mercoledì 7 aprile 2010

Vita emotiva e costruzione dei legami /2


Emozione come misura dell’impegno motorio.

Come fareste se voleste far sentire il gesto di qualcuno come sgradevole e inappropriato? Per complicare le cose vi impongo pure di non avere la possibilità di agire direttamente su questa persona, né con parole né con fatti.
Occorre però una spiegazione dell’impossibilità che vi ho dato di agire direttamente con atti o parole. Per questo immaginate che il protagonista della situazione sia il bimbo dell’esperimento di sopra, quello separato dalla madre per alcuni giorni.
Egli, giustamente o ingiustamente, sviluppa un risentimento verso la madre, considerata responsabile dell’allontanamento e della privazione affettiva. Contemporaneamente egli nutre il più profondo attaccamento verso la madre, tanto forte da non poter essere spodestato dal suo trono all’interno del mondo emotivo del piccolo. Pure, dopo la separazione, si instaura un altro affittuario emotivo all’interno del piccolo: il risentimento, come visto. Come conciliare questi due sentimenti? E soprattutto, come fare in modo che entrambi abbiano la possibilità di essere agiti?
Infatti, l’attaccamento si agisce attraverso contatti, sorrisi, vicinanza, baci e così via, mentre il risentimento si agisce attraverso il distacco, l’evitamento, l’allontanamento, l’aggressione, il disgusto, l’essere imbronciati e così via.
Ora, ammettendo che siano entrambi presenti nello stesso istante, è concepibile che il risultato finale sia un “terzo sentimento”? un sentimento cioè che sia il risultante dei due precedenti, che sia la somma algebrica di tutti gli atti possibili nei due stati singolarmente presi (attaccamento-risentimento) e che ne rappresenti, anche dal punto di vista comportamentale (e cioè gli atti permessi),  l’unione?
Ecco dunque che si può meglio comprendere un sentimento quale il distacco emotivo agito nei confronti di una persona affettivamente cara: all’interno del soggetto agiscono forze contrastanti le quali, prese da sole e agite nei confronti di persone senza precedenti legami, avrebbero una loro ben connotabile identità, ma che prese insieme e agite verso qualcuno cui si è legati, finiscono con l’unire e annullare i comportamenti precedenti.
Il distacco emotivo segnala l’atto di bloccare l’espansività affettiva implicita nel legame. L’evitamento affettivo non è una situazione passiva di sottrazione emotiva ma un atto, è una manifestazione attiva di una volontà, è una manifestazione emotiva additiva, è un’addizione emotiva, che si rivela con il distacco affettivo, impedendo cioè tutti quegli atti collegati alla manifestazione effettiva e piena del legame affettivo.

È stato provato[1] che i neonati, anche di pochi giorni, reagiscono piangendo (quindi in modo più empatico) al pianto di altri neonati che non a una simulazione di pianto o al silenzio. Anche se lo sviluppo effettivo dell’empatia è possibile solo quando si crea un senso del sé, è sempre possibile ascrivere all’empatia il comportamento che i neonati di pochi giorni attuano nei confronti di segnali di specie con rilevanza filogenetica. Qual è dunque il loro ruolo? Murray A.D. [2] esamina due modelli di spiegazione del pianto. Uno riguarda il suo effetto di releaser (liberatore) sul comportamento dei genitori, l’altro come attivatore di moventi egoistici o altruistici sul calco di Hoffman[3]. Dunque il comportamento altruistico/empatico come processo ontogenetico che aumenta l’attrattiva del neonato nei confronti di chi dovrà prendersene cura.

In tutto questo sembra notarsi come un effetto ricostruttivo. Nel senso che il soggetto che empatizza ricostruisce entro sé le relazioni emotive del suo oggetto, le fa proprie. Questo sembra quindi essere il modo migliore di far comprendere uno stato d’animo a qualcuno. Dal punto di vista di chi agisce per far provare il proprio stato d’animo vi è quindi la necessità di indurre il medesimo stato emotivo che si prova, nell’altro. Dall’altro lato, in chi “subisce” lo stato d’animo, agisce quella che potremo definire una caratteristica filogenetica, che garantisce alla specie l’accudimento, come visto sopra. Occorre una spiegazione più generale e comprensiva, e soprattutto la definizione del meccanismo d’azione.
(to be continued…)



Scopro  qui, da PsycHomer, il report su un interessante lavoro che riguarda un tema a me caro, e cioè concentrazione e distribuzione motoria. Lo studio è su come il pensare all' amore o al sesso influiscano sulla creatività (presumibile caratteristica distribuita), aumentandola solo nel primo caso.

