Sentivo questa mattina su La7 (Omnibus) Civati (consigliere regionale lombardo quota Pd) chiedersi, tra le altre cose, come mai il Governo Monti non attuasse, come già sembrano aver fatto Germania e Regno Unito, accordi bilaterali con la Svizzera per tassare i capitali stranieri tedeschi e inglesi esportati in quel paese.
Mi sono andato a cercare se c'era qualcosa di ufficiale da parte del Governo in merito a questa questione e qualcosa ho trovato. Si tratta di un'interrogazione a risposta immediata al Ministro dell'Economia, di alcuni deputati dell'IdV [vedi Camera, All. A seduta 7 dic. 2011, box sotto] i quali si chiedono: come mai l'Italia non fa come Germania e Regno Unito che hanno stretto accordi bilaterali con la Svizzera per la tassazione (al 26,375%) dei capitali esportati illegalmente? A questo proposito citano un rapporto della Banca d'Italia la quale stima che l'esportazione di capitali italiani ammonterebbe a una cifra compresa tra 124 e 194 miliardi di euro (dei quali tra 82 e 130 in Svizzera) dai quali, se si potessero tassare con la vigente aliquota del 12,5%, potrebbero venire dai 10 ai 16 miliardi di euro.
DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, CAMBURSANO, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
efficaci misure di contrasto all'evasione fiscale sono possibili e praticate da altri Paesi europei;
risale a poche settimane fa l'annuncio di un nuovo accordo bilaterale tra Germania e Svizzera in materia di lotta all'evasione fiscale. In futuro, i redditi di cittadini tedeschi titolari di patrimoni illegalmente esportati in Svizzera saranno assoggettati a un'imposta anonima liberatoria del 26,375 per cento, pari all'aliquota in vigore in Germania (25 per cento), più il contributo di solidarietà tedesco;
per il passato si procederà in via forfetaria con un'aliquota tra il 19 e il 34 del valore dei patrimoni, in funzione del numero degli anni e dal variare dei depositi: la media è stata calcolata nel 25 per cento. Per quest'ultimo motivo le banche svizzere anticiperanno immediatamente alla Germania una somma di circa 2 miliardi di euro. I capitali potranno restare anonimi (ma potranno anche essere autodenunciati dagli interessati al fisco tedesco) e le richieste di informazioni in futuro dovranno essere documentate in modo specifico. A breve un accordo simile sarà siglato con il Regno Unito e poi con la Francia;
una riunione del G20 di qualche anno fa aveva individuato come obiettivo primario dei Paesi più industrializzati la lotta all'evasione fiscale nei confronti dei «paradisi fiscali». Nella cosiddetta «lista nera» vi erano allora, tra gli altri, il Principato di Monaco, il Liechtenstein, il Lussemburgo, Andorra, le Bermuda, Cipro, Malta e San Marino e molti altri. Ma non erano esenti alcuni Paesi dove, con la scusa del segreto bancario, si coprivano da sempre gli evasori, come la Svizzera e l'Austria. Alcuni di questi Paesi decisero, in seguito ai provvedimenti del G20, di mettersi in regola per passare alla «lista bianca» ed entrarono nella cosiddetta «lista grigia», con l'impegno a stipulare 12 accordi bilaterali e internazionali con i Paesi dell'Osce per poter essere a posto. Gli accordi dovevano prevedere la collaborazione contro l'evasione fiscale e obblighi di informazione su tutti coloro che detengono conti bancari;
mentre altri Paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito iniziarono a stipulare accordi, nulla si muoveva in Italia. E quando in occasione di un'audizione del ministro Tremonti, l'Italia dei Valori gli fece presente questo fatto, la sua risposta fu davvero sorprendente e lapidaria: «nessun Paese serio fa trattati con i paradisi fiscali»;
la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
a seguito del cosiddetto «scudo fiscale» del Governo Berlusconi-Tremonti, due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Si accolga per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero: in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130 miliardi di euro. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati (pur sulla base dell'attuale aliquota del 12,5 per cento) qualche cosa come tra 10,2 e 16,2 miliardi di euro;
ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con San Marino, con il risultato che, mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, con l'Italia possono essere molto evasivi -:
quali iniziative intenda porre in essere il Governo al fine di sottoscrivere accordi bilaterali sul modello del citato accordo tra Germania e Svizzera, con quest'ultimo Paese e gli altri «paradisi fiscali». (3-01965)
