martedì 1 giugno 2010

Logica, paradossi e intuizioni. (1° parte)


Bertrand Russell e i misteri del pensiero umano.

È possibile che un linguaggio con parole dal significato univoco che compongono frasi dal significato univoco racchiuda in sé il paradosso?
La maggior parte dei paradossi o delle antinomie non ci creano problemi esistenziali, nel senso che possono inficiare un teorema o possono sembrar rendere una scelta indecidibile, però dal punto di vista della nostra capacità di proseguire l’azione e scegliere non sono così influenti. Noi siamo in grado di verificare che sono paradossi.
Ma con che facoltà ci riusciamo?
Voglio dire, è grazie allo stesso pensiero logico che li ha generati che noi scopriamo di essere di fronte a paradossi oppure c’è l’interferenza di qualche altro tipo di pensiero?
A  esempio, sarebbe possibile per un computer, che in definitiva può usare solo linguaggio e pensiero logici, accorgersi dell’indecidibilità di un assunto e quindi “decidere” che non  può essere risolto per quella via ma si deve utilizzare un sistema approssimato?

Bertrand Russell, di cui ricorreva il 18 maggio il 138° anniversario della nascita, formulò alcuni paradossi che demolivano quello che fu chiamato il programma logicista dei primi anni del secolo scorso, intrapreso per esempio da Frege, inteso a logicizzare tutta la matematica.
In particolare, per quanto riguardava la Teoria degli insiemi di Cantor, egli produsse questo paradosso (in realtà la definizione paradosso è inesatta e sarebbe meglio definibile, come per altri esempi, antinomia, ma, un po’ perché così è conosciuto e un po’ per semplificare la nomenclatura, userò qui paradosso con il significato di antinomia) :
Per la maggior parte gli insiemi (classi) che di solito prendiamo in considerazione non saranno elementi di se stessi: l’insieme dei numeri interi non è un numero intero, l’insieme delle nazioni non è una nazione, l’insieme delle donne francesi non è una donna francese. Ma l’insieme di tutto ciò che non è una donna francese è elemento di se stesso poiché non è una donna francese; così è per l’insieme degli insiemi, poiché è un insieme. Tuttavia, l’insieme di quegli insiemi che non sono elementi di se stesso è sia elemento di se stesso sia non elemento di se stesso.” [1]
Con quale parte del nostro ragionamento riusciamo a comprendere l’antinomia che bloccò il lavoro di Frege, anche se già pubblicato, al quale egli fece in tempo a aggiungere una postilla con le nuove scoperte di Russell, con la parte logica o con quella intuitiva?
In effetti, l’insieme degli insiemi che non sono elementi di se stesso non può appartenere a se stesso, altrimenti sarebbe un insieme che appartiene a se stesso, e per questo fatto di non potervi appartenere di fatto vi appartiene, generando una contraddizione.
Queste situazioni però sono in grado di sconvolgere solo un numero relativamente esiguo di persone, mentre la maggior parte, se pure comprende il problema, lo risolve con una scrollata di spalle. Quasi nessuno perde il sonno o vede stravolta la propria esistenza da questo genere di contraddizioni. Però molti, o quasi tutti, sono sconvolti da altri generi di contraddizioni.
Come reagiremmo se, improvvisamente, quello che credevamo certo e indubitabile risultasse a un certo punto malato di contraddizione?
Un esempio di quello che voglio dire, pur se ammantato di finzione, è quello relativo alle trasmissioni televisive del genere Scherzi a parte, in cui una vittima designata, solitamente un personaggio famoso, viene messo in mezzo con la complicità degli amici e parenti della vittima. Lo scherzo consiste nel mettere il malcapitato di fronte a una contraddizione: quello che riteneva saldo e stabile (come il povero Frege prima di un certo Russell e i poveri Russell e Whitehead prima di un certo Godel) un momento prima, crolla inesorabilmente come guidato da una malevola mano.
Ora, senza scomodare questo tipo di trasmissioni televisive, è facile osservare esempi di questo genere anche nella nostra vita di tutti i giorni, quando riteniamo che le condizioni in cui ci troviamo siano quelle solite e abituali e da noi perfettamente comprese, eppure c’è qualcosa che non funziona.
Alcuni esempi: infiliamo la chiave nella toppa e la chiave non gira, la guardiamo, è proprio la nostra, riproviamo, niente, estraiamo di nuovo, proviamo a guardare se c’è niente che ostruisce il passaggio, riguardiamo la chiave, intatta, ma che diavolo succede? Cribbio! Abbiamo sbagliato porta! La nostra è quella dopo.
Lo stato d’animo che sperimentiamo in situazioni in cui perdiamo i riferimenti abituali è composto di incredulità e confusione, e è un momento interessante dal punto di vista mentale perché si osservano all’opera due metodiche di conoscenza: una è la conoscenza abitudinaria e l’altra è la conoscenza orientata alle novità.
La conoscenza instaurata dalle abitudini è figlia del consolidamento per esperienza il quale si realizza principalmente nell’emisfero sinistro e basa la sua costanza su una memoria implicita che rende automatici i riferimenti.

