Il titolo di un libro promuove alcune mie riflessioni. La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. Anche in inglese suona bene Affect regulation and the repair of the self.
La riparazione del sè mi evoca un processo manuale, degli utensili e una manodopera specializzata. Dunque il sé può essere riparato?
E poi, c’è quella regolazione degli affetti, che sembra quasi una sintonizzazione fine: si gira un potenziometro e si cerca, di volta in volta, la migliore sintonia.
Faccio spesso caso alla diversità tra animali e uomini e tra un umano e l’altro. Gli animali non provano vergogna, manifestano le loro emozioni apertamente, si toccano in parti intime anche in presenza di estranei (umani) e in generale dimostrano sempre platealmente il loro stato d’animo. Tra umani invece la vergogna ha un ruolo, anche se non in tutti al medesimo modo. Paradossalmente ogni età ha i suoi tipi di vergogna, infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia.
La vergogna è un sistema di controllo degli impulsi? Anzi un sistema di auto-controllo?
L’auto-controllo degli impulsi serve a smussare gli spigoli dell’interazione sociale?
Quanti di voi si comportano civilmente per timore delle ripercussioni della Legge? Direi che alla maggior parte delle persone la presenza di leggi che regolano la vita e le cose possibili serva soltanto nel momento dello stupore, quando si esclama: accidenti, non lo sapevo, è una cosa che non si può fare? Voglio dire che in linea generale sappiamo che non si può rubare, uccidere o violentare e sono cose che diamo per scontate, nemmeno ci curiamo di conoscere i dettagli delle leggi che regolano questi reati. In più, se la nostra vita è stata in qualche modo edificata insieme a una qualche reputazione, acquistare la rinomanza di ladro potrebbe scocciare quanto e più di qualche annetto di galera. Però, una volta eliminato il problema “faccia” o reputazione, ecco che ci diamo a sfogliare in lungo e in largo il codice penale, ecco che improvvisamente ci interessano i dettagli legali avendo perso del tutto il timore della perdita di reputazione.
Le regole della convivenza, che sono tipiche di ogni epoca e leggermente differenti da una zona all’altra, controllano il pacifico svolgersi del consesso umano più efficacemente delle leggi. Dietro queste regole di comportamento giacciono portati emotivi che ne costituiscono la struttura portante. Se non si provasse vergogna per niente non si avrebbe nessuna remora a sbracare a ogni occasione e in più non si avrebbero titubanze nel perturbare la propria immacolata reputazione sociale con reati a ripetizione.
In questo mi torna alla mente Goffman e la sua osservazione del riconoscimento sociale del luogo in cui si è per dedicarvi il proprio impegno civico. Nelle sue investigazioni all’interno dei manicomi egli osserva i malati costruire una personalità altra, opposta alla solita, che è quella che vive l’internamento, mentre l’altra può costruirsi un alibi: non sono veramente io, all’interno di questi luoghi di reclusione, è un altro me, che io non riconosco.
Non riconoscere come proprio un luogo significa non averne cura. E infatti, a scalare, noi abbiamo la cura maggiore per noi stessi, corpo e anima, poi della casa in cui viviamo, poi del quartiere, della città, della regione e così via, e a ogni allargamento si perde un po’ di intensità. Il patriottismo ce lo facciamo venir fuori solo in presenza di stranieri che insultano e denigrano la nostra patria, altrimenti non è che sia così in cima ai nostri pensieri.
Una cosa però alla quale nessuno di noi rinuncia è il nostro sé, nel suo inscindibile binomio “anima e corpo” e a volte teniamo più all’anima che a tutto il resto. Si badi che con anima non intendo quella caratteristica impalpabile della dottrina cristiana ma il nostro mondo interiore, il nostro sé.
Siamo così attaccati al nostro sé da volerlo riparare quando non ci sembra abbastanza accudito. Tanto è vero che in presenza di un ambiente che non accettiamo noi, per non dover costringere il nostro amato sé a scendere a patti, lo trasformiamo, lo snaturiamo. Eccone pronto un altro, più adatto alla bisogna, ci scordiamo della vergogna e delle inibizioni sociali e lo pariamo avanti: pronto alla pugna, nel fango.
Mi spaventa un individuo senza remore sociali ma solo legali. Uno che non delinque solo perché c’è il codice penale e non perché non “sta bene” o “non si fa” perché ne andrebbe della reputazione.
Eppure, ciascuno a loro modo, un numero sorprendentemente alto di umani viola le regole, sia quelle non scritte che quelle scritte. Quando viola quelle non-scritte lo fa perché quella violazione ha assunto un ruolo positivo, non è più un tabù ma è diventato una specie di status symbol. Solo se esiste un riconoscimento pubblico, anche se di una parte soltanto, la gente sopporta la violazione delle regole non scritte.
Ma non sono ancora soddisfatto. Nella riparazione del sé non entrano solamente gli eventi che hanno modificato i modi di pensare o gli effetti del mancato riconoscimento ma anche il tentativo di tenere in piedi il sé, il proprio sé che si sgretola agli assalti del mondo.
Nel mio sforzo di comprendere il funzionamento della mente, la constatazione che esistono molti modi di vedere uno stesso fenomeno è sempre indice di meraviglia. Se prendessi uno qualsiasi di voi, gli azzerassi le memorie e gli facessi rivivere tutte le mie esperienze avrei forgiato un individuo capace di provare quello che provo io oppure rimarrebbe sempre con la sua personalità?
Né l’uno né l’altro. Probabilmente sarebbe un individuo diverso, né interamente me né interamente sé. La differenza delle nostre risposte agli stimoli sociali dipende dalla cultura, è chiaro, ma anche dalla natura. Infatti, è notevole il fatto che certe caratteristiche comportamentali si comincino a palesare abbastanza presto, e questo è rilevabile non solo negli umani ma anche tra gli animali. La differenza comportamentale ha un significato.
