Roberto Saviano |
La prima riguarda il risarcimento chiesto da Saviano al Corriere del Mezzogiorno, edizione locale del Corriere, per un articolo, a suo dire, diffamante: 4 milioni e 700 mila euro.
Prima nella trasmissione di Fazio, un paio di anni fa, poi in un libro, Saviano affermò che durante il terremoto di Ischia del 1883 Benedetto Croce offrì una mancia di 100 mila lire a chi lo portò in salvo e cita come prova il fatto che Croce stesso non smentì mai la cosa [vedi Saviano chiede 4,7 milioni di danni per le critiche sul caso Croce]. Il Corriere del Mezzogiorno pubblicò una lettera di Marta Herling, nipote del filosofo, che smentiva le tesi di Saviano. Per la campagna montata in seguito, che Saviano definisce diffamatoria, e quindi pregiudizievole per la sua reputazione, parte la richiesta danni.
Nella spiegazione dell'autore di Gomorra, nel parlare di quell'episodio, non vi era l'intento di denigrare il filosofo, osserva notando della malafede nella polemica, ma quello di
«[...] raccontare questo episodio per dire come il terremoto appartiene alla vita di tutti, anche di Benedetto Croce. Il padre – aggiunge Saviano – lo dice come gesto di riconoscenza. Le 100.000 lire dell’epoca? Oggi corrisponderebbero circa a 300 mila euro. Pirro riporta questa episodio in maniera forte, onorando la memoria. Ecco perché l’ho citato». [Saviano risponde alla nipote di Croce:«Non ho inventato nulla, ecco le prove»]
Giampiero Rossi |
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Come sono collegati i due fatti, se lo sono? Inoltre, basta l'accusa di aver usato del materiale altrui senza citarlo per squalificare il proprio passato?
A una sommaria ricostruzione, il primo caso sembra più la difesa di uno che si sente ingiustamente attaccato per una cosa non ha inteso dire, per come l'hanno interpretata, difesa sostanziosa da qualcuno definita risarcimento temerario; nel secondo caso l'evidenza depone per un utilizzo dei dati di un altro autore, testimoniata anche dall'utilizzo di immagini correttamente attribuite. Per questi motivi non sembrano avere attinenza una con l'altra: non sono, per dire, una la conferma dell'altra. Stante la difficoltà di giudicare con informazioni incomplete, abbozzo a mo' di esempio due spiegazioni alternative: risarcimento milionario per l'artificiosità o strumentalità della polemica poi dato in beneficenza e citazione dell'autore dei brani non sentita dal Rossi.
Quello che però interessa, siccome alcuni utilizzano i due eventi per rafforzare le critiche nei confronti di Saviano, è sapere quanto i due fatti hanno implicazioni sulla qualità dello scrittore in sè, sulla validità di quanto ha fatto fino ad ora. Il primo non più di tanto, riferendosi al temperamento di ognuno di noi, più o meno sensibile alle critiche, il secondo invece potrebbe averne.
Potrebbe implicare infatti delle precedenti abitudini, utilizzate per comporre i propri scritti. A questo proposito anche nei confronti di Gomorra ci furono dei cronisti che affermarono che erano stati usati brani dei loro articoli senza citare la fonte ma una sentenza del tribunale stabilì il contrario, che erano stati loro a citare brani di Gomorra senza segnalarlo, anche se Giancarlo Perna su Lettera43 scrive "il tribunale di Napoli [...] rovesciò la frittata" [vedi Lettera43, Saviano, oracolo senza libri]. Quel rovesciò la frittata sembra, nel contesto dell'articolo molto critico nei confronti di Saviano, come una specie di stravolgimento della realtà operata in favore di Saviano.
Ma giudicare sulla base di pochi indizi, anche se apparentemente forti, potrebbe essere fuorviante. Perchè immaginare che nel mostrare le immagini viene riportata correttamente la fonte mentre questo non avviene durante il monologo? Che senso ha? Magari si tratta solo di una dimenticanza, alla quale si può ampiamente rimediare. In più, ognuno di noi nel leggere gli scritti di altri autori ne è un po' influenzato.
Personalmente faccio della citazione un credo, sull'esempio di quello che avviene nella letteratura scientifica, ma osservo pure che, quantunque gli autori siano quasi sempre citati, anche tra i giornalisti non passa l'abitudine di linkare le fonti anzi, non lo fa quasi nessuno. Il che è, in piccolo, una cosa in parte paragonabile a quello di cui si accusa Saviano.
Se sopra, invece di riportare il link all'articolo mi fossi limitato a scrivere come afferma tal dei tali sul sito tizio, o come afferma tal dei tali, punto e basta (costringendo chi voglia trovare la fonte a lunghe corse sui motori di ricerca), non dico che mi sarei comportato come chi non cita affatto ma avrei compiuto comunque una piccola scorrettezza (soprattutto se penso alla Foia.it, la Freedom of Information Act italiana).
Per questi motivi direi di aspettare la reazione di Saviano. Per finire, due appunti sullo scrittore: c'è un gran fermento, in rete, per scongiurare queste richieste danni (milionarie o no: ricordo le recenti a Formigli da parte della Fiat, attualmente sospese, vedi Repubblica) che sembrano attività piuttosto censorie, tendenti ad intimidire anche se, obiettivamente, alla fine tutelano a volte l'onorabilità. Da un difensore della libertà della rete mi aspetto maggiore tolleranza e soddisfazioni simboliche. In secondo luogo, errori tutti ne facciamo, alcuni sono scusabili altri meno. Essere un personaggio pubblico esige anche, in parte, un comportamento pubblico: Saviano spieghi, se non vuole che le uniche voci a risaltare siano quelle dei suoi critici. Ma, obiettivamente, quando ci si basa sul lavoro di un altro, ed è capitato a tutti, è sempre meglio metterlo bene in chiaro, dichiararlo apertamente: non se ne perde affatto in autorevolezza e ci si guadagna in credibilità. E si sa che la credibilità la si ottiene con molta difficoltà e la si perde con estrema facilità. Ma anche questo non è sempre vero e ora che ci penso in alcuni casi è vero il contrario: è pieno di gente con una credibilità lampo più o meno lunga, ma lì non si sa se è merito loro o di chi gliela dà.
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