Una delle cose che più mi interessano della questione extraterrestri, oltre chiaramente gli extraterrestri in sè, è l'aspetto psicologico legato alla questione stessa. Inteso cioè sia come spinta psicologica alla ricerca di intelligenze extraterrestri sia come effetto psicologico, e non solo, dell'eventuale contatto.
Il tema, del resto, non è stato tralasciato dagli studiosi del settore, che vi hanno dedicato numerosi lavori. Il fatto è pienamente comprensibile: vi è la necessità di crearsi una serie di idee riguardo gli alieni, tra cui come sono fatti, che intenzioni hanno, quale sarà l'effetto del contatto sulla gente, tutta una serie di domande alla quale i ricercatori hanno cercato di fornire una risposta.
Si tratta chiaramente di ipotesi, tranne i casi di valutazione della diffusione sperimentale di una pseudo notizia di contatto con gli alieni. Ma, cosa spinge le persone o i gli scienziati a cercare un contatto con forme di vita extraterrestri, come ce li immaginiamo questi extraterrestri e infine, come reagiremmo alla notizia di un contatto?
Come prima cosa, è giusto notare che molti di noi sono certamente più attratti dalla scoperta di forme di vita extraterrestri intelligenti che non da forme di vita più semplici. In secondo luogo, nell'immaginario collettivo gli ET sono sempre più intelligenti di noi e hanno una cultura scientifica nettamente più sviluppata.
L'impatto di una civiltà ET sui terrestri è giudicato da tutti come profondo [ed. Allen Tough, When SETI Succeeds: The Impact of High-Information Contact] e straordinario. Se ci pensiamo bene, questo fatto che il contatto con una civiltà ET sia da considerarsi alla stregua di un evento a dir poco eccezionale nasconde qualche insidia.
Sulla Terra ci sono 7 miliardi di persone. Anche ipotizzando di scartarne una metà perchè antipatici, e immaginando di conoscerne dieci al giorno, in tutta una vita di nuovi incontri noi potremmo fare la conoscenza di 300 massimo 400 mila persone. A patto, come detto, di incontrare ogni giorno almeno una decina di persone nuove. Ce n'è per almeno 1000 vite . Anche ipotizzando che le persone interessanti da conoscere siano una su mille, sono sempre migliaia di volte più di quelle che potremo mai conoscere. A meno di non considerare la conoscenza di più di mille individui al giorno, ma quella non sarebbe più nè conoscenza nè vita.
Perchè allora sentire la necessità di conoscere qualcuno al di fuori del nostro pianeta, quando non ne conosciamo neanche 1 milionesimo all'interno del nostro? Questa caratteristica è probabilmente legata allo stato culturale in cui si trova una civiltà. E' difficile credere che le civiltà precolombiane aspettassero con impazienza l'arrivo di una civiltà umana superiore alla loro. Forse potevano aspettare l'arrivo di una divinità oppure saranno rimasti sorpresi dall'arrivo di umani mai visti prima e nemmeno immaginati, ma di sicuro non li aspettavano e avranno compreso con il tempo quanto quell'arrivo sarebbe stato per loro distruttivo. Del resto, fino a un certo punto della storia umana l'evidenza storica suggerisce che nell'incontro di due civiltà la meno evoluta soccombe, a meno che la più progredita non abbia raggiunto un certo standard di evoluzione culturale. Per esempio,ai nostri giorni è difficile immaginare uno qualsiasi dei paesi membri dell'Unione Europea partire alla conquista coloniale di un altro paese. Sì, lo so, state pensando per esempio a quello che è successo nei mesi passati con la Libia e come i paesi europei si siano catapultati a liberare il popolo libico con l'intento di accaparrarsi commesse industriali, e quindi mi state dicendo che questa regola non è sempre valida, forse, oppure non è valida per niente.
Non avreste tutti i torti. Le civiltà, per quanto evolute, e quella che viviamo è la più evoluta che conosciamo, non danno mai garanzie totali di rispettare alla lettera tutte le norme di diritto internazionale che si sono date. Del resto, nemmeno di un qualsiasi umano preso a caso c'è da fidarsi integralmente. Il punto essenziale però è questo: civiltà come quella europea e quella statunitense sono quelle alle quali facciamo riferimento quando immaginiamo un alto standard di civilizzazione, rispetto al quale è possibile dire che queste civiltà non autorizzeranno o attueranno mai gli obbrobri dei quali si sono macchiate le civiltà del vecchio continente quando scoprivano nuove terre.
Questo è per dire che, arrivati a un certo punto del proprio sviluppo, e dopo aver attraversato una serie di vicissitudini come la dittatura, una civiltà diventa abbastanza matura da essere protettiva nei confronti di quelle civiltà meno evolute, e perciò più vulnerabili. A questo punto chi, consapevolmente o meno, è portatore sano di questi pensieri è portato ad estenderli a un'ipotetica civiltà più evoluta della sua: immagina, cioè, che quello che lui pensa nei confronti delle civiltà etniche le civiltà ET, più evolute, penseranno della sua.