I due emisferi.

Vorrei fare un piccolo excursus sulla memoria, tema importante ma ancora non perfettamente compreso. In generale si associa una diversa caratteristica ai due emisferi, quello destro e quello sinistro. Questo studio[2], per esempio, dimostra come nell’elaborazione di stimoli nuovi, inizialmente vi sia una maggiore attività nell’emisfero destro, quando lo stimolo rappresenta una novità, e in seguito la gestione passi all’emisfero sinistro.
Quest’altro lavoro[3] invece verifica come la direzione dello sguardo si orienti verso sinistra quando si è coinvolti in questioni emotive e/o stimoli spaziali e di come si orienti invece a destra per stimoli verbali, sottintendendo l’intervento dell’emisfero controlaterale rispetto al campo visivo. Una conseguenza possibile è anche che nell’elaborazione di attività che coinvolgono principalmente concetti, un ruolo importante sia svolto dalla componente fisico-spaziale degli eventi, a parziale dimostrazione della contiguità motorio-corporeo-simbolico.
Un altro lavoro[4], rileva come, in compiti verbali (comprensione metaforica, comprensione letterale, compito di decisione lessicale) siano coinvolte molte aree degli emisferi sinistro e destro, con quest’ultimo maggiormente interessato nella comprensione metaforica.
Un aspetto importante da sottolineare, però, è che entrambi gli emisferi sono attivi nell’elaborazione degli stimoli provenienti dall’ambiente, che possono lavorare contemporaneamente a cose diverse (come quando eseguiamo un compito implicito e dirigiamo l’attenzione a qualcos’altro), possono essere in competizione e possono sostenersi a vicenda nel rispondere a stimoli misti.
Infatti, rispetto alle situazioni standard in cui si effettuano questi esperimenti, il nostro cervello deve lavorare in un ambiente ricco di stimoli, per cui può capitare di dover eseguire un compito che richiede concentrazione e nello stesso istante essere distratto da eventi contemporanei che distolgono l’attenzione, ai quali si presterà tanta meno attenzione quanto più saranno abituali.

Il più è meno?

Però avere troppi distrattori non è conveniente.  Iyengar e Lepper (2000)[5] in quello che rappresenta ormai un classico, dimostrano come la maggior possibilità di scelta non sia sempre un preludio a una decisione. L’esperimento constatò questi fatti: in un banco di un supermercato gli sperimentatori sistemarono una volta 6 diversi vasetti di marmellate e un’altra 24 vasetti. In realtà la gente si fermava più spesso a osservare il banco di marmellate quando vi erano 24 vasetti (60% vs 40%) ma compravano di più quando la scelta era limitata a 6 (30% vs 3%).
Questo effetto può essere spiegato assumendo che siamo normalmente attratti dalle novità e dalla varietà, cosa per la quale può essere invocata una spiegazione filogenetica, essendo noi notoriamente onnivori, per cui siamo attirati maggiormente dalla quantità e diversità di stimoli. Però, se si tratta di scegliere, preferiamo farlo all’interno di un range più limitato, perché altrimenti l’operazione risulterebbe troppo dispersiva. A me sembra un effetto di quella che Gould chiamò exaptation, cioè una caratteristica adattiva come la ricerca della varietà del cibo che porta l’organismo a diversificare le fonti di nutrimento si manifesta come fattore motivante assoluto quando la varietà si presenta come mai farebbe in natura, esplodendo, per così dire, ma gettando il soggetto nell’impossibilità di scegliere.

