Via ScienceDaily [1], che riporta i risultati di un lavoro pubblicato sulla Revista de Neurologìa [2], scopro che empatia e aggressività condividono gli stessi circuiti, o almeno una parte. Corteccia prefrontale e temporale, amigdala, sistema limbico sono aree coinvolte nell'empatia e, almeno alcune, anche nell'aggressività. Gli autori ipotizzano una competizione agonistica tra i due sentimenti, per cui se si impegnano gli stessi circuiti con l'empatia, non possono essere usati per la violenza, e viceversa.
Questo però ci dice anche qualcosa sulla loro base comune: amore e odio riconoscono qualcosa di comune, in origine? I vecchi lettori forse ricordano un mio post sull'indicibilità dell'emozione, alla sua fonte. L'emozione nasce senza connotati precisi, che acquista poi lungo il cammino, collassando in vari stati emotori.
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[1] FECYT - Spanish Foundation for Science and Technology (2010, April 9). Empathy and violence have similar circuits in the brain, research suggests. ScienceDaily. Retrieved April 9, 2010, from http://www.sciencedaily.com /releases/2010/04/100409093405.htm
[2] Moya-Albiol, L., Herrero, N. y Bernal, M.C. Bases neuronales de la empatía. Revista de Neurología, 2010; 50 (2): 89-100
Per miei motivi personali, questa cosa mi interessa molto...la domanda è: a volte ci si può calare in uno stato parallelo molto empatico, uno stato di sinergia, di quasi telepatia empatica, allora come mai in questo stato di benessere vi esplodono piccoli casi di violenza? come mai se il canale è impegnato totalmente con l' empatia c'è uno scoppio anche di violenza?
RispondiEliminaGrazie anticipatamente della risposta.
In effetti c'è qualcosa di profondamente crudele e sadico, nell'empatia. Il tentare di far vivere al prossimo le proprie emozioni spesso si traduce in una guerra contro l'altro/se stesso perchè la felicità non la si divide mai, la felicità la si tiene stretta, artigliandola, mentre le meschinità e le vigliaccherie, le tristezze della nostra quotidianità le espandiamo quando più possibile "a pioggia" sugli altri. Stasera mi sento genericamente "triste" e perciò avrei avuto l'urgenza di empatizzartelo qui a casa tua, Paopasc. E volevo chiedertelo, di parlarci di Lucy, che è ormai obsoleta poverina, e del nuovo arrivato ominide, anello di congiunzione coi tuoi scimmioni. Gli autori che citi ipotizzano comunque la cosa più semplice, come se l'emozione alla fonte si canalizzasse sempre verso una direzione, o verso un'altra, come se i circuiti fossero "occupabili" per intero. E ci risiamo col sostenere che dividendo le emozioni, empatizzando, ci si cheta, ci si "sviolenta". Io penso tutto il contrario, ma non lo ipotizzo, aspetto che lo faccia tu, casomai. L'intensità di un'emozione alla fonte, un'intensità senza connotati. L'emozione è "urgenza", secondo me, ha a che fare col Tempo, col ritmo, forse banalmente il Battere e il Levare, il battito cardiaco. Ma sta a vedere che qui si torna indietro e gli Antichi avevano ragione: la fonte delle emozioni è il Cuore, mica il cervello! Cambia l'intestazione del tuo blog Paopasc. Mi chiamo Paolo Pascucci e studio il Cuore.
RispondiEliminaE adesso non mi dare uno sberlone, ti prego Paopasc: viuuuuuulenza!
B
cara Teo, prego anticipatamente, ma non è così semplice. Io ci provo, alcuni di questi lavori a me sembrano confermare la mia ipotesi. Sul caso specifico, come poi nota anche B, non è così immediata la questione dell'inibizione agonistica.
RispondiEliminaSe voi vi ricordate io ne avevo parlato quando ero su myblog. Mo' lo ricerco. Tu intanto stay tuned.
Piccola B, con te che c'è del sadismo nell'imporre a qualcuno le proprie sensazioni, ma l'empatia è anche autologa: come te la cavi con siringhe, sangue, bisturi ecc? Sei impressionabile (e empatica) oppure potresti essere una chirurga perfetta? Questo c'entra. il chirurgo magari, pur empatizzando, sta comunque agendo cruentemente l'altro, egli mescola quindi empatia e crudeltà.Per quanto riguarda la felicità, dici giusto, è molto incentrata sul sè. Diremo che è concentrata sul sè. Esiste però un genere di felicità che è più distribuita e coinvolge un sè più ampio. Posto che la concezione del sè non sia così intelligente, si può immaginare che laddove il cervello effettua una ricostruzione errata dei limiti del sè, quando deve dare amore lo dà in maniera allargata.
L'emozione è un'urgenza! brava. Mi sono sgolato nel dirlo. L'emozione è il motore, altrimenti saremmo come i pazienti di Risvegli, ricordi?
La tua idea del ritmo e del suo coinvolgimento è qualcosa che mi frulla in testa da un sacco di tempo, e quindi mi piace.