E' un'analogia che presenta sempre dei rischi anche se quello che si osserva nella storia dell'umanità è che le nazioni più potenti, se passate attraverso periodi turbolenti, dopo esserne uscite possono acquisire uno status di civiltà che noi definiamo più evoluto, intendendo con questa espressione il rispetto nei confronti delle civiltà più deboli.
La questione è tutta lì. Nessuno si sogna di difendere la Cina che, per quanto tecnologicamente ed economicamente in un corso di super sviluppo, dal punto di vista eminentemente politico e civile è da considerarsi meno evoluta. Nessuno lo fa perchè pur essendo meno evoluta dal punto di vista culturale non è affatto debole, e la reazione protettiva avviene solo nei confronti della civiltà debole, che molto spesso è meno evoluta in ogni sua parte.
Ma non tutti immaginano gli ET in maniera positiva. Sceneggiatori e scrittori di fantascienza, per esempio, con rare eccezioni, li immaginano come violenti e conquistatori, proiettando chiaramente le gesta dei conquistatori coloniali antichi e moderni. Ma lo fanno, spesso, per esigenze di copione: un film o un libro senza buoni e cattivi ben definiti e contrapposti potrebbe avere scarso successo al botteghino. Ma gli scienziati cosa pensano? C'è chi ritiene che, un po' come accade sul nostro pianeta, alla fine le nazioni con regimi dittatoriali siano una minoranza ed estende questa considerazione alle civiltà ET [A. Harrison e S. Dick, Contact: Long-Term Implications for Humanity, in When SETI Succeeds, cit.].
A third common assumption is that ETI’s civilization will be stable. It will not have succumbed to runaway technology, environmental disasters, or war. Many people expect ET to have full control of its technology, show sensitivity to its environment, and,as we shall see, to be peaceful.[A. Harrison e S. Dick, cit.]
Noi, inconsapevolmente, immaginiamo le civiltà ET come se avessero superato, oppure mai conosciuto, tutte le tristi vicende che hanno conosciuto le civiltà umane, in poche parole le idealizziamo. Questo idealizzare laico è un diretto discendente dell'idealizzare spirituale o religioso: prima erano dio o gli dei, poi sono diventati gli ET, ma sempre di esseri perfetti o quasi si tratta.
Presupposto di questa idealizzazione è che siano nettamente superiori a noi, culturalmente e tecnologicamente, e questa è la condizione essenziale per poterli immaginare benevolenti nei nostri confronti. Ma, un altro errore che si commette spesso, anche nei confronti del mondo animale qui sulla Terra, è quello di antropomorfizzare gli altri, alieni o animali che siano. Nulla ci dice che gli ET siano simili a noi e che, di conseguenza, abbiano una morale e un modo di pensare agli altri simile al nostro.
Come sono fatti gli alieni? A questo proposito, Harrison e Dick affermano che vi sono, in linea generale, tre modi di pensare agli ET: produzione immaginativa, ingegneria inversa e principi di comportamento universali.
Come sono fatti gli alieni? A questo proposito, Harrison e Dick affermano che vi sono, in linea generale, tre modi di pensare agli ET: produzione immaginativa, ingegneria inversa e principi di comportamento universali.
Il modo della produzione immaginativa riflette i desideri e le paure di chi pensa agli ET. Come abbiano visto, molti pensano agli ET come a una civiltà superiore e benevolente, pronta ad aiutare i terrestri oppure, in maniera diametralmente opposta, maldisposta e pronta a conquistarci. In entrambi i casi, bene e male hanno la parte principale nella rappresentazione, come proiezione dei nostri desideri. In queste righe che seguono, Michael Michaud tratteggia i principali aspetti psicologici del modo di pensare agli ET:
In our thinking about alien intelligence, we reveal ourselves. We are variously hostile, intolerant, hopeful, naïve: influenced by science fiction, we see the aliens as implacable, grotesque conquerors, or as benign, altruistic teachers who can save us from ourselves. Usually we think of them as superior to us in some way: either their miraculous but malevolently applied technology must be overcome by simpler virtues, or we must accept them as gods who will raise humanity from its fallen condition. Here we display fear, insecurity, wishful thinking, defeatism, even self-loathing, everything but the calm maturity appropriate for our emergence into the galactic community. We are not ready.
Il modo dell'ingegneria inversa è, rispetto a quello della produzione immaginativa, molto più razionale. Si basa su una serie di considerazioni sulle forme di vita aliene e sul modo di rilevarle. Si potrebbe ipotizzare, in linea di principio, che un'intelligenza aliena possa assumere ogni forma: una nube di gas, una coscienza fluttuante, un mostro. Ma, in considerazione dei sistemi di rilevamento che abbiamo, dobbiamo per forza escludere alcune forme. A quel punto sono proprio i sistemi di indagine che, in qualche modo, fanno gli ET e li definiscono: siccome li cerchiamo con questi strumenti, se li troviamo devono essere fatti come creature in grado di captare e dare importanza ai nostri messaggi. Questo, in teoria, dovrebbe restringere il campo delle possibili forme assunte dagli ET.
