giovedì 26 maggio 2011

Personalismo e ideologia: centrodestra e centrosinistra

La passione, per sua natura analitica, 
lascia il posto all'ideologia, per sua natura sintetica 
(Pier Paolo Pasolini, Passione e ideologia)



C'è un aspetto interessante che divide i due maggiori schieramenti politici che, molto sinteticamente, potremmo definire così: il centrodestra possiede una forte componente personalistica  che invece sembra mancare quasi del tutto nel centrosinistra.
In questo modo sembrano anche comprendersi meglio le due diverse strategie di competizione politica: da parte del centrosinistra vi è una certa focalizzazione sul Cavaliere, come condensato di politico borderline quando non francamente atipico, legata, per esempio, al conflitto d'interessi, ai suoi numerosi processi e alle leggi varate al riguardo, definite leggi ad personam nonché alla sua proprietà di testate giornalistiche e televisioni (anche se per interposta persona); da parte del centrodestra si punta il dito su questa persecuzione giudiziaria di Berlusconi, classificandola come un tentativo estremo di liberarsi di un avversario politico con sistemi definiti non-politici e si stigmatizza -come sta succedendo in queste ore nella campagna per il sindaco di Milano- e si paventa lo spauracchio della sinistra estremista, di un comunismo caricaturale che, se mai è esistito, certamente adesso è in via di estinzione.
Questo modo di affrontarsi riflette i diversi atteggiamenti presenti nei due schieramenti: molto centrato su Berlusconi il centrodestra, soprattutto nella componente del PdL e altrettanto centrata su Bossi la Lega, quanto pieno di leader potenziali o effettivi e più caotico il centrosinistra (o quel raggruppamento eterogeneo che va sotto il nome di centrosinistra).
Il centrodestra è, diciamo, più irriggimentato, mentre il centrosinistra è più inquieto e con maggiore indipendenza di giudizio.
Queste diverse caratteristiche si riflettono anche nell'elettorato, nella stratificazione sociale che compone i simpatizzanti dell'uno o dell'altro schieramento?
La strategia personalistica permette di mostrare all'elettore una compagine più unita. L'unità all'interno del partito o della coalizione si basano sull'autorità personale del (o dei) leader. Nel caso di Berlusconi questa leadership si deve, per sua stessa ammissione, al suo enorme patrimonio. La politica costa e realizzare un partito dal (quasi) nulla in pochi mesi è impossibile senza notevoli possibilità economiche. Diverso il caso della leadership di Bossi, basata sull'aspetto pionieristico del suo impegno politico, sull'essere cioè stato uno dei fondatori, il capo iniziale e quello attuale. Le posizioni dei due leader non vengono mai messe in discussione.


Sorprendenti certe affermazioni, molto convinte, di fedeltà di alcuni leghisti al loro leader. Meno convinte dal punto di vista della condivisione ideologica ma non meno convinte da altri punti vista, quelle nei confronti di Berlusconi.
Completamente diverso il caso del centrosinistra. Già la parcellizzazione dei partiti illustra la situazione, ma anche all'interno di più ampie compagini, spesso, si osservano posizioni diverse,  formazione di correnti e opinioni in contrasto con la linea generale. Questa maggiore eterogeneità, che pure è un tratto distintivo di questa parte politica e anche del suo elettorato, proprio dal suo elettorato è stata spesso contestata ai maggiorenti dei vari partiti della galassia di centrosinistra. Quello che tiene unito il centrosinistra è l'aspetto ideologico (nel suo significato positivo) inteso come insieme di concetti e ideali sui quali si vuole costruire la propria esistenza, come passione politica e sociale.
Si comprende bene come il mettere in primo piano l'ideologia non costringe ad affezionarsi a un capo ma ad inseguire un ideale, una visione del mondo, ad appassionarsi, ad aspirare al proprio riscatto. Dall'altro lato, l'affezione a un capo, stravolge la visione del mondo che finisce per essere unicamente quella del capo, se è sufficientemente abile da saperla costruire.
Queste due aspetti non vanno intesi in senso assoluto e categoricamente ma servono a delineare degli atteggiamenti generali che contraddistinguono due modi di intendere la politica così diversi.
Eppure, anche quello dei due che presenta meno aspetti positivi (cioè quello personalistico) ne ha uno che rappresenta una sorta di asso nella manica: la maggiore coesione dei gruppi dirigenti del partito attorno al capo.
Questa caratteristica, degna di migliori approfondimenti, insegna una cosa sulla politica che riguarda però l'elettore: in sostanza, il fornire riferimenti chiari e precisi, la visione di una realtà certa anche se un po' edulcorata, una certa retorica nell'esprimersi, questi sono alcuni degli aspetti  che maggiormente attraggono gli elettori che non amano i dubbi, le scelte multiple, le incertezze.


La compagine di centrodestra si presenta come portatrice di certezze e come esempio di saldezza e unitarietà interna. Non pone l'elettore nel dubbio, non lo mette di fronte ad una scelta che magari non vorrebbe fare: ma questo candidato sarà un buon candidato? Il candidato è scelto dal partito, che farà la scelta migliore. La vita viene presentata piena di certezze, il futuro è prevedibile, il programma è semplicemente un elenco di cose da fare. Per ottenere un tal genere di fiducia occorre creare una figura nella quale riconoscersi. Due elementi vi concorrono, principalmente: la semplicità del programma, la creazione di un nemico, uno spauracchio.
In questo modo però, la strategia dello spauracchio genera una intera popolazione di persone temibili, antidemocratiche, illiberali, non solo quelle della compagine politica avversa ma anche il suo elettorato.
Se si combatte un modello di vita, una visione delle cose, si combattono anche tutti quelli che vi si ispirano.


Dall'altra parte si assiste ugualmente alla demonizzazione, però in questo caso è centrata su un individuo. Non è l'ideologia retrostante ad essere attaccata ma il referente, il capo, per la sua posizione, come detto, borderline, atipica, per i motivi elencati sopra, e non si mira a screditare tutto un raggruppamento nè tanto meno i suoi elettori.
Diciamo che questi atteggiamenti non sono identificativi di uno schieramento o dell'altro ma di un modo di fare politica: il personalismo. Rispetto all'ideologia, o, se piace di più, agli ideali e alla visione del mondo e della società, il personalismo deve far piacere una persona senza che le sue idee diventino più importanti di lui. In quel caso lì, infatti, sarebbe sostituibile, a patto che rimangano le sue idee. Che è quello che succede alle concezioni politiche.
Per questo motivo il carisma eccessivo tende sempre a mettere in secondo piano le idee a vantaggio del leader. Occorre molta maestria per non incorrere in questo fenomeno. Una spia di questo atteggiamento è quella che tende a rendere credibile il parlante (qualunque cosa dica) più che le sue idee, con il risultato che si finiscono per credere cose normalmente non credibili.
Si noti che questo problema appartiene anche all'ideologia: troppa enfasi va a scapito della capacità critica. In questo caso, però, l'effetto salutare è svolto dall'assenza di un leader incontrastato, il che lascia aperta la strada alla critica.
















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