Dopo aver sentito Travaglio [Servizio Pubblico 17 novembre], che è ormai un modo di dire, parlare di Passera, nuovo Ministro delle Infrastrutture, Trasporti e Sviluppo Economico, del suo passato recente e remoto (ruolo nelle acquisizioni di assets nazionali, stock option autoelargite, e così via), e dopo aver sentito molta gente parlare e scrivere sulle questioni politiche e sociali di questi nostri tempi, dagli indignati agli opinionisti, ecco, dopo aver sentito tutto questo ho pensato che un tratto comune unisce tutto quanto, il vecchio e il nuovo, i politici e i tecnici, i poteri forti e l'establishment culturale: il potere.
E' questa cosa, il potere, quella che tutti inseguono, dai potenti -appunto- ai deboli, cioè noi, il popolino. Ognuno al suo livello, con i propri strumenti e con le proprie strategie, ma tutti lo inseguono.
Purtroppo devo riconoscere che non sono solamente gli ambiziosi, i potenti, i ricchi o quelli che vogliono diventarlo, a ricercare il potere, ma lo ricerchiamo anche noi. Nelle nostre piccole questioni condominiali, in fila a uno sportello, in ambito familiare o sul lavoro, capita molto spesso che, magari inconsapevolmente, tendiamo a ricercare il potere, o meglio a stabilire una gerarchia immediata o magari anche duratura, anche se il più delle volte circoscritta. Purtroppo (o per fortuna) questa è una caratteristica di specie alla quale sovente non riusciamo a resistere; comunque, a volte, capita che usando il ragionamento, si riesce a controllare questa nostra natura e a riusciamo a comportarci in modo più democratico.
Il potere è una condizione nella quale è possibile ottenere il massimo delle risorse disponibili. Attualmente, il potere, a causa dei conflitti sociali sfociati in forme di governo con potere più distribuito, è frammentato e non concentrato nelle mani di un solo individuo, come avviene per esempio nei governi dittatoriali o nelle associazioni criminali. Nelle nostre società diverse forme di potere possono coesistere contemporaneamente senza che nessuna possa influenzare più di tanto le altre. Pure, da quelle posizioni, una volta raggiunte, è possibile avere accesso a una maggior quantità di risorse. Cosa intendo per risorse? In generale intendo tutto quello che passa per la testa.
Mi spiego. Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi, la posizione di potere è ben remunerata. In più, da quella posizione, è più facile avere accesso -direttamente o indirettamente- ad altre possibilità di guadagno.
Ma non è solo una questione di denaro. Il potere consente l'esaudimento di quasi tutte le proprie volontà, permette l'accesso ai migliori partner sessuali, e porta il rispetto e la deferenza di tutti.
Tra gli scimpanzè, per dire, è lo stesso.
James O'Toole, insegnante di Business Ethics, nel libro collettivo Trasparenza [1], racconta un aneddoto che lo vede protagonista. Il razionale è proprio l'oggetto del titolo, la trasparenza, vero elemento indispensabile per combattere l'arcaico demone che batte nei nostri cuori, cioè la ricerca del potere. La trasparenza avrebbe appunto questa capacità, mostrando come si svolgono gli eventi, di permettere un monitoraggio costante di quello che avviene e di poter, conseguentemente, giudicare in maniera informata di quello che avviene.
Dopo aver narrato di qualche oscuro eroe (in molti casi eroine) che pur di fare il proprio dovere rischia il posto di lavoro e la propria incolumità, parla dell'episodio personale
Anche se pochi hanno vissuto in prima persona l'esperienza di dissotterrare frodi e inganni di gravità paragonabile allo scandalo Enron, chiunque potrebbe raccontare storie di rappresaglie da parte di infuriati "cani alfa" che si ha avuto il coraggio di affrontare. Personalmente, ricordo quando osai mettere in discussione, un'asserzione di Donald Rumsfeld durante un seminario a cui partecipammo negli anni Novanta, quando lui era al vertice di una grande impresa. Reagì prendendosela incredibilmente. "Nessuno mette in dubbio ciò che dico! Ha capito?" E nel più serio dei toni, o così mi sembrò, aggiunse: "Non sbaglio mai". Ore dopo, ero ancora parecchio scosso; e in seguito ho saputo che cercò di farmi licenziare.