Così, vi sono individui che tengono al proprio buon nome, che si offendono se viene messo in discussione, che reagiscono il più delle volte in maniera palese. Quello che noto di strano in questo atteggiamento è questo: si comportano come umani quando costruiscono una reputazione da voler difendere ma si comportano come il più “stupido” degli animali quando reagiscono in maniera visibile e aperta. Del resto, noto che reagire in modo subdolo sarebbe ancora una violazione di quei principi guida, per questo non viene messo in atto.
L’inganno è una strategia di sopravvivenza che quasi tutti gli animali adottano, ma solo l’uomo ne prova vergogna. Vi è affinità tra l’esibizione plateale dei propri sentimenti, tipica di un animale, e il nostro imbarazzo sociale, da una parte e la capacità di mettere in atto tutti gli stratagemmi utili e l’impossibilità di farlo per timore di una riprovazione sociale, dall’altra?
Per me c’è. Lo stesso animale che è capace di pulirsi le parti intime alla presenza di altri animali o umani senza nessuna ritrosia è lo stesso che potrebbe elaborare la più subdola delle tattiche che il suo cervello possa permettere. Ma è anche lo stesso che sa distinguere tra quello che si può fare e quello che non si può fare a certe persone e che quindi sa far convivere, apparentemente, indifferenza alle regole del bon ton della toelette e perfetta adesione ai valori della lealtà e fedeltà. Tutto in uno.
(continua)
accidentio che lungo post vabbè dai mi co metterò d'impegno e lo leggerò va bene?
RispondiEliminaIl sè può essere riparato? Non saprei, Paopasc, però bisognerebbe come prima cosa capire che necessita di riparazioni.
RispondiEliminaSe non raffredda e produce solo ghiaccio, c'è qualcosa che non va. Se non emana tepore autunnale, ma fa stare nell'umido e rigido ambiente, c'è qualcosa che non va... Oppure bisogna che ci sia qualche avventore terzo che ce lo dica : questo ambiente è inospitale, questo aggeggio non funziona: cosa aspetti a ripararlo?
La vergogna è un argine necessario, mutabile con gli usi e costumi, ma forse in parte atavico. E' un argine e non invece una semplice siepe, è un argine naturale, per non dire una diga artificiale.
Oppure è uno scoglio, per frenare il mare, che è un fiume molto più romantico.
Non so come sarei nei tuoi panni, Paopasc, se avrei consapevolezza delle mie/tue pubenda...
Però volevo chiederti: ma perchè sposti sempre le tue domande metaforiche, le tue curiosità condivisibili dal piano speculativo/scientifico a quello comportamentale/sociale? Perchè introduci sempre l'elemento sociologico/etico? Perchè parli sempre di civiltà, di regole?
Vorrei una chiave inglese per ripararti, per farti stare al ritmo iniziale, certe volte (anche se non sono un meccanico). O forse è soltanto che ho salato le lezioni sul motore a scoppio, quando davo la patente (sarà per questo che non so guidare?).
O forse è che tu mi inganni con le tue intelligenti elocubrazioni astratte, per poi convincermi a votare per te?
Ma se non ti candidi mai, è facile per me dirti: Io ti voterei!
Possiamo mentire entrambi in eterno: tu a millantare degli ideali in comizi a porte chiuse, e io a darti la mia approvazione pubblica nel segreto dell'urna.
Chiariscimi il concetto di Onestà, che forse è più difficile fare dei paragoni tra gli Umani e gli Scimmioni.
Era bello il post, però.
B
Non cerco di spiegare una proprietà con un'altra proprietà. Se tu dici che la vergogna è un argine, io devo sapere cos'è l'argine. E' per questo che la butto sul comportamento, che è un qualcosa di visibile, che posso ridurre (fino a un certo punto) a comportamenti motori essenziali, che appartengono alla storia di ogni specie e anche a quella di tutte le specie.
RispondiEliminaIo dico che la riparazione proviene sempre da un'auto-constatazione, da un tentativo di adeguarsi, è come mescolare tra loro elementi immiscibili, devi fare sempre un sacco di sforzi.
Il deviare sul versante sociologico non è che un tentativo di allargamento del campo di operazione. Le relazioni sociali sono un ambito comportamentale così ricco e vario e interessante, e le regole, che non so se siano una mia fissa, pure esistono, magari non da sempre e magari non dappertutto uguali.
Mi interessano perchè creano delle strutture, queste regole non scritte, che sono difficili da superare se, per esempio, cambi ambiente di vita.
E poi, non dici spesso che devo fare degli esempi, che non le devo buttare troppo sul teorico?
Il chiarimento del concetto di onestà seguirà, ma già è individuabile dalle ultime righe: il tuo animale da compagnia è quasi sempre onesto, con te. nessuno mai è onesto al 100 per 100, nemmeno Dio.
non è escluso che, una volta o l'altra, io mi candidi, e questa è una minaccia!
si l'ho letto e francamente pascucci, tu mi inqueti a volte fatico a seguire i tuoi ragionamenti, tipo questo per esempio, se scomposto nelle sue parti essenziali fila bene se però lo osservi nella sua interezza ha qualcosa che sfugge uffff mi fai rilegge reanciora una volta?
RispondiEliminaweeeeeeeeeee pascucciiiiiiiiiiiiiiii sciauzzzz
RispondiEliminapeggioro? naaa impossibile peggio di cosi e poi sento chi parla di un po dove l'hao trovato quel mostrogatto? sembra un ospire pefretto per il repartoneuro gli do il posto di guardiano nottirno va bene?
RispondiEliminac'è posto anche per te nella clinica toxics e pure gratis in qualità di amigos ok?
RispondiEliminaSi ..ecco ..vai nella toxics e portati pure sti gattacci spelacchiati che vorresti dare alla mia gattina,che oltre ad essere nobile è anche fine elgante e di gran classe ...:PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP
RispondiEliminaahahahaha essi la repartoneuro co sono solo guardiani nottirnio perchè ci sono solo girnini con nittine ahahahahahah
RispondiEliminaIo mi sono auto-riparata più di una volta, Pa’. Te lo posso assicurare. Ma non posso dirtelo in un commento per quale motivo è avvenuto. Devi fidarti!
