lunedì 29 novembre 2010

Fisiologia delle credenze: Benedetto XVI - Luce del mondo

Luce del Mondo - Benedetto XVI
Ai cristiani è stato rinfacciato che la loro religione è un mondo immaginario”. Così Peter Seewald nella prefazione al suo libro intervista a Benedetto XVI Luce del mondo.
Non potevo non soffermarmi su questa affermazione. Sto cercando di definire il mondo conoscitivo della mente umana come un'intersezione di due mondi: uno è il mondo reale, quello nel quale avvengono i fatti della nostra vita più importanti, ma forse solo più vividi, l'altro è appunto il mondo immaginario, quello che, secondo me, ci fa diversi da tutti gli altri animali, quello che ci rende pienamente “umani”.
Non è quindi un insulto o una critica, per come intendo io queste due cose, definire qualcosa o qualcuno “un mondo immaginario”, perchè ritengo che è proprio grazie all'esistenza di questo mondo che sia possibile e sia stato possibile andare al di là della mera realtà delle cose, al di là della pura realtà motoria dei nostri atti conoscitivi.
È solo in quel mondo immaginario che noi possiamo, liberandoci dei legami del reale, pensare e immaginare un mondo che desideriamo, vedendoci come in un film che si svolge nella nostra mente. Insieme all'osservazione dei nostri desideri osservati in terza persona e realizzati in questo mondo immaginario, noi ereditiamo anche un desiderio di sperimentare in prima persona nella realtà ciò che abbiamo visto come osservatori.


I nostri mondi immaginari non sono altro che film o romanzi. Noi ci identifichiamo con il personaggio principale e così ci appassioniamo alle sue vicende, le viviamo un po' anche noi. Ma non è come viverle in prima persona: noi le viviamo in terza persona.
Ora, cosa fa il credente dopo aver creato, con l'aiuto della dottrina, un mondo immaginario a misura del suo Dio? Per tutti coloro ai quali questa creazione piace, il mondo immaginario, pur indispensabile alla formazione dell'apparato cognitivo ed emotivo atto a sostenerla, non è sufficiente. Il mondo immaginario non è quasi mai sufficiente. È pur vero che è un mondo capace di sostenere le nostre speranze e i nostri sogni per un tempo infinitamente più lungo del mondo reale, ma è altrettanto vero che quanto più ci impegniamo a costruirlo nel mondo immaginario tanto più cerchiamo, in qualche modo, di trasferirlo nel mondo reale.
Spesso mi sono chiesto quale sia il segreto per conferire a un proprio sogno una quantità di emozione tale da farne un fenomeno autosufficiente, senza bisogno di essere trasferito nel mondo reale. Il credente in una fede religiosa sembra aver scoperto l'arcano, pur senza saperlo. La maggior parte di chi crede in Dio, indipendentemente dalla religione, ci crede certamente e sicuramente, con tutto se stesso. È uno stato d'animo sperimentabile nel mondo immaginario o deve essere trasferito nel mondo reale, per avere una così intensa dotazione emotiva?
Antonio Ligabue, pittore naif
