instabilità risiede, secondo gli autori, la capacità di questi disegni di attivare la corteccia visiva extrastriata che scarica in presenza di movimento reale.
Allo scopo di comprendere per quale motivo i disegni del pittore giapponese Hokusai Katsushika (1760-1849) avessero una così forte impressione di movimento, gli sperimentatori hanno presentato agli studenti una serie di figure di questo artista e li hanno sottoposti a fMRI per osservare quale aree si attivavano.
(Fonte New Scientist)
(Fonte New Scientist)
I disegni erano suddivisi in modo che ve ne fosse una serie a sinistra che illustrava delle figure che implicavano il movimento, al centro una serie con poco o nessun movimento e a destra una serie di oggetti statici. Naoyuki Osaka e colleghi dell’Università di Kyoto, hanno trovato che solo le immagini di sinistra, quelle con un movimento implicito, attivavano la corteccia visiva extrastriata, un’area attiva quando si osservano movimenti dal vero.
Questo aspetto si trasferiva anche a volti disegnati in pose che implicavano emozioni intense, per il sottostante coinvolgimento di un movimento implicito, classico legame tra emozione e movimento.
(Fonte New Scientist)
L’area V5 o MT (medio temporale) che fa parte della corteccia visiva extrastriata è l’area che si pensa coinvolta nell’integrazione delle percezioni del movimento. Quest’area presenta connessioni in ingresso con le aree visive V1, V2 e V3, con il talamo attraverso il NGL (nucleo genicolato laterale) e ancora con il talamo attraverso l’azione del pulvinar coinvolto, come notato altrove, nei processi attentivi. I suoi maggiori collegamenti discendenti sono verso il lobo temporale MST (medial superior temporal), V4, FST (fundus superior temporal)[5] mentre altre proiezioni riguardano i lobi frontale e parietale.
Stante la contemporanea attivazione delle aree V1 e V5 nella rilevazione del movimento, si è dimostrato che l’inattivazione con TMS (transcranial magnetic stimulation)[6] dell’area V5 induce acinetopsia (incapacità di rilevare il movimento) più accentuata rispetto all’inattivazione di V1, dovuto probabilmente alla maggior velocità con la quale il segnale raggiunge l’area V5 (30 ms) rispetto a V1 (60 ms), e inoltre al fatto che il segnale da V1 a V5 è ulteriormente ritardato di 30-50 ms. D’altra parte, è stato rilevato su una paziente con danno bilaterale all’area V5[7] che vi era comunque una residua capacità di distinzione di alcuni tipi di movimento, quando era orientato in un certo modo, grazie all’azione sussidiaria di alcune aree interconnesse con V5, a dimostrazione di una certa quale plasticità neurale susseguente danno.
Come spiegare la capacità dei disegni di Katsushika di stimolare l’area visiva extrastriata?
Gli autori ipotizzano che vi sia una comune via di processamento degli stimoli visivi relativi al movimento che coinvolgono sia i movimenti reali che quelli presenti, in forma implicita, per esempio nei disegni di questo artista.
Utilizzando lo strumento dell’analogia, rilevo una somiglianza tra l’intuizione newtoniana della complessità del raggio di luce e dunque della possibilità di scomporlo in parti non ulteriormente frazionabili e la scomponibilità del percetto, visivo in questo caso, da parte del cervello, che permette una sorta di distribuzione a diverse stazioni cerebrali dei vari compiti di elaborazione relativi a ogni ingresso sensoriale, e che vengono raccolti e ricomposti e infine inviati alle strutture motorie e associative per l’output finale.