RispondiEliminaColui che dubita che ciò possa essere fatto probabilmente non ha conosciuto il dolore profondo. Perché non lo chiediamo ad una madre a cui è venuto a mancare il suo unico figlio come ha fatto ad andare avanti in una apparente normalità quotidiana? Le elucubrazioni mentali e i giochi di parole, in questo caso, non servono a nulla!
La riparazione del sé è l’unica direttrice da percorrere in alcuni casi, pena il non riconoscersi e perdersi.
La vergogna! Mi fa sorridere il fatto che possa essere un argine a qualcosa, scusatemi! Mi viene in mente il colloquio con un giovane genitore di un figlio handicappato che mi disse: “Ho provato vergogna per dieci anni prima di andare in giro con mio figlio”! Perché provava vergogna questo genitore? Per gli altri che lo guardavano con un misto di compassione e disprezzo, come per dire: “Non potevi proprio evitarlo, povero scemo?”
Questo genitore mi confidò che persino un medico gli disse che al mondo d’oggi non si mettono al mondo dei figli handicappati! Meraviglioso, vero?
Se questo genitore fosse vissuto sul cocuzzolo di una montagna non avrebbe provato vergogna del proprio figlio handicappato. E nonostante il vivere in una società di merda (scusate, ma è inutile filtrare in certi casi!), questo meraviglioso genitore è riuscito da solo a riparare il proprio sé, ad accettare suo figlio e a dargli tutto il suo amore…
Che mi dici, Pa, di tutto questo? Non ti sembra che ci sia una grande coraggio e una grande onestà in questo genitore?
Cara Anna, non fa bisogno nemmeno di chiederlo, ci vuole sicuramente un grandissimo coraggio per affrontare queste evenienze, ma anche per altre.
RispondiEliminaSul medico (pur essendo personalmente favorevole a un aborto selettivo in questi casi, ma nell'ottica del figlio soprattutto) dico che come minimo ha perso una buona occasione per tacere e in secondo luogo che il compito del medico è difendere la vita non offenderla.
Il provare vergogna per un figlio con handicap è ovviamente un risultato della nostra società basata sulla perfezione, specie quella trasmessa dai sistemi di telecomunicazione. Esiste un modello di perfezione cui dobbiamo tendere e il mezzo per ottenerla è l'acquisto dei prodotti e l'adesione ai comportamenti imposti. Lo dimostra, tra le altre cose, l'utilizzo sempre più accentuato della chirurgia estetica a scopo migliorativo, in cui si segue un ideale di bellezza artificiale.
In una società del genere come non sentirsi inadeguati se non si possiedono quiegli standard?
La questione poi non riguarda solo l'essere come i conformismi estetici richiedono (perchè spesso chi ricorre al chirurgo non si migliora affatto) ma il "sentirsi" (mercè l'acquisto dei prodotti) come parte di quei conformismi, l'appartenervi.
Non c'è bisogno di dire che non mi riconosco affatto in questo genere di società. Comunque, discorsi sociologiic a parte, mi interessa la dinamica della vergogna e dei sistemi di (auto)riparazione nella speranza che sappiano fornire informazioni sul funzionamento generale.
Grazie del tuo intervento, carissima!
weeeeeeee ciao pascucci ho letto il commentoi di anna qui sopra, sinceramente, la vergogna è un aentimento di pubblica difesa o qualcosa di più complesso?
RispondiEliminaritengo che la vergogna si sia evoluta come meccanismo di controllo degli impulsi, però come ogni meccanismo ha i suoi effetti collaterali, nel senso di amplificare il controllo sino a creare barriere autocostruite
RispondiEliminaVorrei rispondere ad Anna, se posso, Paopasc. Io penso che vi sia una differenza tra "ripararsi" e "reinventarsi", consapevoli di aver perso per sempre determinati bulloni. Penso che la morte di un figlio segni una morte, che poi cioè non vi sia alcuna riparazione, ma soltanto una nuova vita, forse, forse diversa, con arti ormai inservibili, amputati, ma che si faranno sentire per sempre, che esistono lo stesso.
RispondiEliminaPenso che la vergogna sia naturale e necessaria, che sia molto più "onesta" della sua stessa negazione. Un figlio disabile mette vergogna, nel mondo, poi ci ricordiamo che lo amiamo al di sopra di qualsiasi altra cosa ovviamente lo stesso, ma se "sbava" e rotea gli occhi in un sorriso inesistente, ci crea imbarazzo, non potrebbe essere diversamente. Penso che ci voglia rispetto, che non significa "occultare" e nascondere, ma ci vuole il rispetto del riserbo anche per le emozioni "umbratili", vigliacche, così vere e così umane però. Penso che ci sia molto più idealismo in un sorriso tirato e difficile di un genitore che ha come portafortuna un fazzoletto per pulire la bocca impoetica del proprio figlio, che nella finzione che il fazzoletto non si veda.
Non mi piacciono le persone che non provano vergogna, perchè sono soltanto quelle che si vergognano di vergognarsi.
La spavalderia dei sentimenti è come quella del linguaggio: è violenta e noiosa.
Non mi piacciono le imposizioni e le certezze granitiche e non mi piace l'ottimismo ostinato e fine a se stesso. Certe volte la vita è orribile, e va bene così.
Però mi piace Anna, che è come una missionaria in incognito, e si vede.
E così alla fine io mi vergogno sempre, Paopasc: singolo impulso sonar.
B
Si infatti ho gia scelto ....il prescelto è stato contattato via mail ...
RispondiEliminaadesso lo cerco per me ...non sara' cosi facile io sono molto esigente !!! :)
ciao ne !!
Brava B, bel commento.
