Forse anche il più scettico di voi si ricrederebbe dal ritenere che l’aritmetica non è connaturata ai cervelli di molti animali, uomo incluso, se scoprisse che gli animali sanno contare e eseguire qualche elementare operazione matematica?
Cominciamo con i ratti. Capaldi e Miller (Capaldi e Miller 1988) hanno dimostrato che i ratti abituati a premere uno di due tasti quando udivano due suoni oppure vedevano due segnali luminosi e l’altro tasto quando invece sentivano quattro suoni o vedevano quattro segnali luminosi, erano ancora in grado di distinguere la numerosità dei segnali se venivano mescolati, tipo un suono una luce oppure due suoni e due luci, a dimostrazione che avevano compreso la differenza tra due e quattro, indipendentemente dal segnale usato. Come fa notare S. Dehaene (Dehaene 2000) è un fatto di non poco conto che il ratto non si confonda nella condizione due suoni + due luci premendo il tasto (di sinistra) associato al numero 2 di quando venivano prodotti due suoni ma tenga conto del segnale nel suo complesso, cioè due suoni + due luci, associandolo correttamente a quattro eventi.
Dehaene per illustrare la capacità di contare fa questo esempio. Se il ratto fosse stato addestrato a premere il tasto di sinistra alla presentazione di un quadrato e a premere a destra alla presentazione di un cerchio, e ancora a sinistra al colore rosso e a destra a quello verde, se fosse stato presentato un quadrato rosso il ratto avrebbe premuto con decisione il tasto sinistro perché i due segnali si sarebbero sommati. Perché non accade con i due suoni + due luci? Perché il topo interpreta correttamente 2+2=4 e non semplicemente come un rinforzo di 2 (un po’ come il quadrato e il rosso erano un rinforzo uno dell’altro).
Si continua con i cugini scimpanzé. Woodruff e Premack (Woodruff e Premack 1981) hanno dimostrato che gli scimpanzè sanno sommare anche le frazioni, oltre gli interi. Inizialmente un compito facile. L’animale doveva associare correttamente un bicchiere riempito a metà che fungeva da campione di riferimento con due presentati, di cui uno riempito a metà e l’altro per tre quarti. Lo scimpanzé collegava correttamente i due bicchieri riempiti a metà.
Per rendere il compito più difficile ora la scelta è tra una mezza mela e tre quarti di mela. Il campione è sempre il nostro mezzo bicchiere: è ancora in grado lo scimpanzé di associare mezzo bicchiere con mezza mela? Si. L’esperimento è stato condotto su un individuo adulto e su quattro giovani. Solo l’adulto ha superato la prova.
L’esperimento ha preso in considerazione anche altre frazioni, esattamente ¼, ½ e ¾ . L’esperimento con i ¾ era così congegnato. Il campione era rappresentato da ¼ di mela e ½ bicchiere di latte: lo scimpanzé doveva scegliere se associarlo a un cerchio completo o a ¾ di cerchio. Molto più spesso che non se si fosse affidato al semplice caso il primate sceglieva i ¾ di cerchio rispetto al cerchio intero dimostrando, in qualche modo, di saper sommare anche quantità frazionarie.
E.J. Capaldi, Daniel J. Miller, Counting in Rats: Its Functional Significance and the Independent Cognitive Processes That Constitute It, Journal of Experimental Psychology: Animal Behavior Processes, Volume 14, Issue 1, January 1988, Pages 3-17, ISSN 0097-7403. (http://www.sciencedirect.com/science/article/B6X05-46X8WF9-11/2/6420a305f1143e2c1946947ed8a97d9c)
Stanislas Dehaene, Il pallino della matematica, Mondadori 2000
Guy Woodruff, David Premack, Primative mathematical concepts in the chimpanzee: proportionality and numerosity, Nature 293, 568 - 570 (15 October 1981); doi:10.1038/293568a0
weeeeeeeeeeee pascucciiii ricchemie qui a stressarvi il carattere ehehehehe tutto berne tu?
