giovedì 24 marzo 2011

Interventisti e non-interventisti nelle cosiddette emergenze umanitarie: un'analisi sul caso Libia

Genericamente le persone, rispetto a decisioni come l'ultima dell'Onu, di un intervento armato in una questione interna ad uno Stato come quella in  Libia, si dividono in interventisti e non-interventisti. Indifferenti a parte.
I non-interventisti sono più numerosi tra chi si dichiara o appartiene a formazioni politiche di sinistra mentre tra gli interventisti, solitamente, sono più rappresentati il centro destra e, sotto opportune condizioni, il centro sinistra.
L'animazione con cui parlano, la quantità di empatia che provano per le popolazioni civili, ne fanno difensori accalorati di tutte le popolazioni martoriate da guerre e conflitti, specialmente dopo l'intervento dei soccorritori occidentali. Infatti, i non-interventisti ritengono che l'intervento dei governi occidentali e dell'Onu, quando prevedano l'utilizzo delle armi, sia una cura peggiore del male. Costoro affermano, con foga e convinzione, che le condizioni di vita delle popolazioni peggiorano dopo l'intervento umanitario, che aumentano le vittime e i conflitti si allungano. 
Non c'è bisogno di dire che per gli interventisti la situazione è proprio l'opposto di quella dipinta dai non-interventisti. Siccome spesso accade che l'intervento militare umanitario sia avallato dall'Onu, che per lo più adotta risoluzioni che siano il più ampie possibili, vi è una notevole amalgama tra gli Stati che votano per l'intervento, anche se non mancano le eccezioni. Solitamente quando sono d'accordo America, Gran Bretagna e qualche altro Stato del commonwealth, c'è magari qualche contrasto con la vecchia Europa. Quando c'è accordo Usa-Eu si mettono in mezzo Russia e Cina. Insomma, l'unanimità è impossibile. Le diplomazie lavorano per smussare gli angoli e scongiurare il veto, però questo non impedisce ai dissenzienti di esternare le loro opinioni.

Ora, vorrei fare un esperimento mentale di questo genere. Proviamo a ipotizzare cosa sarebbe accaduto, in diverse occasioni in cui vi è stato intervento dell'Onu su questioni internazionali, se questo intervento non ci fosse stato, se si fosse lasciato agire solo la diplomazia e l'embargo.
Vado a memoria, quindi alcuni ricordi potrebbero essere imprecisi.

photo peopea
Primo. L'embargo funziona? Ricordo due casi emblematici: Cuba e l'Iraq post guerra del golfo. Cuba ha vissuto un embargo cinquantennale sulle proprie spalle diventando un reperto storico vivente (causa impossibilità di ricevere pezzi di ricambio), ma questo non ha spodestato il governo totalitario nè gli ha impedito di governare. La  prima a soffrirne è stata chiaramente la popolazione e anche se forse Castro non ha i miliardi di Gheddafi in giro per il mondo, certamente si tratta meglio dei suoi connazionali. Nè mi sembra che l'embargo intervenuto dopo la guerra del golfo in Iraq, nel periodo delle mire atomiche di Saddam Hussein sia stato più efficace nel dissuadere il dittatore. Il dittatore mantiene il suo potere contando sulla paura, poco gli importa che decine di migliaia di suoi connazionali periscano o soffrano di stenti a causa dell'embargo. Sempre una maggioranza di popolazione va tenuta sotto il tacco per permettere all'altra di sfruttarla. Non è pensabile che l'assenza di condizioni di vita estreme siano un motivo di inibizione totale a ribellarsi, per un popolo oppresso, se ne avesse la possibilità. Certamente, un popolo oppresso ma sufficientemente sfamato è più tranquillo di uno alla fame. Ma basta aumentare i controlli.
Vi dovrebbe essere  dunque un po' di ritrosia a usare l'embargo nei confronti di stati totalitari in cui opera un dittatore perchè ovviamente i primi a soffrirne non saranno gli amici del regime. L'embargo funziona meglio contro Stati in cui la maggioranza sta deliberatamente con il suo governante, perchè in quel caso il danno si ripercuote sulla parte politica favorevole al regime, potendo portare a recriminazioni contro i propri governanti. Ma su stati in cui la dittatura si esercita a danno di una moltitudine non ha poi così tanto effetto nell'aumentare la voglia di spodestare (tranne all'estremo della curva), già evidentemente alta anche prima dell'embargo.
Per quanto riguarda la diplomazia, si sa che questa può agire se chi interagisce condivide alcuni comportamenti. La diplomazia solitamente si esercita tra interlocutori che si rispettano. Il rispetto può provenire dall'autorevolezza o dall'autorità. Se manca il rispetto per  l'una o l'altra delle due condizioni, non si effettuano transazioni diplomatiche. Per esempio Russia e Cina sono spesso in disaccordo con le decisioni dell'Onu che riguardano stati totalitari con i quali magari fanno affari (e non solo loro). Il fatto che a volte non pongano il veto si deve sicuramente al lavorio delle diplomazie, che si lascia sempre molto affascinare dall'autorità di uno Stato.

