Qualche giorno fa la moratoria passata in Senato sui giochi d'azzardo metteva in crisi le coperture finanziarie del governo sull'abolizione dell'Imu. Il discorso sul gioco d'azzardo legale è molto complesso e coinvolge molti aspetti della nostra vita, da quello sulla salute, a quello sull'occupazione per finire con gli introiti per lo Stato. Nessuno dei tre, però, a sentire Maurizio Fiasco, sociologo all'Università Tor Vergata di Roma, intervistato da Avvenire per questo dossier L'azzardo non è un gioco, ha un ritorno positivo per lo Stato e per la società in genere (se confrontato con un diverso investimento delle somme giocate), motivo per cui, dice, se ne potrebbe pure fare a meno:
E i timori per i 6 miliardi in meno nelle casse pubbliche? A voler ragionare per esempi, possiamo dire che i 90 miliardi bruciati dagli italiani nel gioco, se fossero usati per i consumi tradizionali, non solo rimetterebbero in moto l’economia, ma darebbero allo Stato un gettito nettamente superiore a quello dell’azzardo.In cifre? Nel 2010 si è avuto il gettito massimo, intorno ai dieci miliardi. Da allora si scende sensibilmente. Il gioco on-line, ad esempio, tocca livelli di tassazione ridicoli: appena superiore allo 0%. Tornando ai 90 miliardi di spesa, dirottati su altri comparti darebbero, solo di Iva al 21%, quasi 20 miliardi di euro. Lo ripeto: l’azzardo, oltre che un problema sociale, è un cattivo affare proprio per il bilancio dello Stato.
Vi è da considerare però che dei 90 miliardi di euro spesi una buona parte ritorna ai giocatori come vincita, portando la spesa effettiva a circa 17 miliardi [vedi Tre luoghi comuni da sfatare sul mondo del gioco d'azzardo].
Tra coloro che hanno proposto questa moratoria sul gioco d'azzardo non vi è solo il senatore 5 Stelle Giovanni Endrizzi, del quale presento il video qui sotto, già impegnato come educatore contro le dipendenze patologiche, ma anche parlamentari appartenenti ad altre forze politiche. Sia, in qualche modo, rappresentante di tutti quelli che sostengono un profondo ripensamento delle normative sul gioco d'azzardo legale.
Nel video e in questo resoconto stenografico del Senato, il senatore Endrizzi pone l'accento, tra le altre cose, su questo fatto: il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 conterrebbe all'art. 14 una sanatoria che porterebbe le aziende del settore delle slot a pagare poco più di 600 milioni invece dei 2,5 miliardi inflitti dalla Corte dei Conti (da quelle che erano le richieste del Pm di circa 89 miliardi, si veda la sentenza 214/2012 del 17.02.2012 della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Lazio e più sotto per l'origine della cifra)
considerato, infine, che l'art. 14 del decreto-legge n. 102 del 2013, approvato dal Consiglio dei ministri il 28 agosto 2013, dispone una sanatoria per danni erariali, accertati con sentenza di primo grado, a condizione del versamento del 25 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado. Tale disposizione, al netto della sua gravità sotto il profilo dell'etica e della moralità pubblica, consentirà alle imprese operanti nel settore dei giochi di azzardo di "risolvere" le loro controversie con l'erario attraverso un semplice ed immediato pagamento di 600 milioni di euro, in luogo di una condanna al versamento di una somma pari a 2,5 miliardi di euro inflitta dalla Corte dei conti per la loro ingentissima evasione ed elusione fiscale del periodo 2004-2006,
Ma la storia del contenzioso dello Stato con i concessionari dei giochi d'azzardo è piuttosto lunga. Nel dicembre 2007 il Procuratore del Lazio citava in giudizio una serie di concessionarie e alcuni dirigenti pubblici
Con atti di citazione emessi il 3 e il 4 dicembre 2007, il Procuratore Regionale per il Lazio ha citato in giudizio l’Atlantis World Giocolegale limited, la Snai spa, la Sisal spa, la G matica srl e la Cogetech, spa, Gamenet spa, Lottomatica Videolot Rete spa, Cirsa Italia srl, H.b.G. Srl e Codere spa [...] nonché i signori Giorgio Tino, Antonio Tagliaferri ed Anna Maria Barbarito dirigenti responsabili dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, per sentirli condannare, in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, in via principale a titolo dolo e in solido (le società concessionarie con i dirigenti pubblici)
per una somma che Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore riassume in 89 miliardi (non ho fatto il conto ma l'elenco delle varie sanzioni è disponibile qui, nel paragrafo Fatto), cioè 50 euro l'ora per per ogni macchina non collegata alla rete telematica, come danno erariale per non avere pagato quanto pattuito, secondo quella che era la convenzione (poi modificata) stipulata tra concessionarie e Stato. Però, nel 2012 la Corte dei Conti modificava (per difetto, da 50 euro l'ora a 20 euro al giorno) la richiesta di risarcimento avanzata dal Procuratore, portandola a 2,5 miliardi, graziando sia le concessionarie che i dirigenti pubblici [per ulteriori dettagli si veda la sentenza 214/2012 citata sopra]
Come anticipato, il Collegio, pur reputando corretto il parametro riferito ai compensi ricevuti dalle concessionarie, ritiene di procedere, ai sensi dell'art. 1226 del codice civile, a una diversa quantificazione del danno e dei singoli addebiti, in ragione delle responsabilità come sopra delineate, esercitando, inoltre nei confronti dei convenuti Tino e Tagliaferri il potere di riduzione, ai sensi dell’art. 12 del r.d. n. 1214 del 1934.Facendo riferimento alla quantificazione operata dal PM, il Collegio stabilisce in 2 miliardi 499 milioni e 250 mila euro il danno complessivo sofferto dall’erario nella vicenda de qua.A tal riguardo, non si può non considerare che, dal momento che hanno ottenuto il NOE, gli apparecchi hanno iniziato a produrre guadagni e se, per ipotesi, (operando un calcolo molto approssimativo per difetto) questi guadagni fossero quantificabili per le concessionarie in 20 euro al giorno per ciascuna macchinetta, moltiplicando tale somma per il numero delle macchinette munite di NOE al 31 dicembre 2004, pari a oltre 121.000, si ottiene la somma di euro 2.420.000.Se tale somma la moltiplichiamo per il numero dei giorni che si riferiscono al periodo oggetto dei presenti giudizi, diciamo approssimativamente 800, otteniamo il risultato di euro 1.936.000.000.
Questo, fino ad arrivare all'art. 14 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 che, secondo l'interpretazione di Endrizzi, conterrebbe un'ulteriore sanatoria che abbasserebbe la sanzione da 2,5 miliardi a poco più di 600 milioni di euro. Tutto questo, apparentemente, per far cassa e abolire l'Imu sulla prima casa di quest'anno. Che la situazione apparisse critica dopo la sentenza della Corte dei Conti lo dimostra questa interpellanza urgente presentata nella scorsa legislatura, il 3 dicembre 2012, al Ministro dell'Economia e al Ministro della Salute da una serie di deputati del Pd, dalla quale evidentemente non discendevano conseguenze apprezzabili se poi si manifestava l'ulteriore sgravio sanzionatorio.
Resta, dopo tutto questo, un sapore amaro, anche ragionando su recenti accadimenti di cronaca (gelateria chiusa per tre giorni per un'evasione di 1,5 euro), confrontati con quanto accaduto nella vicenda appena raccontata. La sensazione della sproporzione, dell'incongruenza, è forte, insieme a quello dell'ingiustizia.
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