RispondiEliminaComunque, da riduzionista (ma non solo) mi piacerebbe capire cos'è la vergogna e sei nei meandri dei meccanismi mentali esistono queste nostre categorie (vergogna, orgoglio ecc) oppure sono elaborazioni di qualcos'altro.
Anche la stessa vergogna in sè, cos'è?
Non penso che un randagio zoppo si vergogni, forse perchè non costruisce modelli da imitare ma semplicemente sopravvive. Forse la colpa è, al solito, del medium linguistico: un linguaggio simbolico capace di vedere se stesso (e colui che rappresenta) e questo è in grado di creare emozioni nuove.
Ah-ha_ mi fa piacere che avete trovato il gon...volevo dire il candidato ideale!
weeeee se stai buono stasera ti lascio le zampe anteroiro e la coda va bene?
RispondiEliminae si sparito svanito nel nulla nessuno ne sa niente che sia vittima sacrificale della p3?
RispondiEliminanon ne sa niente manco kikka
RispondiEliminaCIAO PAOPASC , TUTTO OK ?
RispondiElimina.
SONO MOLTO CONTENTO DEL TUO COMMENTO E DELLE DOMANDE CHE MI HAI FATTO , E CHE DICI VOLERMI FARE .
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TI RISPONDO MOLTO VOLENTIERI , ANCHE PERCHE' , IN QUESTO MODO , MI DAI SIA LA POSSIBILITA' DI AFFRONTARE TEMATICHE A ME CARE , ED ANCHE PERCHE' , MI OFFRI LA POSSIBILITA' DI RISPONDERE INDIRETTAMETE A TANTE COSE , INESATTE , CHE HO LETTO IN GIRO .
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TI CHIEDO SOLO UNA CORTESIA , SE PER TE E' LO STESSO , DI SPOSTARE IL DISCORSO SU http://ilcorvo.myblog.it , PER IL SEMPLICE FATTO , CHE SINDACATOEROCK E' ATTUALMENTE A RIPOSO , IN ATTESA DI UN PIANO DI RICONVERSIONE , QUINDI NON AVREMO LA POSSIBILITA' DI AMPLIARE IL NUMERO DI QUELLI CHE DISCUTONO ........... RISCHIAMO DI FARE DUE CHIACCHIERE TRA NOI .
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TI RIPETO , SE PER TE NON COSTITUISCE UN PROBLEMA .
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IN OGNI CASO , E QUALE SIA LA TUA PREFERENZA , A ME FA PIACERE DISCUTERNE .
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FAMMI SAPERE DOVE PREFERISCI PARLARNE , IO PENSO SIA MEGLIO SUL CORVO , ANCHE PERCHE' , LE RISPOSTE CHE POTREI DARTI , POTREBBERO SPOSARSI IN MODO PERFETTO CON LE TEMATICHE CHE STO TRATTANDO SUL BLOG .
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GRAZIE PER AVERMI DATO LA POSSIBILITA' DI INVIARTI UN MIO SENTITO SALUTO .
Vorrei introdurre una certa pietra di paragone che non è stata esaminata, anzi nemmeno immaginata e forse può diventare interessante e ancora più stimolante per ripercorrere i ragionamenti fatti in sede del post e dei commenti. Si tratta della vergogna in discussione e non guasta interrogare un certo luminare del passato, Pitagora che tutto correlava ai numeri, tanto per avere sempre a disposizione la scialuppa di salvataggio adatta ai nostri tempi.
RispondiEliminaE si va così dalla moglie di Pitagora, anche se non si sa con precisione di questa relazione poiché sembra che altre donne siano comprese nel novero di mogli ed anche amiche, da considerare, però, che molti storici hanno preso l'una per l'altra, o stimato che due fossero una sola.
Comunque «Che fieramente Pitagora amasse Teano, leggesi ne' Dinnosofisti d'Ateo.».1)
E poi ancora in questo testo il fatto saliente che ci interessa:
«Di Teano, moglie di Pitagora, si raccontano alcuni detti arguti, fra' quali u’è questo, che nota Plutarco, ne l'operetta de' Precetti Connubiali.
Una uolta, hauendosi costei cauato un guanto, ouero tiratosi la manica uerso il cubito, scoperse o la mano o il braccio; onde fu un certo, che disse: o bella mano; ed essa: ma non per la plebe o per il uolgo. Addimandata parimenti, quando la donna sia monda da l'huomo, rispose: sempre dal suo, da l'altrui non mai.
Soleva dire a le mogli, che ne l'entrare a' mariti deponessero la vergogna con la ueste, ma ne l'uscire, con la ueste la ripigliassero. Addimandata che vergogna fosse quella di ch'ella intendeva: quella, disse, che ch'io mi chiami donna.».
Ecco si voleva vedere la vergogna in persona e sembra di averla trovata per bocca di chi sapeva dire cose vere. Ma noi diffidiamo di verità antiche o per lo meno cerchiamo di essere molto critici...
Abbiamo abbastanza mezzi per trarne giudizio senza lasciarci prendere da attrazioni mistiche.
Si capisce subito che non è la donna, né la femmina che delizia l'uomo o a volte l'offende, ma qualcosa che è nella sua interiorità e che ha a che fare col sé sul tavolo operatorio e ovviamente la tematica riguarda la coppia uomo e donna sullo scenario umano.
È vero anche che sin dai primordi, e fino a non tanto tempo fa, la donna era sinonimo di vergogna e persino di peccato proprio in casa nostra di occidentali cristianizzati.
Resta il fatto che già tutto questo non è da trascurare per risalire alla vergogna che si agita in noi e a volte squilibra irrimediabilmente lo stato del sé generando turbative irrimediabili.
Interessante a questo proposito è l'interpretazione filosofica che J.P. Sartre dà della vergogna.
Egli riconduce la vergogna al puro e semplice fatto di essere esposti allo sguardo dell'altro, cosa che, rendendoci oggetto di osservazione da parte di un soggetto altro, ci deruba della nostra soggettività, per ridurci ad oggetto del suo spettacolo.
