mercoledì 5 gennaio 2011

Dio e i linguaggi: considerazioni sulla fallibilità della comunicazione umana

rotoli del mar Morto
Forse l'unico modo che ha, o vuole usare, Dio per parlare con noi è utilizzare un linguaggio che comprendiamo. Se fosse qui, vicino a noi, e noi non fossimo in grado di accorgercene, servirebbe a poco, almeno per quanto riguarda farci sapere che c'è. Per questo tutti i messaggi che lo riguardano risentono della debolezza del linguaggio umano e anche dell'umano sentire.
Ogni comunicazione Dio-uomo avviene tramite via umana: può essere quella del linguaggio verbale oppure quella del linguaggio affettivo. Ma ognuno di questi linguaggi presenta sacche di ambiguità e incomprensione. Come noto, anche le emozioni vogliono trovare casa. Un'emozione non correlata a niente di fisico, cioè senza un riferimento a un oggetto o qualcosa, è un'emozione monca. Ne segue che in questo accoppiamento emozione-correlato si può annidare lo stesso tipo di errore che si annida in ogni abbinamento.
Solitamente gli stati d'animo altrui, quando intensi, sono facilmente individuabili. Così, riusciamo quasi sempre a comprendere lo stato d'animo di una persona, triste, allegra o arrabbiata, se non fa niente per mascherare la cosa.
E ancora, solitamente, noi siamo in grado di assegnare una certa emozione a un evento: abbiamo vinto al gratta e vinci, ci hanno fatto una multa per eccesso di velocità, queste sono situazioni facilmente connotabili, per noi, dal punto di vista emotivo. Altre situazioni lo sono meno.
Alcune volte noi non riusciamo a identificare correttamente lo stato d'animo altrui, vuoi perchè ambiguo o mascherato, vuoi perchè altri segnali ci fuorviano. A maggior ragione questo avviene con il linguaggio verbale: incomprensioni e ambiguità sono all'ordine del giorno. Esiste poi anche un'abitudine di cui fa uso la maggior parte delle persone: e cioè interpretare le situazioni e le parole, adattandole a quello che ci aspettiamo. Quanto volte sarà capitato di dire: ma io avevo capito che..., ma io immaginavo che tu...?
Si completa cioè il messaggio dell'altro dando per scontate cose che in realtà non lo sono. Si sfrutta la consuetudine, nostra, e l'abitudine, pure nostra, per completare il messaggio altrui, a questo punto chiaramente incompleto.
Queste cose, e cioè la fallibilità del linguaggio verbale, assodata e certa, più quella emotiva, seppure di tono minore, porta a una considerazione generale: qualsiasi linguaggio animale presenta un grado variabile di ambiguità e fallibilità. Questa fallibilità probabilmente cresce con il crescere della complessità del linguaggio.
Per esempio: il linguaggio binario usato dai computer è un linguaggio a bassa complessità perchè formato solo da 0 e 1 e, anche se presenta una considerevole complessità sintattica, questa è regolata in maniera ferrea. Una conseguenza di questi fatti è che, solitamente, gli organismi che presentano queste due caratteristiche, bassa complessità rappresentazionale e elevata complessità sintattica, non possiedono autonomia decisionale.
Il computer non si accende da solo; se si accendesse da solo però non saprebbe cosa fare a meno che non ci fosse un  programma che gli dice cosa fare; in più, qualsiasi elemento rappresentazionale non compreso nella sua rappresentazione del mondo non sarebbe preso in considerazione.
Cosa voglio dire? Per esempio: se uno si rivolgesse a noi in questi termini -Appropìnquati, o villico, e accorciami la staffipèndolo, che per il troppo equitare mi s'è alquanto prolissato-[1] quantunque forse faremmo fatica a comprenderlo del tutto pure, domandando una o più volte riusciremmo infine, con tutta probabilità, a intenderlo. Qual è la differenza tra noi e un computer? Noi abbiamo una elevata complessità rappresentazionale (26 simboli alfabetici e 10 simboli numerici, per non parlare degli operatori) ma una bassa complessità sintattica: per esempio, una frase come -qual è la differenza tra noi e un computer?- può essere espressa anche così -qual è tra noi e un computer la differenza?- un po' arcaico e affettato ma comprensibile, oppure ancora -qual è tra noi la differenza e un computer?- sgrammaticato ma ancora intelligibile. Diciamo quindi che, pur essendo vincolante dal punto di vista grammaticale,  ma non così vincolante  dal punto di vista della comprensione, il posizionamento delle parole all'interno di una frase è soggetto a variazione senza perdita di dati. Il più delle volte, però, questo non avviene per un computer: disporre i comandi in maniera disordinata rimanda, il più delle volte, un messaggio di errore.  Diciamo allora che la complessità sintattica, cioè la presenza di regole rigide che vanno scrupolosamente osservate, facilità la comunicazione ma pone il problema della soluzione degli errori.
In più: la complessità rappresentazionale del linguaggio umano, rispetto a quella dei computer, pur dando luogo a una comunicazione più lenta e meno efficace, salva da errori di trasmissione. Per esempio, una frase come quella sopra -qual è la differenza tra noi e un computer?- è leggibile e comprensibile anche dopo alcuni errori -qual è la diffrenz tra noi e un compter?-. Chiaro che se si aumentano gli errori di trasmissione anche questo messaggio diventa incomprensibile, però c'è un limite fino al quale mantiene la sua intelligibilità.
Questo raramente avviene nei computer: provate a digitare un indirizzo internet in cui sia sbagliata una sola lettera e, se non sarà stato previsto dal programmatore,  il computer rimanderà un messaggio di errore (google, per esempio, completa spesso la battitura delle nostre query di ricerca, ma lo fa sfruttando un database di termini già conosciuti, e infatti non funziona con termini a lui sconosciuti).

