lunedì 29 marzo 2010

La nostra vita mentale estesa

Mi sono sempre chiesto, ogni volta  con infinita sorpresa: ma cos’è  questa nostra vita mentale? A che si riferisce? E soprattutto: perché fa così male?
Come forse potrà dire ognuno, le sofferenze dell’anima, anche se, come giustamente già notato da Leopardi, nulla sono in confronto a quelle fisiche, pure scaturiscono, vigliaccamente, anche là dove, fisicamente parlando, non dovrebbero  né potrebbero esserci.
Per fare una prova, immaginiamo quello che potrebbe provare un qualsiasi altro animale, non umano, nei confronti di un evento della sua vita che, pur non cagionandogli nessuna ferita fisica, pure potrebbe essere fonte di dolore, e sicuramente è così per gli umani.
Si immagini allora questo animale, poniamo un predatore, al quale sfugge la sua preda: nel profilarsi una giornata di digiuno egli, oltre a sopportare i brontolii gastrici, è anche sottoposto alle sferzanti pretese della mente? Possiamo vedercelo mentre se ne sta lì, all’ombra d’un Miombo, a recriminare su se stesso, la malasorte, e i santi in colonna?
Forse non è così.
Ma cosa ci dà in più (oltre a tutto quello che, di sicuro, dà in meno) il possesso di questa mente, almeno nella sua forma estesa che possediamo noi umani, così tanto per non discriminare il Regno negandogliela ex auctoritate?
Altre volte da alcuni è stato notato come una maggiore quantità di materia cerebrale non adibita né al moto né alla percezione può efficacemente essere utilizzata per estrarre informazioni dai fenomeni del reale. Seguendo ottusamente fino in fondo questo ragionamento se ne potrebbe concludere che quanti più filtri si interpongono al reale quanto più estesa sarà la nostra percezione, o meglio, lavorazione dello stimolo da lì proveniente. E addirittura possiamo immaginarci un animale, ancora una volta non umano, ma forse superumano, uno cioè con una quantità cerebrale superiore alla nostra (anche se sembra dimostrato che la variazione di massa cerebrale entro certi limiti non produce un aumento di conoscenza) o, per far la cosa meno sporca, con una maggiore propensione all’analisi, a parità di materia: non sarebbe, egli, in grado, per quanto sopra detto, di estrarre in questo modo maggiori informazioni dal mondo?
Che poi il mondo altro non è che il suo mondo, un misto di mondo reale e mondo interiore, un tutto unico, come una miriade osservata con un occhio sfocato.
La risposta che abbozzo io è la seguente (e solita): quanto più ci allontaniamo da un possibile output verso il mondo (chiamatelo motorio, chiamatelo cognitivo, come meglio vi pare) che è una specie di gioco di botta e risposta tra stimoli e atti, tanto più l’organismo si darà da fare per produrre questo output in qualche modo. E uno dei modi è quello di produrre trasmettitori. Se questi non servono, perché in effetti l’output non manca per una loro carenza (anche se molte volte manca per una loro carenza) oppure sono dirottati dove non servono, finiranno per attivare la sensazione dell’urgenza, dell’incompiuto, dell’irrisolto: e queste sensazioni, mancandogli l’output loro proprio, quello che le farebbe felici (e le farebbe anche sparire) ne creano uno loro, e non è mai piacevole.

9 commenti:

  1. E' stato piacevole leggere il tuo post.
    Sei uno dei pochissimi, attento agli accenti acuti e agli accenti gravi...

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  2. weeeee pao buon giornooo se non interpreto male tu poarli di stati di alterazione psichica (positiva o negativa) creati da bisogni insoddisfattio o soddisfatti, io credo che le cose stiano cosi, tanto più complesso è un cervello tante più sono le senaazioni che questi può produrre, aumentando cosi il ventaglio delle reazioni (paura-dolore o felicità-benessere)

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  3. Sono d'accordo con la strutturazione e la ristrutturazione sinaptica, mi vine per esempio in mente (anche collegato al famoso Humunculus)il fenomeno dell'arto fantasma, inversamente proporzionale al tempo trascorso dall'amputazione, che palesa come la rimappatura si risolva in una maggiore "sensibilita'" ad esempio nelle zone di tatto limitrofe; non sono d'accordo sul concetto di sofferenza, o meglio non solo, perche' impulsivamente, pensando ad una nuova esperienza, penso al piacere (o almeno e' il mio obiettivo). Il classico esperimento dell'animale davanti a due scatole di cui solo una contiene il cibo dimostra come, una volta che la scatola viene riconosciuta, l'altra non viene necessariamente aperta. Sono comunque d'accordo che l'esperienza negativa sia utile, ma la strutturazione cognitiva tra piacere e sofferenza la vedo al 50 e 50.
    Ciao :-)

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  4. Lo sai paolo ,non ho ben capito il tuo commento ....mi chiedi forse se i miei sogni ,o meglio i sogni in generale si realizzano nel concreto ???
    o ti rammarichi del fatto che spesso cio' non avviene????

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  5. Paopasc, se fosse vera la tua affascinante tesi, ti giuro che mi arrotolerei un turbante chilometrico attorno alla mente (tipo Moira Orfei, oppure la Wanda), ponendo quanti più filtri possibili tra me e l'uovo di Pasqua di cioccolata. Così assaporerei l'aroma fino alla Lapponia, le fragranze di cacao si espanderebbero smisurate fino ai cirri, ai cumuli, ai nembi, e oltre. Divento così una supereroa ed estraggo dal pianeta fontane di cioccolato fondente e me ne beo, senza cibarmene. Non mi si ingrassa nemmeno un neoroncino, ma nemmeno uno, guarda... E tu mi vai a devastare il mio sintagma onirico così, eh Paopasc! Tu mi vai ad abbozzare che adesso io mi accingo ad attivare la sensazione dell'urgenza, dell'incompiuto, dell'irrisolto? E allora devo dirti che, come al solito hai ragione tu: la tua ipotesi è foriera di giustezza incontestabile: me lo creo da sola, l'uovo di cioccolata, lo plasmo con la cenere del portacenere. Però ti devo smentire lo stesso: è piacevole!
    B

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  6. Pascuccetto ,ma dove sei ?????

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  7. Bonjour cher Paul, je pense que oui de nos jours
    Je vous laisse un baiser, un baiser de petites peste spéciales
    vous regardez

    au revoir

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  8. weeeeeeeeeee ciao pazzo come butta?

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  9. Grazie del passaggio. Volevo dirti che le mie non erano "parole gentili"..penso veramente che tu abbia una certa intensità... visceralità... nello scrivere.
    :-)
    Grazie ancora e buona serata!

    E... ad maiora semper!

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