Il terzo modo di pensare agli ET si basa su un'analogia: se esistono principi generali in fisica e in biologia, avvalorati dalle scoperte scientifiche, perchè non dovrebbero esistere principi di comportamento universali? Su questa base, non solo è possibile ipotizzare dei comportamenti che appartengono un po' a tutti i viventi ma anche una forma e un metabolismo. Insomma, si tratta di pensare alla Terra come a una specie di laboratorio intergalattico nel quale sono presenti, in nuce, tutte le leggi fisiche, quelle biologiche e quelle comportamentali.
Come si vede, ogni modo presenta carenze e punti di forza. Un modo leggermente superiore di pensare agli alieni è forse quello di utilizzarli tutti e tre. Ma nulla ci può dire, per ora, quanto siamo vicini o lontani alla realtà. Una cosa comunque più sicura, anche se non di molto, è il ritenere gli ET molto più avanzati di noi. Ray Norris ha calcolato che, in media, una civiltà ET potrebbe avere due miliardi di anni di civilizzazione più di noi. Questo la porrebbe a una distanza culturale abissale da noi. L'ipotesi è sostenibile solo se sono gli ET a rispondere a un nostro segnale inviato nello spazio e a stabilire un contatto con noi. Se cioè la possibilità di contatto a distanza o ravvicinato appartiene solo a loro.
Ma quali sarebbero gli effetti psicologici di un contatto con gli ET? Vi è chi ritiene che l'umanità rappresenti uno scenario molto valido per fare esperienza su come trattare gli alieni. Vi sono stati, per esempio, gli esperimenti di Orson Welles, con la sua Guerra dei Mondi, che rappresenta uno dei pochissimi esperimenti reali dei possibili effetti del contatto, oppure vi sono i parti dell'immaginazione di scrittori e registi. Sta di fatto che, sia perchè esiste una vulgata popolare in tal senso sia perchè ufficialmente non è mai stato stabilito nessun contatto, molti credono che se anche un contatto ci fosse stato i Governi lo potrebbero tenere segreto.
Secondo Allen Tough [A critical examination of factors that might encourage secrecy] esistono sette fattori che potrebbero incoraggiare le autorità a tenere celato un eventuale contatto con gli ET.
Panico. In realtà, secondo l'autore, le ragioni alla base della convinzione che la comunicazione di un contatto con gli alieni possa generare panico e rivolte è poco convincente.Le attuali conoscenze che si hanno in campo sociologico, sorrette da qualche esperimento in tal senso, probabilmente indicano che il panico non è un pericolo reale. Come seconda cosa, nota che la gente è già a conoscenza del fatto che potrebbero esistere degli ET là fuori anzi, alcuni credono che esistono certamente, e questo non li turba minimamente. Forse un messaggio con intenti minacciosi potrebbe scatenare paure e ansia ma di sicuro, un atteggiamento aperto da parte delle autorità sarebbe in grado di moderare le risposte ansiose. Fornire informazioni continuamente e in maniera accurata è il modo migliore per evitare isterismi e rivolte. Del resto, l'America ha sperimentato una cosa simile, pur se scatenata da altri tipi di alieni, l'11 settembre.
Impatto sulla cultura. Un altro motivo di segretezza potrebbe provenire dal pericolo che un messaggio alieno possa avere effetti distruttivi sulla nostra cultura, da quella umanistica a quella scientifica, per finire con la religione. In questo caso i confini del dibattito sono piuttosto sfumati. Da una parte vi è chi potrebbe ritenere che un contatto con gli ET porterebbe a far collassare le credenze religiose o stimolare pensieri apocalittici e fondamentalistici. In realtà le dinamiche della credenza religiosa contengono al loro interno sufficiente elasticità da digerire quasi tutto, compresi gli alieni, e alcune, a detta dell'autore, l'hanno già fatto. Anche la cultura scientifica non sarebbe annichilita dagli ET: la scienza è basata sul continuo progresso e nuove scoperte sostituiscono quelle più vecchie, senza che nessuno ne muoia anzi, dando lavoro agli storici della scienza. Per cui, anche sotto questo versante, i timori si rivelano infondati.
Vergogna. Ecco forse uno dei motivi che più di altri hanno giustificazione psicologica. Dico più di altri, anche se pur sempre con un piccolissimo margine di probabilità perchè la posta in palio è troppo alta. Chi riceve o capta il messaggio proveniente dagli alieni potrebbe tacerne la ricezione per tema di una burla, di un errore, di fare insomma brutta figura. Credibile, dal punto di vista umano, ma non se si considera, come detto, la posta in palio. Chiunque si accorga di una anomalia, di una parvenza di segnale, di una minima possibilità di trovarsi davanti a qualcosa di insolito dovrebbe, e sicuramente così farebbe, comunicarlo subito alla comunità SETI e lasciare che anche altri possano osservare il segnale e lavorarci sopra. E' facile credere che avverrebbe proprio così e che l'effetto al lupo al lupo non sarebbe un deterrente efficace.
