giovedì 17 gennaio 2013

Sì della Cassazione a mantenere l'affidamento a una coppia omosessuale: alla ricerca delle evidenze scientifiche

Una recente sentenza della Cassazione, n. 601/2013, ha rigettato il ricorso di un padre sull'affidamento del figlio alla moglie che, nel frattempo, aveva iniziato una relazione con una donna. Nella sentenza si legge:
Alla base della doglianza del ricorrente [il padre, ndr] non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pre-giudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d'Appello ha preteso fosse specificamente argomentata.
La sentenza, indubitabilmente, farà discutere. Uno degli argomenti più forti portati dai cattolici a difesa delle loro convinzioni profonde è quello del diritto naturale del bambino ad avere un padre e una madre e non due padri o due madri, unito all'altro che è quello della naturalità del rapporto uomo-donna rispetto a ogni altro genere di rapporto sessuale.


Per evitare che quello del diritto naturale resti un argomento prettamente filosofico, sul quale magari ognuno esprime la sua opinione, che può essere valida quanto quella di qualunque altro, è bene analizzare sia gli aspetti normativi, in special modo internazionali, che quelli più prettamente scientifici.
Purtroppo, al di là di dichiarazioni di principi universali che difendono e tutelano l'istituzione famiglia, le carte internazionali non hanno previsto una più chiara specifica sul tipo di famiglia, essendo basate sulla consuetudine della famiglia eterosessuale. In questo senso America ed Europa non sono diverse: manca una definizione generale di famiglia che accolga anche le famiglie LGBT (Lesbian, gay, bisexual, and transgender) e ogni regolazione è lasciata al singolo Stato, mentre ad affrontare l'argomento con più convinzione vi sono associazioni come Human Rights CampaignNetwork of European LGBT Families Associations. Meglio va, per quanto riguarda la naturalità del comportamento omosessuale e il risultato delle adozioni a coppie gay, dal punto di vista scientifico, nel senso che la scienza ha fatto alcune scoperte che possono dare una base alla discussione.

Francesco Remotti, nella sua Lettera al papa, ricorda a pagina 175 che la naturalità del rapporto eterosessuale e l'innaturalità di quello omosessuale è stabilita una volta per sempre, almeno per i credenti,  dal Levitico "con un uomo non giacerai come si giace con una donna: è un abominio!" (Levitico 18-22) o nelle Lettere ai Romani (1, 26-27) di Paolo di Tarso, che definisce l'omosessualità contro natura. Da quel momento, per i cristiani, rimane il segno perenne del contra naturam, affermazione tanto perentoria quanto, chiaramente, senza nessuna base scientifica.
Ma le basi per non definire contro natura il comportamento omosessuale, come vedremo, esistono, e questo dimostra che l'atteggiamento della chiesa nei confronti dell'omosessualità è il frutto di un pregiudizio atavico senza spiegazione che, come per molte cose inspiegabili, si fa prima ad accettare supinamente che tentare di comprendere.
Al di là delle annose discussioni filosofiche sulla più o meno naturalità di ogni tipo di famiglia considerata, anche qui è obbligatorio  osservare i risultati della scienza, tanto per far intervenire nel dibattito qualche dato concreto. In questo caso specifico, cioè adozioni da parte di coppie omosessuali, esiste una discreta letteratura scientifica. Una recente pubblicazione ha preso in esame l'andamento di una serie di adozioni da parte di copie etero e omosessuali, portando a risultati sovrapponibili per quanto riguarda alcuni parametri  presi in considerazione.