"La vergogna, scrive Sartre, non è il sentimento di essere questo o quell'oggetto criticabile; ma in generale di essere un oggetto, cioè di riconoscermi in quell'essere degradato, dipendente e cristallizzato che io sono per gli altri. La vergogna è il sentimento della caduta originale, non del fatto che abbia commesso questo o quell'errore, ma semplicemente del fatto che sono caduto nel mondo, in mezzo alle cose, e che ho bisogno della mediazione d'altri per essere ciò che sono.
Il pudore e, in particolare, il timore di essere sorpreso in stato di nudità non sono che specificazioni simboliche della vergogna originale: il corpo simbolizza qui la nostra oggettività senza difesa. Vestirsi significa dissimulare la propria oggettività, reclamare il diritto di vedere senza essere visto, cioè di essere puro soggetto. Per questo il simbolo biologico della caduta, dopo il peccato originale, è il fatto che Adamo ed Eva capiscono di essere nudi." (L'essere e il nulla). 2)
(continua)
Gaetano
(continuazione)
RispondiEliminaA questo punto, si può restare ancora indecisi sulla questione per chi come me, per esempio, è decisamente riottoso a seguire la corrente, meglio le due correnti, una secondo la scienza moderna e l'altra mistica e/o "magica". Resta perciò l'esperienza personale che strada facendo ci porta a smanettare con gli utensili che crediamo buoni per smuovere dallo stallo il sé afflitto dalla "vergogna" in tutta la sua gamma di estrinsecazione.
Parlo ora di chi per sorte e/o predisposizione (non c'è modo di capire quando l'uno o l'altro) deve fare tutto da sé come autodidatta che è il mio caso. Di altri in genere sappiamo come vanno le cose, ma degli autodidatti non tanto perché sono imprevedibili e tu stesso, Paolo, riconosci in me un certo possibilismo di «capacità di vedere "altro" là dove la visione sembrava bella e conclusa».
Il mio caso è diverso perché sai che lo spirito che mi anima è unicamente quello scientifico, inteso in un senso ancora più ampio.
L'autodidatta è un po' come l'apprendista stregone della favola, la ballata del poeta Wolfgang Goethe e resa celebre in tante altre versioni. Egli è costretto a passare da uno "stregone" all'altro e così non manca di mettersi nei guai senza possibilità di recuperi. Ma la sorte ha predisposto qualcosa di speciale nel mio personale apprendista (che poi è anche il sé in questione) poiché è sin da bambino un fanciullo trasognato, come se appartenesse ad un altro mondo. Egli crede di capire come vanno le cose dei suoi simili, ma in realtà no e lo capisce purtroppo quando è verso la tarda età.
E così il nostro fanciullo, che comunque resta tale e incontaminato, non evita di vedersi come adulto e poi anziano come in croce avviluppato da un fuoco che non gli dà tregua. Non fa che soffrire a causa di tragedie familiari, fra morti accidentali di due figlie, male incurabile di un figlio successivo, senza contare ostacoli sul lavoro ed esperienza della disoccupazione.
Ecco, tanto fuoco a divampare intorno a me affliggendomi il cervello e così aggredire i sogni e ideali qui sempre sospesi, ma senza riuscirvi però, grazie al bambino, un bambino come nato vecchio.
A cosa è servito il fuoco? É riuscito a temprare il mio carattere e a far nascere un Gaetano nuovo. Egli fino a non troppo tempo addietro era un tale che poco sapeva della cultura, era mediocre a scuola e sapeva appena scrivere e parlare se non di cose della meccanica e del disegno, ma non oltre gli studi di scuola superiore.
Ora è un Gaetano che riesce a scrivere in modo eccellente. Intrattiene sul web cerchie di amici esibendo saggi originali tratti quasi dal niente. Germogliano nella sua mente cose originali che appena il giorno prima non immaginava. Ma ce n'è voluto di "lavoro dei campi" per dar luogo ad un terreno così fertile!
Gaetano cinto dell'elmo della Vergogna, si proprio lei che oggi lo fa vantare quasi delle sue antiche debolezze. Vergogna minervina si può ben dire.
Non uccidete la "Vergogna", questo posso dire, poiché il suo veleno è risolutore per fare l'uomo nuovo.
1)Da la «Vita di Pitagora» di Enrico Narducci (datata: Addì 3 Giugno 1588 - Forni Editore - Bologna 1887).
Ciao, Paopacs
Gaetano
Vedi Gaetano che anche io ho un'ambizione, penso già fin troppo chiara a chi qualche volta mi onora di leggere questi articoli rinsecchiti, che sarebbe comprendere il funzionamento della mente. All'interno della quale, come in un organismo perfetto, si trova sia la domanda che la risposta.
RispondiEliminaQuando tu parli di lavoro dei campi dici una cosa giusta perchè senza quello nulla si può ottenere, però il germe doveva essere presente in te. L'alternativa a questo, evenienza ancora più spettacolare, potrebbe essere quella della serie di eventi che "modificano" l'assetto esistente e creano quello che prima non c'era.
Mi spiego: noi sappiamo che esistono eventi in grado di modificare in maniera permanente la nostra vita. Quello che mi domando è se esiste un grado di modificabilità dipendente dalla struttura già esistente (l'individuo con il suo cervello) oppure se ognuno di noi può diventare quello che vuole (dipendentemente dall'impegno che profonde).
Personalmente propendo per la prima ipotesi. Una struttura esistente che permette un certo range di sviluppo, ottenibile comunque con grande lavoro. Sul tema della maturità precoce, parliamo del livello intellettuale, spesso si accompagna invece a una giovinzza che permane anche in tarda età nell'aspetto fisico e soprattutto nel comportamento.
Proprio ieri riflettevo su una cosa e cioè sul ruolo della corteccia frontale nella maturità del soggetto, il fatto cioè che sia un freno all'esuberanza e alla rigidità comportamentale mediata dagli ormoni. E infatti quest'area cerebrale si completa dal punto di vista delle connessioni proprio intorno ai vent'anni, proprio là dove, se non ci fosse, l'individuo deborderebbe verso l'istintivo, un po' come succede ai nostri cugini primati.