[1]Sagi, Abraham; Hoffman, Martin L., Empathic distress in the newborn, Developmental Psychology. Vol 12(2), Mar 1976, 175-176. doi: 10.1037/0012-1649.12.2.175
  Simner, Marvin L., Newborn's response to the cry of another infant.,Developmental Psychology. Vol 5(1), Jul 1971, 136-150. doi: 10.1037/h0031066
[2] Murray, Ann D., Infant crying as an elicitor of parental behavior: An examination of two models, Psychological Bulletin. Vol 86(1), Jan 1979, 191-215. doi: 10.1037/0033-2909.86.1.191
[3] Hoffman, Martin L., Developmental synthesis of affect and cognition and its implications for altruistic motivation. Developmental  Psychology. Vol 11(5), Sep 1975, 607-622. doi: 10.1037/0012-1649.11.5.607

21 commenti:

  1. I sentimenti contrastanti, per semplificare ciò che hai detto molto meglio tu Paopasc, parlando di addizione algebrica di 2 emozioni differenti fino a crearne una terza, ci portano a un Movimento, a un'azione vera e propria. Questo Movimento è l'allontanamento emotivo come risultante "nuova" dell'attaccamento emotivo iniziale, a seguito azioni determinate che ne hanno modificato lo "stato". Ma questo stadio, l'allontanamento come processo "attivo" e non come fuga o dismissione del sentimento, deve essere successivo alla fase dell'empatia? Cioè, prima io cerco di "indurre" nel soggetto ciò che sto provando io, e poi me ne distacco? Secondo me non sempre l'empatia è necessaria: il "terzo movimento", quello della fuga consapevole, dell'allontanamento come scelta, salta il passaggio dell'empatia, anzi lo salta completamente. Viceversa, l'empatia mi sembra uno stadio definitivo, cui non consegue poi un terzo movimento, perchè ciò che ne deriverebbe sarebbe una "vendetta", e quindi una fuga, non una scelta, ma al contrario una non-scelta. Tento un esempio, così mi incasino ancora di più. Amore verso un soggetto - gelosia motivata verso il medesimo - decisione dell'allontanamento dal soggetto avìto. Oppure: empatia indotta nell'altro, che dovrà provare lo stesso sentimento, la stessa gelosia - stasi - fuga/vendetta. L'empatia è un finto movimento, è una "condivisione", una stasi, proprio per le ragioni che hai spiegato tu, per ragioni filogenetiche di "accudimento" generico della specie. La gelosia indotta ed empatica può portare a una "comprensione", a una stasi, oppure addirittura a un'inibizione, a un non-movimento. In poche parole, è arcinoto che non conviene mai sperare nell'empatia per "risolvere" un'equazione algebrica sentimentale, se uno non è giù certo del risultato, che sarà la resa incondizionata, o la fuga definitiva. L'esperienza lacrimevole e lacrimatoria ci insegna che conviene sempre un algido distacco, ironico e consapevole. Io non ci riesco mai e quindi non mi Digi-evolvo, non muto e non mi muovo, però empatizzo con chicchessia. E sono certa di essere stata una neonata vagitante per puro sadismo empatico, per passare il tempo spaccando i minitimpani al prossimo di culla, evitando accuratamente di crescere. E' sbagliato, secondo te, Paopasc, questo tentativo di ragionamento con esempio terra-aria annesso e connesso?
    B

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  2. beh torno èiù tardi a leggere bene e per intero il tuo post, quanto al fatto che chi ha convinzioni morali parte con l'handcap (specificare quale please) io credo piuttosto che l'handicap non sia una convinzione ma piuttosto una condizione, e si sa da sempre l'uomo tenta di superare le condizioni

