Da una discussione su Facebook con l'amica Emanuela Zerbinatti di Arte e Salute, a proposito di questa notizia Milano: 120 gatti uccisi con macabro rituale da serial killer, nascono queste riflessioni sul concetto di diritto e di dovere. Per chi voglia leggersi i commenti su Facebook, sono a questo indirizzo.
Ecco i primi 5 articoli della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2
1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.
Chi volesse leggere tutta la Dichiarazione per intero può andare qui.
L'idea sulla quale voglio provare a sviluppare un ragionamento è questa: è pur vero che noi abbiamo, giustamente, sviluppato un sistema giuridico che tiene conto di alcuni inalienabili diritti dell'uomo, definiti diritti universali, però anche questi diritti universali cedono quando sono contrapposti a un'altra cosa.
Tra i diritti inviolabili vi è quello alla vita. Capita che però questo stesso diritto debba fronteggiare situazioni paradossali: di fronte a qualcuno che vuole ucciderti è lecito privarlo della sua vita, a scopo di legittima difesa.
Si dirà: sempre il diritto alla vita viene garantito, rispetto a qualcuno che voleva privartene. Però non mi torna. Il diritto alla vita prevede la violazione del suo stesso dettato? Cioè, detto altrimenti: il diritto alla vita è talmente forte che prevede che qualcuno, la cui vita è messa in pericolo, possa violarlo senza essere accusato di incoerenza e, soprattutto, di omicidio?
Ma questo non potrebbe significare che il godimento dei diritti universali prevede l'adozione di doveri universali, anche se non in via esclusiva?
Mi spiego.
Bambini, anziani, disabili e animali godono di diritti universali assoluti come li godiamo noi. Ammettiamo che un bambino causi la morte di qualcuno. Chi lo priverebbe del suo diritto alla libertà condannandolo? Ancora. Ammettiamo che un bambino di pochi anni, poniamo di 3 anni, ci minacci con un revolver carico. Ipotizziamo che abbiamo anche noi una pistola: sarebbe giustificabile uccidere il bambino invocando la legittima difesa? Non riesco a rispondere.
Ad altre domande magari si. Se colui che mi minaccia è un adulto senziente, che volontariamente mette a rischio la mia vita, è lecito per me privarlo della sua. In questo caso, il mio potenziale assassino ha violato un dovere universale che sta dietro il diritto universale omologo: non privare, per primo (o non mettere a rischio per primo), gli altri della propria vita. Se tu violi il mio diritto alla vita sono giustificato ad ucciderti. Dunque, ne concludo che il diritto alla vita è si universale, ma fin tanto che qualcuno non lo viola.
La questione la si può leggere anche in un'altra forma: il diritto alla vita è talmente cogente che non soffre (sotto opportune condizioni) di incoerenza.
Il tema della discussione su Facebook ruotava attorno all'idea se i diritti richiedano eguali doveri, per essere goduti, oppure se i diritti, definiti appunto universali, possano essere goduti anche senza l'osservanza dei doveri (come capita, per esempio, a bambini, disabili e anziani).
La legge e la dichiarazione fanno però un'importante distinzione.
Il godimento dei diritti universali vale senza contropartita fino a che tu sei un vivente incapace di intendere e volere. La semplice esistenza in vita ti fa portatore di tutti questi bei diritti. Quando però acquisti la capacità di intendere e volere (uso la definizione giuridica, in assenza di una neuroscientifica), acquisti anche l'obbligo di contraccambiare questo diritto. Non sei più un semplice utilizzatore passivo di diritti, diventi un utilizzatore attivo. Infatti, torniamo all'esempio di prima. Se il bambino preme il grilletto e mi uccide chi penserebbe di processarlo?
- I neonati e i bambini godono di tutti i diritti senza obbligo di ricambiarli.
- Anche i malati di mente godono di tutti i diritti senza obbligo di ricambiarli, però se violano alcuni diritti ne perdono altri (cioè, se uccidono perdono la libertà e vengono ricoverati in istituti), allo scopo di garantire la sicurezza degli altri. In pratica sono equiparati agli adulti senzienti, ma solo nel senso di impedirgli, loro malgrado, di nuocere. E' una supplenza, non una pena.
- Gli adulti senzienti godono di tutti i diritti, con l'obbligo però di ricambiarli. L'obbligo di ricambiarli è un dovere che si manifesta sia in modo attivo (mi comporto in modo da rispettare i diritti altrui) che in modo passivo (mi astengo dal mettere in pericolo la vita altrui). Se un adulto senziente attenta alla tua vita perde il diritto universale alla vita, nel senso che, per difendermi, posso privarlo della sua.
Si osservano deroghe a questa ultima constatazione? Esiste qualcuno che potrebbe criticarmi se, per salvare la mia vita da un'ingiusta aggressione, privo l'aggressore della sua?