Competizione. Vi è chi ritiene che l'estrema competizione che esiste in molti settori dell'umana attività, ivi compreso il mondo scientifico, potrebbe far decidere chi rileva per primo un messaggio alieno di tenerlo segreto, per meglio sfruttarne le possibilità intrinseche. Ma questo, obietta l'autore, sarebbe ipotizzabile solo per un beneficio nel medio periodo, perchè nel breve periodo il beneficio maggiore sarebbe comunicare al mondo la scoperta. Ritardare la comunicazione, magari dopo aver decifrato il messaggio e aver localizzato la provenienza, porterebbe più fama della semplice comunicazione di aver scoperto un segnale. Ma la comunità scientifica deve spesso ragionare sui lunghi periodi. Un segnale proveniente da una civiltà extraterrestre non è ipotizzabile come indirizzato a un ristretto gruppo di persone ma riguarda, chiaramente, l'intero pianeta. Non sono solo queste riflessioni a smontare questo timore ma anche l'osservazione che molto meglio di un piccolo gruppetto di studiosi l'intera comunità potrebbe contribuire a decifrare il messaggio e localizzare la provenienza. Non so se queste spiegazioni siano sufficienti a dissipare i dubbi sulla volontà dei primi scopritori di tenere segreta la scoperta di un segnale alieno, sta di fatto che non è molto credibile e non sarebbe giudicata favorevolmente nè dai colleghi nè dall'opinione pubblica.
Primi a rispondere. Un altro aiuto alla teoria della segretezza, che fa il paio con l'ipotesi della competizione, viene dalla possibilità che i primi scopritori avrebbero di rispondere al messaggio prima di tutti gli altri. Seppure come tesi sia perfettamente in linea con quello che conosciamo, per esempio nel mondo delle relazioni tra Stati o in economia, in questo caso risulta meno credibile. Se si cambia leggermente prospettiva e si immagina che a mettere le mani sul messaggio siano gruppi ideologizzati o fanatici, si potrebbe prospettare l'ipotesi che un tal genere di scopritori possa non aver remore nello sfruttare questa precedenza per trasmettere propri messaggi. Vi è chi, come Michael Michaud, ritiene che la prima risposta a un messaggio ET sia di fondamentale importanza, sia nella forma che nella sostanza. Fornire più di una risposta e da parte di soggetti diversi e avere un tono troppo aggressivo o troppo remissivo, potrebbe precluderci per sempre il prosieguo della comunicazione o scatenare risposte indesiderabili. Ecco quindi che, per evitare tutto questo, sembrerebbe consolidarsi l'ipotesi della segretezza. Una replica a queste considerazioni è che l'eventuale risposta ad un messaggio alieno la si potrebbe preparare prima tutti insieme oppure si potrebbe istituire una rete tra le varie strutture SETI, sotto il controllo di tre o quattro nazioni, alle quali competerebbero le successive decisioni. Tra tutte le teorie sul mantenimento del segreto sulla scoperta di un messaggio alieno è quella che pone gli interrogativi più pratici. Esiste un accordo transnazionale tra tutti i paesi del mondo in caso di ricezione di un tale segnale? Chi si occuperà di rispondervi, ammesso che più di un soggetto possa farlo? E cosa dirà? Attualmente l'unico organismo sovranazionale politico in grado di sostenere tale ruolo è l'Onu, anche se il peso delle nazioni che ne fanno parte è molto diverso e il blocco di quelle con potere di veto non ha sempre molti punti di contatto. Pure se la possibilità di ricevere un segnale da una civiltà ET è piuttosto remota, alcuni passi di quello che dovrebbe succedere dopo non sono per niente chiari.
Vantaggio militare. Se quella sopra era la teoria della segretezza con gli interrogativi più pratici questa è quella più credibile: vantaggi militari. Collegate alle strutture scientifiche spesso vi sono quelle militari. Quand'anche non fossero le agenzie militari sarebbero i governi: in fondo, da un contatto esclusivo e segreto con gli alieni potrebbero derivarne scoperte scientifiche traducibili in tecnologie mai viste, che potrebbero dare un incomparabile vantaggio militare a chi le possiede. Servizi segreti e agenzie di sicurezza varie monitorano costantemente ogni via di comunicazione alla ricerca di spie, intrusi o per scoprire i segreti delle altre nazioni. Perchè immaginare che un messaggio ET debba essere trattato diversamente? In fondo potrebbe trattarsi di una delle più ghiotte opportunità di prendere un vantaggio enorme su tutti gli altri, che è quello che le strutture citate sopra cercano di fare quotidianamente. Anche Tough riconosce a questo fattore un ruolo importante e ammette che è possibile che il contatto con una civiltà ET possa portare benefici tecnologici avanzati. Tanto la prende in considerazione, questa evenienza, da immaginare, come per l'ipotesi dei primi a rispondere, un paio di soluzioni per farvi fronte: accordo internazionale precedente ogni contatto e procedura SETI di diffusione di tutti i dati a livello globale. Rispetto alla prima soluzione vi è da notare che probabilmente l'unico modo per sperare che funzioni è la reciproca paura di ogni nazione di giungere seconda; in questo modo, rispetto all'incertezza di farsi sfuggire questa opportunità e magari di consegnarla a una potenza avversa è forse preferibile partire tutti dalla stessa posizione. Questa strategia non tiene conto dell'esistenza della volontà degli alieni di assecondare alcuni a scapito di altri e si focalizza solo sulla parte terrestre. Del resto, un accordo è anche facile da non rispettare, se si immaginano enormi prospettive di supremazia. Punterei di più a diffondere l'idea della difficoltà che alieni non aggressivi tendano a creare disparità così ampie tra le nazioni terrestri. Quanto all'ipotesi di un'ampia e repentina condivisione di tutti i dati sospetti è certamente buona e dovrebbe far normalmente parte della strategia generale degli abitanti del pianeta Terra, un po' come succede per la Stazione Spaziale Internazionale.