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  3. L'ipotesi di lavoro iniziale nasce dal desiderio di comprendere come e perchè, per esempio anche in situaizoni amorose, tendiamo a vendicarci dell'altro tentando di inculcargli quello che abbiamo provato o proviamo noi, e di come questo posso essere in qualche modo curativo. L'idea che vorrei fornire è quella legata come sempre agli atti. Se io non agisco contro di te schiaffeggiandoti o picchiandoti ma tengo tutto dentro, però riesco a ricreare dentro te le stesse condizioni emotive mie, accorgendomene da segnali esteriori, sembra come se comunque io abbia "agito" il mio risentimento. Ho ricreato le condizioni dolorose dentro te e questo ha spesso un ruolo terapeutico. Perchè? Così che bene facesti o B a sollevare il tema della stasi (apparente). Non è sbagliato, per tornare alla tua domanda, perchè la teoria deve spiegare ogni evento o atteggiamento e non solo uno. Sicchè tu mi aiuti a scovare gli esempi. Scovatorina!

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  4. io credo che gli sia come dire? più semplice riconoscere che certi tipoi di devianze esistono ma sono peccati personali non di tutti, che è il significato del peccato personale espresso come "le colpe dei figli non ricadano sui padri"

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  5. Questo post merita piu' attenzione ,torno dopo ....forse ....:)
    ciao leprottino ....ahahahahah :P

    Guarda che la padrona di duchessa ti ha lasciato un messaggio nel suo blog .
    baci

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  6. boia d'un mondo lader per quanto co provo non mi riesce, mi pare che ho capito cioè ho ben chiaro intetsta cosa dovrei dore ma poi non mi riesce di scriverlo grrr tu mi fai diventare matto pao

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  7. Non è che ho capito molto.......distacco/pianto ........coccole/benessere.........siccome la vita è dura poi con l' età adulta, è meglio stracoccolare e non mandare all' asilo gli infanti per far sì che abbiano un sacco di emotività positiva per far fronte ai perigni della vita, oppure meglio abituarli sin da piccoli al distacco, al pianto, al dolore ( piccole dosi naturalmente)??????????????'

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  8. Ho ricreato le condizioni dolorose dentro te e questo ha spesso un ruolo terapeutico. Perchè?"

    Sbrigativamente, perché lo sai che ho almeno tre post al giorno da scrivere, e senza indulgere in pensamenti filosofeggianti, proverei a fare un'ipotesi.

    Nella situazione presa in prestito dello scambio di amorose gelosie, se metti caso tu mi fai soffrire suscitando motivatamente la mia gelosia, l'azione impulsiva sarebbe quella di menarti, mettiamo. Ma un tabù mi blocca in questa azione e con ciò blocca l'energia che si sprigionerebbe con l'atto (del menarti).

    Perché si sa (ma si sa poi?) ad una azione e-motoria corrisponde una reazione e-motoria.

    Superiamo l'inciso e torniamo all'energia suddetta.

    Tale energia in accumulo tenderebbe a crearmi uno squilibrio e-motivo con conseguente senso di malessere. Ecco allora che il farti provare quanto da me provato viene ad assumere un potere compensativo e curativo perché, in qualche modo, l'energia, accumulata(mi-si) per il mancato atto motorio di menamento fisico della tua persona, trova un sostituto e-motorio.

    Che dici Pa, preferisci il menamento fisico o la tortura e-motiva?

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  9. Ho letto e riletto e credo di aver ben chiaro il concetto ,per farla breve se uno ci è indifferente non ce ne frega nulla di troncare a allontanrci ,se invece ci sono implicazioni sentimentali e legami tutto cambia e puo' esserci una sorta di :"mi hai fatto arrabbiare ,mi allontano ,ma solo momentanemente o quantomeno con maggiore difficolta e molti ripensamenti ".
    Mo dimmi che ho capito bene senno !!!!! :)
    Ti piace la mia filosofia spicciola???



