sabato 13 marzo 2010

Interferenza e complessità /2


Il punto di vista.
Quando noi osserviamo un evento lo facciamo dal nostro punto di vista. Questo significa che un certo grado della nostra osservazione dipende da una conformazione osservante che già esiste, che saremmo poi noi stessi.  Nessuno riesce a estendere la gamba sulla coscia oltre i 180°, potremo definire questa ovvietà come un “punto di vista” del nostro corpo motorio?
Se così fosse anche il nostro corpo motorio avrebbe, come dire, dei “pregiudizi”, che altro  non sarebbero che limiti anatomici alla comprensione dello spazio fisico.
Tanto per fare degli esempi, insetti come le formiche riescono a camminare, oltre che ovviamente su un piano orizzontale, anche lungo una parete verticale e a testa in giù da un soffitto, senza subire effetti pregiudizievoli. Questa è una cosa (quasi) impossibile per noi, ma da questo non discende nessuna particolare recriminazione, a meno che non si consideri l’impossibilità di muoversi causata dalla malattia o dalla senescenza.
Questo limite anatomico all’esecuzione di certi atti motori non riguarda per intero la nostra comprensione motoria del mondo, quella definibile come coscienza primaria, perché altrimenti sarebbe impossibile percepire enti al di fuori della nostra portata ma non al di fuori della nostra percezione. E in effetti spesso succede di osservare filmati nei quali qualche umano o qualche animale diventa protagonista di questo errore di presunzione, collezionando una defaillance fisica. La spiegazione che fornisco è che la ricostruzione motoria del mondo non agito (il mondo agito è quello che agisco nel momento, per esempio quando poso il piede a terra mentre cammino, o sollevo le braccia per prendere un oggetto da una credenza, il mondo non agito ma solo ricostruito dal punto di vista motorio è tutto quello che si sottopone ai nostri sensi, che noi comprendiamo senza agirlo, come per esempio il paesaggio in lontananza, o il traffico che si snoda osservato dall’alto di una finestra) ha vincoli meno limitanti rispetto all’azione vera e propria, che deve attivare i meccanismi propri dell’atto motorio che guidano il sistema muscolo-scheletrico. Per questo si può compiere un atto di presunzione motoria ricostruendo un atto potenziale superiore alla nostre capacità. Se ci pensate bene questo meccanismo supponente e presuntuoso è necessario perché la gran parte dei meccanismi di controllo motorio dei nostri movimenti si forma con l’esperienza  e se avessimo un sistema che ci permette di comprendere solo ciò che già sappiamo dovremmo nascere già imparati.
Ora, se riteniamo non impossibile l’esistenza di quello che abbiamo definito punto di vista motorio all’osservazione del mondo, punto di vista che in qualche modo condiziona le nostre percezioni, allora possiamo, usando l’analogia (con parsimonia) accettare anche che esista un punto di vista cognitivo sulle cose (e di fatto noi sappiamo perfettamente che esiste) e che questa sia, in qualche modo, obbligato, così come il suo fratello motorio.
Il concetto che vorrei sviluppare è dunque quello che noi siamo vittime obbligate di un punto di vista nell’osservare gli eventi della nostra vita, sia che utilizziamo la coscienza primaria sia che utilizziamo quella secondaria. In più, se accade che durante l’osservazione di questi eventi noi siamo vittime di una interferenza, nel senso che indicavo nel post precedente, e cioè di uno stress che improvvisamente elimina un nodo della nostra rappresentazione del mondo o del sé, allora il nostro sistema di rete tenderà a convogliare quella quantità definita emotoria (quantità emotivo-motoria disponibile) lungo quei collegamenti che meglio di altri suppliscono allo stress dell’impedimento motorio .

Prima di continuare è forse meglio chiarire quello che intendo per stress dal punto di vista del sistema nervoso. L’ipotesi principale che faccio è che il sistema nervoso sia un meccanismo di direzione e controllo del movimento, che si attua insieme al sistema muscolo-scheletrico. Negli animali (o in quelli che più genericamente potremo definire organismi non vegetali) il movimento sostituisce, a un certo punto, la crescita continua. Invece di crescere verso il luogo dello spazio verso il quale ci si vuole dirigere, l’animale usa il movimento per muoversi verso quel luogo. A questo punto, ogni impedimento all’esecuzione di qualsiasi movimento lo definirei come uno stress. È una definizione approssimativa, ma per il momento sufficiente. Comunque vi invito anche a leggere qui una definizione più classica di stress.
L’impedimento di un atto motorio comporta una liberazione chimica (cortisone e catecolamine) che ha lo scopo di ri-attivare un’interruzione che il sistema nervoso ritiene da ascriversi a una sorta di deficit di neutrasmettitori. È come se dicesse: accidenti ci è impedito il movimento, forse ci sono pochi neurotrasmettitori, inviamone un po’. Questo per quanto riguarda la quantità motoria. Ma esiste anche una qualità motoria, che è lo spazio. Per agire in uno spazio qualsivoglia occorre possedere forme che si spostano in questo spazio. Anche il movimento stesso può essere definito come una serie di forme che occupano spazi diversi in tempi diversi, cioè al tempo t0 noi siamo in un certo posto s0 e in un altro tempo t1 noi siamo in un altro posto s1 e così via. Un po’ come succede con una pellicola cinematografica: un film si compone di fotogrammi statici che osservati a una certa velocità (numero di fotogrammi al secondo) danno l’idea di un movimento continuo.

Per tornare alle considerazioni iniziali, potremmo chiederci: se per il sistema motorio e quindi per la coscienza primaria il punto di vista è il limite anatomico, per la coscienza secondaria e il suo correlato intenzione motoria, da cosa è costituito il punto di vista?
Se è vero che per quanto riguarda il punto di vista motorio, una certa “uniformità” nella macro-composizione della struttura degli umani fa sì che vi sia uniformità anche nella composizione di questo punto di vista, è anche vero che il versante della coscienza secondaria e delle intenzioni motorie oppone meno vincoli macroscopici alla difformità, e  è quindi lecito attendersi una qualche sostanziosa diversità dei punti di vista in ogni singolo umano preso a riferimento.
(to be continued…)

13 commenti:

  1. Meno male che ogni tanto QUalcuno ci fa cadere da cavallo e vedere la realtà in modo diverso e rinsavire...
    E' sempre molto stimolante leggere i tuoi post, riesci sempre a farmi sorridere costringendomi a riflettere come solo certi cervelli riescono a fare e il titolo del blog mi piace sempre, potrebbe vivere di vita propria :)
    Buon fine settimana (oggi niente spam)
    c.

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  2. cazzo non riesco a farmi venire un idea per commentare sto post

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  3. grazie Pitie, mi fa proprio piacere, soprattutto per il fatto del riflettere... :)

    ehi baffer, per me è già un buon commento (a parte certa improprietà di linguaggio) significa o che sei d'accordo o che ... ;)

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  4. no ,è quando due persone si cercano ,si pensano,si piacciono, si trovano e anche non scambiandosi nemmeno una parola gia' sanno tutto l'uno della l'altra ...la chiamano empatia
    ed è meraviglioso .....

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  5. ciao pao passato bene the week? per il commento del post qui sopra beh si ammetto che essere d'accordo non è poi cpsi brutto

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  6. dici di si? però dai mi è venuto davvero bene

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  7. il 19 marzo è la festa del papà
    e ne ho in mente un altro di carino

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  8. Ho studiato molte cose, tutte da dilettante e da curioso, affinchè la comprensione saziasse l'inestinguibile sete.

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