Trasportato sul versante che analizziamo, e cioè l’utilizzo di un sistema di analisi cognitivo degli eventi, potrebbe spiegare la predilezione, nella vita di tutti i giorni, per un numero di spiegazioni dei fenomeni sì variato ma non eccessivamente, come invece è tipico di un’analisi logico formale di un evento.
Questa sorta di principio di scelta in un numero limitato di opzioni, e che quindi potrebbe essere inibita da un numero più elevato di opzioni, la si scorge anche nell’effetto prima-scelta, modo di decidere di esperti nei più disparati generi di sport, come dimostrano Johnson e Raab (2003).[6] Lo studio verifica che atleti di elite con grande esperienza, in situazioni di precisione-velocità, assumono intuitivamente per prima sempre la decisione migliore e che quanto più riflettono tanto più la decisione si degrada. Questo fatto mi sembra rappresentare un’analogia con la teoria della scelta: un insieme di memorie implicite relative al gesto tecnico e alla situazione di gara si presentano alla scelta dell’atleta, il quale deve operare in presenza di distrattori (pubblico, avversari, compagni ecc.).
Se il numero delle scelte a disposizione è troppo alto si cade nell’effetto vasetti di marmellata, quindi il numero di opzioni a disposizione deve essere limitato (il grafico di Fig. 1 mostra come si degradi velocemente la qualità con l’ordine cronologico e già alla quinta opzione il livello è notevolmente basso rispetto alla prima scelta, a dimostrazione di un range di scelta limitato, per ogni situazione).




                            


In più, il procedimento che porta alla scelta dell’opzione migliore non è frutto di un processo di pensiero sequenziale e ragionato, ma di una decisione immediata, quasi istintiva (si noti però che questa capacità di decidere “a naso” appartiene solo agli esperti, essendo dimostrato che gli inesperti traggono una scelta migliore da una più lunga riflessione): ora, indipendentemente da come sono state acquisite queste esperienze, sta di fatto che il processo che attiva la risposta migliore alla situazione non segue un percorso ragionato ma intuitivo, essendo diventate quelle conoscenze come un secondo patrimonio istintivo.
In più, vi è mai capitato di essere agitati, nervosi, emotivamente coinvolti o semplicemente di fretta? E avete verificato come in quel caso, specialmente l’ultimo, sia se dovevate eseguire un compito di precisione o comunque un compito normale ma in fretta, invece di eseguirlo meglio lo eseguivate peggio? Troppe scelte! La maggior parte dei circuiti motori inibisce l’ampiezza delle scelte: quando sono in circolo troppi neurotrasmettitori, stimolati dalla situazione stressante,  l’attività inibente, soprattutto del cervelletto, diminuisce, con la conseguenza di peggiorare l’esecuzione.

La differenza tra scelte ponderate e scelte intuitive balza agli occhi: quando la scelta ricade nell’ambito di conoscenze o esperienze del soggetto, la decisione intuitiva è la migliore. Però, se si tratta di affrontare una scelta in una situazione anomala, vale lo stesso principio valido per gli inesperti?
(continua)


[1] M. Clark, I paradossi dalla A alla Z, Raffaello Cortina Editore 2004.
[2] Aretz, Anthony J., PERCEPTUAL SKILL AND THE CEREBRAL HEMISPHERES, Human Factors and Ergonomics Society Annual Meeting Proceedings, VISUAL PERFORMANCE , pp. 1373-1377(5) 1992

[3] GE Schwartz, RJ Davidson, and F Maer, Right hemisphere lateralization for emotion in the human brain: interactions with cognition , (1975)  Science, Vol 190, Issue 4211, 286-288