Un aspetto fondamentale nel far sì che questi mondi immaginari siano dotati di tanto corredo emotivo è rappresentato, da una parte, dalla condivisione all'interno del gruppo di appartenenza. Far parte di un insieme di persone che condividono i tuoi stessi mondi immaginari, e quindi sogni, desideri, aspettative, convinzioni, rende ovviamente più credibile il tutto. Anche l'ampiezza di questo gruppo e la sua diffusione nel mondo reale è un aspetto importante. D'altra parte, è facile notare che anche nel caso opposto, cioè nel caso in cui vi sia un solo sognatore, un solo creatore di mondi immaginari, anche in quel caso, dicevo, si può notare a volte la presenza di una forte dotazione emotiva, che sta ovviamente a significare che l'individuo crede ciecamente in ciò che immagina. In questo caso però, molto spesso, l'individuo isolato autore di questi comportamenti viene preso per pazzo o stravagante. Infatti, chi è il pazzo, se non colui che, unico, crede ad una cosa immaginata (in questo caso da lui stesso). Li definiremmo pazzi, se quelli che credono ad una cosa immaginata fossero milioni? Siamo così abituati ad avere giudizi tranchant sulle persone che non ci periteremmo certo di farlo, sta di fatto che più sovente li chiameremmo esaltati o fanatici, che è un modo demografico di definire chi non la pensa come noi o chi è visto come strano, quando si tratta di molte persone.
Khamenei - Iran
È forse solo questo il limite tra le varie pazzie? Pazzo è l'individuo isolato, esaltate o fanatiche sono le moltitudini.
Pure, io trovo che tutti costoro hanno una cosa in comune, che è comune anche ai sentimenti che proviamo noi in particolari situazioni. Quando abbiamo una convinzione, del genere “esiste un complotto internazionale ai danno di...” oppure “i governi sono gli autori dei misfatti ritenuti invece atti terroristici” oppure ancora “in realtà molte delle imprese spacciate per vere non sono mai avvenute, ci fanno solo credere che si sono verificate”, ecco, io credo che in queste particolari situazioni noi sperimentiamo uno stato mentale simile a quello dei veri credenti, credenti in una fede religiosa o credenti in qualsiasi cosa vogliate.
Siccome parliamo di credenze che per la maggior parte riguardano fenomeni o eventi non osservabili, ipotizzo che queste credenze appartengano al mondo immaginario. È quindi notevole che questi mondi, oltre che come sacche di deposito delle aspettative, come ricettacolo di speranze, la qual cosa ha certamente un suo valore nel migliorarci l'umore, siano anche generatori di quella intensità emotiva, appagante, che noi annettiamo alle cose del mondo reale. Ho scritto appagante non a caso. Queste genere di costruzioni sostenute da un patrimonio emotivo così cospicuo non sono quasi mai vissute come nocive. Anche quando riguardano complotti per modificare la realtà e ingannare le genti, l'avere queste convinzioni, considerarsi gli unici ad aver capito come stanno effettivamente le cose, il volerle diffondere, tutti questi fatti rappresentano aspetti appaganti. Del resto, ritengo che poche persone costruiscono un mondo immaginario costituito di elementi sgradevoli. Se a volte pensiamo a cose spiacevoli ebbene, mi dispiace deludervi, ma quello è esattamente il mondo reale che fa capolino nella nostra testa, anche se non esiste. Se un pensiero che non vogliamo ci turba il sonno, ebbene quello non è un mondo immaginario ma un mondo reale, anche se ciò che pensiamo è perfettamente assurdo o inventato o irreale.
Ma allora, cos'è reale e cos'è immaginario?