Però, nonostante tutto, c'è una sottile differenza nel godimento universale dei diritti (senzienti e non senzienti) , anche se non li ricambi: non li perdi se non li violi.
L'escamotage sta in questo. Il diritto universale è inalienabile ma non inviolabile. Nel senso che io posso violare la norma che prevede il diritto alla vita, posso privarti della vita, ma insieme alla privazione della vita non posso toglierti il diritto che avevi. In base a quella inalienabilità io posso processare e condannare chi ha violato la norma.
Quando qualcuno minaccia la mia vita senza che io abbia minacciato o intenda minacciare la sua, sono di fronte a una violazione del diritto, del mio diritto in particolare. Questo fatto mi autorizza a rendere alienabile il suo diritto alla vita, alienabilità che si manifesta con la legittimità della difesa (ovviamente commisurata all'offesa).
Chi viola il mio diritto perde l'inalienabilità del suo, questa la sintesi del discorso. Affinchè però questo sia possibile non deve darsi la condizione dell'infante. L'infante, siccome non intende violare il mio diritto non perde l'inalienabilità del suo.
La direzione in cui si procede è questa: io posso violare il tuo diritto; ma questo ti autorizza (momentaneamente) ad alienare il mio diritto. Io non posso alienare il diritto degli altri, posso tutt'al più violarlo, privandoli della libertà, della vita e così via. L'alienazione dei diritti proviene solo dopo la violazione di quei diritti: è un super requisito di cui può godere solo chi sia privato dei suoi diritti. Questo è perchè l'alienazione è un procedimento più forte della violazione ed è giustificato usarlo solo in condizioni di attentato ai diritti. Dopo aver alienato il tuo diritto posso violarlo senza incorrere nei rigori della legge.
Nei sistemi democratici
- Violare è un delitto
- Alienare è una difesa, segue sempre una violazione
- Dopo l'alienazione, la violazione non è più un delitto
Nei sistemi non democratici
- Alienare è il presupposto per violare
- L'alienazione prima della violazione è una violazione
Il mio intervento ha bisogno di un seguito, altrimenti si ha quasi la convinzione, se ha sostegno quel che ho argomentato, che la scienza, e dunque la neuroscienza che a te sta a cuore, sia fuori causa, invece non è.
RispondiEliminaHo rilasciato un commento da Annarita su Matem@ticaMente in risposta al post "Bhaskara I E Una Dimostrazione Del Teorema Di Pitagora" di Aldo Bonet, che fa capire come sia preziosa la ricerca sulle cose del passato. E, ovviamente, dell'uomo che vi si avventura,al limite, in modo speciale da “trickster”.
Vai a questo link: http://lanostramatematica.splinder.com/post/24271300#more-24271300
Gaetano
Il mio intervento ha bisogno di un seguito, altrimenti si ha quasi la convinzione, se ha sostegno quel che ho argomentato, che la scienza, e dunque la neuroscienza che a te sta a cuore, sia fuori causa, invece non è.
RispondiEliminaHo rilasciato un commento da Annarita su Matem@ticaMente in risposta al post "Bhaskara I E Una Dimostrazione Del Teorema Di Pitagora" di Aldo Bonet, che fa capire come sia preziosa la ricerca sulle cose del passato. E, ovviamente, dell'uomo che vi si avventura,al limite, in modo speciale da “trickster”.
Vai a questo link: http://lanostramatematica.splinder.com/post/24271300#more-24271300
Gaetano
Si lo so Gaetano che è un po' arrampicarsi sugli specchi. Intanto ti ringrazio delle tue parole.
RispondiEliminaComprendo, forse, a cosa vuoi arrivare. Stante l'impegno a definire la norma sulla quale appoggiare la definizione di diritto, magari pure giusta e accettabile, tu dici esservi una normatività del cuore, o della mente, che fa superare istantaneamente le secche della ragione, e fa comprendere ciò che è giusto o sbagliato.Pure ho dei dubbi. Non tanto sull'afflato personale, che può essere buonissimo, quanto sul rischio che pure un afflato buonissimo racchiuda in sè il germe dell'assolutismo. La soluzione non è in un relativismo spinto ma, probabilmente, in un avvicinamento spirale all'ottimo, nella consapevolezza che forse non lo raggiungeremo mai. La discussione e la riflessione rappresentano un modo per raggiungere gli obiettivi, perchè sottopongono delle buone idee al vaglio di altri. Non è forse la scienza questo? Le idee di Newton, pure superate in parte, sono comunque il piedistallo dal quale partiamo, e sono servite per le idee venute dopo.
Il mio tentativo di definizione, per ora filosofica, apre però la strada a un tentativo di spiegazione neurofisiologica, quest'ultimo più radicato e giustificabile con la nostra natura umana.
Come sempre, i tuoi commenti, caro Gaetano, aprono mondi.
(ps. purtroppo il blog di Anna, su Splinder, è un'altra volta in manutenzione...)