efficaci misure di contrasto all'evasione fiscale sono possibili e praticate da altri Paesi europei;
risale a poche settimane fa l'annuncio di un nuovo accordo bilaterale tra Germania e Svizzera in materia di lotta all'evasione fiscale. In futuro, i redditi di cittadini tedeschi titolari di patrimoni illegalmente esportati in Svizzera saranno assoggettati a un'imposta anonima liberatoria del 26,375 per cento, pari all'aliquota in vigore in Germania (25 per cento), più il contributo di solidarietà tedesco;
per il passato si procederà in via forfetaria con un'aliquota tra il 19 e il 34 del valore dei patrimoni, in funzione del numero degli anni e dal variare dei depositi: la media è stata calcolata nel 25 per cento. Per quest'ultimo motivo le banche svizzere anticiperanno immediatamente alla Germania una somma di circa 2 miliardi di euro. I capitali potranno restare anonimi (ma potranno anche essere autodenunciati dagli interessati al fisco tedesco) e le richieste di informazioni in futuro dovranno essere documentate in modo specifico. A breve un accordo simile sarà siglato con il Regno Unito e poi con la Francia;
una riunione del G20 di qualche anno fa aveva individuato come obiettivo primario dei Paesi più industrializzati la lotta all'evasione fiscale nei confronti dei «paradisi fiscali». Nella cosiddetta «lista nera» vi erano allora, tra gli altri, il Principato di Monaco, il Liechtenstein, il Lussemburgo, Andorra, le Bermuda, Cipro, Malta e San Marino e molti altri. Ma non erano esenti alcuni Paesi dove, con la scusa del segreto bancario, si coprivano da sempre gli evasori, come la Svizzera e l'Austria. Alcuni di questi Paesi decisero, in seguito ai provvedimenti del G20, di mettersi in regola per passare alla «lista bianca» ed entrarono nella cosiddetta «lista grigia», con l'impegno a stipulare 12 accordi bilaterali e internazionali con i Paesi dell'Osce per poter essere a posto. Gli accordi dovevano prevedere la collaborazione contro l'evasione fiscale e obblighi di informazione su tutti coloro che detengono conti bancari;
mentre altri Paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito iniziarono a stipulare accordi, nulla si muoveva in Italia. E quando in occasione di un'audizione del ministro Tremonti, l'Italia dei Valori gli fece presente questo fatto, la sua risposta fu davvero sorprendente e lapidaria: «nessun Paese serio fa trattati con i paradisi fiscali»;
la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
a seguito del cosiddetto «scudo fiscale» del Governo Berlusconi-Tremonti, due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Si accolga per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero: in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130 miliardi di euro. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati (pur sulla base dell'attuale aliquota del 12,5 per cento) qualche cosa come tra 10,2 e 16,2 miliardi di euro;
ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con San Marino, con il risultato che, mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, con l'Italia possono essere molto evasivi -:
quali iniziative intenda porre in essere il Governo al fine di sottoscrivere accordi bilaterali sul modello del citato accordo tra Germania e Svizzera, con quest'ultimo Paese e gli altri «paradisi fiscali». (3-01965)
La risposta del Governo arriva dal Ministro Giarda [vedi Resoconto stenografico seduta del 7 dic. 2011, box sotto] il quale sostanzialmente dice: non si può fare perchè questo contrasta con le normative comunitarie, come già evidenziato dal Commissario alla fiscalità Semeta, in quanto l'aliquota prevista (26,375%) sarebbe inferiore a quella prevista da un accordo della Comunità europea con la Svizzera, per la natura di condono o sanatoria dell'accordo e per la sovrapposizione con normative comunitarie cosa, quest'ultima, che potrebbe far scattare procedimenti di infrazione nei confronti di Germania e Gran Bretagna. Noto a margine che il rigore fiscale tedesco, l'osservazione pedissequa del Fiscal Compact e delle normative comunitarie in genere si scontrerebbe con la violazione di alcune normative di questo accordo bilaterale, tanto da promuovere un procedimento di infrazione. Viene quasi da pensare che la Germania voglia far legge (comunitaria) a sè.
DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione leggendo, per conto del Ministro dell'economia e delle finanze, il seguente testo.