Cavallo di troia. Influenzato dal classico di Virgilio il think tank delle strategie militari o delle strategie tout court ha pensato pure agli stratagemmi in stile Ulisse (che del resto era un campione in tal senso). Per esempio, insieme al messaggio potrebbero giungere delle istruzioni tali da consentire, attraverso un cavallo di troia, il controllo dei computer, allo scopo di riprodurre gli alieni stessi. Per questo motivo i governi dovrebbero tenere segreto il messaggio. L'obiezione di Tough a questa ipotesi non è così forte. In realtà, con quello che possiamo immaginare attualmente, costruire qualcosa solo con i computer, senza intervento di strumenti fisici, non è facile, perciò potrebbe esserci tutto il tempo di accorgersi di eventuali anomalie. Il limite di questa considerazione è dato però dal limite delle nostre conoscenze, anche in tema di composizione e forma di una vita aliena. In linea generale è sempre possibile che una civiltà ipotizzata così superiore a noi possa inserire un virus nelle nostre reti per sfruttare in seguito questa debolezza. Ma questa ipotesi sembra troppo azzardata per due motivi: se gli ET sono così superiori a noi da infettare i nostri computer con un virus senza che ce ne accorgiamo a che gli serve agire così subdolamente? Probabilmente sono così tecnologicamente più avanzati di noi da non aver bisogno di questi mezzi. Secondo, anche se si isolasse il messaggio chi ci assicura che, proprio per la loro estrema superiorità tecnologica, non riescano comunque a diffonderlo e ad impadronirsi degli strumenti fisici che ritengono necessari? No, l'ipotesi del cavallo di troia regge se gli ET sono malevoli e non così superiori a noi dal punto di vista scientifico. In questo caso, però, è probabile che qualcuno, computer o umano che sia, si accorga dell'attacco.
Primi a rispondere. Un altro aiuto alla teoria della segretezza, che fa il paio con l'ipotesi della competizione, viene dalla possibilità che i primi scopritori avrebbero di rispondere al messaggio prima di tutti gli altri. Seppure come tesi sia perfettamente in linea con quello che conosciamo, per esempio nel mondo delle relazioni tra Stati o in economia, in questo caso risulta meno credibile. Se si cambia leggermente prospettiva e si immagina che a mettere le mani sul messaggio siano gruppi ideologizzati o fanatici, si potrebbe prospettare l'ipotesi che un tal genere di scopritori possa non aver remore nello sfruttare questa precedenza per trasmettere propri messaggi. Vi è chi, come Michael Michaud, ritiene che la prima risposta a un messaggio ET sia di fondamentale importanza, sia nella forma che nella sostanza. Fornire più di una risposta e da parte di soggetti diversi e avere un tono troppo aggressivo o troppo remissivo, potrebbe precluderci per sempre il prosieguo della comunicazione o scatenare risposte indesiderabili. Ecco quindi che, per evitare tutto questo, sembrerebbe consolidarsi l'ipotesi della segretezza. Una replica a queste considerazioni è che l'eventuale risposta ad un messaggio alieno la si potrebbe preparare prima tutti insieme oppure si potrebbe istituire una rete tra le varie strutture SETI, sotto il controllo di tre o quattro nazioni, alle quali competerebbero le successive decisioni. Tra tutte le teorie sul mantenimento del segreto sulla scoperta di un messaggio alieno è quella che pone gli interrogativi più pratici. Esiste un accordo transnazionale tra tutti i paesi del mondo in caso di ricezione di un tale segnale? Chi si occuperà di rispondervi, ammesso che più di un soggetto possa farlo? E cosa dirà? Attualmente l'unico organismo sovranazionale politico in grado di sostenere tale ruolo è l'Onu, anche se il peso delle nazioni che ne fanno parte è molto diverso e il blocco di quelle con potere di veto non ha sempre molti punti di contatto. Pure se la possibilità di ricevere un segnale da una civiltà ET è piuttosto remota, alcuni passi di quello che dovrebbe succedere dopo non sono per niente chiari.