Torniamo a Dio. Non c'è il rischio per Lui, adottando questi linguaggi così, sommariamente, soggetti ad errore, di non farsi capire? Non c'è la possibilità di un nostro fraintendimento del Suo reale messaggio?
Per me questo problema sussiste. Tanto intensamente che prevedo un suo inutilizzo da parte di Dio. Dio non può utilizzare il linguaggio degli uomini per trasmettere i suoi messaggi: c'è il rischio di una incomprensione, e la possibilità che questa incomprensione abbia gravi conseguenze (ah, già successo?).
Posta allora l'esistenza di Dio, e accettato che Lui abbia necessità di comunicare o trasmettere qualcosa alle Sue creature, affinchè agiscano in un certo modo, qual è il sistema migliore, esente quanto più possibile dall'errore?
Non è vero in assoluto che c'è sempre la possibilità dell'errore all'interno di un messaggio qualsiasi. Se è vero che ogni messaggio umano o di una macchina è comunque soggetto ad errore, non è altrettanto vero che è impossibile trasmettere un qualsivoglia messaggio senza errori. Basta trasmetterlo in maniera ridondante, fugando ogni immaginabile dubbio, tanto per dirne una. Ma è un sistema oneroso, che richiede sforzi ed energie e mal si accorda con un messaggio che si ritiene proveniente da Dio. Infatti, un messaggio proveniente da Dio non può essere composto di tanti distinguo e chiarimenti, perderebbe in autorevolezza.
Ritengo quindi come possibile alternativa quella della comprensione interiore degli eventi. La comprensione interiore delle esperienze è un formidabile sistema per apprendere e formare le convinzioni. Pur essendo soggetta, a volte, come tutto, a dimenticanza, la comprensione interiore può però essere fissata in parole scritte e rievocare, quando letta, in parte l'intensità emotiva originaria.
La comprensione interiore degli eventi ha sempre un costo emotivo, che rende la comprensione stessa più autorevole. Per comprendere però come agisca su di noi senza restare vittima dell'errore insito in ogni linguaggio umano, dobbiamo analizzare questioni legate al ruolo delle comprensioni generali rispetto a quelle che guidano materialmente gli atti. Le prime sono responsabili dell'atteggiamento generale, le seconde delle singole risposte.
(continua...)