RispondiEliminaQuindi con i ratti siamo agli interi, con gli scimpanzè passiamo ai razionali e con gli umani raggiungiamo i numeri complessi. C'è una categoria di mezzo con cui sperimentare il riconoscimento degli irrazionali? Un'idea ce l'avrei. Anche se non sono sicuro che gli scimpanzè sarebbero d'accordo.
RispondiEliminaA parte gli scherzi. Molto interessante. In particolare la controprova.
si, sono d'accordo Dioniso: occorre sempre verificare che l'animale non associ solamente ma capisca la differenza tra le quantità. Quanto agli irrazionali ho anch'io un'idea, e penso sia simile alla tua. Temo inoltre che quello degli irrazionali non sia semplicemente un insieme numerico...
RispondiEliminaCiao Paolo,
RispondiEliminavuoi vedere che se iniziano a fare scuole per ratti e scimpanzè diventano più bravi di certi esemplari umani?
Buon San Lorenzo, guarda il cielo ed alla prima stella cadente sii svelto ad esprimere un desiderio.
Sei un pitagorico costruttivista allora.
RispondiEliminaNoi stasera torneremo al Bierhelderhof per vedere le stelle cadenti. Lo so che il picco sarebbe il 12, ma purtroppo le previsioni danno il 97% di probabilità di pioggia per il 12 contro il 7% di oggi.
ahahahha dai vieni anche tu a sbevazzare le tue 22 ombre ahjahahahah lo senti con ie il trip hop deo duo bibbia del trip hop?
RispondiElimina"Forse anche il più scettico di voi si ricrederebbe dal ritenere che l’aritmetica non è connaturata ai cervelli di molti animali, uomo incluso, se scoprisse che gli animali sanno contare e eseguire qualche elementare operazione matematica?"
RispondiEliminaNessuno scetticismo, Pa. Ci sono studi che comprovano l'esistenza dei cosiddeti "moduli numerici".
Mi riferisco agli studi del neuroscienziato Brian Butterworth, professore di neuropsicologia cognitiva all'University College di Londra,("INTELLIGENZA MATEMATICA - vincere la paura dei numeri scoprendo le doti innate della mente", Rizzoli, 1999)
Nella "Prefazione", l'autore precisa di non essere un matematico e di non essere particolarmente bravo neanche a far calcoli...
Egli scrive: "A dispetto della sua qualità astratta, l'idea dei numeri sembra essere universale. Che cos'è, nel nostro cervello, che ci rende quest'idea così familiare?" Tenta di rispondere a tale domanda, provando a dimostrare, nella sua area di ricerca in neuropsicologia dell'elaborazione dei numeri, che "il genoma umano contiene le istruzioni per costruire circuiti cerebrali specializzati", denominati "Modulo Numerico", la cui funzione è quella di "classificare il mondo in termini di quantità numerica, o numerosità...", mettendoci nella condizione di percepire il numero di elementi di un insieme. Tale "Modulo Numerico", che l'autore sostiene sia innato e che l'uomo condivide con specie non umane, non funziona per numerosità oltre il 4 o il 5 al massimo e soltanto lo sviluppo e la "trasmissione di strumenti culturali" ampliano le sue facoltà.
La tesi che viene presentata nel libro, e che viene argomentata attraverso l'analisi delle prime forme note di conteggio (riflettendo sulle tacche incise su ossa e rocce) e attraverso la descrizione dei numerosi esperimenti e test effettuati sugli animali "addestrati a enumerare" e sugli esseri umani, è, dunque, la seguente: "Nasciamo con circuiti cerebrali specializzati per l'identificazione di piccole numerosità"; il Modulo Numerico rappresenta per Brian Butterworth il nucleo centrale di tutte le nostre capacità matematiche e intorno a questo nucleo costruiamo capacità matematiche più avanzate, apprendendo dalla cultura ciò che è già noto sui numeri; le capacità numeriche di ognuno dipenderebbero, quindi, da tre fattori: il nucleo centrale innato, le conoscenze matematiche della cultura di riferimenti e la misura in cui ognuno ha acquisito tali conoscenze.
