Politica

L'antipolitica, le altre caste e il diritto-dovere di critica




Peppino Caldarola su Linkiesta fa notare che quegli stessi giornalisti che strepitano per i pasti parlamentari a pochi euro, mangiano in realtà anche loro a quella mensa.
Peccato che nessun giornale abbia scritto che questi ristoranti sono frequentati dal ghota del giornalismo italiano e da quasi tutti i cronisti parlamentari. è buffo che si siano accorti dei privilegi, di cui hanno goduto, solo ora e che nessuno abbia scritto che il pasto del parlamentare aveva lo stesso costo di quello del cronista che ne riportava fedelmente il pensiero.
Anche sul versante pensioni Caldarola ha un pensiero critico
 Peccato che tutti i grandi gruppi editoriali, anche quelli che più si scandalizzano, hanno fatto ricorso, e ne faranno, ancora ai pensionamenti anticipati mandando a casa fior di cronisti, inviati e commentatori ben prima del compimento dei sessantanni. 
E dunque? Il suo pensiero nasce dalla constatazione che
I giornali, praticamente tutti, anche quelli di destra, sono diventati i megafoni dell'antipolitica.
Ed è vero. Anche giornali tendenzialmente filogovernativi mettono giù i loro carichi: scrivere male dei politici e della politica fa vendere copie e regala popolarità. Si chiama seguire l'onda. E fa bene Caldarola a stigmatizzarlo.
Dico a Caldarola che la sua osservazione è giusta,  però bisogna considerare che non è al giornalista che si chiede la coerenza tra quello che dice e come si comporta, almeno finchè non è pagato con soldi pubblici. Solo a quelle categorie pagate con soldi pubblici, e massimamente a chi decide, io chiedo coerenza tra le parole e i fatti. Il giornalista che approfitta di un menù a bassissimo prezzo adotta un comportamento umano, anche se disdicevole. Ma non è stato lui a creare le condizioni per quei ristoranti a prezzi bassissimi. Le condizioni le hanno create i politici. La battaglia della carta stampata sull'allungamento dell'età pensionabile si scontra, come racconta, con una prassi che è tutto il suo contrario. Ancora una volta è vero. Ma chi le ha fatte quelle norme? Chi ha permesso che avvenisse? 
E' senz'altro più apprezzabile se il fustigatore dei costumi, il critico impietoso del malcostume o l'autore di inchieste rivelatrici è egli stesso coerente con quanto denuncia, ma non è indispensabile, e l'esserlo non renderà i suoi articoli più veritieri. Perchè è questo che a me interessa: che quello che il giornalista scrive sia vero. Poi ci sarà qualcuno, un altro giornalista, che svelerà i privilegi della casta dei giornalisti.

Ma l'antipolitica, se la politica è questa qui (quella che almeno crediamo di conoscere), non è il male: questa antipolitica è il bene. In realtà, non vi è una particolare recrudescenza della classe politica attuale rispetto a quella passata, vi è piuttosto un continuum rispetto alla cosiddetta Prima Repubblica. Questa continuità la si deve al fatto che da noi entrare in politica significa volerci rimanere finchè si respira. Non è come negli altri paesi dove, una volta finito il mandato, il politico torna a fare quello che faceva prima o si inventa un nuovo lavoro, come Bill Clinton, Tony Blair, e come probabilmente accadrà al dimissionario Zapatero. Qui da noi i politici si vogliono incistare nelle istituzioni senza più mollare la presa. Purtroppo, per fare questo, devono crearsi una serie di alleanze alle quali si arriva solo ponendo i propri uomini nelle poltrone giuste, facendo favori, creandosi il proprio bacino elettorale, insomma mettendo in atto tutte quelle pratiche extra-politiche (nel senso che non hanno niente a che fare con la vocazione politica vera) che gli permetteranno di godere di una carriera eterna.
E' per questo che la scrittura delle leggi segue percorsi tutti particolari, prima quello delle esigenze di carriera, poi quello dovuto alla frustata dell'indignazione popolare. E' per questo che la politica ama frammischiarsi con il mondo degli affari, per mettere in atto la prassi del do ut des, ed è per questo che siamo il paese delle infrastrutture incompiute e dei costi decuplicati.
E' sempre la solita politica, e dunque è anche sempre la solita antipolitica. E' la stessa cosa che accadeva ai tempi d'oro della Prima Repubblica, non è cambiato niente, se non che qualche protagonista ha lasciato per raggiunti limiti di età, ma la dinamica è la stessa.
Ed è per questo motivo che, ogni tanto, ogni 50 o 60 anni, sarebbe bene fare una pulizia profonda e ricominciare. 