Vantaggio militare. Se quella sopra era la teoria della segretezza con gli interrogativi più pratici questa è quella più credibile: vantaggi militari. Collegate alle strutture scientifiche spesso vi sono quelle militari. Quand'anche non fossero le agenzie militari sarebbero i governi: in fondo, da un contatto esclusivo e segreto con gli alieni potrebbero derivarne scoperte scientifiche traducibili in tecnologie mai viste, che potrebbero dare un incomparabile vantaggio militare a chi le possiede. Servizi segreti e agenzie di sicurezza varie monitorano costantemente ogni via di comunicazione alla ricerca di spie, intrusi o per scoprire i segreti delle altre nazioni. Perchè immaginare che un messaggio ET debba essere trattato diversamente? In fondo potrebbe trattarsi di una delle più ghiotte opportunità di prendere un vantaggio enorme su tutti gli altri, che è quello che le strutture citate sopra cercano di fare quotidianamente. Anche Tough riconosce a questo fattore un ruolo importante e ammette che è possibile che il contatto con una civiltà ET possa portare benefici tecnologici avanzati. Tanto la prende in considerazione, questa evenienza, da immaginare, come per l'ipotesi dei primi a rispondere, un paio di soluzioni per farvi fronte: accordo internazionale precedente ogni contatto e procedura SETI di diffusione di tutti i dati a livello globale. Rispetto alla prima soluzione vi è da notare che probabilmente l'unico modo per sperare che funzioni è la reciproca paura di ogni nazione di giungere seconda; in questo modo, rispetto all'incertezza di farsi sfuggire questa opportunità e magari di consegnarla a una potenza avversa è forse preferibile partire tutti dalla stessa posizione. Questa strategia non tiene conto dell'esistenza della volontà degli alieni di assecondare alcuni a scapito di altri e si focalizza solo sulla parte terrestre. Del resto, un accordo è anche facile da non rispettare, se si immaginano enormi prospettive di supremazia. Punterei di più a diffondere l'idea della difficoltà che alieni non aggressivi tendano a creare disparità così ampie tra le nazioni terrestri. Quanto all'ipotesi di un'ampia e repentina condivisione di tutti i dati sospetti è certamente buona e dovrebbe far normalmente parte della strategia generale degli abitanti del pianeta Terra, un po' come succede per la Stazione Spaziale Internazionale.
Cavallo di troia. Influenzato dal classico di Virgilio il think tank delle strategie militari o delle strategie tout court ha pensato pure agli stratagemmi in stile Ulisse (che del resto era un campione in tal senso). Per esempio, insieme al messaggio potrebbero giungere delle istruzioni tali da consentire, attraverso un cavallo di troia, il controllo dei computer, allo scopo di riprodurre gli alieni stessi. Per questo motivo i governi dovrebbero tenere segreto il messaggio. L'obiezione di Tough a questa ipotesi non è così forte. In realtà, con quello che possiamo immaginare attualmente, costruire qualcosa solo con i computer, senza intervento di strumenti fisici, non è facile, perciò potrebbe esserci tutto il tempo di accorgersi di eventuali anomalie. Il limite di questa considerazione è dato però dal limite delle nostre conoscenze, anche in tema di composizione e forma di una vita aliena. In linea generale è sempre possibile che una civiltà ipotizzata così superiore a noi possa inserire un virus nelle nostre reti per sfruttare in seguito questa debolezza. Ma questa ipotesi sembra troppo azzardata per due motivi: se gli ET sono così superiori a noi da infettare i nostri computer con un virus senza che ce ne accorgiamo a che gli serve agire così subdolamente? Probabilmente sono così tecnologicamente più avanzati di noi da non aver bisogno di questi mezzi. Secondo, anche se si isolasse il messaggio chi ci assicura che, proprio per la loro estrema superiorità tecnologica, non riescano comunque a diffonderlo e ad impadronirsi degli strumenti fisici che ritengono necessari? No, l'ipotesi del cavallo di troia regge se gli ET sono malevoli e non così superiori a noi dal punto di vista scientifico. In questo caso, però, è probabile che qualcuno, computer o umano che sia, si accorga dell'attacco.
Nonostante le buone obiezioni alle tesi della segretezza, e nonostante la scarsa conoscenza delle reali intenzioni di questa ipotetica civiltà ET, rimane qualche fondamento di dubbio per colpa dell'inaffidabilità degli umani. Tra errori, tradimenti e menzogne è sempre possibile ritardare un contatto o fare una brutta impressione a livello galattico, che è un modo di dire all'apparenza spiritoso ma ha il suo perchè. Per ora, forse l'unico fattore che gioca a favore di un possibile accordo internazionale è forse il poco credito accordato a un possibile segnale alieno, relegato tra le eventualità quasi nulle. Per altri versi, come già osservato, certe collaborazioni sembrano funzionare assai bene, come la ISS in orbita intorno alla Terra. Si noti, comunque, che il settore spaziale è proprio quello che raccoglie le più ampie collaborazioni tra nazioni, normalmente in forte competizione, per quel non so che di distante dalle umane preoccupazioni che ha l'esplorazione dello spazio.
Non si creda che queste poche righe esauriscano l'argomento. Sulle Philosophical Transaction, A. Harrison in Fear, pandemonium, equanimity and delight: human responses to extra-terrestrial life, cerca di delineare la risposta umana a un'intelligenza extraterrestre. Nessuno può farlo, chiaramente, perchè nessuno sa com'è fatto un extraterrestre. Stabilito questo, la domanda fondamentale è: quali strumenti abbiamo per predire le reazioni umane agli extraterrestri? E' la domanda che si fanno un po' tutti. Questa ha il solo pregio di essere più recente delle altre e quindi potrebbe usufruire dell'esperienza e dei lavori altrui o anche delle scoperte intervenute nel frattempo.