Cosa c'entra questo con il tema e con il tuo profondissimo commento ?(quello di B e il tuo sono migliori del mio post)
La vergogna la vedo come uno dei requisiti per controllare i gruppi molto estesi, fa parte delle preprogative delle strutture cerebrali di controllo (vedi il caso Phineas Gage) e in definitiva sposta l'asse dei comportamenti umani possibili. Solo da quel versante io credo si possa scorgere il frutto della conoscenza.
Ora non resta che unire insieme i tre aspetti: neotenia (che comporta anche le cose dette, maturità mentale precoce, aspetto giovane, capacità di mutare opinione), vergogna, conoscenza.
Alcune cose che leggo,e da come le capisco, mi rattristano alquanto.
Un'ultima considerazione sulla tua ottima citazione sartriana: già Fenichel afferma che quando non vede, l'individuo pensa anche di non essere visto, a conferma della relazione tra la soggettività e la perdita di controllo alla visione altrui, e non soffre di vergogna. Quale mediazione si manifesta quindi nell'apprendimento del linguaggio simbolico, unico in grado di trasmettere queste sensazioni, e quale concetto vi si cela?
Paopasc
Caro Paopasc,
RispondiEliminaleggo solo adesso il commento profondo e toccante del carissimo amico Gaetano, per il quale nutro una stima immensa.Volevo lasciare un commento anch'io, ma davanti alla bellezza di quanto ha scritto, all'improvviso non so proprio cosa dire,mi sento inadeguata, non mi sento all'altezza. Avverto come una sorta di profondo turbamento, di confusione,un irrigidimento tale da sentirmi pietrificata. Vorrei semplicemente sprofondare o sparire!
Ciao
maria.I
cara Maria
RispondiEliminaio penso che quando Gaetano leggerà queste tue rughe se ne dispiacerà, perchè l'intento dello scopritore, quale lui è, è la conoscenza, e la conoscenza è condivisione e non trattenimento.
Il rispetto per le persone e i loro sentimenti è una questione essenziale, perciò non ti forzerò, ma sappi che ai tuoi commenti, al tuo stile e al tuo livello non manca niente. Diversità è il nome della manifestazione dell'intelligenza, per cui si può essere intelligenti e sensibili non in un solo modo, e ogni modo ha pari dignità.
Coraggio...
Grazie,Paopasc!
RispondiEliminaBuonanotte
maria. I
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RispondiEliminaTorniamo al tema della riparazione del sé, dopo esserci intrattenuti tanto sulla vergogna così bene eviscerata dal caro Gaetano.
RispondiEliminaE’ indubbio che ognuno di noi mette in comune i risultati della propria esperienza personale che può essere molto diversa da quella altrui e quindi si esprime in base alla propria visione del mondo e delle cose.
Vedi, io non riesco, ad esempio, a condividere le mie cose private, soprattutto se dolorose, come riesce a fare Gaetano (lo ammiro enormemente per questo), o le mie traversie esistenziali in un commento ad un post.
Semplicemente mi riesce spontaneo ascoltare o meglio leggere, nel caso del web, che è l’equivalente dell’ascoltare. Questa specie di disposizione fa sì, nelle relazioni in presenza, che io sia oggetto di molte confidenze da parte di amici e conoscenti. Nella mia professione di insegnante ciò mi aiuta molto perché la capacità di ascoltare, nel mio lavoro, è fondamentale.
Ma ho divagato! Torniamo alla riparazione del sé. Come ha sottolineato B penso che auto ripararsi sia molto diverso dal reinventarsi. Nel caso succitato della morte di un figlio penso che reinventarsi sia pura utopia. Proprio oggi ne ho parlato in presenza con una mia carissima amica che si trova in questa situazione.
Mi diceva che ad un certo punto si è trovata di fronte ad un bivio: spararsi un colpo alla testa o continuare a vivere. Ha scelto di vivere, ma non si è reinventato un bel nulla! Ha ripreso i mille cocci della sua esistenza e li ha cuciti insieme. Non sa se i cocci terranno…
(continua)
Ora Pa, io non so se questo si possa considerare, alla luce del tuo post e della lettura da te citata, come riparazione del sé, ma è certo che la personalità è qualcosa di molto complesso e che il sé ha molte risorse.
RispondiEliminaPenso che gli eventi dolorosi non ci facciano risorgere dalle nostre ceneri come arabe fenici, ma che tutto rimane dentro e viene rielaborato con meccanismi in parte ancora sconosciuti. Questa rielaborazione porta ad una sorta di riparazione delle falle che si sono create come conseguenza di tali eventi.
Una decina di anni fa, vissi, in seguito ad un evento drammatico, un intero anno in un tunnel nero. Sentivo dei colpi tremendi dentro. Il dolore era tangibile come qualcosa di fisico che ho anche somatizzato in modi diversi. In me avveniva una lotta immane, eppure continuavo con la mia solita vita apparentemente.
Lottavo con tutte le mie forze per uscire dalle spire. Ricucii con fili di acciao le ferite e con fatica riuscii a farcela. Ma non mi sono reinventato nulla. Sono la stessa di sempre con la memoria viva di quello che è stato e che fa parte integrante del mio “sé”.
Ho l’impressione che il cervello attui, in determinate circostanze cruciali, dei meccanismi di autoregolazione affettiva che portino ad una sorta di organizzazione del sé.
Tale capacità penso sia fondamentale per lo sviluppo della mente in età infantile, ma che sia altrettanto importante per l’equilibrio del sé in età adulta.
Se non ricordo male, l’emisfero destro del cervello interviene nei meccanismi di regolazione affettiva…per cui sentimenti come la vergogna, già citata, ma anche altri come la paura, la rabbia e la disperazione, per così dire disregolati, possono essere in qualche modo regolati.
