sabato 8 gennaio 2011

On merit and meritocracy - Sul merito e sulla meritocrazia

fonte ericstoller.com
Spesso mi chiedo se tutta questa storia sul merito sia vera. Quand'è che viene valutato il merito? Non certo quando c'è una valutazione orizzontale. La cosiddetta peer review è una valutazione innanzitutto di aderenza al metodo, indaga in minor misura se quello che dici è interessante. Tra i pari al di fuori del mondo accademico invece non c'è democrazia. Di solito ci si accoda ai pochi famosi e si concede credito solo a loro. Il merito qui non c'entra. Nè, a mio parere, si sarebbe forse in grado di stabilirlo.
Il merito c'è quando qualcuno più in alto di te nella gerarchia, avendone gli strumenti, valuta non solo la correttezza formale, ma l'originalità e la creatività del tuo lavoro. Giudica se è interessante o meno una cosa. E' la valutazione verticale. Chi giudica, possiede gli strumenti per giudicare al di là della notorietà dell'esaminato. Qui viene valutato il merito. Chiaramente, solo se l'esaminatore è obiettivo.
In altre parole, l'acquisizione del merito, in chi non sia dotato di strumenti adeguati di valutazione, passa attraverso la valutazione di referenti, autorità già stabilite che dispensano la notorietà.
Un caso tipico è la televisione.
Su Sociation Today Stephen J. McNamee e Robert K. Miller, Jr. scrivono sul Mito della Meritocrazia.
" According to the ideology of the American Dream, America is the land of limitless opportunity in which individuals can go as far as their own merit takes them. According to this ideology, you get out of the system what you put into it. Getting ahead is ostensibly based on individual merit, which is generally viewed as a combination of factors including innate abilities, working hard, having the right attitude, and having high moral character and integrity. Americans not only tend to think that is how the system should work, but most Americans also think that is how the system does work"
Ma non è solo dell'America la convinzione di essere la terra delle opportunità basate sul merito, anche l'Europa e l'Italia ci credono, ovunque ci si crede. Il merito è il vero spirit in the machine dei nostri tempi, un'ideologia sana della quale non vergognarsi. Ebbene, così sia. Ma, chi riconosce il merito? Noi siamo in grado di farlo? Quando leggiamo notizie di cronaca o di attualità dai giornali, siamo in grado di stabilirne l'autenticità, di attribuirne il merito a chi le riporta? Gravità zero, un corporate blog di divulgazione scientifica, proprio a questo riguardo, ha creato un sito dal nome evocativo (Cattiva) scienza in tv, tanto per affermare che è più difficile di quanto sembra riconoscere il merito (e forse anche il demerito).

Sono due piani diversi, ovviamente. Uno è il riconoscimento del merito, l'altro è l'efficacia del merito. Sono due piani completamente diversi, da un punto di vista qualitativo, però si influenzano a vicenda.
Se tu sei meritevole ma nessuno lo  riconosce, è come se non lo fossi, almeno per i tuoi contemporanei. All'opposto, se riconoscono in te un merito che non esiste, per incapacità o per interesse personale, anche allora il merito, quello che intendiamo noi, quello virtuoso, quello onesto, e non il merito di essere furbo, non esiste. Non vorrei, facendo questa elementare conta, che fossero in soprannumero i casi in cui il merito non serve a un bel niente, rispetto ai casi in cui serve davvero. In realtà, per quello che penso io, in certi casi il merito serve, in una percentuale limitata di casi, se tu hai della capacità e le mostri e qualcuno le osserva e le valuta positivamente, allora possiamo dire che riesci a trarne un guadagno o un riconoscimento. In tutti gli altri casi, i fattori che concorrono al tuo successo sono eterogenei, con prevalenza delle pubbliche relazioni, dei contatti giusti sulla reale supremazia del merito personale.