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Intercettazioni e parlamentari: chi parla con l'onorevole è libero?





L'articolo 68 della Costituzione recita

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
E' giusto allargare l'impossibilità di intercettare un parlamentare anche a tutti quelli che parlano con lui, quando le parole del parlamentare sono debitamente rimosse? Anche se costoro sono intercettati in maniera indipendente dal parlamentare per indagini personali e hanno casualmente una conversazione con l'onorevole? E se invece l'intercettazione prova un illecito del parlamentare? La normativa prevede che, per essere ammissibile, l'intercettazione di un parlamentare, o è autorizzata preventivamente dalla Giunta oppure deve avvenire in maniera indiretta. [1]

In sostanza, una sentenza della Corte Suprema [1] ha stabilito che l'intercettazione indiretta può essere usata senza il nulla osta della Camera se il parlamentare non entra nel procedimento, mentre deve essere richiesta se il parlamentare entra nel procedimento. Se il nulla osta viene negato però non è necessario distruggere le intercettazioni.

La questione sorge con il caso Ruby, che vede coinvolto Silvio Berlusconi. In quella occasione, infatti, secondo la difesa, le intercettazioni vennero effettuate a rete (cioè vennero intercettati tutti i telefoni mobili presenti nella zona) e lo scopo  «era il controllo del presidente del Consiglio», così un virgolettato del Corriere.
Dunque, richiesta del premier di completa inutilizzabilità di quelle intercettazioni alla Giunta.

Torna quindi prepotente il quesito esposto sopra, gravato dal sospetto di un processo alle intenzioni: i magistrati avevano o  no intenzione di intercettare il Presidente del Consiglio? Evento improbabile, essendo virtualmente  impossibile l'ignoranza dell'articolo in questione da parte degli inquirenti. Dunque? Il tema resta valido con riguardo a tutti i casi in cui, insieme a un imputato, viene intercettato un parlamentare.  
Se da quelle intercettazioni spuntano prove del coinvolgimento in fatti penalmente rilevanti del parlamentare,  possono essere utilizzate, eventualmente, contro di lui?  La normativa prevede l'approvazione della Camera ex post sulle cosiddette intercettazioni indirette. [1] [2] Nelle intercettazioni indirette però il requisito fondamentale è non sapere a chi appartengono i numeri intercettati, per sperare di ottenere l'autorizzazione dalla Camera.
Sembra quindi pretestuosa la richiesta di annullamento sulla base di una presunta volontà degli inquirenti di intercettare Berlusconi, per l'impossibilità  di ignorare le norme in vigore che avrebbero portato all'annullamento. Pure, si potrebbe anche ipotizzare un tentativo di aggiramento dell'articolo 68  da parte dei magistrati, che ci hanno provato pur non potendo non sapere.
Tema di non facile soluzione che però richiede una attenta valutazione delle conseguenze di una diffusa impunità da contatto. Infatti, la Corte sostiene che

 La distruzione di una prova legittimamente formata, che impedisca, di fatto, l’utilizzo delle intercettazioni anche nei confronti di terzi che, solo occasionalmente hanno interloquito con il parlamentare, ha rappresentato sino ad oggi “una immunità a vantaggio di soggetti che non avrebbero comunque ragione di usufruirne” [1]
E, d'altra parte, l'intercettazione indiretta del parlamentare dovrebbe garantire l'inquirente dalla volontà dall'accusa di voler andare contro l'articolo 68, visto che 
il precetto costituzionale persegue l’obiettivo di “porre a riparo il parlamentare da illegittime interferenze giudiziarie nell’esercizio del suo mandato [1]
e non rappresenta un'immunità  sic et simpliciter.
Altrimenti si rischia di fare come in quel gioco, tana libera tutti: chi parla con il parlamentare è libero.



[2] Se c'è la camorra al telefono.


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