fonte gilad.co.uk |
Siamo più interessati a sapere se esistono delle foto del premier seminudo che interrogarci sul significato della verità. Forse perchè è più facile. O forse perchè accontenta di più qualcosa.
E' vero che noi prestiamo attenzione solo alle cose cui siamo interessati. Per tornare all'esempio di sopra: a molti non è parso vero di gettarsi a corpo morto sull'affaire Ruby, mentre ad altri la cosa non smuove niente. Ma c'è anche chi è interessato al significato filosofico della verità. Diciamo che quelli ai quali interessa di più il caso Ruby sono in numero nettamente superiore rispetto a quelli cui interessa la filosofia della verità, ma la quantità di interesse posto da ciascuno nei due temi è forse lo stesso.
In campo scientifico.
Le affermazioni di verità in campo scientifico devono obbedire a regole molto precise. Non è concesso fare un'affermazione impegnativa senza il tipo di prove che una comunità scientifica (avendone deciso il tenore, uguale per tutti) si aspetta di trovare. Tanto per dire, se un premio Nobel fa un'affermazione eclatante, egli dovrà fornire lo stesso tipo di prove di uno sconosciuto dottorando. Per questo le scienze non piacciono a tutti, perchè non vivono di opinioni ma di fatti. Non possono vivere di opinioni. Un'affermazione del genere: si ritiene che tizio abbia fatto le tali cose, se suffragata da prove, è vera, e deve essere verificabile da tutti. Non ci può essere uno che dice: ma voi non potete, questa è una persecuzione, oppure il vostro giudizio è di parte. Non che non esistano controversie anche nel mondo scientifico, e dove non ne esistono? ma certi tipi di controversie non sono possibili. E' per questo che alcune discipline sono universalmente riconosciute come non scientifiche, perchè non rispettano i canoni e vogliono basare il codice di regolazione sulle opinioni e non sui fatti replicabili.
In campo umanistico.
In campo umanistico la cosa è diversa. Se vi chiedessero: ti è piaciuto l'ultimo romanzo del tale, oppure il quadro del tal altro oppure ancora il film del tal tal altro? Voi che direste?: si, no, non so. Non avreste strumenti, e di solito non è che ve ne siano in grandi quantità per chiunque, per fare affermazioni perentorie: si è bello perchè oppure si è brutto perchè.
Spesso si dice: l'arte è quella cosa che ti smuove qualcosa dentro. Oppure, alla domanda: ma che significa quest'opera? si risponde: a te cosa fa provare? Noi sappiamo che certe cose ci piacciono, altre ci piacciono perchè qualcuno ce lo dice, altre ancora perchè siamo stati educati in un certo modo. Ma se uno dicesse: a me il tale artista non dice niente, forse più di qualche occhiata in cagnesco o di compatimento non vi meritereste, mentre se diceste: per me il mondo è iniziato nel 4004 a.C., chiamerebbero subito la neuro.
Non che quest'ultima affermazione sia sempre vera, infatti c'è veramente chi ancora crede che il mondo abbia avuto origine nel 4004 a.C., ma sostenere questa tesi è possibile solo al di fuori dell'ambito di chi capisce qualcosa di scienza.
Questo è un serio discrimine. Qualunque ambito conoscitivo si presta ad essere banalizzato ad opinione se non vi si opera con regole rigide e inderogabili.
Non solo regole.
Però non dobbiamo essere troppo severi con il mondo umanistico. Anche qui esistono codici di regolazione, non è che ognuno può fare legge per conto proprio. Questo mi porta a pensare che la conoscenza, di qualunque tipo, scientifico, umanistico, sociale, si manifesta appieno solo quando si crea un insieme di parametri, a volte anche arbitrari, ma che bisogna rispettare, in grado minore o maggiore. Accade così che anche discipline scientifiche più morbide, come le cosiddette scienze sociali, abbiano comunque dei punti di riferimento che escludono a priori certe affermazioni, catalogandole come sicuramente false. Un passo ulteriore, al quale si assoggettano anche le scienze dure, è il cambio di paradigma kuhniano, nel quale vengono cambiate proprio le regole, allo scopo di avanzare nella conoscenza. Questo, per ora, non ci interessa.
Ci interessa, invece, riconoscere che esistono pochi ambiti della conoscenza che possono rinunciare alla istituzione di regole senza collassare.
A parte le scienze, chiaramente, penso anche a parte delle scienze sociali, alla psicologia per esempio che, seppure per la natura dell'oggetto della sua ricerca (così...effimero) è spesso portata a creare molti paradigmi, pure non può fare come se non ne esistessero, e così anche per la sociologia, la filosofia e le sue specializzazioni, la linguistica, la filologia e finanche la critica letteraria o artistica. Nessuna di queste investigazioni della realtà, di questi metodi di conoscenza, può permettersi il lusso di rinunciare completamente a dei riferimenti senza veder precipitare tutto (eccezioni a parte, vedi le Imposture intellettuali di A. Sokal).
Questa considerazione, se vera, comporta una conseguenza. Si noti che anche questo articolo risente dell'effimero dei discorsi filosofici, anche se tenta una aderenza quanto più stretta possibile ai fatti. Però, come detto, siccome tenta una modifica di paradigma, è in parte obbligatoriamente sganciato dai riferimenti abituali.
Dunque, si diceva: conoscere significa avere dei riferimenti.
Conoscere significa avere dei riferimenti.
Non è solo dei sistemi di conoscenze formalizzati, come le varie discipline di studio, sia scientifiche che umanistiche, avere dei riferimenti, ma di ogni essere vivente. Così il lattante gradisce e accetta il latte materno perchè le papille gustative del suo tratto orale sono dotate di recettori per il dolce. I recettori costituiscono il punto di riferimento della sua capacità gustativa, necessaria a distinguere ciò che può essere introdotto da ciò che non lo può. Se non li avesse, potrebbe alimentarsi con qualunque tipo di cibo, anche uno tossico, senza accorgersene e quindi morire. La sua conoscenza gustativo-olfattiva possiede naturalmente dei punti di riferimento, che possono essere pure ampliati, ma che comunque costituiscono un insieme normativo piuttosto rigido.
Lo stesso si può dire anche dei diversi comportamenti che ogni individuo tiene nel suo ambiente: dall'accudimento alla ricerca del partner, dalla difesa del territorio alla segnalazione di pericoli. Per esempio, la posizione delle orecchie [I. Eibl-Eibesfeldt 1957], nello scoiattolo, indica il tipo di minaccia, se difensiva (orecchie diritte) o aggressiva (orecchie piegate all'indietro). Questo tipo di comportamento è proprio di animali dotati di orecchio esterno, chiaramente, mentre chi non ne è dotato non potrebbe adottarli. La struttura anatomica è un altro riferimento, dal quale non si può prescindere se si vuole avere credibilità. Uno scoiattolo che non utilizzasse l'orecchio esterno nelle sue segnalazioni sarebbe estravagante ma anche incompreso e finirebbe per aumentare il numero di conflitti con i cospecifici.
(continua...)
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