mercoledì 9 marzo 2011

La riforma costituzionale della giustizia

La riforma costituzionale della giustizia, ovvero della magistratura, preparata dal ministro Alfano e che dovrebbe a breve essere depositata sul tavolo del Presidente della Repubblica, tocca il Titolo IV della Parte II della Costituzione Italiana, quella intitolata La Magistratura. Repubblica [1] [2] fornisce qualche anticipazione di quelli che dovrebbero essere i punti salienti di questa riforma:
  • Separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri
  • Separazione del CSM: uno per i giudici e uno per i Pm
  • Creazione dell'Alta Corte che si occuperà di questioni disciplinari e di procedimenti a carico dei magistrati
  • Accentuazione della parità fra accusa e difesa, in ogni fase del processo
  • Cade l'obbligatorietà dell'azione penale: il Parlamento fornisce l'indirizzo ai Pm
  • La polizia giudiziaria non dipende più dalla magistratura ma solo dal Governo
  • Viene introdotta la responsabilità Civile dei magistrati, che dovranno rispondere di tasca loro
Qualche considerazione. La separazione del Consiglio Superiore della Magistratura in due parti e la creazione di un'Alta Corte con compiti disciplinari porta, come minimo, un aumento delle spese, dovute al proliferare dei membri di queste nuove strutture.  Sia con la separazione delle carriere che con la separazione dell'organo di autogoverno e con la creazione di un organo disciplinare, si cerca di rivoluzionare l'assetto dell'ordinamento giudiziario: ai giudici che giudicano sarà confermata l'autonomia dell'ordine soggetto solo alla legge (e all'Alta Corte?) e i pubblici ministeri diventando ufficio saranno equiparati di fatto a funzionari governativi. In più, i pm saranno indeboliti nella loro autonomia dalla parità totale con la difesa in ogni fase del processo, dal decadere dell'obbligatorietà dell'azione penale, e dal sollevare la polizia giudiziaria dalla diretta dipendenza dal magistrato. Inoltre, come un macigno, peserà sulla testa sia dei giudici che dei pubblici ministeri la responsabilità civile, che li costringerà a risarcire in caso venissero condannati dall'Alta Corte.
In riferimento all'ultima questione, e similmente a quanto accade con il ricorso automatico ai successivi gradi di giudizio, qualora l'esito di un processo si riveli avverso (in pratica, il ricorso in Appello ormai avviene anche se uno viene condannato con la testimonianza di tutti gli italiani), è prevedibile una serie di ricorsi a valanga contro i giudici, accusati magari di aver raccolto le prove in maniera illecita, o di avere abusato di intercettazioni, o di mille altri cavilli? Ed è ugualmente prevedibile il materializzarsi nel pubblico ministero o nel giudice, di una sorta di timore o titubanza  in riferimento ai possibili risvolti economici? Non che il giudice non sbagli mai, ma è fare un servizio alla giustizia iniettare nei magistrati il bilanciamento tra senso del dovere e le proprie tasche? Se un pm, nonostante i suoi sforzi e gli indizi favorevoli, non riesce a far condannare un imputato, potrà quest'ultimo rivalersi sul magistrato? Quale pubblico ministero inizierebbe più un procedimento, se non nell'assoluta certezza, non dico di essere nel giusto perchè spero che sia sempre così,  di poter vincere?
Specialmente se si consideri la probabile cancellazione dell'obbligatorietà dell'azione penale e la perdita del controllo diretto sulla polizia giudiziaria da parte dei magistrati.
Sembra difficile credere a propositi migliorativi se, nello stesso momento in cui si afferma di voler aumentare l'efficienza della giustizia, si scrivono riforme che di fatto la depotenziano. Sarebbe come se in Formula Uno, per aumentare le prestazioni, si diminuisse la potenza del motore. Molto più vicini al vero sono quelle dichiarazioni che affermano che la riforma intende riequilibrare i rapporti tra poteri dello Stato. Questo soprattutto avviene dopo la stagione di mani pulite, in cui la magistratura prende coraggio e comincia a toccare i santuari. E' avvilente che si metta forse a repentaglio un settore così importante per la democrazia a causa di episodi personali. 
E' possibile che il legislatore sia stato miope e fuorviato dai fatti contingenti, preparando una riforma che indebolisce la giustizia? Il campo d'azione della giustizia è ampio, non è solo riservato all'area politica, bisogna sempre tenerlo a mente E' frustrante osservare che, almeno di primo acchito, invece di favorire l'azione della giustizia (quanto più possibile giusta) nei confronti di una società che non demorde dal compiere reati, si rischia di depotenziarne l'azione, inducendo anche nei magistrati che si impegnano, l'adozione di quella cautela che è l'anticamera del lassismo che tutti imputano e contestano alla burocrazia del nostro paese.
Segue il testo della parte di Costituzione Italiana oggetto della riforma.

 
TITOLO IV: LA MAGISTRATURA


Sezione I: Ordinamento giurisdizionale



Art. 101
La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.


Art. 102
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.


Art. 103
Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate.


Art. 104
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.


Art. 105
Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.


Art. 106
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.




Art. 107
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.


Art. 108
Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.


Art. 109
L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.


Art. 110
Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.


Sezione II: Norme sulla giurisdizione


Art. 111
La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.


Art. 112
Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.


Art. 113
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

[1] Ecco il nuovo piano Alfano
[2] Giustizia, nella bozza doppio CSM

2 commenti:

  1. Uno dei pochi punti a favore della legge è, però, l'introduzione di un principio di responsabilità. Che poi questa introduzione sia fatta nei modi sbagliati (pena pecuniaria introdotta per il semplice fatto che in Italia uno statale non può essere né licenziato né retrocesso) e probabilmente per fini non esplicitamente detti è certamente un discorso diverso che rende non accettabile il principio stesso.
    Qualcuno potrà obiettare: nella scuola la retrocessione è stata introdotta da Brunetta. Certo, ma non è una retrocessione per insegnanti, ma una retrocessione per scuole. Gli insegnanti, se non ricordo male, possono essere promossi, al peggio restano nella fascia in cui vengono schiaffati, ma non mi pare che retrocedano.

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  2. Gian, sono sostanzialmente d'accordo con te. L'intento, ora come ora, appare punitivo, anche perchè non si limita a punire chi sbaglia ma anche a tarpargli le ali, per esempio indebolendo l'obbligatorietà.
    Sul fatto che sul versante del pubblico impiego ci sia molto da fare è cosa arcinota: per questo motivo, chiunque fosse portatore di iniziative non vendicative potrebbe trovare l'appoggio di chi non deve difendere interessi corporativi e anche della gente.

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