Contro natura? L'asserzione più forte che fanno i paladini della naturalità del rapporto eterosessuale è che quello omosessuale è contro natura. Per verificare questa affermazione così categorica biologi ed etologi si sono messi ad osservare quel giudice inappellabile che è la natura stessa, per verificare la veridicità di questa convinzione tanto radicata. Ebbene, prima Giorgio Celli nel 1972, con un libro definito pionieristico da Remotti, ha verificato la presenza di comportamenti sessuali ambivalenti in una nutrita serie di animali, per spiegare i quali proponeva l'ipotesi che l'omosessualità avesse una funzione di controllo demografico; poi il monumentale lavoro del biologo Bruce Bagemihl che nel 1999 pubblicava uno studio durato un decennio dal quale risultava che almeno 450 specie di mammiferi e uccelli presentano sicuramente un comportamento omosessuale. Sulla stessa linea, conferire cioè la mai posseduta naturalità al comportamento omosessuale, si trovano una mostra sull'omosessualità tra gli animali organizzata, tra il 2006 e il 2007 dal Museo di Storia Naturale dell'Università di Oslo e un documentario,  Out in nature, uscito nel 2001.
Rileva però giustamente Remotti che lo spostamento eccessivo sulla naturalità del comportamento omosessuale, così diffuso tra gli animali, corre il rischio di far muovere l'accusa da comportamento contro natura a comportamento bestiale. E' agevole osservare che contro i pregiudizi lasciati sedimentare spesso ragione non vale. A questa accusa Bagemihl risponde con un capitolo dedicato alla funzione non riproduttiva del sesso, dal titolo Non per procreare soltanto: la riproduzione alla periferia della vita. E', in definitiva, la complessità della vita che emerge: così come la selezione naturale ha avuto bisogno di essere affiancata da altri tipi di selezione, come quella sessuale, per spiegare al meglio la dinamica della vita, così il comportamento sessuale, probabilmente,  non si esaurisce nella sola funzione riproduttiva.

Fattori genetici. Ma non è finita qui, spuntano anche dei fattori genetici. Un lavoro del 2009 dello psicologo Andrea Camperio Ciani [Iemmola e Camperio Ciani 2009] rafforza una tesi già mostrata [Camperio Ciani et al. 2004] che l'omosessualità maschile sia legata a un aumento della fecondità femminile della linea materna. Punto di partenza è la verifica se il permanere dell'omosessualità, nonostante sia un comportamento non adattivo, contraddica le teorie della selezione naturale di Darwin. Il risultato mostrato da questa come da altre ricerche è che appunto non vi è contraddizione perchè le femmine delle linee materne degli omosessuali vedono aumentata la loro fecondità  legata al cromosoma X, che promuove la fecondità nelle femmine e, nello stesso tempo, l'omosessualità nei maschi. Nello studio è stato osservato l'albero genealogico di maschi sopra i 18 anni di età omosessuali ed eterosessuali, verificando in entrambi i lavori che, nelle femmine della linea materna degli omosessuali, come sorelle, cugine, zie e  madri, era presente un maggior tasso di fecondità, legato al braccio lungo del cromosoma X, che nei maschi viene appunto trasmesso dalla madre. In sostanza, questo stesso gene presente sul cromosoma X farebbe aumentare la fecondità delle femmine della linea materna e nei maschi sarebbe un induttore di omosessualità. In questo modo la caratteristica si manterrebbe nonostante la presenza dell'omosessualità, appunto perchè caratteristica adattiva nei confronti delle femmine, sulle quali agisce aumentandone la fecondità.

