I quotidiani oggi riportano indiscrezioni sul probabile aumento dell'IVA a partire dal 1° ottobre [Repubblica, Corriere, La Stampa]. Il Ministro Saccomanni dice che non è possibile attuare entrambe le misure (eliminare l'IMU e non aumentare l'IVA) senza sconvolgere i conti, specialmente alla luce dei rimproveri del Commissario UE Olli Rehn.
Viene da chiedersi, potendo scegliere, se era meglio l'IMU o è meglio il -probabile- aumento dell'IVA dal 21 al 22%.
Secondo un calcolo della Cgia di Mestre, l'aumento dell'IVA costerebbe ai consumatori 1 miliardo quest'anno e 4,2 miliardi nel 2014, posto che i consumi rimangano invariati. Nel dettaglio, per il 2013 l'aumento medio dei costi per una famiglia di 3 persone sarebbe di 88 euro, mentre per una di 4 di 103 ma, se consideriamo l'incidenza dell'aumento per il 2014, il prossimo anno le cifre dovrebbero più che quadruplicare passando a 352 e 412 per una famiglia di 3 e 4 persone e a parità di consumi, cosa di cui è lecito dubitare (con buona pace per gli introiti dello Stato).
Se si considera che l'IMU sulla prima casa porta 4 miliardi e incide, in media, 200 euro a famiglia, si può osservare che per i possessori di prima casa la sostituzione dell'IMU con l'aumento IVA sarebbe controproducente, mentre molto diverso sarebbe il caso dei possessori di altri immobili oltre l'abitazione principale o di immobili a uso produttivo.
Il discorso regge, ovviamente, solo a parità di consumi, perchè l'IMU non puoi evitarlo mentre l'aumento IVA, teoricamente, sì. In questo modo, però, l'aumento non otterrebbe l'effetto desiderato e bisognerebbe inventare qualcos'altro, o forse ci hanno già pensato, come alcune segnalazioni aneddotiche lascerebbero immaginare: i comuni (ma anche lo Stato) non potendo più contare sull'introito IMU aumenterebbero altre imposte, come la Tares e la prossima Service Tax.
Alla fine rimane il dubbio se queste operazioni non siano un passaggio dalla padella alla brace: le imposte non si possono eliminare se non diminuisce la spesa pubblica o aumenta il Pil. Questo significa che se il Pil non cresce e la spesa pubblica non cala, eliminare una tassa significa aumentarne un'altra, molte volte spalmando su tutti i cittadini quella che prima era un'imposizione per pochi.
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