    La voce dell'anima la puo' sentire solo chi riesce ad entrare nel profondo ,non fa eco
    non risuona nel silenzio ,ma è il silenzio stesso che parla ,non serve altro .

    buona serata
    pascuccettino :)

    baci

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  10. Vi è un aspetto fondamentale da considerare: quando riesco a ricreare in te la mia sofferenza emotiva ottengo l'accesso al tuo mondo, ne ricevo un beneficio di importanza.
    Quando noi agiamo, noi modifichiamo. Posso modificare oggetti fisici (per esempio, come soavemente dici, menando) oppure posso farlo anche con il linguaggio verbale (il famoso sostituto motorio). L'aspetto curativo è, dunque, in parte, quantitativo: trovano risoluzione i progetti di movimento (aggredirti o indurti un dolore interiore) e si esaurisce la spinta a agire.
    Ora, siccome non è finita, occorre prendere in considerazione anche il destinatario: colui che ha causato il tormento interiore, e che ora è a sua volta vittima della vendetta. Ha due possibilità: o si crogiola nel suo macerarsi o sposta, a sua volta, il tormento su qualcun altro. E' una specie di polpetta avvelenata.

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  11. Uah uah, non ho scritto Anna, all'inizio del commento qui sopra...

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  12. Si, una donna, hai compreso. L'indifferenza emotiva si comporta come dissuasore dall'agire quella strategia. Infatti questo è provato da numerosi test, tipo quelli sulla morale, in cui si sacrifica uno per molti solo se non lo si vede direttamente. Ma io addirittura direi che spesso noi siamo obbligati dalle regole sociali a comportarci come se ognuno di noi avesse chissà quali legami emotivi con chiunque altro, mentre magari ammolleremmo volentieri qualche ceffone.
    Mi interessava soprattutto il ruolo di trasferimento del dolore in un altro quando ti accorgi che l'altro ha sentito il colpo.

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  13. ciao Teo,
    ovviamente no. i bimbi qui entrano solo perchè si cerca di dimostrare come l'empatia sia una risorsa di specie. Come la usano i piccoli per indurre uno stato d'animo così la usiamo noi. Nei piccoli però l'effetto terapeutico del ricostruire il proprio stato d'animo negli altri non è sufficiente a fermare il pianto, come invece è sufficiente a noi per "vendicarci" di qualcuno.

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  14. o si crogiola nel suo macerarsi o sposta, a sua volta, il tormento su qualcun altro. E' una specie di polpetta avvelenata.

    Il "qualcun" altro del destinatario potrebbe essere il mittente per cosi dire, e la polpetta avvelenata potrebbe passare dall'uno all'altro...sino a quando? Che cosa potrebbe interrompere il gioco?

    Se invece sceglie di "crogiolarsi" nel suo macerarsi perché lo fa? Ci deve essere una specie di ritorno in questa scelta crogiolativa e macerativa?

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  15. Si, Anna. Secondo me, per la coscienza secondaria (mediata dal linguaggio verbale) il corpo, è anche un altro, qualcuno a cui far "scontare" la sofferenza. Punire se stessi comporta due azioni: indurre in quella parte di sè vissuta come "altro" uno stato di sofferenza e, cosa fondamentale, indurre l'empatia per quello stato autoindotto in un'altra entità. Cos'è quest'altra entità?
    E' l'entità finale, il ricettacolo ultimo della coscienza secondaria, è Dio: è quell'entità che sappiamo che ci vuol bene, e a lui intendiamo comunicare questa estrema induzione di sofferenza. Come dire: mi vedi, mio Dio, di quale sofferenza sono capace, non ti muovi a compassione?
    E' quello che razionalmente potremmo definire masochismo, ma è di più dell'idea che ci siamo fatti. Devo chiarirmela meglio, ma il meccanismo dovrebbe essere quello. Nella sua rincorsa infinita la coscienza secondaria vuol trovare un punto di stabilità. Quando sei solo e non puoi comunicare a nessuno la tua sofferenza, forse ti crei questo te stesso sul quale agire quello che si è detto sopra. per alcuni, questo altro te stesso, è Dio.

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  16. per alcuni, questo altro te stesso, è Dio.

