sabato 19 marzo 2011

Sul crocifisso: un problema vero o falso?

Resto perplesso nell'osservare come il crocifisso rappresenti un punto di dibattito, anche feroce a volte. Coloro che vogliono toglierlo vi annettono comunque  una notevole importanza, anche non volendo. Coloro che non vogliono toglierlo mi danno l'impressione come di quelli che vogliono lasciare un segno, come una palizzata che delimiti un territorio o un distintivo, più che come quelli che ne hanno bisogno per mantenere viva e intatta la loro fede.
Il marchio di appartenenza cristiana, anche se sui generis, che acquista ogni luogo in cui è presente un crocefisso è esattamente la questione che si dibatte. I cattolici cristiani rivendicano la tradizione: è così da sempre, dicono, trasformando la cosa in una specie di usucapione concettuale che è, di fatto, una proprietà intellettuale, seppure limitata. Penso sia questo che disturbi i non credenti, il segno che il cristianesimo lascia, come diritto di preminenza e di indirizzo, come presenza che influenza.
In realtà, al di là di una forma di rispetto che il credente nutre in questo oggetto, e dalla volontà di non offendere Dio, credo che l'effetto di proprietà, il marchio di cristianità che porta sia, di fatto, molto limitato.
Dunque, che fare, toglierlo o lasciarlo?
Bene o male quasi tutti fanno i conti con Dio, o con un'idea personale di Dio. Sembra essere un effetto collaterale dell'avere un cervello che pensa. 
Da una parte, non lasciarlo rimuovere, da parte dei cattolici, è sia un comportamento lodevole (difesa della fede) sia criticabile (non porgono l'altra guancia). Dall'altra, il desiderio di rimuoverlo di laici o atei, è sia un comportamento criticabile (se uno non ha nessuna fede, che fastidio può dare?) che un comportamento lecito (presunto effetto proselitismo).
In realtà, come succede spesso quando non si sa esattamente cosa fare, si finisce per lasciare le cose come sono. Quanto a me, lo ritengo un falso problema. Però mi insegna qualcosa. I cristiani non sono poi così arrendevoli, gli atei non sono poi così tolleranti.

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