mercoledì 25 maggio 2011

Istat. Rapporto Annuale 2011 dell'Italia: economia

Esce il Rapporto Annuale 2011 dell'Istat che riguarda La situazione del Paese nel 2010.
5 le aree tematiche affrontate in questo rapporto
  • Economia
  • Imprese
  • Lavoro
  • Famiglia
  • Europa
Queste, in sintesi, i temi affrontati. Cominciamo con:

Economia.
Osservando l'andamento dell'economia mondiale, si nota che nel 2010 ha recuperato "ampiamente i livelli di attività precedenti la crisi". Vi è stato una crescita del Pil mondiale del 5%, dopo una flessione dello 0,5% nel 2009.
Ma questa crescita non è stata uniforme. Le cosiddette aree emergenti hanno fatto  registrare la crescita maggiore, un 7,3% contro un 2,9% del 2009, mentre nelle aree sviluppate si è avuta una crescita del 3% dopo un -3,4% dell'anno precedente.

I paesi che singolarmente hanno fatto registrare le performance migliori sono Cina e India, con un + 10%. Anche i paesi latinoamericani (6,1%) e la Comunità di Stati Indipendenti con in testa la Russia, con un + 4,6%, hanno realizzato buone prestazioni. A scendere, nei paesi occidentali: gli Stati Uniti segnano un +2,9%, grazie ai sostegni al consumo delle famiglie, mentre per la vecchia Europa si osserva un modesto +1,8%.

Un fattore preoccupante, che potrebbe frenare la ripresa, è l'aumento dei prezzi. Le cause principali sono il costo energetico e l'aumento delle materie prime dovuto all'aumento della domanda. Un altro aspetto negativo, che riguarda soprattutto l' UE, è l'aumento del divario debito-Pil che , come dicono all'Istat,
"ha già determinato un innalzamento del premio di rischio sui titoli del debito sovrano delle economie periferiche e di quelle più esposte, tra cui l’Italia"

Due delle economie dell'UE più colpite dalla crisi sono Italia e Germania:  - 7,0% e - 6,6% rispettivamente, la caduta del Pil di queste due nazioni però, al contrario della Germania ,che ha recuperato completamente, l'Italia segna ancora un - 5,1% rispetto al primo trimestre 2008.
L’Italia è l’economia europea cresciuta meno nell’intero decennio 2001-2010, con un tasso medio annuo pari allo 0,2 per cento, contro l’1,1 per cento dell’Uem; il ritmo di espansione della nostra economia è stato inferiore di circa la metà a
quello medio europeo nel periodo 2001-2007, e il divario si è allargato nel corso
della crisi e della ripresa attuale
.

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 La crescita media dell'Italia nel 201o è stata del 1,3% contro un 1,8% dell'area Uem. Uno dei maggiori responsabili di questa caduta del Pil è il settore manifatturiero
L’impatto comparativamente maggiore della crisi è legato
però soprattutto alla vistosa caduta dell’attività nel settore industriale, in ragione della specializzazione relativa nella manifattura e, in particolare, nel comparto dei beni strumentali, che caratterizzano la nostra economia.
L'Istat afferma che la recessione economica conclusa (?) nel 2009 è la peggiore dal secondo dopoguerra ad oggi.
Altro aspetto negativo, che ha certamente concorso a ritardare la ripresa, è stato la bassa crescita dei salari, con il conseguente calo della domanda interna. Anche se il divario dei consumi delle famiglie tra Italia e Uem si è stabilizzato, rimane il differente approccio tra il nostro paese e il resto d'Europa che ha fornito, contrariamente a noi, un più ampio sostegno alle famiglie.
Per poter mantenere il loro potere d'acquisto, le famiglie sono state costrette ad utilizzare i loro risparmi
Per salvaguardare il livello dei consumi, le famiglie italiane hanno dato luogo a una progressiva erosione del tasso di risparmio, sceso per la prima volta al di sotto di quello delle altre grandi economie dell’Uem.
Che, tradotto, significa che le famiglie italiane hanno risparmiato di meno.
A fare le spese della contrazione dei consumi sono stati soprattutto i beni durevoli, mentre l'acquisto dei servizi, che rappresentano un 50% del totale, si sono mantenuti stabili.
Sul versante import-export, l'Istat nota che le importazioni
hanno continuato a sottrarre all’offerta italiana
quote crescenti della domanda interna, senza che ciò venisse compensato
da un’espansione adeguata dei beni e dei servizi italiani venduti all’estero.
Nonostante nel 2010 si sia segnato un + 1,3% del Pil l'occupazione è diminuita dello 0,7%. Se si somma al -2,9% del 2009, il totale 2009-2010 di posti di lavoro persi assomma a 890 mila unità.

Forse a causa della congiuntura internazionale, dell'aumento delle materie prime e dell'energia, sta di fatto che a fronte di un aumento del 6,15% dei prezzi alla produzione, l'inflazione è passata da un +1,9% del dicembre 2010 a un +2,6% dell'aprile di quest'anno.
Il rapporto deficit/Pil è sceso dal 5,4% al 4,6% grazie al contenimento della spesa.
Al contenimento delle uscite ha contribuito soprattutto la contrazione della spesa in conto capitale, a sua volta legata all’esaurimento degli effetti delle operazioni di riacquisto degli immobili oggetto di cartolarizzazione da parte degli enti di previdenza e della restituzione dell’Irap alle imprese.
Insomma, un quadro a tinte piuttosto fosche. L'Europa cresce poco, meno delle aree emergenti, degli Usa e degli Stati indipendenti; all'interno dell'Europa, l'Italia cresce meno di tutti. In più, avendo un elevato debito pubblico e un altrettanto elevato rapporto defici/Pil, è costretta a tagliare le spese, e sceglie di tagliare quelle in conto capitale, cioè quelle relative agli investimenti, penalizzando la ripresa. Inoltre, rispetto ad altri paesi dell UE, non sostiene la domanda interna con aiuti alle famiglie.

1 commento:

  1. Se non si riduce la pressione fiscale, non si riducono drasticamente i numerosi ostacoli sulla strada degli imprenditori,se non si riforma radicalmente la giustizia, la burocrazia, se non si adeguano le infrastrutture il futuro sarà tragico.
    tra l'altro a causa di sciagurati referendum non beneficiamo di energia dal nucleare e gli sconvolgimenti politici in atto in Libia minacciano di tagliare quelle fonti di approvvigionamento aggravando una situazione già di per sé fosca. CESARE ZACCARIA

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