    Perché questa possibilità mi affascina? Non ci avevo mai pensato, ma nemmeno lontanamente...e il pensarci, non so perché, mi sconvolge e mi affascina allo stesso tempo. Perché, Pa? Perché non riesco a non pensarci da quando ho letto questa tua affermazione?

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  17. Ognuno di noi è un'entità distinta. per esperienza so che a volte (in modo passeggero, ovvio) si nutre risentimento e ripicca anche nei confronti delle persone più care. Eppure, eppure noi paghiamo la nostra neotenia, l'eterna fanciullezza, con l'ossessivo bisogno di comprensione. Noi cerchiamo qualcuno che ci comprenda ora e per sempre, nella mutevolezza continua del nostro stato, in questa variazione continua che il nostro comportamento. Dio rappresenta il corpo saldo della coscienza, ancora più saldo del nostro miserabile io, così soggetto ai fumi ormonali. E' a Dio che noi chiediamo (e dal quale otteniamo) la comprensione ultima e totale, colui che ci perdona sempre, perchè noi siamo buoni in fondo(ricordi la relatività di bene e male) perchè noi sempre su noi stessi centriamo il giudizio sulle cose, e Dio rappresenta il punto finale della nostra infinita coscienza, il punto oltre il quale la coscienza non sente necessità di andare.
    E per chi non crede? Chi non crede, spesso, non crede nel Dio delle scritture, ma non è detto che non creda in un'entità sovrannaturale qualsiasi. Per capire perchè qualcuno collassa la propria ricostruzione in un'entità come Dio e perchè qualcun altro invece ne ha un'idea informe, che non si lascia costringere in una ricostruzione fisica, è necessario che parli di due altre cose, e cioè del pensiero come intorno completo di un fenomeno, nel quale il fenomeno rappresenta l'agito attraverso l'atto motorio e il suo intorno è la possibilità motoria totale, due quando noi utilizziamo la concentrazione emotoria (che è il collasso motorio nel mondo fisico) anche sul mondo mentale noi otteniamo Dio mentre quando noi distribuiamo il mondo mentale senza collassarlo noi abbiamo un intorno completo di un atto mentale, è il pensiero puro, impossibile da tradurre esattamente in parole, ci si può solo avvicinare...forse hai intravisto il pensiero puro...indicibile. provo a parlarne prossimamente.

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  18. Forse, Pa,...forse. So solo di esserne affascinata e sconvolta in un certo senso.

    Grazie. Mi sei stato di grande aiuto.

    Adesso ho bisogno di sedimentare il tutto.

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  19. Che bello questo vostro dialogo, Annarita e Paopasc, mi è piaciuto tanto leggervi. Adesso me ne vado anch'io, abbarbicata al mio Cristo di pezza, ognuno di noi ce l'ha, secondo me. Certe volte ci serve per dormire, senza sogni, lo accarezziamo per tacitarlo, il Pensiero puro, finalmente.
    E poi non vedo l'ora di vedere come farai, Paopasc, a dirci dell'indicibile. E' come quando uno dice: "E' di un bello, ma di un bello...che non si può descrivere" e allora l'altro si aspetta che ci sia il silenzio, dopo questo incipit, però ci rimane male, perchè in fondo crede che si stia parlando di lui. A tutti piacerebbe essere indicibili, essere Emozione, essere.
    Tanto, dopo tutte queste romanticherie, va a finire che domani tu Paopasc ci tiri fuori gli scimmioni cineoperatori che girano un film sadico, sull'Ultima Femmina delle fila, che Essa è di un brutto, ma di un brutto che nun la se pò guardà!
    B

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  20. Adesso cancello le frasi dove ho detto che cercavo di spiegarlo, uah uah!
    Diciamo che è un'approssimazione di spiegazione, ci avviciniamo, tento di indurvi nello stato che porterà a comprendere il pensiero puro in sè. Non ve lo posso spiegare direttamente, provo a avvicinarvi.
    E poi gli scimmonioni c'entrano sempre.

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  21. Ecco vedi !!!!
    questo la dice lunga ,se ho compreso io vuol dire che sei molto bravo TU??...o forse che sono molto intelligente IO??? ahahahahahha
    scherssssooo sei tu sei tu !!! :)

    ciao pascuccetto

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