sabato 10 marzo 2012

Finanziamento pubblico della stampa: quanti soldi prendono i giornali? Un'infografica

imagecredit politica24.it
Gli ultimi dati disponibili di Audipress parlano di un calo delle vendite dei giornali rispetto al 2010 (-4,27%) e se pure il dato non è omogeneo tra chi perde o chi guadagna il dato tendenziale è quello. 
Ancora recentemente quotidiani come il Manifesto hanno ammesso di essere in serio pericolo di sopravvivenza. 
In Italia, del resto, viene destinata alla stampa una delle fette più basse della pubblicità: nel 2009 il 28,3% contro il 34,7% degli Usa e il 56,1% della Germania.
Se si affianca al calo delle vendite 2008-2009 (-4,3%) il ben più consistente calo di ricavi pubblicitari (-15,8%) si comprende come la crisi della carta stampata sia tale che molte testate non sopravviverebbero senza il finanziamento pubblico della stampa.
Ma questa marea di soldi pubblici che, con la scusa del pluralismo, vengono dirottati sulla stampa a quanto ammonta? Di preciso non si sa. Linkiesta pubblica questa infografica in cui denuncia che solo ai giornali di partito, dal 1990 a oggi, sono stati erogati 850 milioni di euro e che solo quest'anno, invece dei 47 milioni previsti ne andranno, alla stampa in generale, ben 120 milioni.

Nonostante questo siamo 61esimi nella classifica sulla libertà di stampa. Un'aperta contraddizione.
Resta il problema di fondo di capire se lo Stato debba garantire questa presunta pluralità foraggiando tutta la stampa possibile, compresa quella di partito, compresa quella di partiti infinitesimali nati solo per raccogliere fondi pubblici. Internet, da questo punto di vista, rappresenta un'alternativa a costi bassissimi, verso la quale dovrebbero rivolgersi tutte quelle testate che non riescono a sopportare i costi di gestione ordinari. 
Il rischio è il solito, e si è affacciato anche recentemente: grazie a tutti i soldi pubblici elargiti, tra rimborsi a 67 partiti e centinai di testate grandi e piccolissime che sopravvivono (e nascono) solo grazie ai contributi, l'Italia  rischia di finire in default.
Non ce lo possiamo più permettere.

imagecredit linkiesta.it


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