In questa attività, Pa, non potrebbero rientrare i meccanismi della riparazione del sé?
@Annarita
RispondiEliminaCarissima,
mi ha molto colpito il tuo bellissimo commento,soprattutto quello che hai detto della tua amica.
A lei e a tutte le madri che vivono quest'immenso dolore va questo mio pensiero. Avevo sedici anni quando l'ho scritto,per una mia insegnante che aveva perso il suo unico figlio,della mia stessa età di allora, ma lei non l'ha mai letto:
Pianto di una madre
Madre , che piangi
il tuo figliuol perduto,
crudele è la morte
che l’ uomo distrugge
e immenso il dolore
che lascia nel cuore.
Ovunque guardi
empietà tu vedi,
sola ti senti
e non hai più fede
in chi vuol starti
vicino e consolarti.
Le parole son vane ,
egli più non torna.
Ma se al cielo guardi ,
tu lo vedi.
Ti sorride,
per volere divino,
con la bellezza
del cielo sereno.
Se negli occhi di
un bambino,
solo per la via ,
ritrovassi un dì
la sua dolcezza,
sorridi, o madre,
bacia quel bimbo
e grida:
ecco mio figlio.
La mia professoressa dopo alcuni anni adottò una bambina, diventata poi anche mia alunna.
Forse anche in queste parole c'è una risposta!
Ti abbraccio
maria
Considera Anna che l'idea della riparazione del sè non è soltanto un processo cognitivo. Io credo anzi che la maggior parte del processo segua strade automatiche alle quali si accoda la coscienza "giustificando" le nostre azioni. Così, nel caso da te descritto, si combatte una guerra emotiva all'interno del soggetto, in cui il sentimento, o la somma di sentimenti, più forte, vince e la coscienza poi si auto-spiega perchè. Non che la nostra coscienza non intervenga, ma lo fa sempre attraverso la creazione di contenuti emotivi. Io credo che difficilmente qualcuno rinuncia a un proposito di suicidio per "semplice" calcolo razionale. C'è sempre un portato emotivo.
RispondiEliminaL'intreccio delle due condizioni (ragione-emozione) crea la complessità dei nostri comportamenti, rispetto, per esempio, a quello che potrebbe fare un cane (e che, tra l'altro, a noi piace -filogeneticamente- appunto perchè "sincero" non "tendente all'inganno").
Perchè è così difficile riparare?
Forse perchè, naturalmente, ci piace la sincerità dei sentimenti. Ma anche il dolore è sincero. Per vincere il dolore occorre mentire, però, e su quella menzogna ricostruire. Il problema della ricostruzione è legato fortemente alla COSTRUZIONE. Un edificio tozzo e basso è difficilmente abbattibile. Un edificio complesso e sviluppato in altezza invece lo è. E noi siamo questo secondo edificio. Comunque ritornerò sull'argomento. Intanto grazie per questo tuo bellissimo commento.
Grazie Maria per questo tuo delicato e intenso componimento giovanile. Vedi che certe disposizioni si osservano da piccoli. In questo caso la riparazione è uno spostamento affettivo. Interessante è però l'aspetto che lo spostamento non elimina l'affetto e il dolore originari ma li placa. La quantità affettiva che doveva essere indirizzata trova un soggetto su cui posarsi. Ma la coscienza secondaria non può far finta di niente.
Sono perfettamente d'accordo, Paopasc, e sono certa che quella bambina, nonostante gli sforzi sovrumani e l'affetto straordinario di quella madre, abbia sempre sentito inconsciamente la presenza del fratello, mai conosciuto.
RispondiEliminaGrazie di cuore, Paopasc.
Ciao.
maria I.
Carissima Maria,
RispondiEliminati ringrazio per aver condiviso questo toccante componimento giovanile. E' un periodo strano quello che sto vivendo in questo periodo. Quando ritorno alle origini mi succede a volte di ripercorrere, in brevi attimi, momenti di vita vissuta e apparentemente confinata in qualche cassetto della mente.
Il figlio della mia amica era anche mio alunno...
Ti abbraccio
Grazie, Pa, di aver risposto ad alcuni miei interrogativi.
RispondiEliminaLa materia è molto ardua! Ritorna sull'argomento...ci conto.
cara Maria
RispondiEliminaio penso che quando Gaetano leggerà queste tue rughe se ne dispiacerà, perchè l'intento dello scopritore, quale lui è, è la conoscenza, e la conoscenza è condivisione e non trattenimento.
Il rispetto per le persone e i loro sentimenti è una questione essenziale, perciò non ti forzerò, ma sappi che ai tuoi commenti, al tuo stile e al tuo livello non manca niente. Diversità è il nome della manifestazione dell'intelligenza, per cui si può essere intelligenti e sensibili non in un solo modo, e ogni modo ha pari dignità.
Coraggio...
Vedi Gaetano che anche io ho un'ambizione, penso già fin troppo chiara a chi qualche volta mi onora di leggere questi articoli rinsecchiti, che sarebbe comprendere il funzionamento della mente. All'interno della quale, come in un organismo perfetto, si trova sia la domanda che la risposta.
RispondiEliminaQuando tu parli di lavoro dei campi dici una cosa giusta perchè senza quello nulla si può ottenere, però il germe doveva essere presente in te. L'alternativa a questo, evenienza ancora più spettacolare, potrebbe essere quella della serie di eventi che "modificano" l'assetto esistente e creano quello che prima non c'era.
Mi spiego: noi sappiamo che esistono eventi in grado di modificare in maniera permanente la nostra vita. Quello che mi domando è se esiste un grado di modificabilità dipendente dalla struttura già esistente (l'individuo con il suo cervello) oppure se ognuno di noi può diventare quello che vuole (dipendentemente dall'impegno che profonde).
Personalmente propendo per la prima ipotesi. Una struttura esistente che permette un certo range di sviluppo, ottenibile comunque con grande lavoro. Sul tema della maturità precoce, parliamo del livello intellettuale, spesso si accompagna invece a una giovinzza che permane anche in tarda età nell'aspetto fisico e soprattutto nel comportamento.
