lunedì 29 novembre 2010

Il fondatore di Wikileaks, Assange, ha fatto bene o male a pubblicare questi documenti?

Ce n'è per tutti, in questa prima tranche di documenti riservati raccolti da Wikileaks e pubblicati in giro per il mondo, da Der Spiegel al New York Times, dal Guardian a El Pais. Un titolo di El Pais dice addirittura "Washington ordinò di spiare l'ONU". 
E' la solita paura degli Stati Uniti, quella di avere o vedere nemici dappertutto. Certo che, se avevamo qualche dubbio, in parte ce lo siamo tolto: la politica non è così diversa dalle beghe condominiali. Ci si abbraccia e bacia in pubblico e ci si accoltella alla schiena subito dopo, in privato. Uno spaccato delle relazioni politiche? Oppure uno spaccato delle relazioni umane? La Cina che avrebbe cercato di intromettersi nei sistemi informatici di Google, a quanto dice il New York Times (NYT), o ancora il vice presidente afgano scoperto negli Emirati Arabi con 52 milioni di dollari in contanti, sempre a quanto afferma il NYT,  Ahmadinejad come il nuovo Hitler e le pressioni per isolare Teheran. Emerge anche prepotente il ruolo marginale assegnato all'Europa, forse perchè amica e poco pericolosa, ininfluente. E' insomma il mondo che sospettavamo, fatto di sotterfugi, di arricchimenti, di tentativi di sopraffazione, di malignità. Il solito schifo.
Forse gli Stati Uniti, in virtù della loro predominanza militare, avvertono più di altri il rischio dell'aggressione, si sentono come lo sfidante principale di ogni Stato che voglia scalare le gerarchie internazionali, sarà per questo o sarà per quello sta di fatto che l'America ha la fissa del controllo, la pretesa, forse più di ogni altro, di sapere tutto di tutti, di spiare anche gli alleati, perchè non si sa mai.
Poi, però, c'è anche l'altro risvolto. Sarà anche vero che l'America è diffidente e sospettosa, che ha un nemico infido e pericoloso come il terrorismo (certo, non solo lei) ma, a quanto si potrebbe dedurre da questa serie di rapporti confidenziali inviati dalle sedi diplomatiche americane sparse in giro per il mondo, ci potrebbe essere anche un substrato politico che autorizza, a volte, questi sospetti. 
Forse, quello che non emerge direttamente ma indirettamente da questi documenti, è un retroterra che , anche se non appare negli scritti,  è una concausa della necessità americana di spiare, redigere, controllare.
Insomma, almeno per l'occidente, gli Stati Uniti sono il baluardo. Lo sono stati durante la guerra fredda e lo sono anche adesso, che sono mutati gli attori in gioco. Però, alla stregua del chihuahua che si fa amico del bulldog e da lui si fa difendere, può capitare che il bulldog, ogni tanto, diffidi del suo protetto amico, e ne spii le mosse.
Un vecchio detto dice "dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io", che può essere in questo caso opportunamente corretto con un "dai nemici mi guardo io e dagli amici pure".
Conseguenze diplomatiche? Consiglio uno stratagemma, in parte già adottato: si crei un "nemico" comune. In questo caso non è troppo difficile capire chi è questo "nemico" comune.
Del resto, non abbiamo certo a che fare con colombe, come si dice, è tutta gente con il pelo sullo stomaco. Questo genere di disavventure fanno parte del corpus di atteggiamenti mentali dei politici mondiali, e così non ci fanno molto caso. Pubblicamente si offendono, ma poi accettano la situazione perchè, magari, qualcosa di vero c'è. Però, nel profondo, queste cose agiscono, rinforzando il cinismo e la slealtà.
L'uomo di mondo dirà: ebbene? che novità sarebbero, queste? Chi è che si aspettava una politica fatta di fiducia reciproca senza un minimo di controllo? Un ingenuo! La politica è così da sempre. E' materia per complottisti questa, è carne al fuoco per i sospettosi, per chi vede sempre un dietro alle cose.
Detto tutto questo, in maniera se vogliamo anche banale, sulla doppiezza degli uomini, sulla inaffidabilità delle amicizie, insomma detto tutto l'armamentario di frasi fatte sulle relazioni tra umani c'è un altro aspetto da considerare. Ma Assange, ha fatto bene o male a pubblicare tutti questi documenti riservati?
Ho due risposte.
Una dice che ho un qual certo pudore a leggere la corrispondenza degli altri, a sbirciare nei loro diari, a scoprire i loro segreti, per un indefinito senso del ritegno, del rispetto altrui, mal riposto a quanto sembra. Non per l'effetto destabilizzante invocato da alcuni, forse inesistente o comunque assai limitato, ma per una sorta di rispetto dovuto alla cosa pubblica, nella (forse errata) convinzione che i governanti agiscano per il bene pubblico.
Un'altra dice che il prezzo da pagare per detenere il potere in modo democratico è questo: accettare anche l'illecito di chi sgraffigna i tuoi segreti, e li mostra. E' un deterrente? In parte si. E' una spada di Damocle? Come la libera stampa, come la libera diffusione, e in questo la rete è un mirabile esempio, nel senso che questa volta è il web a fare la notizia, trascinandosi dietro la carta stampa e una riluttante televisione, pubblicare documenti riservati, anche se moralmente eccepibile, non riesco a non vederlo come un processo che rafforza la democrazia. E non solo in questo specifico caso, nemmeno così eclatante. In senso generale: il potere è qualcosa che inebria, che può far dimenticare il contatto con la realtà, può far vivere in un mondo immaginario in cui avviene tutto quello che vogliamo e desideriamo (cioè quello che vogliono e desiderano i potenti). Fenomeni come Wikileaks servono a strattonare costoro, a riportarli nel mondo reale, li costringono a rendersi conto che sono soltanto dei nostri rappresentanti, non dei regnanti eterni.





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1 commento:

  1. ha fatto benissimo a pubblicarli,credo che anche noi umili mortali abbiamo diritto di conoscere un pò di gossip diplomatico.

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