Leopoldo II image it.wikipedia |
Questo è uno dei vantaggi di ricoprire un ruolo di potere, avere il potere di far succedere cose, avere la possibilità di rimuovere gli ostacoli dal proprio cammino. Ma non è sempre con un'unica strategia che il potere si raggiunge e si mantiene. Racconta un episodio anche Bruce Bueno de Mesquita [2], stavolta però un episodio storico. Leopoldo II, Re del Belgio dal 1865 al 1909, in patria è ricordato come un monarca che, seppure con nostalgie del potere assoluto, realizzò importanti opere per i suoi sudditi: suffragio universale maschile alle elezioni, politiche di libero mercato, istruzione primaria obbligatoria e accesso alla scuola secondaria consentito anche alle donne, proibizione far lavorare i bambini sotto i 12 anni, diritto allo sciopero, e in più strade, ferrovie e via dicendo. Sembrerebbe trattarsi dunque di un buon governante, se non fosse per quello che realizzò in Congo: qui, senza nessun controllo da parte di altri poteri, egli esercitò il potere assoluto. Utilizzò gli uomini delle forze di polizia per accumulare enormi ricchezze legando gli stipendi di questi soldati alle ricchezze che riuscivano a garantirgli. Torture, mutilazioni, omicidi erano i metodi comunemente usati per forzare gli autoctoni a produrre al massimo.
Nel 1908 l'evidenza di queste atrocità raggiunse un livello tale da non poter più essere negata, e Leopoldo, con grande riluttanza, cedette il controllo del Congo al governo belga.
Un individuo perfettamente votato al potere, che utilizza tutte le strategie che gli permettono di esercitarlo, paradossalmente a volte agendo anche per il bene comune, variabile solo raramente contemplata.
Poi il discorso passa all'oggi. E qui vediamo amministratori delegati che si concedono faraoniche stock options mentre licenziano migliaia di persone, oppure svendite del patrimonio immobiliare pubblico che, casualmente, finisce nelle mani di qualche solito personaggio, oppure asta delle frequenze telefoniche digitali fatte pagare ma asta delle frequenze televisive digitali regalate (con possibilità che chi riceve il regalo possa però rivenderlo, guadagnandoci), oppure passivi delle aziende pubbliche scaricati sui cittadini e attivi dati in pasto a imprenditori rampanti, oppure essere allo stesso tempo controllore e controllato, concedente e concessionario, conflitti di interessi permanenti e insomma tutta la casistica di possibilità che il potere incontrollato, permette.
Pensando a queste cose, e a tutte quelle che ci sono sconosciute, rifletto su quanto siamo distanti da una forma compiuta di democrazia. Non riusciamo ancora ad equilibrare i vari poteri, tra i quali vorrei metterci anche quello del popolo, e non solo in quell'unico piccolo momento del voto, ma possibilmente in modo continuativo.
In assenza di bilanciamento, alcuni tipi di potere finiscono per prevalere, dopo di che è giocoforza che si facciano certe cose: il potere ha il suo naturale sbocco, come il fiume in piena. Quello sbocco è la rovina di tutti gli altri, come si può ben vedere ai giorni nostri, giorni in cui rischiamo la bancarotta pur senza aver mai amministrato uno spicciolo e aver sempre pagato tutto. E infatti, come popolo, non contiamo niente.
La trasparenza è un modo: il potere visto come attraverso un vetro. In attesa che coloro in cui non è prevalente l'ambizione di potere (e che quindi se ne tengono distanti) ma che avvertono con urgenza la necessità di maggiore giustizia, sentano l'impulso (o l'obbligo) di gettarsi nella mischia.
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[1] D. Goleman, W. Bennis, P. O'Toole, Trasparenza, Rizzoli........................................................
[2] B. Bueno de Mesquita, L'uomo del destino, Rizzoli 2011
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