Proprio ieri riflettevo su una cosa e cioè sul ruolo della corteccia frontale nella maturità del soggetto, il fatto cioè che sia un freno all'esuberanza e alla rigidità comportamentale mediata dagli ormoni. E infatti quest'area cerebrale si completa dal punto di vista delle connessioni proprio intorno ai vent'anni, proprio là dove, se non ci fosse, l'individuo deborderebbe verso l'istintivo, un po' come succede ai nostri cugini primati.
Cosa c'entra questo con il tema e con il tuo profondissimo commento ?(quello di B e il tuo sono migliori del mio post)
La vergogna la vedo come uno dei requisiti per controllare i gruppi molto estesi, fa parte delle preprogative delle strutture cerebrali di controllo (vedi il caso Phineas Gage) e in definitiva sposta l'asse dei comportamenti umani possibili. Solo da quel versante io credo si possa scorgere il frutto della conoscenza.
Ora non resta che unire insieme i tre aspetti: neotenia (che comporta anche le cose dette, maturità mentale precoce, aspetto giovane, capacità di mutare opinione), vergogna, conoscenza.
Alcune cose che leggo,e da come le capisco, mi rattristano alquanto.
Un'ultima considerazione sulla tua ottima citazione sartriana: già Fenichel afferma che quando non vede, l'individuo pensa anche di non essere visto, a conferma della relazione tra la soggettività e la perdita di controllo alla visione altrui, e non soffre di vergogna. Quale mediazione si manifesta quindi nell'apprendimento del linguaggio simbolico, unico in grado di trasmettere queste sensazioni, e quale concetto vi si cela?
Paopasc
Si infatti ho gia scelto ....il prescelto è stato contattato via mail ...
RispondiEliminaadesso lo cerco per me ...non sara' cosi facile io sono molto esigente !!! :)
ciao ne !!
Cara Anna, non fa bisogno nemmeno di chiederlo, ci vuole sicuramente un grandissimo coraggio per affrontare queste evenienze, ma anche per altre.
RispondiEliminaSul medico (pur essendo personalmente favorevole a un aborto selettivo in questi casi, ma nell'ottica del figlio soprattutto) dico che come minimo ha perso una buona occasione per tacere e in secondo luogo che il compito del medico è difendere la vita non offenderla.
Il provare vergogna per un figlio con handicap è ovviamente un risultato della nostra società basata sulla perfezione, specie quella trasmessa dai sistemi di telecomunicazione. Esiste un modello di perfezione cui dobbiamo tendere e il mezzo per ottenerla è l'acquisto dei prodotti e l'adesione ai comportamenti imposti. Lo dimostra, tra le altre cose, l'utilizzo sempre più accentuato della chirurgia estetica a scopo migliorativo, in cui si segue un ideale di bellezza artificiale.
In una società del genere come non sentirsi inadeguati se non si possiedono quiegli standard?
La questione poi non riguarda solo l'essere come i conformismi estetici richiedono (perchè spesso chi ricorre al chirurgo non si migliora affatto) ma il "sentirsi" (mercè l'acquisto dei prodotti) come parte di quei conformismi, l'appartenervi.
Non c'è bisogno di dire che non mi riconosco affatto in questo genere di società. Comunque, discorsi sociologiic a parte, mi interessa la dinamica della vergogna e dei sistemi di (auto)riparazione nella speranza che sappiano fornire informazioni sul funzionamento generale.
Grazie del tuo intervento, carissima!
si l'ho letto e francamente pascucci, tu mi inqueti a volte fatico a seguire i tuoi ragionamenti, tipo questo per esempio, se scomposto nelle sue parti essenziali fila bene se però lo osservi nella sua interezza ha qualcosa che sfugge uffff mi fai rilegge reanciora una volta?
RispondiEliminaIl sè può essere riparato? Non saprei, Paopasc, però bisognerebbe come prima cosa capire che necessita di riparazioni.
RispondiEliminaSe non raffredda e produce solo ghiaccio, c'è qualcosa che non va. Se non emana tepore autunnale, ma fa stare nell'umido e rigido ambiente, c'è qualcosa che non va... Oppure bisogna che ci sia qualche avventore terzo che ce lo dica : questo ambiente è inospitale, questo aggeggio non funziona: cosa aspetti a ripararlo?
La vergogna è un argine necessario, mutabile con gli usi e costumi, ma forse in parte atavico. E' un argine e non invece una semplice siepe, è un argine naturale, per non dire una diga artificiale.
Oppure è uno scoglio, per frenare il mare, che è un fiume molto più romantico.
Non so come sarei nei tuoi panni, Paopasc, se avrei consapevolezza delle mie/tue pubenda...
Però volevo chiederti: ma perchè sposti sempre le tue domande metaforiche, le tue curiosità condivisibili dal piano speculativo/scientifico a quello comportamentale/sociale? Perchè introduci sempre l'elemento sociologico/etico? Perchè parli sempre di civiltà, di regole?
Vorrei una chiave inglese per ripararti, per farti stare al ritmo iniziale, certe volte (anche se non sono un meccanico). O forse è soltanto che ho salato le lezioni sul motore a scoppio, quando davo la patente (sarà per questo che non so guidare?).
O forse è che tu mi inganni con le tue intelligenti elocubrazioni astratte, per poi convincermi a votare per te?
Ma se non ti candidi mai, è facile per me dirti: Io ti voterei!
Possiamo mentire entrambi in eterno: tu a millantare degli ideali in comizi a porte chiuse, e io a darti la mia approvazione pubblica nel segreto dell'urna.
Chiariscimi il concetto di Onestà, che forse è più difficile fare dei paragoni tra gli Umani e gli Scimmioni.
Era bello il post, però.
B
accidentio che lungo post vabbè dai mi co metterò d'impegno e lo leggerò va bene?
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