Per esempio, questo ricercatore[8] ha mostrato che è possibile scomporre il giallo nei suoi costituenti percettivi rosso e verde. E’ stato dimostrato che l’alternanza di luci rosse e verdi sulle stesse aree retiniche induce la percezione del giallo.[9] Siccome il cammino di queste due distinte aree retiniche si integra solo a livello corticale si ipotizza che è dall’unione di queste due singoli canali cromatici centralmente, che scaturisce la visione del giallo.[10]
L’autore dimostra che si può scomporre lo stimolo del giallo nei suoi costituenti. A questo scopo ha creato uno stimolo del giallo sovrapponendo una linea rossa intermittente su una barra verde in movimento. Se osservata per breve tempo la sovrapposizione determina la percezione del giallo, ma se rilevata per un lasso di tempo più lungo la linea sembrerà erroneamente trascinarsi sopra la barra, e apparirà rossa. Questo fatto è interpretabile come un’influenza della percezione del movimento sulla percezione del colore, ovvero come un’integrazione quando rosso e verde si compongono nella percezione del giallo e come un’interferenza quando avviene l’opposto.
Altri due ricercatori[11] hanno dimostrato questo fatto. È possibile inoltre scaricare anche dei video dimostrativi qui (video in ambiente simulato DOS per PC, si possono variare i parametri con le frecce della tastiera).
In questo lavoro si è cercato di confrontare alcune caratteristiche del mondo fisico quali per esempio quelle scoperte da un genio come Isaac Newton e verificare se a livello di meccanismi e di sistemi siano coinvolte o interessate anche nei processi che riguardano il funzionamento del cervello e con questo, ovviamente, quello della mente umana. L’idea è quella che non soltanto all’interno del mondo delle neuroscienze è possibile effettuare scoperte e proporre teorie che spieghino i vari fenomeni osservati studiando il cervello, ma è anche dall’integrazione delle discipline, dall’unificazione del sapere, dal comune intento di ricerca e creatività che possono darsi i risultati più importanti, in linea con quello che era il modo di agire di un altro genio indiscusso, Leonardo.
[1] Phil. Trans. 1671 6, 3075-3087 doi: 10.1098/rstl.1671. 0072
[2] Osaka, Naoyuki; Matsuyoshi, Daisuke; Ikeda, Takashi; Osaka, Mariko, Implied motion because of instability in Hokusai Manga activates the human motion-sensitive extrastriate visual cortex: an fMRI study of the impact of visual art, NeuroReport, 21, 4, p. 264-267, 2010.
[3] A. Berthoz, Il senso del movimento, McGraw-Hill 1998
[4] R.A.A. Vingerhoets, J.A.M. Van Gisbergen, and W. P. Medendorp, Verticality Perception During Off-Vertical Axis Rotation, J Neurophysiol 97: 3256–3268, 2007.
[5] Boussaoud D, Desimone R, Ungerleider LG., Subcortical connections of visual areas MST and FST in macaques, Vis Neurosci. 1992 Sep-Oct;9(3-4):291-302.
[6] G. Beckers and S. Zeki, The consequences of inactivating areas V1 and V5 on visual motion perception , Brain, Vol. 118, No. 1, 49-60, 1995
[7] S. Shipp, B. M. de Jong, J. Zihl, R. S. J. Frackowiak and S. Zeki, The brain activity related to residual motion vision in a patient with bilateral lesions of V5, Brain, Vol. 117, No. 5, 1023-1038, 1994
[8] Romi Nijhawan, Visual decomposition of colour through motion extrapolation, Nature 386, 66 - 69 (06 March 1997); doi:10.1038/386066a0
[9] · Hurvich, L. M. & Jameson, D. The binocular fusion of yellow in relation to color theories. Science 114, 199−202 (1951).
[10] Hecht, S. On the binocular fusion of colors and its relation to theories of color vision. Proc. Natl Acad. Sci. USA 14, 237−241 (1928).
[11] Watanabe, J. & Nishida, S. (2007). Veridical perception of moving colors by trajectory integration of input signals. Journal of Vision, 7(11):3, 1-16,
Semplicemente splendido! Grazie per questa perla donata al Carnevale della Fisica.