Con l'interrogazione in esame viene richiesto di conoscere se il Governo intenda porre in essere, nei confronti della Svizzera o di altre giurisdizioni qualificabili come «paradisi fiscali», iniziative finalizzate a concludere accordi bilaterali sul modello dell'Accordo già stipulato dalla Svizzera con la Germania (analogo Accordo è stato, peraltro, stipulato con il Regno Unito, come rilevato).
Al riguardo valgono i seguenti elementi: gli Accordi firmati della Svizzera con la Germania e il Regno Unito, denominati Accordi di cooperazione nell'area della tassazione, non rientrano nella tipologia delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni ispirate al modello OCSE, ma sono, invece, basati sostanzialmente su di una sanatoria o condono per il periodo pregresso, mediante applicazione di un'imposta una tantum ai valori mobiliari non tassati nei Paesi di residenza dei contribuenti e collocati in Svizzera, e l'applicazione di un'imposta liberatoria, su base annuale per il futuro, che la Svizzera riverserà, in forma anonima, agli Stati di residenza, escludendo la possibilità di risalire all'identità dei contribuenti. Tali Accordi consentono, pertanto, il mantenimento del segreto bancario in Svizzera.
La natura degli Accordi in questione, oggetto anche di una recente forte presa di posizione contraria della Francia, ufficializzata dal Ministro del bilancio, signora Pécresse, sta sollevando numerose critiche e perplessità nelle sedi e nei dibattiti internazionali.
A livello comunitario la possibile incompatibilità degli Accordi firmati dalla Svizzera con la Germania e con il Regno Unito con la direttiva «risparmio» e con il vigente Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera in materia di tassazione del risparmio, è stata oggetto di una recente interrogazione dinanzi al Parlamento europeo, alla quale ha risposto il commissario alla fiscalità Semeta. Il commissario ha evidenziato, tra l'altro, le criticità che emergono dall'analisi provvisoria effettuata dai servizi della Commissione europea relative al livello della ritenuta prevista dall'Accordo svizzero-tedesco (il 26,37 per cento) in quanto inferiore al livello attuale (35 per cento) previsto dal richiamato Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera in materia di tassazione del risparmio e dalla natura liberatoria della ritenuta prevista dai citati Accordi bilaterali, che confligge con la natura di pagamento d'acconto della ritenuta applicata ai sensi dell'Accordo tra Unione europea e Svizzera.
Inoltre, poiché l'analisi provvisoria fin qui effettuata dalla Commissione fa ritenere che gli Accordi bilaterali in questione siano suscettibili di sovrapporsi ad aspetti già disciplinati, sia dalla citata direttiva dell'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, sia dal richiamato Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera nella stessa materia, il commissario alla fiscalità ha specificato che, nella misura in cui venga confermato che i menzionati Accordi bilaterali coprono aree di esclusiva competenza comunitaria, la Commissione europea considererà la questione in maniera molto seria e non esiterà ad intraprendere, ove necessario, le misure correttive del caso. Non viene esclusa, in sostanza, l'apertura di una procedura di infrazione.
I due Accordi bilaterali citati, essendo basati sul mantenimento dell'anonimato e, conseguentemente, del segreto bancarioPag. 23svizzero, non sono in linea con lo standard richiesto dall'OCSE in materia di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni. In sede OCSE è atteso, peraltro, prossimamente, l'esame dei due Accordi in questione.
Pare, infine, opportuno chiarire che le somme che le banche svizzere anticiperebbero, a titolo di acconto, alla Germania, non sarebbero pagate immediatamente, ma soltanto successivamente all'entrata in vigore dell'Accordo, prevista per il 2013.
Con l'interrogazione in esame viene richiesto di conoscere se il Governo intenda porre in essere, nei confronti della Svizzera o di altre giurisdizioni qualificabili come «paradisi fiscali», iniziative finalizzate a concludere accordi bilaterali sul modello dell'Accordo già stipulato dalla Svizzera con la Germania (analogo Accordo è stato, peraltro, stipulato con il Regno Unito, come rilevato).