Studi propedeutici a quello sulla reazione umana ad un'intelligenza o alla vita extraterrestre sono quelli riguardanti vivere in condizioni estreme, come gli astronauti, oppure osservare le reazioni ad eventi eccezionali, come un terremoto o un'eruzione, oppure il lancio di un satellite o l'esplosione di una bomba atomica e così via. A questo si aggiunge quello che gli eventi storici possono insegnarci e i sondaggi tra le persone. L'analisi di tutti questi fattori ha portato alcuni a definire dei modelli di intelligenza extraterrestre, che sono un aggiornamento terminologico di quelli già osservati.
I tre che Harrison ripropone sono: il modello millenario, il modello catastrofista e il modello post-biologico.
Il modello millenario è quello più aperto e ottimista. Immagina gli ET come saggi e benevoli, portatori di benessere. Jung intuì che credere negli UFO rappresentasse un sostituto della religione e altri autori ci videro, come già osservato, la proiezione dei nostri desideri, la rappresentazione delle nostre aspettative.
Il modello catastrofista è chiaramente apocalittico, e prevede estinzione, annichilamento e, nel migliore dei casi, sottomissione. E' da notare però che, sondaggi alla mano, la maggioranza della gente crede in ET benevoli e amichevoli, e forse questa visione catastrofista è influenzata dalla rappresentazione che ne hanno fatto scrittori e registi.
Il modello post-biologico è quello basato sui cyborg e l'intelligenza artificiale, e immagina che l'evoluzione dell'intelligenza biologica sia quella artificiale. Anche qui ritengo vi siano profonde influenze culturali, massimamente quelle cinematografiche.
Non si creda che queste poche righe esauriscano l'argomento. Sulle Philosophical Transaction, A. Harrison in Fear, pandemonium, equanimity and delight: human responses to extra-terrestrial life, cerca di delineare la risposta umana a un'intelligenza extraterrestre. Nessuno può farlo, chiaramente, perchè nessuno sa com'è fatto un extraterrestre. Stabilito questo, la domanda fondamentale è: quali strumenti abbiamo per predire le reazioni umane agli extraterrestri? E' la domanda che si fanno un po' tutti. Questa ha il solo pregio di essere più recente delle altre e quindi potrebbe usufruire dell'esperienza e dei lavori altrui o anche delle scoperte intervenute nel frattempo.
Studi propedeutici a quello sulla reazione umana ad un'intelligenza o alla vita extraterrestre sono quelli riguardanti vivere in condizioni estreme, come gli astronauti, oppure osservare le reazioni ad eventi eccezionali, come un terremoto o un'eruzione, oppure il lancio di un satellite o l'esplosione di una bomba atomica e così via. A questo si aggiunge quello che gli eventi storici possono insegnarci e i sondaggi tra le persone. L'analisi di tutti questi fattori ha portato alcuni a definire dei modelli di intelligenza extraterrestre, che sono un aggiornamento terminologico di quelli già osservati.
I tre che Harrison ripropone sono: il modello millenario, il modello catastrofista e il modello post-biologico.
Il modello millenario è quello più aperto e ottimista. Immagina gli ET come saggi e benevoli, portatori di benessere. Jung intuì che credere negli UFO rappresentasse un sostituto della religione e altri autori ci videro, come già osservato, la proiezione dei nostri desideri, la rappresentazione delle nostre aspettative.
Il modello catastrofista è chiaramente apocalittico, e prevede estinzione, annichilamento e, nel migliore dei casi, sottomissione. E' da notare però che, sondaggi alla mano, la maggioranza della gente crede in ET benevoli e amichevoli, e forse questa visione catastrofista è influenzata dalla rappresentazione che ne hanno fatto scrittori e registi.
Il modello post-biologico è quello basato sui cyborg e l'intelligenza artificiale, e immagina che l'evoluzione dell'intelligenza biologica sia quella artificiale. Anche qui ritengo vi siano profonde influenze culturali, massimamente quelle cinematografiche.
Siamo preparati? Certo, lo siamo più che in passato, forse a causa della tecnologia disponibile ora e non allora, forse perchè se ne parla così tanto, degli ET, che metà delle persone intervistate crede che esistano e una buona parte ritiene che abbiano già visitato la Terra, o forse per i tanti falsi avvistamenti e i falsi rapimenti che girano per la rete. Anche se nessuno lo può sapere con certezza è difficile credere che qualcosa di leggero come un segnale dallo spazio possa spaventare chi è abituato a guerre civili, genocidi, epidemie infettive e altre gradevolezze. Nè chi sta meglio ed è continuamente bombardato da trasmissioni, film, libri e dibattiti su UFO e affini potrà mostrarsi impressionato più da tanto dall'annuncio di un messaggio ET.
Specie se si considera che con gli ET sta succedendo il contrario di quello che accade abitualmente: mentre tra una scoperta scientifica e l'adattamento culturale trascorre un certo lasso di tempo in questo caso sta accadendo il contrario, l'adattamento culturale agli ET sta precedendo la loro scoperta.