Insomma, il contare è alla portata di tutti coloro che non siano portatori di handicap specifici.
"Forse anche il più scettico di voi si ricrederebbe dal ritenere che l’aritmetica non è connaturata ai cervelli di molti animali, uomo incluso, se scoprisse che gli animali sanno contare e eseguire qualche elementare operazione matematica?"
RispondiEliminaNessuno scetticismo, Pa. Ci sono studi che comprovano l'esistenza dei cosiddeti "moduli numerici".
Mi riferisco agli studi del neuroscienziato Brian Butterworth, professore di neuropsicologia cognitiva all'University College di Londra,("INTELLIGENZA MATEMATICA - vincere la paura dei numeri scoprendo le doti innate della mente", Rizzoli, 1999)
Nella "Prefazione", l'autore precisa di non essere un matematico e di non essere particolarmente bravo neanche a far calcoli...
Egli scrive: "A dispetto della sua qualità astratta, l'idea dei numeri sembra essere universale. Che cos'è, nel nostro cervello, che ci rende quest'idea così familiare?" Tenta di rispondere a tale domanda, provando a dimostrare, nella sua area di ricerca in neuropsicologia dell'elaborazione dei numeri, che "il genoma umano contiene le istruzioni per costruire circuiti cerebrali specializzati", denominati "Modulo Numerico", la cui funzione è quella di "classificare il mondo in termini di quantità numerica, o numerosità...", mettendoci nella condizione di percepire il numero di elementi di un insieme. Tale "Modulo Numerico", che l'autore sostiene sia innato e che l'uomo condivide con specie non umane, non funziona per numerosità oltre il 4 o il 5 al massimo e soltanto lo sviluppo e la "trasmissione di strumenti culturali" ampliano le sue facoltà.
(continua)
La tesi che viene presentata nel libro, e che viene argomentata attraverso l'analisi delle prime forme note di conteggio (riflettendo sulle tacche incise su ossa e rocce) e attraverso la descrizione dei numerosi esperimenti e test effettuati sugli animali "addestrati a enumerare" e sugli esseri umani, è, dunque, la seguente: "Nasciamo con circuiti cerebrali specializzati per l'identificazione di piccole numerosità"; il Modulo Numerico rappresenta per Brian Butterworth il nucleo centrale di tutte le nostre capacità matematiche e intorno a questo nucleo costruiamo capacità matematiche più avanzate, apprendendo dalla cultura ciò che è già noto sui numeri; le capacità numeriche di ognuno dipenderebbero, quindi, da tre fattori: il nucleo centrale innato, le conoscenze matematiche della cultura di riferimenti e la misura in cui ognuno ha acquisito tali conoscenze.
RispondiEliminaInsomma, il contare è alla portata di tutti coloro che non siano portatori di handicap specifici.
Lo so Anna che i miei lettori sono tosti, era una frase retorica...
RispondiEliminaHo il libro di Butterworth davanti a me, volevo trarne qualche esempio. L'ho letto quando è uscito e lo riprendo ora per la seconda o terza volta. Non ricordavo le tesi dell'autore che tu mi hai rammentato. Non so però se egli riesce a arrivare a un livello inferiore, spiegando la cosa dal punto di vista del "linguaggio macchina". E' ben vero che la cardinalità appartiene a un'ampia gamma di specie, perchè probabilmente è adattiva. Resta da vedere con che meccanismo si attua. Ho idea che abbia a che fare con affinità di legame tra ligando e recettore: per me quella è la prima forma di conteggio. Quanto a me, ancora non ho una teoria precisa, speriamo che rimestando nel torbido qualcosa venga fuori.
adesso che ci penso anche la pelle sa contare, anche se la risoluzione spaziale è diversa da un punto all'altro (minore nel tronco, maggiore nelle mani e sulla bocca).
