venerdì 17 dicembre 2010

Proteste studentesche, auto-giustificazione e dissenso

Non vorrei dover riutilizzare le parole di Pasolini, di 42 anni fa ma, serviva tutta questa violenza?
D'accordo, porta visibilità, fa conoscere le proprie rivendicazioni, fa riflettere. 
Ma l'attuale Governo è legittimato a governare. Lo è stato con il voto del 2008 e lo è adesso, con le Camere che rigettano la sfiducia posta dalle opposizioni. E' così che funziona.
Altro aspetto è la facoltà di critica, la rivendicazione dei propri diritti, il timore di vedere calpestato e compromesso il proprio futuro che spinge a esprimere il proprio dissenso. Ma, tutto questo non può manifestarsi mettendo a ferro e fuoco una città, devastando e aggredendo, generando violenza. 
Qual è uno dei pochi casi in cui la violenza è un diritto? Quando è messa a repentaglio la propria vita. E comunque, la reazione deve essere commisurata all'azione.
Forse le troppe aspettative per la fine prematura del Governo hanno generato una profonda delusione e in seguito alla inaspettata raccolta della fiducia da parte di Berlusconi, e la frustrazione si è trasformata in violenza. O forse si era già pronti, da parte di alcuni, all'eventualità.
C'era anche chi ventilava l'ipotesi che alcuni degli scalmanati potessero essere agenti infiltrati, ma la tesi  sembra decaduta di fondamento.
Ora, non è facile distinguere all'interno di questi movimenti, quanto appartiene ai gruppi studenteschi e quanto a bande di facinorosi chiamati black bloc.
Il black bloc è una tattica di manifestazione del pensiero politico che contempla anche un largo uso di strategie violente e vandaliche ed è unita da una ideologia di fondo francamente anticapitalistica. Nasce in Germania da forze di sinistra extraparlamentari che rigettano il sistema di vita capitalistico in  tutte le sue manifestazioni.
L'autoconvinzione di questi gruppi di dover far conoscere a forza la propria ideologia e di autogiustificarsi nel metterla in atto in maniera spesso violenta appartiene al modello di pensiero di chi si sente autorizzato a reagire con violenza perchè ritiene che siano messe in pericolo la propria vita e il proprio domani. Certo, è un tipo di pericolo diverso da chi si trova sotto la minaccia di un'arma, ma è pur sempre una situazione vissuta come tale.
Spesso mi trovo a riflettere sul fatto che è molto difficile far cambiare opinione alla gente. Per esempio, se c'è qualcuno che ha avversione per una certa parte politica al governo, magari potrà tollerarla quando le cose vanno più o meno bene, ma quando percepisce che le cose vanno male tenderà a imputarne la causa a questa parte politica. Bene, in questi casi c'è poco che riesca a convincerlo del contrario.

Può anche darsi che, in mezzo a quelli che hanno manifestato così violentemente martedì, ci fossero anche individui capitati lì solo per menare le mani e fare casino, poco o nulla interessati ai motivi per i quali si manifestava. Oppure che fosse del genere descritto poco sopra, cioè un tizio difficile da convincere, quando ha una sua idea ben ficcata in testa. Come anche è più che certo che la maggior parte dei manifestanti non avesse nessuna intenzione di aggredire così violentemente tutto e tutti, ma che poi, trovandosi in mezzo, ne venisse coinvolta suo malgrado.

Due sono gli aspetti essenziali da approfondire.
  • Qual è il presupposto concettuale che consente di auto-giustificare il ricorso alla violenza?
  • Le manifestazioni di dissenso, indipendentemente dalla ripartizione della ragione, sono utili o inutili?