Al riguardo valgono i seguenti elementi: gli Accordi firmati della Svizzera con la Germania e il Regno Unito, denominati Accordi di cooperazione nell'area della tassazione, non rientrano nella tipologia delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni ispirate al modello OCSE, ma sono, invece, basati sostanzialmente su di una sanatoria o condono per il periodo pregresso, mediante applicazione di un'imposta una tantum ai valori mobiliari non tassati nei Paesi di residenza dei contribuenti e collocati in Svizzera, e l'applicazione di un'imposta liberatoria, su base annuale per il futuro, che la Svizzera riverserà, in forma anonima, agli Stati di residenza, escludendo la possibilità di risalire all'identità dei contribuenti. Tali Accordi consentono, pertanto, il mantenimento del segreto bancario in Svizzera.
La natura degli Accordi in questione, oggetto anche di una recente forte presa di posizione contraria della Francia, ufficializzata dal Ministro del bilancio, signora Pécresse, sta sollevando numerose critiche e perplessità nelle sedi e nei dibattiti internazionali.
A livello comunitario la possibile incompatibilità degli Accordi firmati dalla Svizzera con la Germania e con il Regno Unito con la direttiva «risparmio» e con il vigente Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera in materia di tassazione del risparmio, è stata oggetto di una recente interrogazione dinanzi al Parlamento europeo, alla quale ha risposto il commissario alla fiscalità Semeta. Il commissario ha evidenziato, tra l'altro, le criticità che emergono dall'analisi provvisoria effettuata dai servizi della Commissione europea relative al livello della ritenuta prevista dall'Accordo svizzero-tedesco (il 26,37 per cento) in quanto inferiore al livello attuale (35 per cento) previsto dal richiamato Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera in materia di tassazione del risparmio e dalla natura liberatoria della ritenuta prevista dai citati Accordi bilaterali, che confligge con la natura di pagamento d'acconto della ritenuta applicata ai sensi dell'Accordo tra Unione europea e Svizzera.
Inoltre, poiché l'analisi provvisoria fin qui effettuata dalla Commissione fa ritenere che gli Accordi bilaterali in questione siano suscettibili di sovrapporsi ad aspetti già disciplinati, sia dalla citata direttiva dell'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, sia dal richiamato Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera nella stessa materia, il commissario alla fiscalità ha specificato che, nella misura in cui venga confermato che i menzionati Accordi bilaterali coprono aree di esclusiva competenza comunitaria, la Commissione europea considererà la questione in maniera molto seria e non esiterà ad intraprendere, ove necessario, le misure correttive del caso. Non viene esclusa, in sostanza, l'apertura di una procedura di infrazione.
I due Accordi bilaterali citati, essendo basati sul mantenimento dell'anonimato e, conseguentemente, del segreto bancarioPag. 23svizzero, non sono in linea con lo standard richiesto dall'OCSE in materia di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni. In sede OCSE è atteso, peraltro, prossimamente, l'esame dei due Accordi in questione.
Pare, infine, opportuno chiarire che le somme che le banche svizzere anticiperebbero, a titolo di acconto, alla Germania, non sarebbero pagate immediatamente, ma soltanto successivamente all'entrata in vigore dell'Accordo, prevista per il 2013.
Risposta sbigottita (condivisibile) di Donadi dell'IdV [vedi box sotto, resoconto cit.] che dichiara: ma se un anno fa il precedente Governo (Berlusconi) aveva consentito il rientro di capitali con un ridicolo 5% (e l'anonimato) senza che nessuna procedura di infrazione venisse attivata, che timori ha questo Governo attuale (Monti)? E in effetti, sembra alquanto strano l'invocazione degli obblighi comunitari solo quando fanno comodo. La stessa Germania, forse consapevole della lentezza dell'Unione nella definizione di normative stringenti con la Svizzera e bisognosa, come tutti, di risorse, ha preferito procedere di propria iniziativa, bypassando gli accordi comunitari. La cosa purtroppo è finita, per il momento, lì, ma un consiglio al Presidente del Consiglio mi sento di darlo: osi di più, servono soldi!
MASSIMO DONADI. Signor Presidente, signor Ministro, sono letteralmente sbigottito nel senso che, a parte la pressoché inintelligibilità del messaggio che lei ha letto, quello che pare di comprendere è che il vostro Governo non ha nessuna intenzione di attivarsi, così come hanno fatto Inghilterra e Germania, per cercare di recuperare i circa 100 miliardi di euro illecitamente trasferiti da italiani in Svizzera e che ancora oggi, nonostante lo scudo fiscale, lì si trovano.