Cominciamo a fare qualche distinzione.

dalla rete
Tutto quello che viviamo in prima persona è reale. Se io vi do un calcio in uno stinco, ebbene quella cosa è reale. Viceversa, se io immagino di darvi un calcio in uno stinco, perchè magari mi state antipatici, ebbene quello è un mondo immaginario. Se invece io immagino di aver ricevuto un calcio mentre in realtà non l'ho ricevuto, mi dispiace per voi ma quello è ancora un mondo reale.
Ma, a livello emotivo, come stanno i tre stati descritti? Darvi un calcio reale comporta un'intensa attivazione emotiva, sia in chi dà che in chi riceve; sognare di dare un calcio è appagante, ma mai come darlo effettivamente a chi pensiamo lo meriterebbe per certo; pensare di averlo ricevuto, anche se non è vero, è altrettanto doloroso che riceverlo effettivamente.
Le cose, per il momento, tornano. I mondi reali sono maggiormente connotati dal punto di vista emotivo rispetto ai mondi immaginari. La differenza starebbe in questo: nei mondi reali agiamo sempre in prima persona mentre nei mondi immaginari sempre in terza persona.
Ora, è da notare che il mondo reale non è sempre definibile come mondo connotato emotivamente. Parte del nostro tempo la passiamo senza avere grosse emozioni, anzi, a volte siamo annoiati, stanchi, apatici. Sta di fatto che novantanove su cento siamo in grado di distinguere la realtà dall'immaginario. Ma questo è quello che crediamo noi.
La realtà possiede qualche caratteristica che la rende tale anche in assenza di forti emozioni. Se noi pensiamo che c'è qualcuno che complotta contro di noi, e non è vero, questa convinzione, per diventare “reale” ha bisogno di un sostegno emotivo, rappresentato da risentimento, odio, ripulsa e così via. Così, un mondo immaginario diventa reale quando è sostenuto da un'emozione che fa diventare il nostro soggetto da terza persona nel sogno a prima persona nella realtà. Ma, come detto, la realtà si connota anche per essere, a volte, priva di emozioni: com'è allora che è sempre realtà?
L'ipotesi che faccio, che però ha il difetto di risolvere solo in parte la questione, è questa: la realtà ci coinvolge sempre in prima persona. Anche un sogno durante il sonno è reale, almeno finchè non ci svegliamo, e pur essendo un parto della mente è perfettamente reale. Nel suo mondo, infatti, noi agiamo in prima persona, proprio come nella vita reale.
Anticipazione
Il coinvolgimento in prima persona implica sempre una risposta motoria. Noi anticipiamo e ricostruiamo il mondo nel quale ci muoviamo. Lo ricostruiamo per poterci muovere al suo interno e lo anticipiamo per capire dove andrà a parare. Ognuno di noi sa chi è e cosa fa, dove vive e dove deve andare. Queste conoscenze sono mediate dalla prima persona perchè impegnano l'apparato motorio a prendere decisioni, decisioni basate sulle varie dotazioni emotive dei singoli eventi. Non sempre possiamo scegliere l'opzione che più ci piace, pure il nostro sistema motorio, o meglio, emotorio è sempre sollecitato. Emotorio descrive un atto motorio con un connotato emotivo. Mentre il predatore acquattato sceglie di compiere solo gli atti che desidera, perchè così vuole la natura, noi umani non sempre possiamo scegliere quello che desideriamo, però, allo stesso modo, sia che scegliamo per desiderio sia che scegliamo per obbligo, dobbiamo scegliere: alzarci, vestirci, andare al lavoro o a scuola...fare cose noiosissime.
Nel mondo immaginario questo non avviene. Noi costruiamo in maniera aprioristica il mondo che vogliamo e in quello...ci osserviamo vivere. Non lo viviamo...ci osserviamo e basta. Non possiamo viverlo! Infatti, per vivere un mondo reale, tridimensionale, noi dobbiamo attivare ricostruzione e anticipazione emotorie di questo mondo. Nel sogno notturno ci riusciamo perchè non esiste un'altra realtà a competere con quella che si forma nella nostra mente, ma nel mondo reale il sognare a occhi aperti riceve una competizione pazzesca dalla realtà. Solo distaccandoci da essa noi acquistiamo capacità di vivere in prima persona quello che immaginiamo.
Occorre precisare che anche nel sogno a occhi aperti noi anticipiamo e ricostruiamo. Ricostruiamo l'ambiente nel quale avvengono i fatti e le persone che vi partecipano. Abbiamo anche un'anticipazione emotiva, basata su emozioni positive pregresse, già sperimentate, che rende conto della caratteristica di generale piacevolezza di un sogno.
Manca però il contrasto di scelta che obbliga a prendere una decisione. Nella realtà gli eventi ci incalzano e ci obbligano a scegliere. Questa scelta deve per forza tradursi in un atto, sia motorio che verbale. Anche la semplice urgenza ansiosa delle cose da fare ci riporta al mondo reale: tutto quello che ci chiede di fuggire, risolvere o decidere è reale. Quindi l'ansia per l'esame è reale, e sparisce immediatamente in seguito a una decisione: dare l'esame o mandare tutto al diavolo. Invece, pensare di aver già dato l'esame è un evento del mondo immaginario, perchè si gratifica solo dell'anticipazione proveniente dal pensare di aver superato brillantemente l'esame, ma non risolve in modo duraturo l'ansia, anche se la mitiga.


In buona sostanza.

In buona sostanza chi crede a cose che ha costruito nel mondo immaginario, come il credente in una religione, in un complotto o nella propria genialità, una cosa notevole l'ha comunque fatta: ha incarnato i suoi sogni. Ora è il suo corpo che ci crede, non solo la sua anima. O, per meglio dire, egli trae piacere fisico dal suo mondo immaginario non più immaginario, e lo vive in prima persona. Questo è da sempre il segreto. È anche il segreto di alcune patologie della mente, come la paranoia, il disturbo paranoide, qualcosa di simile a quello di cui soffriva Godel.
Nei prossimi articoli cercherò di capire come avviene.

Ultima notazione: questo post era nato come recensione del libro di Benedetto XVI Luce del Mondo. Già alla prima riga ci ho scritto un papiro di roba. Se tanto mi dà tanto...
Comunque, scherzi a parte, ho acquistato il libro per conoscere il punto di vista del papa su alcuni temi, come l'omosessualità, la contraccezione, l'eutanasia, per esempio. E ne parlerò prossimamente. (A chi interessa)

2 commenti:

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