La risposta alla domanda dell'inizio dovrebbe quindi essere un quasi certo sì ma la cautela è d'obbligo. La dinamica delle popolazioni è diversa da quella del singolo individuo e fenomeni mai sperimentati posso dar luogo a comportamenti imprevedibili.
Molto dipende dalle aspettative che noi nutriamo nei confronti degli extraterrestri. Se già sin d'ora ne siamo spaventati o attratti ebbene questa condizione psicologica probabilmente influenzerà la nostra risposta a un possibile contatto. Anche le nostre aspettative risentono dell'atteggiamento generale nei confronti della vita, dei desideri, delle aspettative lavorative e affettive, del grado di soddisfazione.
Ma la proiezione che facciamo nell'altro può subire l'influenza di rappresentazioni e atteggiamenti culturali prevalenti nel periodo in cui si vive. La storia personale può indirizzare verso una ricostruzione privilegiata rispetto a un'altra. In questo senso non sembrano nemmeno utili tutte le teorie del complotto che girano per il mondo, e in maniera massiccia in rete. Dico non sembrano utili perchè appare come se buona parte di coloro che credono al complotto vi creda come si crede a un film: c'è cioè il coinvolgimento emotivo ma la ragione, in un angolino, avverte che è tutto finto. Perchè se invece questo atteggiamento di chi crede agli UFO, di chi ritiene di essere stato rapito, di chi pensa che i Governi nascondano le cose fosse quello reale, allora avremmo già una risposta alla domanda di poco sopra: in caso di contatto molti direbbero "lo vedete, era proprio come dicevo!".
Eppure, preparati o meno o immaginando gli ET più o meno benevoli siamo, nonostante tutto, obbligati alla ricerca, come lo siamo stati ad attraversare i deserti, a superare le montagne, a spingerci in mare aperto, alla ricerca dell'avventura e alla scoperta del mondo, sempre più lontano, come piccole formiche planetarie in cerca di cibo. Non si sa se questa curiosità sia figlia di una necessità di origine filogenetica o sia il portato di questa cosa dannata e meravigliosa insieme che è la mente umana, sta di fatto che esiste.Che tutto questo avvenga all'interno di noi stessi o all'esterno negli spazi sconfinati siamo comunque nati per cercare, forse anche quando non c'è nulla da trovare.
Bibliografia:
Albert A. Harrison, Fear, pandemonium, equanimity and delight:human responses to extra-terrestrial life, Phil. Trans. R. Soc. A 2011 369, 656-668
Allen Tough, A critical examination of factors that might encourage secrecy, Acta Astronautica vol 21 n 2 pagg. 97-100 1990
ed. Allen Tough, When SETI succeeds: The impact of high-information contact, 2000 Foundation for the future
imagecredit immagini trovate in rete e considerate di pubblico dominio
Ci voleva un articolo come questo, un articolo che ci ricorda i tanti dubbi e domande, un articolo che alla fine lascia gli stessi identici dubbi. Ma avere dubbi è un bene perchè ci spinge a continuare a cercare, a provare a saziare la nostra incontrollabile curiosità.
RispondiEliminaTante ipotesi e nessuna certezza; affascinante!
Bisogna comunque non farsi abbagliare dal fascino, le ipotesi fascinose troppo "vissute" rischiano di sostituire la realtà (nella nostra mente). E allora io, con un pizzico di sano cinismo, mi auguro che prima o poi un omino verde arrivi, prenda un "megafono" e dica agli amici terrestri: "Salve a tutti, prima di tutto volevo precisare che non ero io quello che girovagava nei vostri cieli in questi ultimi 50/60 anni, quindi se volete farmi tana, oggi potete farlo, ...quelle di prima non valgono"
Un salutone
Marco
grazie Marco. In effetti la materia non si presta a troppe certezze ed è chiaramente piena di aspetti speculativi. Ma, in mezzo a tanti dubbi, qualche dato fa capolino e, se anche non riesce a far luce sulla materia diretta di indagine, ci insegna qualcosa su noi stessi. Quanto all'arrivo dell'omino verde non so se vorrà precisare che questa è la sua prima visita ma immagino, con una certa sicurezza, che susciterà l'interesse delle persone in maniera nettamente superiore allo sbarco del primo uomo sulla Luna.
EliminaDiciamo prima visita "ufficiale", per il resto... negare, negare sempre.
RispondiEliminaL'argomento è interessantissimo e può avere diversi risvolti sia sociali che scientifici, ma visti i pochissimi dati certi a disposizione bisogna stare attenti a non prestare il fianco agli speculatori che con teorie "ultra-fanta" ci sguazzano e, purtroppo, sulla pelle (o il portafoglio) di qualcun altro.
La Scienza e gli enti scientifici che si occupano di questi argomenti dovrebbero prendere le distanze in modo definitivo, chiaro e trasparente nei confronti di questi speculatori e delle loro teorie, contemporaneamente i mezzi di informazione dovrebbero bilanciare maggiormente lo spazio che mettono a disposizione, magari facendo pendere di più la bilancia verso la Scienza vera, quella che parla con dati e riscontri scientifici.
Un salutone
Marco