photo balcanews
E se non fossero intervenuti? Dunque, che sarebbe successo, per esempio in Afghanistan, in Kosovo, in Libia (dove è ancora tutto possibile), se non fossero intervenute le forze liberatrici, le forze umanitarie?
L'Afghanistan è terra di Talebani, armati e determinati. Ma è anche terra di clan, anche questi ben armati. E' facile prevedere che lasciati a se stessi avrebbero portato avanti una guerra civile piuttosto lungo, almeno fino al raggiungimento di un possibile accordo. Queste popolazioni però hanno poche possibilità di fare affari e commerciare con Stati democratici, quindi è immaginabile un'esacerbazione di quello che comunque già accade (piantagioni ad uso dei trafficanti) e covo per integralisti e  terroristi (l'Afghanistan fu accusato di dare asilo a Osama Bin Laden).
Nel Kosovo, la guerra per l'indipendenza di questo territorio (riconosciuto come Stato da 75 paesi) contro la Serbia e la seguente  pulizia etnica praticata dai kosovari sui cittadini non di origine albanese, sarebbero stati mitigati o attenuati dall'assenza dell'intervento armato avvenuto sotto l'egida dell'Onu? O forse Milosevic, messo sotto accusa da un tribunale internazionale per crimini contro l'umanità, si sarebbe fatto convincere a concedere l'indipendenza? O forse il Kosovo avrebbe desistito dal suo proposito vendicativo di pulizia etnica?  Mi sembra difficile. Difficilmente si vedono risolvere conflitti in cui si mescolano questioni etniche o religiose facendo utilizzo della ragione  e lasciando i soli contendenti a sbrigarsela. Probabilmente l'assenza di intervento avrebbe dato via libera al già libero (vedi processo) modo di agire di Milosevic, avrebbe trasformato magari i kosovari in potenziali terroristi, che è il modo di combattere quando le forze sono così sbilanciate.
Non c'è certezza che l'intervento armato esterno sia la cosa migliore, ma c'è la ragionevole aspettativa che lasciar risolvere la questione ai soli litiganti conduca a un bagno di sangue.
E per quanto riguarda la Libia? Sembra che l'intervento sia stato deciso per evitare che il regime riconquistasse Bengasi, considerato snodo essenziale. E' ipotizzabile che un mancato aiuto delle truppe Onu avrebbe significato la presa della città e una fine quasi certa dei rivoltosi, e la quasi certezza di processi sommari ed esecuzioni di massa. Mi rimane difficile credere che Gheddafi osservi La convenzione di Ginevra o che obbedisca a un trattamento umanitario di prigionieri e dissenzienti. Il risultato netto sarebbe stato probabilmente un ritorno sanguinoso al governo del dittatore, con tutto il corollario della ricerca dei favoreggiatori della rivolta e dei dissenzienti.
L'intervento armato, purtroppo, raramente riesce ad essere perfettamente selettivo. I rancori  degli sconfitti covano sotto la cenere e sono motivo di conflitti perenni. Ma non intervenire significa lasciare via libera al vincitore per attuare una vittoria totale, che può anche significare l'estinzione del nemico.
Non c'è nemmeno la certezza, se è per questo, che un insieme di tattiche non militari (diplomatiche, embargo, pressioni di Stati amici) non possa essere più efficace di un intervento armato, e certamente molto meno traumatica. Sta di fatto che il mancato intervento potrebbe altrettanto bene esacerbare il conflitto già esistente e aumentare il numero delle vittime. Le questioni africane lasciate a risolversi da sole non è che hanno fatto meno vittime.

In conclusione, non me la sento di gettare sempre e comunque la croce addosso agli interventisti, quasi come se fossero portatori di morte e  non, almeno nelle intenzioni, portatori di vita, quasi come se fossero animati sempre da intenti economici e interessi personali che, detto tra parentesi, anche se significano essere motivati dall'acquisire reputazione internazionale, pure operano in difesa dei più deboli. I non interventisti, con la difesa della vita a prescindere, sono nella stessa posizione dei cristiani quando difendono la vita dell'embrione: sono in una posizione di forza. Ma non è detto che le ragioni di chi la pensa diversamente siano obbligatoriamente sbagliate solo perchè operano da una posizione meno forte.

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