Purtroppo ti devo dire che non posso più cambiare l'intestazione. Cioè, potrei.
ma sono pigro, uah uah.
Tanto anche se ti sberlono, poi ti empatizzo tutta, quindi vai tranquilla, o B!
ciao!
RispondiEliminamolto interessante, volevo segnalarti un articolo molto simile che ho da poco pubblicato sul mio blog
http://neoteron.ueuo.com/news/2010/04/empatia-e-violenza-hanno-circuiti-simili-nel-cervello/
:)
...amore e odio riconoscono qualcosa di comune, in origine?
RispondiEliminaSi potrebe ipotizzare di sì (anche se poi si dovrebbe dimostrare) non credi, Pa, visto che l'odio è diciamo così un amore "trasformato" e non agito pienamente come amore. Cosa ne pensi?
Hai scritto che la succitata ricerca proverebbe che empatia e violenza utilizzano in parte e non in toto gli stessi circuiti, ergo l'inibizione agonistica non è completa. Ciò potrebbe rispondere in parte alla domanda di Teo?
Per non farla molto lunga, io penso che ci sia nella società attuale una carenza emozionale. Proverò a spiegarmi meglio, se mi riesce.
Le cronache sono zeppe di episodi di violenza quotidiana, spesso esplosa per futili motivi. Nella scuola si assiste ad episodi di teppismo e di bullismo....e via dicendo.
Al contrario si può notare come lo stato di buonumore di una persona sconosciuta può alle volte risultare contagioso sino a rimuovere, ad esempio, il nostro umore nero e a farlo espandere positivamente.
Le nuove scoperte sull'architettura emozionale del cervello dovrebbero spiegare il perché di momenti sconcertanti quando i sentimenti sopraffanno completamente la razionalità.
D'altronde che l'intelligenza emotiva abbia basi neurologiche è provato da tempo, come è risaputo che le emozioni siano attitudini fondamentali della vita.
Io penso che occorrerebbe andare a scuola di emozioni sin da piccoli, nel senso che, se è vero che l'eredità gentica ci ha dotati di una serie di capacità emozionali che determinano il nostro temperamento, è anche vero che i circuiti cerebrali interessati sono staordinariamente plastici e di conseguenza modificabili.
Ho potuto sperimentarlo su me stessa, che, da piccola e sino a 17/18, anni ero molto introversa e permalosa, una vera orsa.
Lavorando su me stessa, sono riuscita a modificare profondamente (grazie anche al mestiere di insegnante)il mio temperamento, tanto da essere recepita come persona comunicativa ed empatica.
In sintesi, proviamo ad alfabetizzare emozionalmente i bambini sin da piccoli per avere degli adulti in grado di vivere una vita più piena...o no, Pa?
Se po fa?
Per condire ancor di più questa analisi sociale vi propongo questo link:
RispondiEliminaLa rivoluzione dell'empatia, come la nostra civiltà riuscirà (forse) a salvarsi - http://saperi.forumpa.it/story/42262/la-rivoluzione-dellempatia-come-la-nostra-civilta-riuscira-forse-salvarsi
Proponi, Anna, grosso modo la tesi di Jeremy Rifkin nel suo ultimo libro La civiltà dell'empatia. La tesi è più o meno quella di una convergenza empatica. Rispetto alle ipotesi tradizionali di un uomo violento e aggressivo di natura si scopre il fondamento filogenetico dell'empatia e il suo ruolo socializzante. Il nuovo sviluppo e la consapevolezza ambientalista si baserebbero su questa caratteristica radicata.
RispondiEliminaQuando dici di insegnare l'empatia o l'alfabeto empatico io dico che non l'empatia dobbiamo insegnare, che già esiste, sotto forma di nucleo informe, ma le forme. Questo nucleo indistinto prende forma, e può prendere forma empatica o violenta, o un insieme delle due. Il punto fondamentale è questo: educare alla creazione delle forme che deve prendere l'unità indistinta emozione. E questo non lo si fa che in minima parte insegnando pedissequamente, ma in larga parte essendo. I bambini si costruiscono all'ombra delle loro famiglie, e poi dei loro insegnanti e poi ancora all'ombra dei loro coetanei e dell'ambiente creato per loro. essi apprendono quasi tutto per imitazione, cioè ricostruiscono entro di sè i modelli comportamentali degli adulti, studiandoli, come dire, dal vivo, e traendone i propri, di modelli. se la società è cinica e violenta, hai <voglia te a fare pubblicità progresso e sermoni: il piccolo non ragiona con la logica, se non parzialmente, ma con l'emozione. Come del resto fanno i grandi.
Per educare dei buoni bambini quindi bisogna essere più che insegnare. Quanto alla tua esperienza, ovviamente tu hai realizzato di avere un atteggiamento che non ti piaceva e hai usato la determinazione e la forza di volontà per cambiarti.
Posso quasi dirti che sei un caso eccezionale, ma solo se la cosa ti fa piacere.
Beh, no! Non mi fa piacere l'essere un caso eccezionale, come tu affermi che sia!