RispondiEliminaIl tema di fondo è sempre quello: una ricostruzione motoria indipendente per ogni segnale distinto che si riesce a percepire, il che comporta la dispersione dell'attenzione (per esempio il costituirsi in banchi o branchi o stormi di molti animali per confondere i predatori che così sono costretti a ricostruire molte entità, disperdendo l'attenzione e inibendo anche la decisione che invece si attua quando un segnale conquista l'attenzione maggiore).
Questo modello di scelta del segnale statisticamente più forte potrebbe far storcere la bocca a qualcuno, ma spero che la diffidenza si attutisca con la seguente precisazione: nel mentre il segnale più forte cattura l'attenzione dell'organismo l'organismo agisce sul segnale all'interno del cervello "giustificando" in qualche modo la scelta statistica, facendola propria, e quindi poi trattandola secondo il suo repertorio di esperienze...
adesso devo definire "in qualche modo"...
Miei cari amici, avevo intenzione di dire qualcosa presa a prestito dal libro di Brian Butterworth, Intelligenza matematica, ma vedo che restano poche pagine da poter utilizzare. A suo tempo da Annarita in Matematicamente se ne è parlato in più di un post.
RispondiEliminaComunque c'è una cosa che mi va di aggiungere, un fatto trascurato sul conto degli uccelli con i quali condividiamo qualcosa.
Brian Butterworth ne parla a pag.150 del libro suddetto.
Si pensava da tempo che gli uccelli - egli dice - fossero in grado di contare le uova nel loro nido. Indipendentemente dal fatto che lo facciano o no, Otto Koehler ha dimostrato in una serie di classici esperimenti condotti alla fine degli anni Trenta agli anni Cinquanta, che gli uccelli sono in grado di servirsi delle numerosità come guida del proprio comportamento e forse usano persino etichette mentali per contare. Koehler avanzò un'ipotesi nuova e importante la quale, come gran parte del suo lavoro, è stata in larga misura ignorata, forse perché pubblicata quasi esclusivamente in tedesco e pressappoco ai tempi della seconda guerra mondiale. Secondo la sua ipotesi, l'uomo non avrebbe mai cominciato a contare senza due capacità prelinguistiche: quella di confrontare due numerosità presentate contemporaneamente e quella di ricordare il numero di oggetti «presentati successivamente nel tempo». Koehler dimostrò che noi condividiamo con gli uccelli entrambe queste capacità.
Salute a tutti,
Gaetano
E' vero Gaetano, è più facile immaginare delle capacità necessarie a organismi che si muovono, e quindi trasversalmente diffuse nel Regno animale, e che poi si sono amplificate e trasformate in un animale come l'uomo (grazie alla presenza di aree associative), che immaginarne di nuove di zecca per la nostra specie.
RispondiEliminaInteressante come sempre Paolo, sottoscrivo quanto detto da Annarita. Della capacità di contare da parte degli animali ne scrissi in un lavoro dedicato ai più piccoli. Anche comprendere come si evolvono e conquistano le capacità, come funziona nel nostro cervello mi pare utile nell'insegnamento.
RispondiEliminaC'è un filmato interessante, Rosalba,di come uno scimpanzè riesce a mettere in sequenza una serie di numeri da 1 a 9 su uno schermo: vedessi con che velocità. (l'ho postato nei commenti a Aritmetica e cervello #3) E che memoria topografica eccezionale dopo che schiacciato l'1 gli altri numeri vengono nascosti. Lo stesso meccanismo presente negli animali che diventa più esteso grazie alle strutture cerebrali che abbiamo IN PIù rispetto a loro, le aree associative.
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