RispondiEliminaBacioni
annarita
Paopasc, a parte che il disegnetto composito del cinese stempiato e maleducato nei suoi gesti tarantolati e inconsulti non si affronta (ma non è colpa tua), secondo me hai battuto tutte le Quaresime. Ti nomino Uovo, Uovo di Paopasc Pasquale. Bravo, secondo me, molto (anche secondo tutti, secondo me).
RispondiEliminaB
Buon fine settimana!
RispondiEliminaCiao :)
Grazie Anna, troppo gentile. Ma troppo! ahahahaha
RispondiEliminaEhi B, uovo di Paopasc mi piace: adesso vado allo specchio e mi metto a fare le boccacce anche io, per vedere di nascosto l'effetto che fa!
Grazie Pitie, anche se manca ancora un giorno. ;)
weeeee pao confesso di non essere arrivati alla fine di questo post tutto bene te?
RispondiEliminadi un po hai solo questo di blog?
RispondiEliminaGrande scienziato pure tu?
RispondiEliminaIn ogni caso complimenti per questo post!
QUI tutte le informazioni, anche per rivedere integralmente "Rai per una notte"
RispondiEliminahttp://paginecorsare.myblog.it/archive/2010/03/26/una-splendida-lezione.html
Grazie del passaggio e un saluto da Angela
si Pony, ho solo questo, basta e avanza, l'altro su myblog è solo da ponte, diciamo.
RispondiEliminaStella, no non grande scienziato, grande appassionato, quello si. Comunque grazie assai.
Grazie Angela!
blog ponte? sarebbe?
RispondiEliminaCiao Pascuccetto :)
RispondiEliminasempre cose carine ti inventi ......magari fosse ....
domani penso di postare quella cosa
baci
p.s. hai dormito bene stanotte ??? :))))
...splendido lavoro paopasc!
RispondiEliminaI NeuroScienziati hanno scoperto che suonare uno strumento musicale modula il livello di dopamina nel cervello e che ascoltare musica ha degli effetti, diretti (è straordinario il fatto che avvenga in modo diretto), sulla serotonina, che è un neurotrasmettitore strettamente associato alla regolazione dell’umore.
Già Confucio diceva: “… la musica produce un tipo di piacere che la natura umana non sa farne a meno…”
Nietzsche, duemila anni più tardi, dirà: “… la mia melanconia vuole rimanere nei luoghi più segreti e negli abissi più profondi: per questo motivo ho bisogno della musica”.
Il meccanismo alla base di tutto ciò, per lo meno a me, non è ben chiaro, ma ci sono alcuni studiosi quali Gary Marcus e David Huron, i quali attribuiscono il tutto a una forma di evoluzione del cervello attraverso le emozioni, ovvero determinati stati d’animo hanno motivato una certa azione, sottolineato il tutto da particolari suoni che, nel corso del tempo, sono diventate poi le musiche che ci stimolano in qualche modo (…).
Quello che penso ad ogni modo, e con questo voglio collegarmi in qualche modo al tuo lavoro, siamo dotati di un cosiddetto “cervello musicale”, una parte neurochimica di noi che funziona in musica, misteriosa per certi aspetti, impenetrabile, ma davvero straordinaria!!!
Complimenti per i tuoi lavori.
ahhh okoko pao
RispondiEliminajoe, grazie sei troppo buono, 'a verità.
RispondiEliminaE' vero, fioriscono molte ricerche sul ruolo terapeutico della musica, sulla sua capacità di interagire con la biochimica del cervello. E' forse lo stesso meccanismo che usano le emozioni. Scoperto uno scoperto anche l'altro.
Conosco Gary Marcus, ho alcuni suoi libri, è tozzo. A presto.
... e infatti,Leonardo,l'Uomo Universale,è la massima espressione della creatività in tutte le sue forme.Non potevi fare esempio migliore.
RispondiEliminaInteressante, lo studio sulla ricettività dei colori sopracitato...
Ciao e complimenti