L'epopea Minzolini continua. Ne parlano, in ordine di lettura, Eleonora Bianchini su Internet e Politica, Alessandro Gilioli su Piovono Rane e, infine, Repubblica.
La sostanza è questa: Minzolini, a quanto riportano queste fonti, non è licenziabile dalla Rai anche se può essere rimosso da direttore del Tg1 perchè ha un contratto da "caporedattore con funzioni di direttore", per cui può essere allontanato dalla direzione del Tg1 ma rimarrà con il suo bel stipendio da 550 mila euro lordi l'anno, cioè 22mila netti al mese.
E così, giustamente parla Gilioli della farsa della flessibilità, sempre in bocca a liberisti di parola di tutte le razze: ma quando tocca a loro, sono "incrostati" al loro posto di lavoro peggio del calcare alle tubature.
Come rivela ancora Gilioli, quel contratto lo mette al riparo dal licenziamento in quanto
in base al contratto dei giornalisti sono licenziabili senza giusta causa o giustificato motivo soltanto i direttori e i vicedirettori. In questi casi, basta la fine del «rapporto fiduciario» con l’editore per porre termine a un contratto, con il pagamento di una penale pari a un certo numero di mensilità.
Capito? Ti assumo come caporedattore così non sei licenziabile anche se cambia governo e colore ma ti faccio svolgere il ruolo di direttore (e relativo stipendio), ruolo che implicherebbe anche la licenziabilità senza giusta causa, appunto per l'elevatissima retribuzione. Privilegi da ricco e da tutele da povero.
Questa è la famosa flessibilità all'italiana: chi ha fatto questo contratto a Minzolini dovrebbe pagargli lui (o lei) lo stipendio da adesso in avanti.
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