[1] Max G. Rusca - Tano Parmeggiani, Scappa scappa galantuomo, p.94

6 commenti:

  1. weeeeeeeeeeeeeeee ciao donzelleto tutto bene? veh dai che oggi voglio lasciarti un lungo commnento sul tema dekl post, il linguaggio che usa dio per parlare con l'uomo è un linguaggio intepretabile dall'uomo la sua parole è una interpretazione umana sucettibile di prefezionamenti ogni volta che ìuomo lo vuole interpretare tutto qui il linguaggio di dio

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  2. Ciao Paopasc, sono tanto contenta di leggerti.
    Posto che Dio esista, Egli è "posto", è un postulato, e in più è "dentro" di noi. Se noi non siamo in grado di comprenderlo, Lui lo sa, anzi è lui stesso a voler restare incompreso. Quindi Dio è una bellissima contraddizione, necessaria quando il divertirsi a pensare.
    Comprensione di un messaggio e comprensione degli Eventi non sono la stessa cosa. Per comprendere un messaggio bisogna utilizzare lo stesso codice (emittente - ricevente - codice nello schemino classico tanto bellino). Per comprendere gli Eventi bisogna invece far ricorso soprattutto all'emotività, a quella che tu chiami Intensità Emotiva Originaria. Le sensazioni sono prive di un codice univoco infatti: emergono, hanno cause insondabili che però non interessano, qui. I loro effetti sono piuttosto gli unici ad intervenire nel fenomeno della possibile Comprensione degli Eventi.
    Posto però il Messaggio come un Evento (che l'obiezione vien da sè), trasmettere un evento non è possibile. Il linguaggio è astratto e convenzionale: la realtà degli Eventi è raccontabile soltanto attraverso un'interpretazione, una riduzione, un linguaggio, appunto. La non comprensione degli eventi non dipende dalla differenza dei linguaggi, ma proprio dall'impossibilità di cogliere la realtà "in sè". In pratica, "capirsi" è un fatto occasionale, una circostanza "fortunata", un'eccezione, e quindi una sorpresa e una meraviglia. E' per questo che quando la si trova, quell'altra entità in grado di "capirci", è un po' come trovare Dio, no? Peccato però che anche le persone, come Dio, siano e sono, sono proprio dei sogni: appaiono e svaniscono, non si riescono a trattenere per sempre, se non a patto di inaugurare una "convenzione": facciamo finta di capirci anche se non ci capiamo, se non ci capiamo più, perchè magari forse torneremo a capirci, prima o poi, chi lo sa?
    Capirsi per un attimo è entusiasmante, è un'epifania che vale tutta una vita. E' per questo che, una volta trovatala dopo tanta attesa anche inconsapevole, questa entità in grado di capirci, bisogna incontrarla, correndole incontro o passeggiando tranquilli verso di lei, gioire immensamente, magari senza nemmelo dirselo troppo... e poi fuggire.
    Scappare, scappare dalla Bellezza, dall'Attimo, e quindi anche da Dio.
    Ma come sono SSR = Sofistica Selvaggia e Romanticona oggi, eh?
    Bentornato Paopasc.

    B

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  3. Musicaio, io so per certo che tu vuoi fare di tutto per comprovare le mie teorie. Va' che scherzo...


    Bè, io mi sento tanto PIRL (Profondo Indagatore Ragioni uLtime), cara B, che fa anche un po' snob, voglio dire il dirselo.
    A parte questo, il tentativo è quello di verificare se Dio vuole utilizzare, eventualmente, un sistema così soggetto a errore, oppure ne usa un altro. Il secondo, però, non è da meno. Sembrerebbe essere in un vicolo cieco. Per poter spiegare e capire occorrerà ragionare di bene assoluto e di altre pari quisquilie.

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  4. Del resto non ho nessuna intenzione di modificare le credenze altrui...

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