Ci viene a raccontare che questo ci esporrebbe, in futuro, a un'ipotesi di infrazione da parte dell'Unione europea, quando il nostro Governo, un anno fa, ha varato uno scudo fiscale che prevede il pagamento di un ridicolo 5 per cento, garantendo ugualmente l'anonimato agli evasori che così se la cavavano. Mi sembra, tuttavia, che nessuna infrazione sia stata aperta nei confronti dell'Italia.
Chiedo scusa ma trovo le motivazione del Governo davvero offensive nei confronti dell'Italia, nel momento in cui voi chiedete agli italiani - non agli italiani, chiedo scusa e mi correggo -, ad una parte, sempre quella, lavoratori, pensionati, ad un ceto medio che è il più tassato d'Europa, di fare ancora sacrifici, di versare ancora sangue per risanare il bilancio dello Stato mentre vi rifiutate di andare a prendere i soldi degli evasori, dei criminali che hanno versato lì i loro ignobili proventi, rinunciando a qualcosa che, utilizzando non le aliquote tedesche ma le aliquote che noi chiediamo attualmente sulle transazioni finanziarie, ci porterebbe dai 12 ai 14 miliardi di euro pronta cassa, e applicando le aliquote tedesche addirittura ce ne porterebbe 30.
Credo che, se questa è la politica del Governo Monti, è sempre di più una politica che ci ha preso tutti in giro quando ha parlato di equità; ma di quale equità state parlando? L'«equità» che consiste nel tassare sempre di più i poveracci e di garantire sempre di più l'impunità non solo di chi i soldi li ha esportati all'estero ma magari anche di quelle banche che li hanno aiutati a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Ci viene a raccontare che questo ci esporrebbe, in futuro, a un'ipotesi di infrazione da parte dell'Unione europea, quando il nostro Governo, un anno fa, ha varato uno scudo fiscale che prevede il pagamento di un ridicolo 5 per cento, garantendo ugualmente l'anonimato agli evasori che così se la cavavano. Mi sembra, tuttavia, che nessuna infrazione sia stata aperta nei confronti dell'Italia.
Chiedo scusa ma trovo le motivazione del Governo davvero offensive nei confronti dell'Italia, nel momento in cui voi chiedete agli italiani - non agli italiani, chiedo scusa e mi correggo -, ad una parte, sempre quella, lavoratori, pensionati, ad un ceto medio che è il più tassato d'Europa, di fare ancora sacrifici, di versare ancora sangue per risanare il bilancio dello Stato mentre vi rifiutate di andare a prendere i soldi degli evasori, dei criminali che hanno versato lì i loro ignobili proventi, rinunciando a qualcosa che, utilizzando non le aliquote tedesche ma le aliquote che noi chiediamo attualmente sulle transazioni finanziarie, ci porterebbe dai 12 ai 14 miliardi di euro pronta cassa, e applicando le aliquote tedesche addirittura ce ne porterebbe 30.
Credo che, se questa è la politica del Governo Monti, è sempre di più una politica che ci ha preso tutti in giro quando ha parlato di equità; ma di quale equità state parlando? L'«equità» che consiste nel tassare sempre di più i poveracci e di garantire sempre di più l'impunità non solo di chi i soldi li ha esportati all'estero ma magari anche di quelle banche che li hanno aiutati a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Aggiornamento 30 aprile, ore 22:00. Durante la conferenza stampa del Consiglio dei Ministri, a domanda del giornalista Feltri del Fatto Quotidiano sul perchè l'Italia non stipuli un accordo bilaterale con la Svizzera sui capitali esportati (come Germania e Gran Bretagna), visto che la Commissione Europea ha espresso parere favorevole, il Presidente del Consiglio risponde che venuto meno il contrasto con le normative comunitarie, l'unica pregiudiziale ad aprire i negoziati con la Svizzera è data dal mancato rispetto del Canton Ticino degli accordi tra Italia e Svizzera sui lavoratori transfrontalieri. Questo venire meno del rispetto da parte del Canton Ticino è l'unico elemento che pregiudica la presa in considerazione dell'accordo bilaterale da parte del Governo italiano. Venuto meno questo pregiudizio potranno iniziare i negoziati.
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