Famiglie omosessuali e adozione. Ancora ieri, Mario Monti su Sky diceva  no ai matrimoni  gay. Se è no ai matrimoni è ovviamente più che no alle adozioni. Ma, appoggiare questa propria opinione sulla convinzione che il rapporto omosessuale sia contro natura è sbagliato, perchè il rapporto omosessuale, come visto, è ben presente in natura. Basare il proprio convincimento sui costumi e le abitudini di un popolo, di una o di molte società, è pure sbagliato, perchè ricordo che in America era consuetudine avere gli schiavi, in Italia prima della fine della seconda guerra mondiale era consuetudine non far votare le donne e così via, di abitudine in abitudine, la storia delle società umane è -fortunatamente- piena di costumi che sono stati cambiati con il tempo. Dunque che rimane?
Pensare, per esempio, che un bambino adottato da una coppia omosessuale cresca male. Pure su questo la scienza può dire qualcosa, anche se contro fanatismi e integralismi può poco, verificando sul campo i risultati.
Per esempio, in questo recente studio [Lavner et al. 2012] 82 bambini ad alto rischio, per precedente esposizione prenatale a sostanze, complicazioni alla nascita, parto prematuro, adozioni multiple, adozione tardiva, abuso o abbandono,  dati in adozione a coppie eterosessuali e omosessuali, sono stati seguiti per verificare lo sviluppo cognitivo e comportamentale  a 2, 12 e 24 mesi, nelle due differenti condizioni. Tra il primo controllo e l'ultimo, il punteggio cognitivo dei bambini, in entrambe le condizioni, è passato da sotto la media alla media.

Dei nove parametri controllati solo in un caso vi è una differenza tra famiglie omosessuali e famiglie eterosessuali e riguarda l'interiorizzazione (legata a disturbi di tipo ansioso o depressivo) nel primo controllo a due mesi, in cui i bambini delle famiglie omosessuali avevano meno problemi legati a questo aspetto. In sostanza il risultato è sovrapponibile nei due tipi di famiglie:
the most important implication of our findings is that, on average, children in both heterosexual and gay and lesbian households achieved significant gains in their cognitive development and maintained stable levels of behavior problems that were not clinically significant in the first 2 years postplacement.
Un ultimo aspetto, favorevole all'adozione da parte di coppie gay è che, nonostante ci fossero più differenze etniche con i bambini  e che i bambini adottati dagli omosessuali provenissero da un ambiente più a rischio, rispetto a quanto avveniva alle coppie eterosessuali, i risultati dal punto di vista comportamentale e cognitivo erano simili a quelli delle coppie eterosessuali. Questo, secondo i ricercatori,  potrebbe indicare che le famiglie omosessuali sono più aperte alla diversità -etnica o di provenienza- dei bambini adottati:
One possibility is that gay and lesbian parents are simply more open to diversity in all forms and thus are willing to take children with higher levels of background risk and who are of a different race.
Altri studi sono sulla stessa linea hanno contraddetto l'opinione comune che un padre e una madre sono genitori migliori di due madri o due padri [Farra et al. 2010; Biblarz & Stacey 2010], verificando che non c'è nessuna abilità parentale esclusiva di un sesso, con l'eccezione della lattazione. Ovviamente si potrà dire che sono necessari ulteriori conferme e studi, il che può anche essere vero, ma negare di base la possibilità di adozione da parte di coppie omosessuali sembra essere una drammatica discriminazione figlia del pregiudizio.
Vi lascio con alcuni video. Questo è tratto da una puntata di Superquark del 2007 sull'omosessualità.



Quest'altro è tratto dal Tgr Leonardo del 2009 sull'omosessualità nel mondo animale.




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Justin A. Lavner, Jill Waterman, and Letitia Anne Peplau, Can Gay and Lesbian Parents Promote Healthy Development in High-Risk Children Adopted From Foster Care?, American Journal of Orthopsychiatry 2012   Vol. 82, No. 4, 465–472

Rachel H. Farra, Stephen L. Forssell & Charlotte J. Patterson,  Parenting and Child Development in Adoptive Families: Does Parental Sexual Orientation Matter? Applied Developmental Science Volume 14, Issue 3, 2010

Timothy J. Biblarz, Judith Stacey, How Does the Gender of Parents Matter? Journal of Marriage and Family Volume 72, Issue 1, pages 3–22, February 2010

Giorgio Celli, L'omosessualità negli animali, Longanesi 1972

Bruce Bagemihil, Biological exuberance. Animal homosexuality and natural diversity, St. Martins' Press 1999



image credit
phillygaylawyer.com
American Orthopsychiatric Association

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