[4] G. Bottini, R. Corcoran, R. Sterzi, E. Paulesu, P. Schenone, P. Scarpa, R. S. J. Frackowiak, and D. Frith, The role of the right hemisphere in the interpretation of figurative aspects of language A positron emission tomography activation study, Brain 1994 117: 1241-1253.
[5] Iyengar SS, Lepper MR., When choice is demotivating: can one desire too much of a good thing?, J Pers Soc Psychol. 2000 Dec;79(6):995-1006.
[6] Joseph G. Johnson, Markus Raab, Take The First: Option-generation and resulting choices, Organizational Behavior and Human Decision Processes, Volume 91, Issue 2, July 2003, Pages 215-229, ISSN 0749-5978, DOI: 10.1016/S0749-5978(03)00027-X.
(http://www.sciencedirect.com/science/article/B6WP2-48VTFFK-3/2/1c3f0475077d405acfc878d93548d622)

21 commenti:

  1. E' una scelta intuitiva da inesperta, in una situazione anomala (è un tantino tardino e sto per finire le sigarette che giammai mi capitò), ma scelgo di dirtelo = BRAVO!
    B

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  2. Io riassumo tutto questo esaustivo discorso con la tefonata di Berlusconi a Ballaro' ieri sera. C'e' tutto: soprattutto il paradosso.

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  3. me la sono persa, Felipe, ma comunque penso che ci sarà in rete, voglio proprio vederla.

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  4. Ha il pc fuori uso !!!! e io sto a lutto !!! :(((

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  5. http://www.youtube.com/watch?v=iDGAKOJsc24

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  6. B: GRAZIE!
    certo che finire le sigarette è un bel dramma...eh si!

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  7. Bravo, Pa. Un bell'articolo. Originale. A quando la seconda parte? Così mi porto tutto su Matem@ticaMente.

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  8. Grazie Anna, la seconda parte potrebbe essere pronta a breve, un paio di giorni, ma potrebbe non essere l'ultima, perchè l'argomento è sconfinato.

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  9. Ciao Paopasc ,sono onorata della tua visita nel mio blog ,spero che sia di tuo gradimento ,per quel poco che c'è.
    Mi fa piacere se mi aggiungi ai tuoi link ,ma andava bene comunque .
    c'è un legame forte tra quei due ...io posso fare ben poco .

    buona giornata

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  10. Sai Paolo, questi studi che spiegano tutto ciò che uno fa, che tolgono tutta la spiritualità ...a me viene voglia di dare una scrollata di spalle...perchè ci rendono talmente simili nei comportamenti da renderci diversi solo nei tratti somatici.
    Ciao.

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  11. eppure è così forte la volontà di sapere, Teo!

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  12. buona sera Paopasc, tutto ok ?
    .
    Sto cercando di capirci qualcosa ......... ripasso per rileggere ...... come al solito .
    .
    UN SALUTO .

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  13. A chi lo dici !!!! Sapessi com'è forte la mia volonta' di sapere !!! pero' poi se mi trovo davanti a chi non mi vuole far sapere ????
    come la mettiamo ???? :PPPP

    Evidentemente mi pensa (lui) percio' fa le comparsate . :PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPp

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  14. Sempre attivo tu, eh? Paolo ti saluto con tanto affetto e stima, ora devo scappare e nono posso leggere il tuo post, però stasera mi riserverò un oretta per leggerlo per benino. Stammi bene con affetto il conte!

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  15. salute Corvo.


    Cara cara cara Kicca: ...


    Ehilà Conte, si ritorna a postare? Bravo, dacci sotto!

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  16. Pur sapendo che è vero non c'è modo di convincere la logica che, in fondo, è illogica. Questo in soldoni lo potremmo battezzare "Il Paradosso della Logica".
    Il tuo blog è bello e pieno di riflessioni affascinanti, me lo linko, feedo e preferisco all'istante!

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  17. Sempre attivo tu, eh? Paolo ti saluto con tanto affetto e stima, ora devo scappare e nono posso leggere il tuo post, però stasera mi riserverò un oretta per leggerlo per benino. Stammi bene con affetto il conte!

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  18. http://www.youtube.com/watch?v=Gog5Mxnfk6s

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