 
Il presupposto concettuale della violenza.
Il tema non può essere risolto in poche righe, quindi proporrò solo alcuni argomenti. Uno dei presupposti che, come detto, auto-giustificano il ricorso a una risposta violenta è l'impressione di aver subito o di stare per subire un'offesa. Con offesa intendo qualsiasi atto che minaccia o  danneggia l'integrità di un individuo. L'integrità è sia fisica che morale. Se io ti aggredisco con un coltello sto minacciando la tua integrità fisica,  se io agisco indirettamente causandoti un danno sto danneggiando la tua integrità sia fisica che morale e se io ti aggredisco verbalmente o mi faccio beffe di te pubblicamente sto minacciando la tua integrità morale.
Ora, grossolanamente, questi sono i presupposti ad alcuni tipi di azione violenta che possono vantare una sorta di diritto naturale alla difesa, almeno nella mente di chi li attua. Non è raro vedere che qualcuno risponde ad insulti in modo manesco o che qualcun altro interpreta gli atti di un individuo come concepiti al solo scopo di causargli un danno.
E' in queste situazioni che uno si sente autorizzato ad agire con la stessa intensità affettiva dell'offesa ricevuta. E' noto che noi interpretiamo le parole o i gesti altrui come molto più offensivi dei nostri, e a questo scopo tendiamo naturalmente a compensare questa disparità accentuando la nostra risposta. Mi sembra il caso tipico delle manifestazioni di risposta ad atti del Governo in cui, a volte, ci si sente più danneggiati di quanto si è in realtà.
Il più delle volte però ci si "accontenta" di fare chiasso, di dimostrare di essere vivi, di mostrare che non si intende tollerare questi attacchi, manifestando sì con foga, ma senza trascendere. Il manifestare in sè, il sentirsi uniti e importanti, la sensazione di partecipare alla storia e di farla, pure se insieme a quelli che si ritengono nemici, è più che spesso sufficiente ad esaurire la presunta o vera offesa ricevuta. A meno che il rancore non covi sotto la cenere, senza estinguersi, per cui ogni occasione è buona per pareggiare dei conti sempre molto salati.
Le manifestazioni di dissenso.
Manifestare o esprimere il proprio dissenso ha valore solo quando migliora le cose oppure ha valore sempre? Cioè ha un valore intrinseco, indipendentemente dal motivo e dalle ragioni? Se, per esempio, si trovasse qualcuno che protesta contro l'adozione di una politica fiscale equa,  avrebbe ragione di farlo? 
Se uno si sforza di capire i motivi per i quali qualcuno protesta contro quella che a tutta prima sembrerebbe una decisione giusta e non li trova, deve sentirsi in imbarazzo? In parte si. La libertà di manifestare il proprio pensiero è garantita dalla Costituzione. Impedire a qualcuno di farlo, pur se si trova completamente dalla parte del torto, è fare un atto illiberale e antidemocratico. Perciò, anche se il manifestante manifesta ingiustamente è giusto che la faccia, perchè le leggi, il più delle volte, valgono per tutti. 
Dunque, se uno ha ragione di manifestare il proprio dissenso anche se ha torto, figuriamoci se è autorizzato a farlo nel caso abbia ragione. E' chiaro che con manifestare intendo il modo non violento, e rimando a quanto detto sopra per la modalità alternativa.
Solitamente un animale, uomo incluso, è tanto più contento quanto meno si sente minacciato. Ora, contento e minacciato non esprimono a pieno quello che volevo dire, e prossimamente proverò a scrivere qualcosa, per ora però accontentiamoci.  La minaccia include sia fatti imminenti o attuali che fatti  futuri, a venire, di cui l'animale -uomo incluso- abbia conoscenza (ne sa qualcosa chi porta il proprio animale -uomo incluso- dal veterinario, per dire). A questo scopo, l'animale, adotta una certa strategia, che è quella di concentrarsi sul presente: quando si è contenti si cerca sempre di concentrarsi sul momento presente, di viverlo fino in fondo, di non sciuparlo, un po' perchè si teme e si è certi che passa, un po' perchè distrarsi potrebbe voler dire rovinare tutto. 
Quando protestano, questi studenti o chiunque altro sia, sono contenti o scontenti? In realtà sono l'uno e l'altro. Prima di agire sono scontenti, per questo manifestano, ma mentre manifestano sono contenti e usano la strategia anzi detta: si concentrano sul loro manifestare e ne traggono un po' di piacere, si sentono vivi e autori del loro destino, e per esserne un po' contenti devono vivere intensamente l'attimo senza pensare al dopo, pena rovinare tutto. Ma questo, come si sa bene, significa cedere alle proprie emozioni -positive-, quindi non ragionare e agire più d'impulso. Quest'ultimo aspetto potrebbe spiegare, in parte, le cose insensate che a volte accadono in ogni manifestazione che coinvolge molte persone, dove gli elementi che creano il gruppo e contribuiscono al momentaneo benessere, agiscono contro il volere della ragione.

Conclusioni non definitive.
I giovani, molto più spesso degli adulti e degli anziani, a parità di bisogno di protestare, protestano molto di più. E' naturale: il mondo di chi deve farsi una vita comincia con la creazione dell'immagine del proprio futuro. E siccome l'ignoto è la cosa che più spaventa, chi deve costruirsi il proprio futuro lotta contro tutti quelli che vogliono distruggerglielo. Che poi questa sia una volontà reale o immaginaria, beh, bisogna guardare meglio dentro la mente  umana per capirlo.



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