Ecco l'inizio di un  lavoro dissacrante sul Mito della meritocrazia.
    " In our book  The Meritocracy Myth (Rowman & Littlefield, 2004),  we challenge the validity of these commonly held assertions, by arguing that there is a gap between how people think the system works and how the system actually does work. We refer to this gap as “the meritocracy myth,” or the myth that the system distributes resources—especially wealth and income—according to the merit of individuals. We challenge this assertion in two ways. First, we suggest that while merit does indeed affect who ends up with what, the impact of merit on economic outcomes is vastly overestimated by the ideology of the American Dream. Second, we identify a variety of nonmerit factors that suppress, neutralize, or even negate the effects of merit and create barriers to individual mobility."

L'articolo di Stephen J. McNamee e Robert K. Miller, Jr.su Sociation Today è veramente interessante, e vi invito a leggerlo. Intanto, traggo alcuni grafici esemplificativi.






La prima tabella, che misura il reddito, ci dice che il 20% superiore delle famiglie americane riceve il 49,7% di tutto il reddito disponibile. Addirittura, un 5% riceve il 21,7% del reddito totale. Si nota come i redditi delle famiglie siano divisi in 5 parti, e quanto ognuna percepisca, in percentuale, su tutto il reddito disponibile.
Nella seconda tabella, che misura il patrimonio netto, la disuguaglianza è ancora più accentuata: l'1% delle famiglie detiene il 32,7% di tutto il patrimonio disponibile, mentre il 50% più in basso ne detiene appena il 2,8%. Classico sistema di distribuzione top heavy, tipico delle economie capitalistiche.

L'idea è che non sempre o quasi mai, il merito, almeno da solo, riesce a farsi strada. Chi ha ottenuto successo nel passato influenza la decisione su chi l'avrà in futuro. E' una questione di autorità, più che di autorevolezza.  Anche se il lavoro di questi due autori verte maggiormente nel campo economico, l'idea alla base di un ritorno, rispetto al tuo valore, è molto simile.






15 commenti:

  1. Che dire, Pa? Non posso che concordare e tu lo sai bene come la penso al riguardo, da come mi comporto.

    Post assolutamente significativo.

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  2. uhhh che lungacciata sul come misurare il merito, beh io dico il merito è misurabile in base a risuiltati minimi da ottenere, sotto i quali non esiste merito, oltre i quali comincia il merito, e più sono ottenuti più si alza il merito tutto qui, troppo spiccolo? naaaa per oltre tre decenni ho usato questo metodo, un minimo fisso, un massimo fisso, oltre il massimo è eccellere

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  3. Non è tanto, Anna, (anche se un po' lo è) una riflessione personale quanto una constatazione. La facilità con la quale si predicano comportamenti virtuosi e la candida faccia tosta con cui si pratica l'opposto. In più, cosa che non ho sviluppato qui, avrei voluto puntare il dito anche sulla discriminazione insita nella meritocrazia. Ma, su quest'ultima cosa, non c'è problema: il merito è così poco apprezzato, nei fatti, che il rischio è minimo.

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  4. Non solo su come misurare ma su chi è in grado di farlo, sull'indipendenza di giudizio, la quale condiziona le scelte e così via.
    Inizialmente, musicaio, la tua strategia "minima" può anche funzionare, ma si arriva a un punto in cui non è più sufficiente. E visto che i meriti non puoi riconoscerteli da solo, o hai di fronte una società preparata a farlo oppure rimani nell'ombra. Interessante sarebbe verificare di quanto siano ritardati sviluppo scientifico e tecnologico, ma anche culturale, in seguito a questo "lassismo (dis)interessato".

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  5. Mi trovo molto d'accordo con il tuo articolo.
    La parola "meritocrazia" a pelle mi ha sempre provocato una certa inquietudine. Emana un odore troppo forte di falsità e di raggiro.

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  6. In parte è così: meritocrazia inquieta. Avrei voluto analizzare le implicazioni discriminatorie insite nel concetto di merito ma lo farò prossimamente. E' giusto ricordare però che il merito è uno dei modi di progredire più democratici o almeno quello che dovrebbe scardinare familismi e nepotismi vari, in ogni settore.

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  7. Sì sono d'accordo con te, però considererei anche due aspetti: quello che tu hai espresso molto bene nel tuo articolo (della finta meritocrazia) e il fatto che spesso questa meritocrazia venga sbandierata populisticamente come la panacea per tutti i mali da applicare in ogni aspetto della vita.