RispondiEliminaD'accordo! L'empatia esiste come nucleo informe, infatti volevo dire proprio questo: che si possono insegnare le forme. Io ne sono convinta...e cerco di farlo per quanto mi sia possibile, in base alla mia esperienza. E scusami, penso che potrebbero farlo anche i genitori e gli adulti in genere, soltanto se ne fossero consapevoli e a loro volta fossero stati esposti alle forme empatiche.
Ma da qualche parte bisogna iniziare, o no? La società è troppo incasinata per non cominciare a farlo?
Utopia? Se non si crede nei grossi valori e non si osa...si rimane sempre al palo, Pa.
Ormai mi conosci un po', non riesco a starmene con le mano in mano a guardare.
Antoo, abbiamo pensato allo stesso autore. Infatti ho davanti a me il libro di Rifkin. Grazie per la segnalazione.
RispondiEliminaciao!
RispondiEliminamolto interessante, volevo segnalarti un articolo molto simile che ho da poco pubblicato sul mio blog
http://neoteron.ueuo.com/news/2010/04/empatia-e-violenza-hanno-circuiti-simili-nel-cervello/
:)
...amore e odio riconoscono qualcosa di comune, in origine?
RispondiEliminaSi potrebe ipotizzare di sì (anche se poi si dovrebbe dimostrare) non credi, Pa, visto che l'odio è diciamo così un amore "trasformato" e non agito pienamente come amore. Cosa ne pensi?
Hai scritto che la succitata ricerca proverebbe che empatia e violenza utilizzano in parte e non in toto gli stessi circuiti, ergo l'inibizione agonistica non è completa. Ciò potrebbe rispondere in parte alla domanda di Teo?
Per non farla molto lunga, io penso che ci sia nella società attuale una carenza emozionale. Proverò a spiegarmi meglio, se mi riesce.
Le cronache sono zeppe di episodi di violenza quotidiana, spesso esplosa per futili motivi. Nella scuola si assiste ad episodi di teppismo e di bullismo....e via dicendo.
Al contrario si può notare come lo stato di buonumore di una persona sconosciuta può alle volte risultare contagioso sino a rimuovere, ad esempio, il nostro umore nero e a farlo espandere positivamente.
Le nuove scoperte sull'architettura emozionale del cervello dovrebbero spiegare il perché di momenti sconcertanti quando i sentimenti sopraffanno completamente la razionalità.
D'altronde che l'intelligenza emotiva abbia basi neurologiche è provato da tempo, come è risaputo che le emozioni siano attitudini fondamentali della vita.
Io penso che occorrerebbe andare a scuola di emozioni sin da piccoli, nel senso che, se è vero che l'eredità gentica ci ha dotati di una serie di capacità emozionali che determinano il nostro temperamento, è anche vero che i circuiti cerebrali interessati sono staordinariamente plastici e di conseguenza modificabili.
Ho potuto sperimentarlo su me stessa, che, da piccola e sino a 17/18, anni ero molto introversa e permalosa, una vera orsa.
Lavorando su me stessa, sono riuscita a modificare profondamente (grazie anche al mestiere di insegnante)il mio temperamento, tanto da essere recepita come persona comunicativa ed empatica.
In sintesi, proviamo ad alfabetizzare emozionalmente i bambini sin da piccoli per avere degli adulti in grado di vivere una vita più piena...o no, Pa?
Se po fa?
In effetti c'è qualcosa di profondamente crudele e sadico, nell'empatia. Il tentare di far vivere al prossimo le proprie emozioni spesso si traduce in una guerra contro l'altro/se stesso perchè la felicità non la si divide mai, la felicità la si tiene stretta, artigliandola, mentre le meschinità e le vigliaccherie, le tristezze della nostra quotidianità le espandiamo quando più possibile "a pioggia" sugli altri. Stasera mi sento genericamente "triste" e perciò avrei avuto l'urgenza di empatizzartelo qui a casa tua, Paopasc. E volevo chiedertelo, di parlarci di Lucy, che è ormai obsoleta poverina, e del nuovo arrivato ominide, anello di congiunzione coi tuoi scimmioni. Gli autori che citi ipotizzano comunque la cosa più semplice, come se l'emozione alla fonte si canalizzasse sempre verso una direzione, o verso un'altra, come se i circuiti fossero "occupabili" per intero. E ci risiamo col sostenere che dividendo le emozioni, empatizzando, ci si cheta, ci si "sviolenta". Io penso tutto il contrario, ma non lo ipotizzo, aspetto che lo faccia tu, casomai. L'intensità di un'emozione alla fonte, un'intensità senza connotati. L'emozione è "urgenza", secondo me, ha a che fare col Tempo, col ritmo, forse banalmente il Battere e il Levare, il battito cardiaco. Ma sta a vedere che qui si torna indietro e gli Antichi avevano ragione: la fonte delle emozioni è il Cuore, mica il cervello! Cambia l'intestazione del tuo blog Paopasc. Mi chiamo Paolo Pascucci e studio il Cuore.
RispondiEliminaE adesso non mi dare uno sberlone, ti prego Paopasc: viuuuuuulenza!
B