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  8. .... e della società.
    Mi chiedo che cosa si intenda per società basata sulla meritocrazia. I modelli potrebbero essere molteplici ma tra questi ce ne potrebbero essere di molto discriminatori nei confronti delle persone che non hanno avuto l'opportunità di sviluppare a sufficienza le proprie capacità intellettive.
    Qui in Germania ad esempio sono molto orgogliosi del loro sistema scolastico "meritocratico". Ma secondo te è auspicabile un sistema in cui l'insegnante decida del futuro di un bambino in base ai suoi risultati scolastici in quarta elementare? È allora che l'insegnante tedesco decide: questo bambino può accedere al gymnasium e questo no. E in Germania solo chi frequenta il gymnasium può accedere all'università.

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  9. Alla tua domanda "E' auspicabile che..." rispondo un convinto no! Mi sembra un sistema barbaro, a meno che non consenta "rientri" a qualsiasi età. Stabilire l'accesso agli studi superiori solo in un determinato e breve periodo della propria vita è proprio l'aspetto fortemente discriminatorio che si paventava. E' un'ottima considerazione Dioniso.

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  10. ... e tra l'altro nei curricula tedeschi ci si aspetta che sia indicato il tipo scuola secondaria frequentata e se non si è frequentato il ginnasio si è mediamente svantaggiati.

    I "rientri" sono consentiti, ma da quanto ne so, sono abbastanza rari e complicati. E guarda caso la percentuale di figli di immigrati che riescono ad accedere il ginnasio è molto bassa. Numeri opposti si trovano invece nelle Sonderschule: scuole speciali in cui finiscono i bambini che mostrano problemi di apprendimento (che a volte possono semplicemente essere problemi linguistici di bambini cresciuti in ambienti multilingue).

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  11. Noto, con rincrescimento, che è facile osservare comportamenti indesiderati anche in società e culture auspicabili sotto altri punti di vista, dal che deduco la difficoltà dell'azione moralmente corretta, per la nota difficoltà di distinguere con precisione un'azione etica da una che non lo è.
    Mi sveli un mondo spiacevole e sconosciuto, Dioniso.

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  12. Mi trovo molto d'accordo con il tuo articolo.
    La parola "meritocrazia" a pelle mi ha sempre provocato una certa inquietudine. Emana un odore troppo forte di falsità e di raggiro.

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  13. Non è tanto, Anna, (anche se un po' lo è) una riflessione personale quanto una constatazione. La facilità con la quale si predicano comportamenti virtuosi e la candida faccia tosta con cui si pratica l'opposto. In più, cosa che non ho sviluppato qui, avrei voluto puntare il dito anche sulla discriminazione insita nella meritocrazia. Ma, su quest'ultima cosa, non c'è problema: il merito è così poco apprezzato, nei fatti, che il rischio è minimo.

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  14. .... e della società.
    Mi chiedo che cosa si intenda per società basata sulla meritocrazia. I modelli potrebbero essere molteplici ma tra questi ce ne potrebbero essere di molto discriminatori nei confronti delle persone che non hanno avuto l'opportunità di sviluppare a sufficienza le proprie capacità intellettive.
    Qui in Germania ad esempio sono molto orgogliosi del loro sistema scolastico "meritocratico". Ma secondo te è auspicabile un sistema in cui l'insegnante decida del futuro di un bambino in base ai suoi risultati scolastici in quarta elementare? È allora che l'insegnante tedesco decide: questo bambino può accedere al gymnasium e questo no. E in Germania solo chi frequenta il gymnasium può accedere all'università.

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  15. ... e tra l'altro nei curricula tedeschi ci si aspetta che sia indicato il tipo scuola secondaria frequentata e se non si è frequentato il ginnasio si è mediamente svantaggiati.

    I "rientri" sono consentiti, ma da quanto ne so, sono abbastanza rari e complicati. E guarda caso la percentuale di figli di immigrati che riescono ad accedere il ginnasio è molto bassa. Numeri opposti si trovano invece nelle Sonderschule: scuole speciali in cui finiscono i bambini che mostrano problemi di apprendimento (che a volte possono semplicemente essere problemi linguistici di bambini cresciuti in ambienti multilingue).

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